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Autore: radioactive    06/11/2013    6 recensioni
CAP. 6 Il cigolio del legno si mischiava al battito del cuore del ragazzo tanto da confondergli le idee, non capiva più se il suo cuore era malandato come quelle travi o se l’Arena era viva quanto il suo cuore, aveva il terrore che ciò che lo teneva sospeso in aria crollasse sotto i suoi piedi.
Ma Ariel si bloccò di colpo, Lyosha avrebbe voluto chiederle che diamine stesse facendo, che erano inseguiti!. Ma lei non si muoveva, immobile, fissava ciò che solo in un secondo istante il fratello identificò come Sean, quello che li aveva derubati.
«Ciao, otto»
[...] Stavano per morire, stavano per morire!
CAP. 10 Caesar Flickerman trattava tutti i tributi come validi concorrenti, Lyosha invece, agli occhi del presentatore, era già morto.
| 72esimi Hunger Games ● Lyosha e Ariel Isaacs ● DISTRETTO 8 |
EDIT - testo in via di revisione e betaggio (01 capitoli su 14) + cambio grafica [in data 11/11/2013]
→ I capitoli 15, 16 e 17 sono degli SPINOFF di Die on the front page, just like the stars.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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     » PAGINE RUBATE Ø1  

              Capitol City ha rubato tutti i bambini di Panem.

 

 

 

 

La signora Isaacs se ne stava sul suo vecchio divano davanti alla televisione, le mani intrecciate tra loro appoggiate sulle gambe troppo deboli per sorreggerla. Le tempie le pulsavano terribilmente durante quelle ore in cui le era concessa la corrente per vedere i suoi figli ai Giochi, gli occhi si muovevano seguendo ogni gesto di Ariel e Lyosha, che grazie al cielo stavano affrontando la cosa assieme.

Un singhiozzo le salì lungo la gola mentre pensava ai suoi due figli prima della Mietitura – ricordò quando entrambi andarono a richiedere delle tessere per il pane che non arrivava a casa da due giorni, ormai, e la zuppa di cavoli e carote non bastava.

Aspettava silenziosamente che le bussassero alla porta, sapeva che lo avrebbero fatto. Aveva già vissuto gli Hunger Games come possibile vittima e aveva sperimentato la stessa paura che si era impossessata dei suoi bambini – mancavano meno sette tributi alla conclusione di quei giochi e probabilmente, l’inviato di Caesar Flickerman stava or ora attraversando il Distretto 8 per raggiungere la sua casupola assieme a tutta la troupe televisiva e alla rappresentante del loro Distretto.

 

 

Amaryllis Eglantine bussò alla porta della signora Janna Isaacs, sfilandosi subito dopo il guanto di seta, scoprendo la mano interamente tatuata con motivi floreali dorati, di fiori viola era fatto anche il suo dolcevita senza maniche, i fianchi fasciati da un semplice tubino nero che scendeva fino a sopra le ginocchia, ai piedi tacchi vertiginosi legati con dei lacci alla caviglia.

Quando la madre dei due tributi aprì la porta, la rappresentante del Distretto le sorrise flebilmente, quasi di cortesia, una volta che la signora si spostò di lato entrò nel salotto che, poté notare quasi con ribrezzo, fungeva anche da cucina – e probabilmente qualcuno ci dormiva, là dentro.

«Direi che possiamo cominciare» esordì Amaryllis, tastandosi l’elaborato chignon di treccine, assicurandosi che non ne fosse caduta nessuna.

Sentì la donna sospirare, l’inviato di Caesar si aggiustò la cravatta, si schiarì la voce e poi sfoderò uno dei suoi sorrisi più eleganti, piantandosi davanti al cameraman per incominciare dopo pochi secondi, scanditi da qualcuno che fungeva da regista, o qualcosa del genere.

«Ben trovati telespettatori, siamo qui con la signora Janna Isaacs, madre dei tributi Ariel Isaacs e Lyosha Isaacs, del Distretto 8» fece una pausa, ricevendo un pollice in su da parte di quello della troupe posto dietro quello che riprendeva l’inviato, «ci dica, signora: dov’è il padre dei due fratelli?» domandò, voltandosi poi verso la donna.

