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Autore: alivinghope    06/11/2013    4 recensioni
"Skinny love" è la condizione secondo la quale due persone si amano ma sono troppo timide per ammetterlo. Però, lo dimostrano ogni qual volta ne hanno l'occasione.
Dal primo capitolo: «Infilai entrambe le mani sotto il suo lungo cappotto nero e gli strinsi la vita, forte. Allacciai la mia vita alla sua, in uno scambio di promesse silenziose e perdono.»
[Post Reichenbach] [Johnlock]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harriet Watson, John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io sono cuore, tu sei cervello
- Epilogo -



Per tutta la vita mi sono sentito vuoto. Un contenitore pieno di organi vitali che svolge attività quotidiane come una macchina. Un contenitore a dir poco difettoso.
Poi, improvvisamente ed inaspettatamente, qualcuno è entrato nella mia vita, violento. Non c’è stato nulla di dolce e normale nell’inseguire un serial killer insieme ad un uomo che non conosce la definizione pura e semplice del termine “pericolo”. Un uomo decisamente lunatico che manderebbe all’aria un’intera nazione – “per la scienza, John!”. Un uomo disposto a mettere in pericolo anche le persone a lui più care pur di dimostrare la sua intelligenza. Chi l’avrebbe mai detto che proprio io, John Hamish Watson, a quarant’anni suonati, potessi proprio innamorarmi di tale uomo?

La personalità dell’unico consulente investigativo al mondo era ricca di sfumature mai colte da nessuno in precedenza.
Nessuno aveva mai notato il lieve sorriso che andava a formarsi su quelle labbra a cuore ogni qual volta le dita lunghe ed affusolate andavano a produrre quelle note dolci quando imbracciava il suo amato violino.
Nessuno aveva mai provato a toccarle, quelle dita bianche come il latte, per capire davvero se fosse freddo come sembrava o se era solamente la prima impressione, l’unica spiegazione – irrazionale – che il nostro cervello sviluppava dopo aver dato una prima occhiata al proprietario di quelle mani eleganti.
Nessuno si era mai spinto ad osservare quelle iridi glaciali, screziate delle più svariate sfumature di blu. Nessuno aveva mai notato la scintilla che albergava in quegl’occhi, ogni qual volta qualcosa o qualcuno gli suscitava interesse.

Sherlock possiede una luce particolare, una luce tutta sua che lo rende l’essere più affascinante che abbia mai visto. È proprio per questo che mi sono scoperto innamorato di lui.

Quella sera del primo aprile riuscii a fare chiarezza sull’unico aspetto della mia vita che era stato un punto fermo, dal preciso istante in cui incontrai quell’uomo dai ricci ribelli.

Ricordo esattamente il momento in cui la mia vita, finalmente, iniziò.

La sua mano non lasciò la mia per tutto il tragitto fino al nostro appartamento. Tra noi due scorreva un silenzio carico d’aspettativa e d’emozione. Per un attimo mi sentii come un bambino in un negozio di caramelle: felice. Ero felice come mai, nonostante il tutto accadde in uno dei momenti peggiori della mia vita.
Sarò per sempre grato ad Harry per avermi aperto gli occhi, per avermi spronato ad amare la vita ed a non perdere neanche un istante di essa.


Ricordo di aver aperto la porta del 221B con mano tremante e con una rinnovata speranza nel petto che, sapevo, veniva dalla mia – nostra – consapevolezza. Consapevolezza di amare e di essere amati. Di essere rispettati e compresi.
Ricordo di essermi tolto la giacca nera e di essere rimasto con la camicia, quella rossa, mentre mi guardavo le punte delle scarpe, imbarazzato. Lui si avvicinò a me, ed il rumore lieve dei suoi passi sul parquet agirono come un richiamo e la mia testa si sollevò, sicura. Era mai esistito un legame come il nostro? Mi piaceva pensare che no, non era mai esistita una cosa del genere. Mi piaceva pensare che fosse una cosa nostra, creata da noi, per noi.
La barriera di ghiaccio che solitamente velava quelle iridi, si era sciolta. Ritrovai nuovamente quella distesa cristallina che tanto amavo, che mi faceva respirare a pieni polmoni aria fresca. I suoi occhi erano liquidi, luminosi e riflettevano il sorriso dolce che piegava le sue labbra verso l’alto. Un sorriso mai visto prima: consapevole, insicuro ed innocente.
Abbassai nuovamente lo sguardo in cerca delle sue mani che giacevano inerti sui suoi fianchi ed intrecciai le sue dita con le mie, creando un incastro perfetto e decisamente piacevole. Era incredibile la sensazione che venne fuori da quel semplice intreccio. Mi sentivo completo, come se per una volta la mia vita avesse iniziato a girare per il verso giusto. Perché, in effetti, non c’era nulla di sbagliato nel riuscire a far combaciare due vite ferite e rotte in mille pezzi.

