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Autore: Patosangel32    05/11/2013    5 recensioni
E se Clary avesse sempre saputo di essere una Shadowhunter? Se Valentine l'avesse addestrata insieme a suo fratello Jonathan, il quale è solo un pupazzo tra le mani del padre? Avete mai provato ad immaginare cosa sarebbe successo se la rivolta non fosse mai scoppiata? Come avrebbero fatto Magnus e Alec ad incontrarsi? Ed Izzy e Simon? E possibile che due anime che siano fatte per stare insieme, si ritrovino sempre in qualunque circostanza?
Dal capitolo 15:
-“Potresti avere di meglio, Jace. Sono solo una ragazzina con problemi familiari che…” ha paura di amare.
-“Voglio te, e questo dovrebbe bastarti” mormorò Jace con voce soave. Riprese a baciarla ma poco dopo Clary si fermò. Di nuovo.
-“Hai aperto tu la finestra prima?” chiese Clary che aveva sentito un brivido di freddo accarezzarle la pelle laddove il corpo di Jace non la copriva.
-“No, sono stato io.” disse ad alta voce qualcun altro nella stanza.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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   Falling apart
 

Throughout my life
 I’ve always been afraid of losing people I love.
Sometimes I wonder
Is there anyone out there afraid to lose me?
Wiz Khalifa
 
 
 
Tutto intorno era scuro. C’era una puzza di muffa che penetrava nei polmoni,  e rimaneva incollata lì neanche avesse intenzione di albergarvi.
Quando Isabelle aprì gli occhi, l’unica cosa che riuscì a notare fu che la stanza ruotava intorno a lei. E a meno che non si trovasse su quelle giostre mondane, significava che avesse preso una bella botta in testa. Si toccò la nuca con una mano, ma alzarla era stato davvero faticoso.
Da quanto tempo era lì?
Cos’era successo?
Puntò le mani sul pavimento umido, facendo una smorfia nell’accorgersi di quanto fosse sporco, e si sollevò mettendosi seduta. Aveva pensato di alzarsi e guardarsi intorno, ma qualcosa lo impediva. Riaprì gli occhi e notò una catena molto spessa, pesante quanto un macigno, che le ancorava le mani al muro. Ecco spiegata la pesantezza degli arti. Da una grata piccolissima filtrava la luce dall’esterno. La prima cosa che notò sulle sbarre furono delle rune, che brillavano di luce riflessa. Avevano forme strane e qualcosa indicava ad Isabelle che, se le avesse toccate, non sarebbe successo nulla di buono. Magari, quando le forze lo avessero permesso, si sarebbe avvicinata di più.
Ma come era finita lì?
Poi ricordò.
Ricordò suo padre, il senso di vuoto causato da quel tradimento, e la sua corsa. Ricordò qualcuno alle sue spalle e la spiacevole sensazione di sentirsi in trappola, e poi un dolore assordante.
-“Bentornata tra noi, principessa” disse qualcuno davanti a lei. Isabelle avrebbe desiderato aprire gli occhi per guardare il verme che aveva davanti, ma aveva paura di guardarlo in faccia.
Beh, non così tanta da non potergli rispondere.
-“Non mi sento una principessa in questo momento” Isabelle si ricordò di come si era armata prima di uscire. Portò involontariamente la mano sul fianco dove avrebbe dovuto trovare un pugnale, ma come avrebbe dovuto immaginare, non c’era.  Pensò che fosse inutile mostrare tutte le armi nascoste, mentre era in compagnia di quel pervertito. Per il momento si sarebbe accontentata di sapere come uscire senza dover uccidere nessuno.
-“Vorrei dire che mi dispiace vederti così poco armata e stanca, ma non è vero. Sappi che ho dovuto disarmarti, però l’ho fatto con enorme piacere” Isabelle guardò Jonathan disgustata. Non poteva pensare che quell’essere riprovevole le avesse messo le mani addosso, anche solo per un istante.
Un luccichio attrasse la sua attenzione. Sulla sinistra, oltre le sbarre, la sua frusta era appesa ad un chiodo. Così bella e sinuosa e così inutile e lontana.
-“Stammi lontano” Isabelle guardò Jonathan e quelle parole suonarono come una minaccia. Il ragazzo biondo sorrise, e come se gli avesse detto esattamente di farlo, Jonathan si avvicinò. La guardò con i suoi occhi neri. Isabelle pensò che se non fosse così crudele, così dannato, così Jonathan, sarebbe stato un bel ragazzo.
Sicuramente non sarebbe passato inosservato per le strade di Alicante con la tuta da Cacciatore, tutto qui.