«E’ morto» rispose seccamente, tenendo il viso basso mentre sentiva gli occhi di Amaryllis su di sé, era seduta di fianco a lei nel sofà a due piazze e poteva sentire nelle narici il suo profumo caramella, «in fabbrica – sono cose che succedono» concluse, quasi pigolando.

«Certo, certo…» annuì l’intervistatore, passandosi una mano tra i capelli laccati, «ora che ricordo, ce lo hanno raccontato anche Ariel e Lyosha; quindi la famiglia ora è composta da?...».

«Io e i miei due figli, mio marito aveva una sorella ma è non si è più fatta vedere dopo la morte di lui», spostandosi un ciuffo di capelli scuri dietro l’orecchio, azzardò a sollevare il mento e quindi incontrare gli occhi del Capitolino, trovandoli estremamente brillanti ma vuoti, come se non sapesse realmente cose stesse facendo.

L’intervistatore annuì come se la compatisse, il suo gesto sembrava talmente naturale che quasi glielo fece credere, «quindi Janna – posso chiamarti così, vero? – mi stai dicendo che vivi in questa casa con Ariel e Lyosha?».

La donna mosse il capo, dandogli conferma della sua ipotesi – per qualche strana ragione, sentiva che forse sarebbe riuscita ad arrivare alla fine di tutto quel teatrino senza piangere davanti alla telecamera.

«I due fratelli ci hanno già raccontato un po’ del loro stile di vita, qui al Distretto 8, penso tu abbia seguito la loro intervista, no?».

«Certamente» la voce le uscì più chiara di quanto pensasse.

«Ma che ci dici tu, dei tuoi figli? E’ sempre un parere importante, quello della propria madre».

Ancora, gli occhi di Amaryllis ritornarono a fissarla, Janna poteva quasi vedere le sue lunghe ciglia viola abbassarsi e rialzarsi al movimento delle palpebre, sentì la sua gamba sfiorare la propria attraverso il tessuto rovinato del proprio abito, troppo strette – qui, pensò Janna, raddrizzandosi e stringendo le spalle, quasi volesse ridursi ad un minuscolo puntino nell’universo e sparire.

«Non è stato facile, per me e Stev crescere un bambino che non poteva parlare, insomma, immaginate di avere davanti una persona che non può ridere o dire qualcosa, ma che pensa esattamente come tutti gli altri ed è come tutti gli altri; abbiamo fatto molti sacrifici per avere a casa abbastanza materiale per fargli imparare a scrivere, e quando finalmente ci riuscì, scoprimmo di essere in attesa di una bambina».

Fece una pausa, sorridendo al ricordo. «In qualche modo, Ariel riuscì ad instaurare un rapporto magnifico con Lyosha, si sono capiti al volo: avevano deciso assieme dei segni che sarebbero state le loro parole. Era bellissimo vederli a tavola, gesticolanti, e poi sentire la risata di Ariel invadere tutta la stanza, o vedere Lyosha sorridere davvero, non lo faceva spesso».

«E’ una storia molto commovente» mormorò Amaryllis, quasi sovrappensiero, tutti gli sguardi si rivolsero a lei e la donna dovette sorridere alla telecamera, «continuate pure» disse, quasi scusandosi, muovendo la mano come per scacciare una mosca.

L’attenzione ritornò a Janna, «stavano sempre assieme, tranne a scuola, ma si vedevano all’intervallo per dividersi la merenda che si portavano qualche volta».

Era chiaro dove volesse andare a parare la donna: Capitol City aveva mandato al macello due fratelli fin troppo legati, e la morte di uno dei due avrebbe provocato la distruzione dell’altro, inevitabilmente.

«Come ha detto Amaryllis Eglantine, è una storia molto commovente», l’inviato riprese in mano il discorso – forse era meglio andare dritti al sodo, considerando che si trattava della madre di due tributi, lasciarle il tempo di pensare poteva essere pericoloso, «ma ci preme farti una domanda, Janna: pensi che uno dei tuoi figli possa tornare a casa?».

