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Autore: Clira    06/11/2013    3 recensioni
Dal testo:
"Tum tum tum tum tum". Era come se fosse un macabro battito cardiaco.
Possibile che quei sotterranei dovessero essere così inquietanti?
Era di nuovo quel rumore che, ormai da qualche sera, le faceva perdere il sonno.
Clary si alzò. Stare sotto terra non le era mai piaciuto e quando, finalmente, era quasi riuscita ad abituarsi a quel dormitorio, erano cominciati quei rumori.
"Tamburi?", aveva pensato la prima volta.
Ma quel che trovò, fu ben diverso. Davanti a sé non aveva tamburi, ma una scatola, una strana scatola con su scritto "Your Mortal Journey".
Il tuo viaggio mortale.
"Ma dove diavolo sono finita?!"
Spero di avervi incuriosito! :)
[Crossover Sahdowhunter/Harry Potter; prendo anche l'idea del gioco Jumanji dall'omonimo film!]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 5: GITE NOTTURNE E PROFEZIE

 

Clary si tirò su a sedere sul letto, di nuovo, preda di una crisi di nervi. Ci mancava davvero poco che si mettesse a sbuffare dalle narici stile toro impazzito; non poteva credere a tutto quello che stava succedendo.

Avrebbe voluto prendere in mano delle matite da disegno e mettersi a dare vita alla confusione che affollava la sua mete. Così era davvero troppo e le venne da chiedersi se anche Jace, Isabelle ed Alec stessero sentendo a loro volta i tamburi.

Si portò le mani alle tempie, massaggiandole con le dita ad occhi chiusi.

Se avesse trascorso così un’altra settimana, sarebbe impazzita del tutto.

Scrivere a Luke e raccontargli che cosa stava succedendo? Era un possibilità.

Ok, forse no, se lo avesse saputo, c’era una buona probabilità che si potesse precipitare a scuola seduta stante e portarla via. No. Doveva aspettare; aspettare e vedere, proprio come aveva detto Alec.

Dio, moriva di sonno e non riusciva a dormire a causa di quei maledetti tamburi.

Infilò un paio di pantaloni di una tuta e una felpa pesante. Dannazione, si sentiva il cervello a pezzi.

Scese nella sala comune, come al solito la temperatura di quella stanza era pari a quella di un’era glaciale, ma si buttò a peso morto sul divano davanti al caminetto, andando a finire dolorosamente contro qualcosa di duro che, per di più, strillò, e lei fece altrettanto.

«Per la barba di Merlino!».

«Per l’Angelo!».

Le due esclamazioni si fusero insieme.

«Morgenstern!».

«Malfoy?! Che cavolo ci fai qui?».

«Potrei farti la stessa domanda».

«I vostri dormitori fanno schifo, è questo il mio problema», rispose burbera lei.

La risposta del ragazzo fu un grugnito svogliato.

Clary notò che teneva tra le mani un grosso volume di Pozioni. Lo prese dalle mani di Malfoy e cominciò a sfogliarlo. Non si sarebbe mai aspettata di trovarvi appunti su appunti scritti in una grafia decisamente leggibile per appartenere ad un ragazzo.

Quella di Simon era pessima, quasi indecifrabile, mentre Luke… beh, lasciamo perdere. Faceva eccezione Jace, che era perfetto in un modo decisamente irritante.

Girando le pagine, lesse di complicate pozioni per ottenere gli effetti più controversi e strani che si potessero desiderare.

Clary abbassò lo sguardo su Malfoy, ancora sdraiato sul divano, e inarcò un sopracciglio, cosa che, con sua somma gioia, aveva imparato a fare da poco. Prima aveva invidiato moltissimo Magnus, Jace ed Isabelle, che ci riuscivano alla perfezione senza tanti sforzi e senza smorfie orribili come quelle che le erano spuntate sul viso ogni volta che aveva provato a farlo.

«Che c’è, Morgenstern?».

«Magia nera? Davvero?».

«Come diavolo fai a… ?».

«Ho visto i libri di testo durante quella prima e beh… inquietante lezione con Piton  e non era questo. Questi incantesimi sono piuttosto… equivoci».

Il biondo sbuffò.