Jonathan le afferrò il mento tra due dita e inclinò la testa per osservarla meglio. Isabelle trasalì al contatto con la pelle del ragazzo. Gli occhi di Sebastian le avevano tolto le parole. Due pozze di inchiostro nero e indelebile.
-“Non dirmi mai quello che devo fare, chiaro Principessa?” le chiese liberandola dalla morsa della sua mano.
 Isabelle si ritrovò a pensare che se qualcuno non avesse fatto presto ad accorgersi della sua assenza, sarebbe impazzita.
Jonathan la guardò un’ultima volta, sul punto di dire qualcosa. Ma poi ci ripensò e uscì dalla porta sorridendo maleficamente.
Che cosa hai in mente? Pensò Izzy, ma non glielo chiese. Per come pensava che sarebbero andate le cose, avrebbe passato parecchio tempo chiusa in quella fogna. La ragazza si voltò dall’altra parte, e osservò il Cielo blu notte oltre le sbarre della finestrella. Isabelle pensò a tutti i modi possibili per aprirla e uscire. Pensò a qualsiasi runa che avrebbe annullato le altre, chiedendosi se esistesse una runa per il teletrasporto.
Le sarebbe stato utile un portale, un tunnel o qualsiasi cosa che le desse la speranza di uscire da quella puzza. Ma non aveva lo stilo con sé. Jonathan lo aveva preso, insieme alle spade angeliche e ai pugnali.
Osservò la luna e senza volerlo davvero si addormentò.
 
Quando Clary era uscita di casa con la tuta di pelle e il suo inseparabile stilo, Jocelyn era rimasta a fissare attonita Luke. Voleva sapere tutto di quella storia, ma aveva paura di scoprire la verità. Paura che in tutta quella questione c’entrasse Valentine, o peggio ancora Jonathan.
-“Jo, è un’abile cacciatrice. Non stare in pensiero per lei” mormorava Luke, cercando di nascondere tutta la preoccupazione che lui aveva per Clary.
Come poteva pretendere che lei non fosse minimamente preoccupata per sua figlia quando in giro per chissà dove c’erano suo padre e suo fratello che avevano solo un’unica intenzione e cioè tesserarla per il Club Conquistatori del mondo?
Voleva bene a Luke, ma L’Angelo solo in quel momento sapeva cosa gli avrebbe tirato per farlo tacere. Salì furiosa le scale e andò dritta in camera di Clary. Cosa sperasse di trovare non lo sapeva nemmeno lei. Entrò quasi scardinando la porta. La camera di Clary, come lo era stata quella di Jocelyn un tempo, era piena di disegni a matita, a carboncino, coi pennelli di visi noti e sconosciuti. Non si poteva definire ordinata, ma in mezzo a quella baraonda, gli occhi di Jocelyn si posarono sul libro che era abbandonato sopra il letto.
Era una copia del Codice, che ogni Shadowhunter doveva avere.
La copia di Clary era un’esplosione di colori. Disegni, appunti e scritte dappertutto. Ma cosa fanno gli studenti di oggi durante le ore di lezione? Giocano a trova il Demone? Impicca-Vampiro? Manda al rogo la strega? O cava gli occhi alle fate?
Perplessa si sedette sul letto e prese in mano la copia del Codice. Lo esplorò combattuta tra l’idea di aprirlo e quello di lasciarlo dov’era. Dopotutto era una sorta di diario segreto per sua figlia, era giusto o no aprirlo?
-“Non dovresti farlo, Jo” Luke si era appoggiato allo stipite della porta e la fissava con i suoi occhi blu. Per la seconda volta si ritrovò a cercare un oggetto da lanciargli in testa.  Guardandolo con eloquenza, Jocelyn gli chiese di lasciarla sola.
Aprì una pagina a caso, e si ritrovò a sfogliare tutte le pagine una per una. I disegni di Clary battevano i suoi di parecchio. Erano più veri, più reali, più sentiti. Un po’ come Clary.
Si bloccò su un ritratto incompiuto. Il ragazzo somigliava a Jace Herondale con i capelli che gli sfioravano le orecchie in riccioli ondulati, il profilo squadrato era individuato da una sottile linea chiara, come se Clary fosse insicura nel disegnarlo. Ma la cosa più evidente era una runa che Jocelyn non conosceva. Sapeva che lo era perché riconosceva i tratti marcati tipici del Libro Grigio, ma era quasi del tutto sicura che quella fosse la prima volta in cui la vedeva.
Ad un certo punto il telefono squillò. Luke non poteva rispondere perché avrebbe mandato all’aria la sua copertura. Così , portandosi dietro il Codice, Jocelyn scese i gradini a due a due e rispose al terzo squillo.