Il cuore le si fermò, il volto divenne pallido e gli occhi sgranati rimasero tali per qualche secondo. Eccola, la domanda che si era sognata la notte: pensi che uno dei tuoi figli possa tornare a casa?. Contò fino a dieci e riempì i polmoni di aria satura di quel profumo di caramella, «se c’è anche solo una possibilità che uno dei miei figli ritorni, io prego che si avveri» disse, sentendo crescere dentro di sé un fuoco che non aveva mai avvertito prima d’ora, forse era rabbia, rabbia nei confronti di Capitol City, sicuramente. La stessa rabbia che le era salita addosso quando aveva saputo che l’incidente in fabbrica era avvenuto per colpa dei controlli mancati.

«Lyosha ha sempre avuto molto a cuore Ariel, e credo che farà di tutto per farla sopravvivere fino alla fine – è quello che ha detto quando ci siamo salutati: “la farò tornare a casa per te”». La voce le tremava.

«“Per te”? Sa per caso spiegarci come mai ha detto questo, signora?»

«Perché è molto più facile comunicare con Ariel che con Lyosha, tutto qui». Aveva dato una risposta parecchio sintetica e, per quanto fosse vera, c’era una buona dose di storia non raccontata – ma che la televisione non aveva il diritto di sapere.

Capitol City non doveva sapere che Janna Isaacs aveva passato un momento di depressione – che in qualche modo persisteva tutt’ora –, quando a comunicare con Lyosha era solo Ariel; non doveva sapere che era arrivata ad alzare le mani sul suo primogenito perché non rispondeva alle domande che faceva, ma gesticolava nella vana speranza che la madre comprendesse; non doveva sapere quanto lei avesse sacrificato per i suoi figli, i quali tornavano da scuola con gli appunti sulle gambe che dovevano studiarsi prima di lavarsi, altrimenti sarebbero andati via e loro non si potevano permettere dei quaderni; non doveva sapere nulla – perché Capitol City le aveva rubato già i bambini, ma non poteva fare lo stesso anche con i suoi segreti.

«Sono comunque i miei figli, e non posso immaginare di vivere senza uno di loro» Janna abbassò lo sguardo, gli occhi gonfi di lacrime che caddero pesanti sulle sue mani raccolte sopra le gambe, un sorriso forzato le deformò il viso in una smorfia di dolore.

In un gesto quasi di compassione, la mano tatuata di Amaryllis finì sulla spalla della signora Isaacs, mentre lo sguardo rimaneva puntato sulle sue scarpe, un petalo cadde dalla sua maglia per finire sulla gonna, lo scacciò via con il movimento della mano libera. Forse, pensò la presentatrice, è ora che tu inizi ad immaginarlo.

 

 

Coriolanus Snow stava seduto nella sua poltrona di pelle, sulla giacca scura una rosa bianca – identica a quelle dei due bouquet ai lati dell’ampia scrivania. Le mani fasciate da quanti scuri giocavano con un petalo candido, tutto attorno a lui era un volteggiare di aromi.

Amaryllis entrò a seguito del permesso della segretaria. I suoi tributi erano ancora vivi, ma questo non spiegava il motivo per cui il Presidente – in persona! – volesse contattarla. Aveva fatto o detto qualcosa che non andava, alla Mietitura? Non aveva sorriso abbastanza?

Entrando, i capelli sciolti sulle spalle fino al fondoschiena e indosso un semplice abito nero a maniche lunghe e scollo a barca, fece un breve inchino a mani congiunte, alzando poi lo sguardo a incontrare gli occhi del più anziano, «desiderava vedermi?».

Un brivido le scese lungo la schiena quando vide il capo di Snow chinarsi verso la sedia posta di fronte a lui, all’altro lato della scrivania, «dobbiamo parlare dei tributi del Distretto 8, Eglantine, capirai benissimo che è una situazione delicata».

«E infatti lo capisco, Presidente».

