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Autore: holls    05/11/2013    11 recensioni
Un investigatore privato, solo e tormentato; il suo ex fidanzato, in coppia professionale con un tipo un po' sboccato per un lavoro lontano dalla luce del sole; il barista del Naughty Blu, custode dei drammi sentimentali dei suoi clienti; una ragazza, pianista quasi per forza, fotografa per passione; e un poliziotto un po' troppo galante, ma con una bella parlantina.
Personaggi che si incontrano, si dividono, si scontrano, si rincorrono, sullo sfondo di una caotica New York.
Ma proprio quando l'equilibrio sembra raggiunto, dopo incomprensioni, rimorsi, gelosie, silenzi colpevoli e segreti inconfessati, una serie di omicidi sopraggiungerà a sconvolgere la città: nulla di anormale, se non fosse che i delitti sembrano essere legati in qualche modo alle storie dei protagonisti.
Chi sta tentando di mettere a soqquadro le loro vite? Ma soprattutto, perché?
[Attenzione: le recensioni contengono spoiler!]
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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14. Martino, lo spazzacamino
 
 
 
12 gennaio 2005.
Quella mattina Nathan non aveva avuto corsi, e così era passato da casa di sua madre a riprendere Jimmy. Aveva lasciato che passasse la notte nella sua vecchia casa, in quanto lui aveva alcune faccende da sbrigare; era infatti passato da Hank per dirgli un vago “Per un po’ non potrò venire”, ma non si era esposto più di tanto sulle vere motivazioni che lo avevano portato a quella scelta. Hank, d’altra parte, non aveva minimamente insistito e forse, pensò Nathan, il suo collega non era nemmeno troppo dispiaciuto.

Nathan e Jimmy avevano fatto una puntatina al centro commerciale, trascorrendo la maggior parte del tempo in un negozio di giocattoli. Dopo aver pranzato, suo fratello si mise a guardare la televisione, ma come Jimmy toccò il divano, si addormentò secco fino all’ora di cena: doveva essere esausto. Nathan lo svegliò giusto per mangiare, non sapendo da quanto tempo non toccasse cibo, ma la voracità con cui Jimmy divorò il cibo non gli fece ben sperare.
 
Finita la cena, Jimmy si mise davanti alla televisione su un canale per bambini, mentre Nathan finiva di spazzare e mettere a posto. Assolti i suoi doveri, si sedette finalmente accanto a suo fratello.
« Allora, che stai guardando? »
« ‘Le avventure di Martino, lo spazzacamino’. »
« Oh. Sembra carino. »
« Sì, anche se… vorrei vedere un vero cartone con te. »
« Un vero cartone? »
Jimmy mugugnò pensoso.
« Non hai qualche cartone da vedere? »
Nathan ci pensò un attimo. Aveva qualcosa da vedere, ma sicuramente non erano cartoni. Ebbe però un’idea.
« Ehi, che ne dici di andare a noleggiarne qualcuno? »
Gli occhi di Jimmy si illuminarono.
« Sì, sì! Andiamo! »
« D’accordo. Vado un secondo in bagno e poi ci prepariamo, ok? »
Suo fratello sorrise entusiasta, mentre lui faceva la sua capatina al bagno. Non fece in tempo a mettersi sul water che sentì il campanello suonare. Sentì i passetti di Jimmy andare verso la porta, per poi urlare un sonoro ‘Chi è?’. Si tranquillizzò nel sentire suo fratello non aprire la porta, ma si sentì inquieto quando Jimmy gli annunciò che era ‘un suo amico’.
Chi poteva essere?
 
