“Cappuccetto
Rosso?”
“Mamma! Smettila di chiamarmi con quello stupido
soprannome!”
“Ma perché, cara? È così
carino…”
“Era carino quando avevo cinque anni, forse, mamma. Ora
è solo imbarazzante!”
“Va bene, va bene. Allora, Amalia, potresti farmi un
favore?” chiese la mamma,
dando una particolare intonazione al suo nome.
”Che c’è?”
“Potresti portare queste pillole per il diabete a tua
nonna?”
“Oh, mamma, ma oggi dovevo uscire… non te lo
ricordi?”
“Certo che me lo rammento, esci tutti i giorni, per questo ho
pensato che se
per una volta non vedevi i tuoi amici non sarebbe stata la fine del
mondo. E
ora vestiti in fretta, ok?”
“Ma…”
“Niente “ma”, signorina. Tu ci andrai e
niente storie.”
Cappuccetto Rosso sospirò e andò in camera sua
per cambiarsi. Sospirò ancora. E
ancora. Le piaceva andare a trovare la nonna, ma ultimamente era
diventata
insopportabilmente sorda e ascoltava sempre la televisione ad un volume
assordante. Strano che i suoi vicini in quel palazzo decrepito in cui
abitava
non l’avessero già fatta buttare fuori di casa.
Inoltre, quel buco del suo appartamento puzzava terribilmente degli
escrementi
che i suoi gatti lasciavano tranquillamente per tutta casa, senza che
la
vecchia si preoccupasse di pulire.
La ragazza acchiappò il suo paio di Converse rosse e il
giubbotto del medesimo
colore, poi strappò le medicine dalla mano della madre,
prima che quest’ultima
potesse iniziare con la sua infinita lista di raccomandazioni.
In giro c’erano persone poco raccomandabili; non sulla strada
principale, lì
nessuno l’avrebbe disturbata, ma nelle viuzze isolate in cui
abitava la sua
famiglia si potevano incontrare tipi poco affidabili. Si
sbrigò a raggiungere
il centro della metropoli.
La città puzzava terribilmente di smog, che non la lasciava
respirare. I
grattacieli le impedivano di vedere il sole che, ne era certa, in una
così
bella giornata non poteva che essere splendido. Le auto sfrecciavano
veloci e i
loro clacson le facevano fischiare le orecchie.
Non molto lontano, intravide i suoi amici, con i quali sarebbe dovuta
uscire
quel giorno e li raggiunse per salutarli.
“Ehi, Amalia, pronta per il solito giro?” le
domandò Mirko, battendole il
cinque.
“Non questa volta, temo” rispose con un sospiro.
La ragazza spiegò ai compagni la situazione e si
congedò velocemente. Prima
fosse arrivata dalla nonna, meglio sarebbe stato.
A guardarla, Cappuccetto sarebbe sembrata una poco di buono: capelli
neri e
lisci con meches verdi, piercing al naso, l’immancabile
giacca rossa con le
borchie. Ma si sa, spesso l’apparenza inganna. Nonostante le
continue
ribellioni agli ordini del mondo adulto, i guai combinati con gli amici
e la
strafottenza che la caratterizzava, in fondo aveva davvero un gran
cuore e
chiunque la conoscesse lo sapeva.
Aiutare la mamma, poi, era stato molto generoso da parte sua,
pensò Amalia, che
rifletteva sul fatto che aveva rinunciato ad un pomeriggio dal
divertimento
assicurato per portare i medicinali alla nonna malata di diabete.
Arrivò in fretta davanti al palazzo malandato in cui abitava
l’anziana donna.
La porta cigolante si aprì e non le servi suonare il
campanello. Salì
lentamente le luride scale che portavano all’appartamento
all’ultimo piano,
evitando di usare l’ascensore da quando, l’ultima
volta, era rimasta bloccata
dentro a quell'aggeggio cigolante.
Stava per bussare alla porta, quando si accorse che era socchiusa.
Qualcosa non
andava: la nonna era sì sorda, ma non dimenticava la torta
nel forno, quindi
non avrebbe mai scordato di chiudere a chiave. Una paura la invase
quando si
rese conto che la serratura era stata forzata. Sbirciò dallo
spiraglio e subito
si ritrasse, avendo visto un uomo vestito di nero frugare nei cassetti
del
soggiorno. Prese il cellulare e chiamò la polizia che fu
lì in un batter
d’occhio. Lo scassinatore fu catturato, ma
dell’anziana signora non c’era
traccia. Cercarono a lungo, senza risultati.
Quando un agente fece vedere ad Amalia un oggetto che il ladro aveva
cercato di
rubare, la ragazza si illuminò.
“So dove si trova la nonna!” esclamò
correndo in camera da letto. Aprì
l’armadio, fece scorrere un’anta, dietro alla quale
c’era uno stanzino e, su
una sedia, una signora semisvenuta. Appena si fu ripresa, sorrise
notando il
volto della sua nipotina.
Dopo che le ebbero raccontato come erano andati i fatti
esclamò: “Oh, sono così
orgogliosa di te, Cappuccetto Rosso, sei una così brava
bambina. Mi hai
salvata! Ma quando hai fatto quel piercing?”
La ragazza roteò gli occhi e rise. “Non
è stato difficile trovarti. Ricordavo
che qui tenevi gli oggetti a te più cari e se il ladro aveva
rubato quella
collana che ti regalò il nonno che a te sta così
a cuore, probabilmente aveva
trovato questo deposito e ti aveva nascosta qui… E io mi
chiamo Amalia! Amalia,
capito?”
“Sei così intelligente, cara. E anche facilmente
irritabile devo dire. Ma dove
sono le mie medicine per il diabete? Avrei dovuto prenderle qualche ora
fa…”
Amalia le porse le sue pillole e sorrise di fronte alla sua
strabiliante
capacità di cambiare discorso così velocemente.
“Tesoro,
come è andata dalla nonna?”
“Bene, mamma, come al solito. Abbiamo guardato la tv ad un
volume assordante e
mi ha rimpinzata di torta."