Coriolanus sospirò quasi pesantemente, raddrizzando le spalle e alzando i gomiti dal tavolo, «ebbene, voglio che tu stia bene attenta a ciò che ti dirò – come pretendo che tu esegua i miei ordini meticolosamente».

Non potendo fare altro, la donna annuì.

 

 

Le domande successive furono sbrigative, e Janna si complimentò con sé stessa per la bravura nell’aver mantenuto un autocontrollo sufficientemente decente.

«Bene, abbiamo finito» annunciò il presentatore, rivolgendosi un attimo verso la telecamera, il “regista” continuava a gesticolare, mostrando i pollici in segno di vittoria. «Janna, è stato un piacere» disse, tendendo una mano verso la signora, la quale si pulì distrattamente il palmo madido di sudore sul vestito per poi ricambiare la stretta di mano, «spero vivamente che uno dei suoi figli torni a casa».

Ancora, il cuore della signora Isaacs si fermò, il ciuffo bloccato dietro l’orecchio ricadde in avanti  e le mani ripresero a sudare freddo, il corpo tremava – eppure rimaneva immobile, ferma come un’asta di legno.

Uno dei suoi figli sarebbe morto.

«Non è vero» sibilò, alzandosi di scatto e facendo sussultare Amaryllis, «non è vero che lo speri – non è vero che ti dispiaci» si indicò, l’indice premeva sul petto con tale forza da poterlo perforare, «a te e a Capitol City non importa ciò che succede quando una famiglia si disfa per colpa dei Giochi! Non importa cosa comporta la morte di un bambino, perché non sono i vostri bambini! La Capitale ha rubato i miei figli, ha rubato i figli di tutti quanti!».

La rappresentante del Distretto sbiancò, alzandosi di scatto e appoggiando una mano sulla schiena della signora, «Janna, per favore, calmat―».

«No che non mi calmo!» urlò così forte da muovere il capo, il volto si dipinse di rosso dalla rabbia, due lacrime caddero dagli angoli degli occhi e lo chignon si sciolse sulle spalle, facendo cadere a terra la bacchetta con cui era tenuto, «venite a casa mia a chiedermi di parlare dei miei figli quando probabilmente stanno soffrendo la fame e hanno paura, mi consolate dicendo che almeno uno dei due, forse, tornerà» guardava con occhi di fuoco il presentatore, sulla soglia della porta, quasi desideroso di fuggire via. Il cameraman, dietro di lui, sembrava riprendere tutto – sperava vivamente che Caesar e Claudius avessero ridato la linea allo studio.

Janna si sentì mancare le forze, barcollò sedendosi sul divano mentre altri due petali abbandonavano il dolcevita di Amaryllis, che guardava la donna accasciata contro il sedile, ormai in lacrime – distrutta.

«Signora Isaacs…» mugugnò debolmente la Capitolina, estraendo dalla tasca del tubino un sacchettino giallognolo, contenente una polvere simile a cenere.

Janna la interruppe, alzando una mano, quasi in segno di resa, «andatevene, non vi voglio in casa mia – sparite prima che vi cacci fuori con la scopa».

Il presentatore uscì prima di tutti, quasi scappando, seguito dalla troupe che si misero a discutere non molto lontano dall’abitazione, uno del gruppo si accese una sigaretta che emanò denso fumo azzurro.

Amaryllis rimase immobile, la sua presenza non sembrava infastidire la donna, perciò continuò, «il Sindaco mi ha chiesto di consegnarle questo, una sua amica, una certa Villalobos, lo ha informato della sua condizione e voleva aiutarla. E’ un calmante, la aiuterà a fare sogni tranquilli».

Janna alzò lo sguardo, fissando il medicinale, indecisa se prenderlo o no. Il suo braccio si mosse quasi involontariamente e le dita strinsero la busta.

«Starà meglio, vedrà» le disse, abbassando la mano circondata da rampicanti dorate, le sorrise ancora e poi uscì dalla casa, chiudendosi la porta alle spalle – allontanandosi, riuscì a percepire il pianto quasi soffocato della madre attraverso le pareti sottile e traforate.