-“Riunione dei membri del Conclave, subito.” La voce di Stephen Herondale era stranamente preoccupata. Jocelyn si allarmò.
-“Mia figlia sta bene?” chiese con panico quasi tangibile nella voce.
-“Sì, è qui. Manchi solo tu, Jocelyn. Sono già dentro da un po’.” Poi riattaccò.
Jocelyn alzò lo sguardo e trovò Luke ad osservarla con curiosità.
-“Conosci questa runa?” gli chiese mostrandogli la pagina del libro di Clary. Luke la fissò in profondità con i suoi occhi blu, poi semplicemente scosse la testa.
-“Devo fare in fretta. Il Conclave si è riunito.” Gli diede un bacio sulla guancia, affidandogli il libro. Senza prendersi neanche il giubbotto corse fuori casa.
 
Maryse ascoltava l’Inquisitrice elencare tutte le possibili opzioni. Guerra o non guerra contro i Nascosti, l’unica cosa che riusciva a pensare era sua figlia. Non poteva credere che in quella stanza tutti stessero per iniziare a discutere su strategie d’attacco quando sua figlia era chissà dove e chissà perché.
Alec era molto turbato. Era stato lui a dirle di non vedere Isabelle da quel pomeriggio, e siccome non era ancora tornata non era più possibile pensare che avesse deciso di intrattenersi in altri modi.
Gli amici di Isabelle erano tutti più piccoli di Alec e non avevano ancora l’età per partecipare alle riunioni del Conclave, dunque erano rimasti nell’atrio ad origliare.
Per quanto importante potesse essere, anche Robert sembrava sconvolto. Maryse dubitava che fosse davvero mentalmente presente a quella Riunione. La donna lo fissava, non si sa bene se con disprezzo o desiderio, e per un attimo il marito incrociò il suo sguardo. Poi chinò subito la testa, come se il solo guardarla gli provocasse dolore. Se non altro, la cosa era reciproca.
-“Maryse, da quanto tempo tua figlia non torna a casa?” chiese l’Inquisitrice.
Maryse pensò che la scelta delle parole fosse errata. A sua figlia era stato impedito di tornare a casa. Questo era il problema, e la donna era determinata a risolverlo. Non poteva accettare l’ennesima delusione, l’ennesimo fallimento. Aveva fallito come moglie, ma non avrebbe permesso che accadesse come madre.
-“E’ uscita di casa questa mattina per seguire l’elezioni all’Accademia. Come ogni mattina è stata costretta a correre per inseguire il fratello, che era già uscito di casa. Isabelle è sempre in ritardo. Ma quando Alexander mi ha detto che, prima di fermarsi  insieme a Jace per parlare insieme a lei, Signora Inquisitrice, Isabelle gli aveva detto che sarebbe tornata a casa, mi sono insospettita. Non lo vista tornare per pranzo, e neanche per le cinque. In genere lei è a casa per quell’ora. Poi Alexander è tornato senza di lei quand’era ormai quasi buio… Alicante è questa. I ragazzi l’hanno cercata ovunque in città, e nessuno sembra averla vista.” Era incredibile come Maryse riuscisse a mantenere un tono di voce professionale, quando in realtà dentro stava morendo per la preoccupazione. Come se potesse farla sentire meglio, sia Alec che Robert si avvicinarono, ma solo il figlio la circondò con un braccio.
-“Dobbiamo parlare” le sussurrò l’uomo all’orecchio. Nello stesso istante Jocelyn Fairchild entrò cercando di passare inosservata. Prese posto vicino ad Amatis Graymark, che le sorrise.
-“Non mi sembra il momento” rispose la donna a denti stretti. Il resto dei presenti erano concentrati, come Maryse aveva previsto, a proporre tattiche offensive.
“Maryse, è importante.”  La donna si girò a guardare il marito negli occhi, scorgendo nella voce dell’uomo un’urgenza inaudita. Le pupille dilatate dalla preoccupazione.
-“Scusate” tutti si girarono verso Alec, che diventando improvvisamente rosso, dava come l’impressione di voler uscire dalla stanza.
-“Non credo che c’entrino i Nascosti. Mia sorella è un’abile Cacciatrice. I Nascosti non le fanno paura. E poi è raro trovarne a piede libero ad Alicante” Alec fece un passo avanti poiché tutta la sala era concentrata su di lui.
-“Figliolo, non credo che la tua opinione possa riguardarci direttamente..” Maryse non badò a chiunque avesse parlato, perché era bastato lo sguardo di fuoco di Alec ad azzittirlo.