Uscì in fretta e furia dal bagno, si avvicinò alla porta e sbirciò dallo spioncino.
Era Alan.
Gli aprì la porta per educazione.
« Ciao, Nathan. Disturbo? »
« Te lo dico subito. Non è giornata. Per cui, se hai voglia di litigare, torna un altro giorno. »
Alan abbozzò un sorriso.
« Accidenti. Dovevo aspettarmelo, in fondo. Sono venuto per sapere come stavi e per.... Ah, ma stavate uscendo? »
Probabilmente aveva notato il cappotto di Jimmy. Il quale non perse occasione per raccontare, gioioso, dove erano diretti.
« Io e il mio fratellone andiamo al noleggio a prendere i cartoni! »
Alan si abbassò all’altezza di Jimmy, poggiando le mani poco sopra le ginocchia.
« Davvero? Perché il tuo fratellone non ne ha molti, vero? »
« Già, nemmeno uno! Ma perché lui è grande e non li guarda più. »
« Non bisogna essere bambini per apprezzare i cartoni. A me, per esempio, piacciono molto. »
Di fronte a quell’affermazione, Nathan storse il naso. Tutte le volte che era andato a casa di Alan, non aveva mai visto un solo cartone nella sua videoteca. Dove voleva arrivare?
« Sul serio? A me piacciono tantissimo ‘La bella e la bestia’ e ‘Il re leone’. E a te? »
Sul volto di Alan si dipinse un’espressione che era, a detta di Nathan, di finto stupore.
« Non ci posso credere, piacciono moltissimo anche a me! »
Jimmy sembrava in preda all’estasi di fronte a quella scoperta.
« Ma allora… Potremmo andare a prenderli e guardarli tutti insieme! »
« Oh, ottima idea! » Alan si rizzò, e tornò in posizione eretta, spostando il suo sguardo verso Nathan.
« … Sempre che il tuo fratellone sia d’accordo, ovviamente. Anche perché, in tre, siamo più sicuri. »
Adesso capiva tutto. Alan l’aveva incastrato perfettamente: come poteva dire di no agli occhioni supplichevoli di Jimmy? Come poteva privarlo dei suoi cartoni in compagnia di una persona che li amava così tanto? Senza contare, poi, che in tre erano più sicuri.
Acconsentì, ma non prima di aver fulminato Alan con lo sguardo, il quale, di contro, gli rispose con un sorrisetto soddisfatto.
 
***
 
Le tecniche per convincerti a fare quello che vuole, Alan le conosceva tutte. D’altronde, era il suo lavoro. Era sicuramente strana la sua presenza lì, e Nathan voleva vederci più chiaro. Il fatto che avesse fatto pressione sulle sue debolezze, poi, significava che voleva a tutti i costi un incontro con lui dove non lo mandasse a quel paese dopo cinque minuti. La motivazione, però, gli appariva ancora oscura.
Raggiunse Alan e Jimmy allo scaffale dei cartoni, e l’atteggiamento di Alan gli apparve ancora più enigmatico. Commentava uno a uno tutti i cartoni di cui Jimmy gli parlava, ma in un modo talmente lezioso che gli sembrò che volesse comprare la sua fiducia.
Una volta scelti i preziosi dvd, si avviarono tutti e tre alla cassa, con Jimmy in mezzo a loro due. Nathan tirò fuori i soldi, ma si accorse di non essersi portato dietro abbastanza spiccioli. Si stava già preparando ad annunciare a Jimmy che qualche cartone doveva lasciarlo lì, quando Alan tirò fuori gli spiccioli mancanti dalla tasca dei pantaloni.
« Aspetta, dovrei avere qualcosa anch’io. Ah, ecco qua. »
Una volta pagato, Alan porse i dvd noleggiati a Jimmy, che era talmente radioso che pareva tenesse in mano una reliquia preziosa.
Usciti dal videonoleggio, Nathan si guardò intorno. Era con altre due persone, ma qualche volta l’inquietudine tornava a farsi sentire. All’improvviso, sentì una mano sulla spalla.
Sobbalzò e, quando si accorse che era solo Alan, emise un sospiro scocciato.
« Mi hai fatto prendere un colpo. »
« Nathan, ti sembrerà strano da parte mia, ma sono venuto qui per sapere come stai, come va la testa, il naso. E per scusarmi. Mi dispiace per quello che è successo ieri, la situazione mi è sfuggita di mano. »
« Ah, e che problema c’è? Tanto era solo lavoro, no? »
« Nathan, non volevo dire quello che ho detto. Era solo un modo per calmare Jack, davvero. »
« Ah sì? E perché dovrei crederti? »
« Be’, non sono io quello che-- »
Alan fece per continuare, ma le mani di Jimmy che gli strattonavano i pantaloni gli impedirono di dire altro.
Nathan, per la prima volta in quella serata, fu grato al suo fratellino di essere così euforico. Aveva una mezza idea di come Alan avrebbe concluso la frase, ma, se era come pensava, forse era stato meglio essere interrotti.
In ogni caso, le parole di Alan gli sembrarono strane. Davvero voleva scusarsi con lui? E davvero aveva frainteso le parole del giorno prima?
Quella parte della sua anima che vuole dar sempre un pizzico di fiducia a tutti gli diceva che quelle parole erano sincere, e che, forse, lo scopo di Alan era davvero provare a scusarsi e riconciliarsi; l’altra parte, quella più cinica e razionale, continuava a ripetergli, come un mantra, che non poteva essere vero, che sotto c’era qualcosa.
La sua sfortuna era che non sapeva a chi dare retta.
 