«Dio, adesso parli come la Granger. Mi chiedo se il cappello parlante non abbia fatto male a smistarti nella nostra casa».

«Francamente Malfoy, la cosa non mi tocca in modo particolare. Non appena sarà sistemata la situazione a casa mia, ci voglio tornare il più in fretta possibile».

Lui sbuffò.

«E adesso che diavolo c’è?», chiese Clary irritata.

«Voi donne siete insopportabili».

«E voi uomini siete presuntuosi».

«Tu poi sei… ».

«Malfoy… piantala. Potrei metterti a tappeto prima ancora che tu possa tirare fuori la bacchetta».

«E… di preciso, Morgenstern… quale delle due?».

Clary all’inizio non capì a cosa si stesse riferendo, poi le arrivò l’illuminazione e fulminò il ragazzo con uno sguardo che poteva promettere solo una cosa: morte.

«Io me ne vado a letto», scandì lentamente.

Sentì Malfoy sghignazzare alle sue spalle, ma non si voltò. Salì le scale e tornò nel suo dormitorio.

 

[…]

 

Jace era rimasto sveglio tutta la notte. Alec come al solito aveva dormito beato, ma lui non era riuscito a chiudere occhio. Pensava continuamente a quei tamburi, chiedendosi cosa potessero significare e perché li avevano condotti in quel bagno.

Maledizione.

Era tutto completamente insensato.

Sbuffò, rigirandosi nel letto.

Niente. Non gli veniva in mente assolutamente nulla.

Non aveva mai studiato o letto niente in proposito a qualcosa di simile, ma poi… lui non sapeva nemmeno di cosa si trattasse!

Parlare con Magnus era fuori discussione, non si sarebbe fatto cavare una sola parola da quella bocca che invece si sarebbe fatta cavare molto volentieri altro, dalla bocca di Alec.

Scosse la testa allontanando quel pensiero e si mise a sedere sul letto, le gambe fuori, buttate da una parte, il petto nudo e le braccia ricoperte dai marchi permanenti.

Infilò una maglietta nera con le maniche lunghe, fuori stava appena albeggiando e lui non aveva idea di come sarebbero andate le cose, adesso.

Se all’inizio non aveva dato peso alle parole di Magnus e Silente, ora stava seriamente cominciando a ricredersi e poi, come un fulmine a ciel sereno, si ricordò di quella prima mattina di lezione.

In quella torre, la professoressa di Divinazione che aveva previsto che a lui e a Clary sarebbe successo qualcosa, che erano in pericolo.

Lui, Jace Lightwood, non credeva a quelle cose, ma cominciò a credersi. Come aveva detto anche Clary; Silente non era un ciarlatano qualunque, se aveva assunto proprio quella donna, un motivo doveva pur esserci.

Inspirò a fondo e tirò fuori l’orario di quel giorno: tre ore di erboristeria con Amatis e poi una di rune, prima di pranzo.

Tra le due materie c’era un’ora buca e l’avrebbe usata per andare a parlare con quella Cooman.

Infilò il solito paio di stivali in cuoio nero e scese in sala comune, arrampicandosi poi sulla scala a pioli che portava al buco del ritratto e uscendo davanti alla Signora Grassa.

Percorse la strada il più silenziosamente possibile, fino ad arrivare al bagno delle ragazze in cui era finito il pomeriggio precedente con Alec, Isabelle e Clary.

Sfortunatamente, trovò il singhiozzante fantasma di una ragazzina seduta sul termosifone a piangere disperatamente e, non appena Jace entrò e lei lo vide, cominciò a strillare come una forsennata, tanto che il ragazzo credette che avrebbe svegliato tutto il castello e se la diede a gambe.

Come se non bastasse, svoltato un corridoio, trovò l’orrenda gatta di Gazza, che aveva scoperto che si chiamava Mrs. Purr (che razza di nome era, per altro?).

Saltò oltre l’animale con agilità e corse ancor più in fretta, consapevole del fatto che quel dannato custode sarebbe arrivato subito dopo la sua gatta e, in men che non si dica, fu di nuovo nella sala comune di Grifondoro.

Per l’Angelo, era una gabbia di matti quel posto. Come diavolo faceva un fantasma a piangere poi? Di cosa erano fatti?