-“Sto solo dicendo, che prima di dichiarare una guerra ai Nascosti, sarebbe meglio intervenire diversamente. Nessun lupo, vampiro o stregone, potrebbe fare sparire mia sorella così dal nulla. Isabelle ride in faccia al pericolo” gli occhi di Alec brillarono un po’ per l’emozione, un po’ per qualcos’altro. Anche a Maryse salì il cuore in gola.
-“Cosa proponi, mio caro?” chiese l’Inquisitrice.
-“Chiedo il permesso di uscire da Alicante alla ricerca di Isabelle. Solo per qualche giorno. Se entro quattro giorni non troveremo Isabelle, ci leveremo dalla scena e potrete dichiarare tutte le guerre che volete” ciò detto Alec riprese posto affianco alla madre. Maryse gli afferrò la mano e la strinse.
-“Da solo, giovanotto? Mi sembra un po’ eroico da parte tua” la voce di prima parlò, ma Maryse si concentrò sull’Inquisitrice che rifletteva.
-“Se necessario” Alec ripropose lo sguardo di prima, riempiendo d’orgoglio il petto di entrambi i genitori.
-“Maryse, prima che ce ne pentiamo entrambi. Ti prego, è urgente” Robert era dietro di lei, ma sta volta Maryse non si girò a guardarlo.
-“Chiedo scusa” tutti si girarono verso la porta. Sulla soglia Jace, il parabatai di Alec, avanzava con la sua chioma bionda che ondeggiava su e giù anche senza vento.
-“E’ severamente proibito interrompere le Riunioni del Conclave, Jace Herondale” disse l’Inquisitrice. Maryse si accorse di Clary solo più tardi.
-“Sì, ne sono a conoscenza. Però non abbiamo potuto fare a meno di origliare..”
-“Jace!” esclamò il padre.
-“Scusa, papà. Il problema è che c’è bisogno di porte più spesse.. Il suono attraversa le pareti, sapete? Comunque, se Alec parte, partiamo anche noi.” Nella stanza calò il silenzio. Maryse guardò Jocelyn pietrificata, e uno Stephen paonazzo non si sa se per la vergogna o per la rabbia.
Dopo un po’ l’Inquisitrice alzò una mano.
-“Voti a favore?” chiese. Tutti tranne i coniugi Lightwood  e i genitori di Jace e Clary alzarono la mano.
-“Ora possiamo parlare” annunciò Maryse quando l’assemblea venne sciolta.
Il marito l’afferrò per un braccio e la trascinò lontano dalla folla. La guardava preoccupato in un modo che fece drizzare i peli della nuca a Maryse.
-“Robert, parla”
-“Ho visto Isabelle”
Cosa?
-“Come hai detto?” chiese mantenendo un contegno solo perché Hodge Starkweather era appena passato salutandola con un gesto del capo.
-“Prima di tornare a casa, ho visto Isabelle. O meglio lei ha visto me”
Maryse non capiva dove volesse arrivare. Aveva le orecchie ovattate e i pensieri confusi.
-“Robert non ho tempo per i giochetti. Ho una figlia rapita e un figlio che ha intenzione di andarla a cercare. Sono più che preoccupata”
-“Sono anche i miei figli, Maryse”
La donna non rispose. Non c’era motivo di litigare proprio lì in mezzo a tutti.
-“Parli chiaramente sì o no?”
-“Maryse, mi dispiace tanto. Non sai quanto mi dispiace!” Robert la guardava negli occhi. La gola di Maryse divenne secca e la donna iniziò a boccheggiare. Non riuscì più a parlare.
-“Quando Isabelle mi ha visto io ero… c’era Annamarie Highsmith con me. Poi ho cercato di parlarle, ma lei è scappata.”
Il primo pensiero di Maryse fu: Annamarie non ha le doppie punte?  Ha i fianchi più proporzionati? O forse è meno autoritaria?
Poi la realtà le si sgretolò davanti come quando cade uno specchio. Maryse si aggrappò alle sole forze che le erano rimaste per non cadere a terra, nonostante le ginocchia stessero per cedere al proprio peso.
Una cosa era sospettare il tradimento, un’altra era sentirlo dalle labbra di suo marito.
-“E tu non l’hai seguita?” chiese con un filo di voce.
-“Lei mi ha chiesto di starle lontano. Io…”
-“Non dire che ti dispiace!” l’urlò strozzato di Maryse fu interrotto da un mezzo singhiozzo. Robert trattenne il respiro facendo un passo avanti.
Maryse scosse la testa e fece più passi possibili per allontanarsi dal marito.
   
 
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