«Tu sei cervello.» non era assolutamente un’accusa, ma la semplice constatazione della verità. Infatti, lui annuì.
«Si. Tu sei cuore e lo sappiamo entrambi.»
Annuii di rimando di fronte a quella risposta.
«Da quanto tempo l’hai capito?»
«L’ho capito poco fa, ma l’ho sempre saputo.»
Annuii nuovamente, mentre il cuore correva all’impazzata, quasi volesse uscire dalla gabbia toracica.
Una mano lasciò la presa e due dita si intrufolarono nella manica della camicia, a sfiorare il polso.
«Hai il battito accelerato.»
Alzai gli occhi al cielo. Intelligente, ma dove?
«Oh ma non mi dire!»
Le sue guance si imporporarono ed improvvisamente la sua attenzione venne attirata dal tappeto alle mie spalle.
«Sta zitto, John.»
Ridacchiai della sua espressione tra l’imbarazzato ed il corrucciato e lo obbligai a voltare la testa verso di me, prendendogli il mento con la mano libera.
I suoi occhi continuavano a guardarsi intorno, alla ricerca di un appiglio. Era conscio che stava per accadere qualcosa ed aveva paura di non essere abbastanza bravo.
«Guardami e smettila di fare l’idiota.»
Il mio tono autorevole da soldato lo fece desistere e tornò a guardarmi serio in volto.
«Smettila di chiamarmi idiota.»
«Lo sei. Ascoltami, non dobbiamo fare nulla che non vuoi. Non devi sentirti costretto. Ogni cosa a suo tempo.»
Tornò a sorridere, contento.
«Sei stanco?»
«Non è da te fare domande ovvie, Sherlock Holmes.»
«Non le farei se non fosse per colpa di qualcuno che da quand’è entrato nella mia vita, ha sgretolato ogni minima certezza che possedevo.»
«Questa è la cosa più bella che tu mi abbia mai detto.»
«Davvero?»
«Si, davvero. E adesso smettila di spostare lo sguardo a destra e a manca!»
«Oh andiamo, John! Lo sai che non ci so fare con queste cose!»
«Appunto per questo, dovresti ascoltarmi. E guardarmi, se non ti costa troppo.»
Il detective sbuffò divertito.
«Va bene.»
«Comunque…si, sono stanco. Forse anche troppo. Credo che andrò in camera a dormire un po’.»
«Se sei così stanco…perché non dormi in camera mia? Io devo finire un esperimento, non ti darei fastidio.»
Annuii senza rispondere più nulla. Era difficile riuscire a controllare e catalogare le sensazioni del momento, così mi limitai a stringere forte quella mano ancora intrecciata alla mia, per poi lasciarla e recarmi nella sua camera. Mi tolsi la camicia e i pantaloni, e rimasi in t-shirt e boxer, dopodiché mi stesi sotto le coperte. Il letto di Sherlock era più morbido del mio, e mi aiutò ad addormentarmi più velocemente del solito. Ero cullato dall’odore dell’uomo che amavo e dal calore delle coperte candide, quando avvertii distintamente la porta della camera aprirsi. Nel dormiveglia, mi mossi per fare spazio a Sherlock e mi strinsi a lui, facilitato dal suo abbraccio possessivo che mi portò a poggiare la testa tra la spalla sinistra ed il collo.
«Ti amo.» riuscii a mugugnare con voce assonnata.
«Lo so. Non essere ovvio John.»
Aprii un occhio e lo guardai torvo.
«Cosa c’è? Non andava bene?»
Risi piano di fronte all’espressione preoccupata del mio compagno.
«Sta’ tranquillo, va tutto bene. Non potrebbe andare meglio, in realtà.»
Tornò a sorridere spensierato ed io, guidato dall’istinto, mi allungai alla ricerca di quelle labbra. Gli stampai un bacio veloce e tornai nella stessa posizione precedente, mentre Sherlock strinse ancora di più la presa su di me.