Jace dubitava seriamente che avesse un qualche tipo di liquido in corpo, o magari stava solo singhiozzando, ad ogni modo preferì non porsi altre domande.

Sapeva che, anche se fosse tornato a letto, non sarebbe comunque riuscito a dormire, quindi preferì restare seduto lì nel salotto davanti al camino e cercare di mettere insieme tutti gli indizi che avevano raccolto fino a quel momento, anche se in realtà pareva solo essere un’accozzaglia di informazioni che tra di loro non avevano alcun filo conduttore.

La testa cominciò a fargli male. Dannazione, tutta quella storia era frustrante.

Quando fece giorno, i primi studenti scesero dai loro dormitori, riversandosi nella sala comune, lui aspettò Izzy ed Alec e poi, insieme, si avviarono verso la Sala Grande.

Durante il tragitto, Jace raccontò ai due di quella notte.

«Sei un vero imbecille, Jace», decretò Isabelle dopo averlo squadrato dall’alto della sua statura.

Lui le lanciò un’occhiata omicida.

«Grazie, sorellina».

«Forse Iz avrà utilizzato le parole sbagliate… », intervenne Alec.

«Come al solito… », borbottò il suo parabatai, interrompendolo.

« … ma devi ammettere che quello che hai fatto non è stato poi così geniale».

«Ma piantala».

«Jace», lo riprese il moro.

Lui sfoderò uno dei soliti sorrisi che tirava fuori per svignarsela da un guaio in cui si era appena cacciato.

«Senti biondino, sta zitto e muovi il tuo scultoreo culo, ho fame», riprese parola Isabelle, con fare alquanto scocciato.

Sul viso di Jace, ora il sorriso era compiaciuto, mentre l’espressione di Alec esasperata. Non sapeva proprio come lui ed Isabelle potessero essere fratelli e non riusciva a capire come ancora lei e Jace fossero vivi entrambi.

In Sala Grande, si sedettero ai soliti posti e, guardando verso la tavolata dei Serpeverde, notarono che Clary era nuovamente seduta al fianco di Malfoy, anche se aveva un’espressione piuttosto spiritata.

“Non ha dormito neanche stanotte”, pensò Jace guardandola.

La ragazza, come se avesse sentito che la stava fissando, levò lo sguardo e i loro occhi si incrociarono.

Ok, aveva due occhiaie spaventose, i capelli arruffati e la pelle di un pallore spettrale.

Il biondo finì di masticare, mandò giù quello che aveva in bocca, e si avviò in direzione della ragazza.

Da quando erano arrivati ad Hogwarts, Jace non ci aveva fatto caso, ma ora notò che molte teste femminili si voltarono a guardarlo mentre attraversava la sala.

Arrivò ad un lato di Clary e richiamò la sua attenzione.

«Cosa c’è, Jace?».

«Ti posso parlare?».

La ragazza annuì e si alzò dal tavolo, seguita da molti sguardi incuriositi.

I due Shadowhunters camminarono fuori dalla Sala Grande e cominciarono ad avviarsi nel parco, verso la serre in cui Amatis teneva le sue lezioni.

«Che cosa c’è, allora?», chiese lei stringendosi le braccia al petto per tenersi al caldo.

“Come ha potuto non portarsi una giacca, sapendo che bisogna attraversare il parco per arrivare alla serra?”, pensò Jace.

Si sfilò allora il suo giubbotto di pelle nera e lo posò sulle spalle della ragazza che lo guardò e lo ringraziò.

Jace sorrise.

«Allora mi dici che succede?».

«Perché non me lo dici tu, Clary?».

«Che vuoi dire?».

«Che… beh, sembri stare sempre peggio ogni giorno che passa».

Lei si aprì in un mezzo sorriso.

«Non riesco a dormire. Mai».

«Sono davvero i tamburi a farti questo effetto?».

«I tamburi. Mia madre. Valentine. Sebastian. È dura».

Lui annuì.

«Non puoi parlare con qualche insegnante? O magari con l’infermiera della scuola, potrebbe avere qualcosa da darti per aiutarti a dormire… ».

Clary scosse la testa.

«No, non voglio niente».