 

 

La lama volò sulla gola di Ariel, il sangue sgorgò dal taglio e il corpo della piccola si afflosciò a terra.

Dietro le spalle della signora Villalobos, si sentì una tazza di ceramica andare in pezzi, girandosi, vide Janna bianca in viso – le mani tremanti nella stessa posizione con cui teneva la tazza, la bocca socchiusa come se non riuscisse a respirare.

Gli occhi si chiusero e le spalle caddero all’indietro, appoggiandosi alla poltrona grigio scuro. La donna si gettò sull’amica, battendole le mani sulle guance come per rinsavirla, ma niente non si svegliava. Dietro di lei, si annunciava il vincitore degli Hunger Games: Lyosha.

«Janna, svegliati! Lyosha ha vinto! Lyosha torna a casa!». Ma nulla.

Si sedette a terra, guardando il corpo inerme della signora Isaacs, notò che in mano teneva qualcosa, una bustina gialla.

 

 

«E’ chiaro?» la voce del Presidente le risuonò nelle orecchie.

Amaryllis annuì, abbassando gli occhi, «sì, signore».

Un movimento della mano da parte di Snow le indicò che poteva andare, senza aspettare altro si alzò, fece un breve inchino e girò le spalle per andare verso le porte aperte un attimo prima da due servitori. Tenne le spalle dritte e lo sguardo fisso verso la fine del corridoio dalla quale finestra riusciva a vedere i palazzi di Capitol City e, ancora più in la, le montagne. Sospirò, scendendo le scale tenendosi al corrimano, fermandosi poi di colpo sentendo le gambe tremare, si piegò verso il basso, flettendo le ginocchia e mettendosi la mano sulle labbra, un singhiozzo le uscì dalle labbra e gli occhi si socchiusero, le lunghe ciglia viola si bagnarono di lacrime.

Se la madre dei due fratelli dirà qualcosa che possa mettere in cattiva luce Capitol City, le aveva detto Snow, dovrai ucciderla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



«Una leggenda africana parla del perché i ghepardi hanno quelle "lunghe strisce" nere

che dagli occhi solcano il loro muso; parla di una madre, una Madre Ghepardo che perse i suoi cuccioli,

e pianse, pianse per notti e giorni, e così da allora il ghepardo ha quelle "lacrime" che segnano il viso.»

[GIORGIA SPURIO]

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE D’AUTRICE«viviamo e respiriamo parole»

 

Yeah buddy.

Siamo qui con il primo SPIN-OFF che ho deciso di pubblicare in coda a Die on the front page, just like the stars – l’intervista delle famiglie dei ultimi otto tributi a cui ho dovuto lavorare di molta fantasia dato che sul web non ho trovato nulla. Esattamente, nulla. Quindi ho pensato più o meno come potrebbe essere e spero sia abbastanza chiaro il tutto (: nel caso voi conosceste la verità(?) e fosse diversa dalla mia, prendete la mia versione come licenza poetica, ecco. ♡
Mi sono presa la libertà di fare una situazione così “grave” perché, comunque, siamo a distanza di tre anni dalla rivolta e immagino che comunque, cose come la ribellione, sono comunque ponderate – e, insomma, ok.

Per la cronaca, Janna si pronuncia Gianna.

Quindi sì, Snow ammazza la mamma di Isaacs, ho fatto questa scelta basandomi sempre su quello che succede nella trilogia e spero concordiate con me, sì ♡
Davvero, non mi ricordo che cosa volevo scrivere in queste note, che erano tantissime cose. Volevo solo farvi notare la nuova grafica con il banner iniziale fatto apposta per le pagine rubate, e se ve lo state chiedendo, sì: il tipo in mezzo ai fiori è Lyosha e il motivo di questo sarà spiegato nelle prossime pg (:

Ho parlato troppo, esatto.

 

Alla prossima!

radioactive,

 

 

 

 

 

a n g o l o s p a m

a.    I’m frozen to the bones. { HUNGER GAMES – long – nuovi tributi, 73rd edizione } yingsu

 

   
 
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