***
 
Alla fine, il resto del pubblico optò per vedere ‘La bella e la bestia’, considerando ‘Il re leone’ troppo strappalacrime per quella sera. Jimmy si guardò l’intero film in collo ad Alan, che rispondeva entusiasta ai commenti del bambino.
Finito il film, suo fratello si addormentò poco dopo. Nathan lo portò in camera, mettendolo a dormire nel suo letto. Tornò poi in salotto, dove trovò Alan in piedi, come se lo stesse aspettando.
La situazione gli apparve problematica. Non sapeva di cosa parlare e non potevano nemmeno litigare: non aveva certo voglia di svegliare Jimmy in quel modo. Decise di sedersi sul divano, aspettando che fosse Alan a parlare. E così fu.
« Piaciuto il cartone? »
Non aspettò nemmeno una risposta, e si sedette accanto a lui. Nathan non disse niente; dopo tutto quello che c’era stato tra loro, gli sembrava strano cominciare una conversazione amichevole come se nulla fosse.
« Non mi vuoi parlare? »
« Non è che non ti voglio parlare, è che non so che dire. È strano parlare così, ora. »
Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi. Alan inclinò la schiena fino a trovare il divano.
« Mi dispiace. Va meglio il naso? »
Alan allungò una mano verso il naso incriminato, ma Nathan si allontanò e respinse la mano.
« Sì, sì. Va tutto bene. Non era niente. »
« E la testa? »
« Sto benissimo, Alan, smettila di preoccuparti. »
Nessuno dei due disse nient’altro. Alan continuava a sospirare e spostare lo sguardo da una parte all’altra del soffitto.
« Stasera… » Alan si schiarì la voce. « Stasera esci? »
« No, non esco. Non esco più. »
« Sono davvero sollevato. »
« Non dovrebbe importarti, visto che hai anche un nuovo fidanzatino. »
« Jack non è… Ci frequentiamo e basta. »
« Lui sembra pensarla diversamente. »
Alan si avvicinò di nuovo al naso di Nathan, ma stavolta lui non si spostò.
« Spero che non ti abbia fatto troppo male. »
Nathan sospirò.
« Che cosa vuoi davvero da me, Alan? Ieri non mi hai risparmiato complimenti e oggi invece sembri quasi preoccupato. Credevo che tu fossi arrabbiato con me. »
« Lo sono. Lo sono, e molto. Ma ho avuto tempo per riflettere. E ho capito che anche io ho commesso molti sbagli in questa storia e che non ho il diritto di essere arrabbiato con te più di quanto tu lo sia con me. »
« Parli di qualcosa in particolare? »
Alan annuì debolmente.
« Quel pomeriggio di ottobre tu mi hai detto qualcosa di importante e io ti ho ignorato. Ho creduto per molto tempo che fossero tutte bugie, e invece era tutto vero. Ero talmente accecato dalla rabbia che ti ho abbandonato al tuo destino, quando invece avrei dovuto starti vicino, aiutarti… Credo che tu abbia sofferto molto, e non sono nemmeno sicuro che sia il verbo giusto. Sono molto arrabbiato con te, Nathan, è vero, e quello che ho scoperto in questi ultimi due giorni mi ha fatto molto male. Ma credo che niente possa essere paragonato a ciò che hai dovuto subire, non solo da quel porco, ma anche da me. La mia indifferenza. Vorrei dirti che mi dispiace, ma sarebbe troppo banale. »
Avvenne qualcosa che lo sorprese.