***

Harry morì una settimana dopo. In quel lasso di tempo ci perdonammo a vicenda per tutto il dolore inferto volontariamente ed involontariamente. Riuscii a farla ridere e a farle pensare sempre meno al momento che stavamo aspettando. La morte la prese nel sonno, e fui immensamente grato, poiché sapevo che la sua sofferenza era stata minima. Se n’era andata in un lampo, e questo mi aiutò molto ad elaborare con più tranquillità il lutto.

Harry mi ha fatto capire che la vita va vissuta alla giornata. Che non bisogna rimandare le faccende al giorno successivo, perché quel giorno potrebbe non esserci mai. Ecco perché, un mese dopo, il mio cognome è mutato in Watson-Holmes. Perché non bisogna aspettare che la vita ci intralci i sogni, che ci metta i bastoni tra le ruote.
Ho amato Sherlock, lo amo e lo amerò, in qualsiasi altra forma di vita ci ritroveremo.
Perché – e di questo ne sono fermamente convinto – noi siamo due metà perfette, destinate a cercarsi ed a trovarsi sempre. Non importa quanto tempo ci vorrà o quanti problemi cercheranno di impedire questa unione: un Watson troverà sempre il suo Holmes.

«John, che stai facendo?»
La voce baritonale del mio compagno mi riporta bruscamente alla realtà.
«Pensavo.»
Sorrido. Ora le mie rughe sono poco più accentuate, mentre sembra che la pelle di Sherlock non risenta dei sei anni passati da quel giorno.
«Addirittura? E a cosa?»
Ignoro la battuta e sbuffo.
«A noi.»
«A me, vorrai dire. Pensavi così intensamente e rumorosamente.»
Decido che ignorarlo è nuovamente la scelta migliore.
«Vieni qui.»
Lo ammiro mentre percorre i pochi metri che separano la cucina dal divano. Non ha mai perso questo suo modo elegante e fluido di camminare, che farebbe invidia ad un dio greco.
Si accoccola al mio petto e lo stringo forte, come se ne andasse della mia stessa vita. E forse è proprio così.
Il calore emanato dal suo corpo si fonde col mio ed ha il sapore di casa.
«Il mio battito accelera notevolmente quando sei con me e mi provochi continue reazioni chimiche che riescono a bloccare il fiume di pensieri.»
Rido di gusto di fronte a quell’affermazione.
«Ti amo anch’io, Sherlock.»
Alza lo sguardo e lo incatena al mio. Mi sorride.
Torno a baciare come la prima volta quelle labbra a forma di cuore, accarezzando la consistenza di quei ricci sempre disordinati.

Credo di non essere mai stato realmente innamorato di qualcuno. Non avevo mai compreso questo sentimento appieno ma, scioccamente, pensavo di averlo vissuto con qualche ragazza.
Ora mi ritrovo qui, su questo divano di pelle marrone, abbracciato all’unico uomo che è stato in grado di rimettere in sesto la mia vita, raccogliendo i cocci pezzo dopo pezzo e mettendoli nuovamente insieme.
Abbiamo creato un’unica entità, perché John senza Sherlock non ha ragione d’esistere. Perché Sherlock è linfa vitale. È respiro, anima, cuore.

Dopo due anni di forte amicizia, tre di mancanza e lontananza, eccoci ancora qui: John e Sherlock, insieme. 



Note finali:
Lo so, sono una brutta persona perché non avevo annunciato la fine di questa storia. Mi sono resa conto che temporeggiare non avrebbe avuto senso, anzi, avrebbe reso il tutto molto pesante. Quindi mi sono detta che, forse, sarebbe stato meglio così.
Ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno recensito, hanno messo questa storia tra le seguite e - addirittura! - tra le preferite: grazie, grazie, grazie.

Ringraziamenti speciali vanno alla tenera Mon che, fin dall'inizio, mi ha spronato a continuare questa storia e che continua a spronarmi a scrivere: ti ringrazio, sei davvero preziosa; ad amy holmes_JW che mi ha seguita e non mi ha mai fatto mancare un suo parere: grazie, davvero.
Infine, grazie a chiunque leggerà questa storia.
Avrete presto mie notizie, mica scappo così, figuriamoci. 
A prestissimo, cupcakes.
A Living Hope

 
  
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