«Com’è che sei sempre così testarda?».

La ragazza fece spallucce, con fare divertito e Jace sorrise, un po’ esasperato.

«Su, la lezione comincia tra poco».

 

[…]

 

Harry, Ron e Hermione si avviarono verso l’aula di Pozioni, li attendevano due lunghe ore nella  piacevole compagnia di Piton.

«Caspita Ron, che faccia da funerale che hai stamattina».

«Due ore con Piton e i Serpeverde, due ore di Storia della Magia e un’ora di Erbologia sempre con Serpeverde. Ti stai davvero chiedendo perché ho una faccia da funerale, Hermione?».

Stavolta, Harry non poteva dare torto al suo amico; quella sarebbe stata una mattinata davvero pesante.

Fin da subito infatti, Piton cercò di rendergli la vita impossibile, facendo delle domande impossibili e togliendo punti alla casa di Grifondoro. Come se non bastasse, Malfoy fu spocchioso come sempre.

Il professore di Pozioni, fece preparare loro un complicato intruglio che solo Hermione riuscì a preparare alla perfezione.

Uscirono dai sotterranei che dire sfiniti era probabilmente un eufemismo e Ron aveva assunto un colorito pressoché cadaverico.

Con Rϋf non andò tanto meglio: il professore di Storia della Magia fu mortalmente noioso e, nonostante la lezione fosse in comune con Tassorosso, Harry dovette fare un notevole sforzo pur di non addormentarsi.

Tirò fuori il tema a metà di Trasfigurazione che la McGranitt gli aveva assegnato per il giorno dopo, quando anche quello per lui fu troppo, tornò con la mente al giorno prima; agli allenamenti degli Shadowhunters. Quella sì che era stata una cosa interessante da vedere.

Sperò solo che avrebbero potuto assistere a qualcun’altra di quelle lezioni.

 

[…]

 

Jace era arrivato sulla torre in cui una sola volta era stato, quel primo giorno di scuola e tra l’altro, posto da cui era scappato di gran carriera. Tornarci per chiedere a quella donna strana delucidazioni su ciò che gli aveva detto riguardo all’imminente pericolo che lui e Clary correvano, era fonte di irritazione per lui.

Ad ogni modo, doveva farlo.

Salì la scala a pioli e si ritrovò nel familiare spazio circolare, come sempre impestato dall’odore fastidioso degli incensi.

La professoressa Cooman, venne fuori dal suo ufficio come se avesse sentito la presenza del ragazzo.

«Cosa ti porta qui, mio caro ragazzo?», chiese lei sempre accompagnata da quel tintinnio dovuto ai vari braccialetti e cantenelle che portava sempre addosso, addobbata come un albero di Natale.

«Volevo… parlarle», cominciò lui.

Per l’Angelo, stava davvero chiedendo a quella ciarlatana di aiutarlo?

«Dimmi, caro».

«La prima lezione, lei mi disse che io e la mia… amica, Clarissa Morgenstern, eravamo in pericolo. Vorrei saperne di più».

La donna si rabbuiò e Jace non seppe dire se fosse perché era preoccupata e in qualche modo la cosa la turbasse, oppure perché si era ricordata di come lui l’aveva trattata quel giorno. Sperò più che altro nella prima opzione, ma ne dubitava.

«Dammi la tua mano ragazzo».

Lui si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo, ma si costrinse a restare serio. Impassibile, più che altro.

La professoressa Cooman gli prese con forza la mano e si concentrò, o almeno parve farlo e quando parlò, la sua voce era diversa, alterata… sinistra.

«Il pericolo arriverà… stanotte».

Poi tutto cadde nel silenzio.

 

NOTE:

Ciao a tutti! Perdonatemi, il capitolo è più corto e sto pubblicando abbastanza tardi, ma l’ho scritto oggi in pratica e… questo è ciò che ne è uscito.

Spero che vi sia piaciuto ugualmente e nel prossimo capitolo mi farò perdonare… credo! XP

Ad ogni modo, ora vi saluto perché il mio letto mi reclama e l’influenza mi sta spaccando la testa…

Alla prossima, un abbraccio a tutti e spero che lascerete qualche recensione.

Buonanotte!

  
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