Alan allungò le braccia verso di lui; con una gli cinse la testa, con l’altra il corpo, e lo tirò a sé. Poi, lo strinse forte in quel che voleva essere un timido e inaspettato abbraccio.
Nathan ricambiò il gesto, e la prima cosa che avvertì fu quel delicato odore di dopobarba. Poi seguì il solletico di quei peli ispidi e corti sul collo, che gli pizzicavano la fronte. Per non parlare, poi, di quella zona del suo corpo che quella camicia appena sbottonata lasciava intravedere.
Si abbracciarono così, praticamente immobili, come se l’uno, per l’altro, fosse una delicata bambola di porcellana da toccare il meno possibile per paura di romperla, ma troppo cara e preziosa per non sfiorarla nemmeno.
« Ho sbagliato tante cose con te, Nathan. Non averti creduto mi fa sentire suo complice. Spero che un giorno troverai la volontà di perdonarmi. »
Sussurrò, quasi. Sembravano parole lontane portate dal vento.
« Fratellone… »
Nathan sobbalzò, e in tempo record si liberò dalla presa di Alan. Jimmy era lì davanti a lui, mentre con una mano si stropicciava un occhio.
« Fratellone, non riesco a dormire. Mi racconti una storia? »
« Io… » Si voltò verso Alan, imbarazzato, il quale gli fece un segno d’assenso col capo. « Ma certo, arrivo subito. Aspettami in camera. »
Non appena Jimmy fu scomparso nel piccolo corridoio, Alan si alzò.
« Vabbè, sarà meglio che vada. »
Nathan lo accompagnò alla porta e, ancora una volta, non sapeva che dire. Si imbarazzò ancora di più ripensando alla scena di poco prima.
« Be’, allora… grazie per averci tenuto compagnia stasera. »
« Figurati. Adesso però vado. Buonanotte, Nathan. »
« Ehm… buonanotte. »
Nathan lo fissò, indeciso se salutarlo in modo più affettuoso o meno. Ma i suoi pensieri furono interrotti dalla suoneria di un cellulare, che riconobbe non essere il suo. Alan rispose subito.
« Sì, pronto? Che succede? Cosa? Sánchez? Ne sei proprio sicuro? Va bene, arrivo subito. »
Come Nathan sentì il nome del maniaco si irrigidì tutto.
« Che succede? »
Alan gli mise le mani su entrambe le spalle e lo guardò dritto negli occhi.
« Nathan, ti prego. Giurami che mi hai detto tutto su Sánchez. »
« Non capisco… »
« Ti prego, giuramelo. Tu non lo vedi dal giorno della tentata aggressione vero? »
« S-sì, ma che c’entra…? »
« Va bene. Devo scappare, adesso. Ciao. »
Quando Nathan finì di dire il suo ‘ciao’, Alan era già sparito per la tromba delle scale. Chiuse la porta e si sentì un po’ inquieto. Che aveva combinato Sánchez, così all’improvviso? E cos’era quella specie di giuramento? Non aveva molto tempo per riflettere – Jimmy lo stava aspettando - , ma alcune cose non potevano fare a meno di lasciargli qualche punto interrogativo.
La vocetta di Jimmy lo chiamò dalla cameretta, ricordandogli la storia.
I suoi quesiti avrebbero aspettato.

 

Salve a tutti! Capitolo breve ma che lascia qualche quesito: cosa c'entra il maniaco? E perché Alan fa tutte quelle domande a Nathan? Lo scoprirete martedì prossimo :D
Adesso scappo, ma ringrazio comunque tutti coloro che mi seguono e che commentano: mi fa tantissimo piacere!
Alla prossima!
   
 
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