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Autore: General_Winter    06/11/2013    2 recensioni
È passato un mese da quando sono giunto a Marineford come viceammiraglio. Dopo anni di accademia militare, dopo lunghe spedizioni su isole più o meno insidiose contro pirati più o meno forti, dopo anni in cui ho continuato a seguire gli ordini di idioti più o meno competenti, sono pronto a essere io l’idiota. L'idiota che dà gli ordini.
[ Ho riformattato i primi due capitoli, così sono più digeribili dei mattoni di parole che erano prima ]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aokiji, Kizaru, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MINIERE D'ARGENTO


È passato un mese da quando sono giunto a Marineford come viceammiraglio. Dopo anni di accademia militare, dopo lunghe spedizioni su isole più o meno insidiose contro pirati più o meno forti, dopo anni in cui ho continuato a seguire gli ordini di idioti più o meno competenti, sono pronto a essere io l’idiota. L’idiota che dà gli ordini. Lo stronzo che non devi contrariare. Il bastardo che non vuoi trovarti come avversario. Il genere di persona che i civili guardano con rispetto e ammirazione e i pirati con disprezzo e paura se giungi su un isola dicendo:-Sono un viceammiraglio del quartier generale della marina.- Cavolo se mi sono meritato quella promozione! Qualcuno dei gradi molto alti mi ha chiamato alla base e mi ha detto: -Dai tuoi recenti risultati è stato ritenuto opportuno spostarti dalla sede del G3, di cui sei a capo, al QG di Marineford. Congratulazioni per la promozione.- -Grazie per l’occasione- dissi, simulando la serietà mentre pensavo “Ma quanto ci avete messo per accorgervene?!”.

Il giorno dopo la chiamata ho congedato i miei commilitoni con un -Signori, è stato un piacere combattere al vostro fianco- mentre pensavo “Ci vediamo sfigati”. È  passato un mese da quando ho lasciato il G3, dove davo gli ordini, per andare a Marineford … Dove devo prenderne dai più grossi deficienti che abbia mai visto.

Mi sembra di aver capito che sia così per tutti i novellini. Tu arrivi e vali meno degli stracci per pulire i pavimenti. Tu non vali nulla; i viceammiragli che sono lì da più tempo ti ignorano, come fossi un sassolino sulla loro strada, nulla di più. Quelli con meno dignità ed esperienza rispetto ai precedenti ( ma senz’altro con abilità maggiore rispetto ai nuovi arrivati ) ci sfottono, ci prendono per il culo e ci intimano di morire così, a detta loro, sul pianeta ci sarebbe stato un perdente in meno. Il nome te lo fai con i successi nelle spedizioni. Devi dimostrare che sei duro a morire. Che se hai quel grado c’è un motivo. Devi chiudere la bocca a quegli ignoranti sbattendoli in faccia il tuo successo. Ma fino ad allora ti devi sorbire gli insulti.                                                                                                                    

Ma con me è diverso. Non mi sfottono come gli altri … - Ehi Rage! Come sta quella puttana di tua sorella?! Dopo che me la sono scopata mi ha chiesto di salutarti! Ehi, Rage!- “Che coglione” penso, ignorandolo.

A quanto pare sanno il mio problema: non mi so arrabbiare. Non conosco la rabbia. Non sembra umano, vero? Mi infastidisco, mi irrito. Non mi arrabbio. Se si scatena una rissa me ne vado, anche se sono il diretto interessato. Non riesco a uccidere. Combatto contro i pirati, li ferisco, ma non li uccido. Non ci riesco. Li prendo, li sbatto in galera. Non uccido i pirati, figuriamoci i civili, come alcuni superiori. Dicono che alcuni sono di intralcio alla giustizia.                                                                                                                                            
Rage ( rabbia ) è un soprannome per sfottermi. Non è il mio nome. Ma penso che a Marineford sia più conosciuto così. Credo che alcuni non lo sappiano nemmeno il mio nome. In questa base sono Rage.    

Quello che mi ha preso per il culo si stacca dal muro al quale era appoggiato e si avvicina a me. Molto vicino. Mi guarda dall’alto, anche se lo è di pochi centimetri. Mi guarda con aria di strafottente superiorità:- Ti ho fatto una domanda, Rage. Rispondi!- mi dà una spinta. Lo guardo, impassibile. Un ghigno gli compare sulle labbra. Vuole vedermi esplodere. Non è la prima volta che tenta di farlo. Mi dispiace non dargli soddisfazioni. Si tira un po’indietro, chiudendo le palpebre; il ghigno si allarga e gli si unisce una risatina arrogante:- Devi sapere che … - comincia, ma non avrei mai saputo cosa, poiché nel poco tempo in cui aveva tenuto gli occhi chiusi mi sono velocemente spostato nei vicoli della città. So che non mi verrà a cercare. Spero che abbia di meglio da fare che prendermi per il culo.                                                                
Cavolo, quella sbronza che mi sono preso dopo essere arrivato è stata la mia condanna. A quanto pare ho parlato sia di mia sorella che del mio problema con la rabbia. Ah, che sfiga! Chi ha detto “Vino Veritas” aveva ragione.                                                                                                                                                           

Sono perso nei miei pensieri e nei vicoli della città. All’improvviso inciampo e cado faccia a terra. Per fortuna non c’è nessuno in a ridere della mia figura di merda. Mi volto a vedere in cosa sono inciampato.

All’inizio mi sembra un albero. Poi guardo meglio. C’è una mascherina calata su una testa scura e sui capelli ricci. Un persona sta dormendo in un vicolo. Lo ripeto lentamente perché una parte del mio cervello non ha ancora elaborato i dati: “una persona sta dormendo in un vicolo”.

Mi alzo da terra e lo squadro. È talmente alto ( oserei dire lungo ) che quasi i piedi toccano la parete opposta a quella a cui è appoggiato col busto. Lo sto ancora guardando e l’altro si sveglia:- Arara … - sospira togliendosi la mascherina scura. Ci fissiamo qualche secondo. Poi io prendo la parola:- Perché stai dormendo per strada ?- domando sconcertato. – Perché ero stanco- risponde semplicemente, fissandomi.

Mi tende la mano, perché lo aiuti ad alzarsi. Gli afferro e la tiro, mentre lui si issa sulle gambe. – Ti stavo cercando – mi dice, e io lo guardo. Non mi sembra di conoscerlo, quindi non ne capisco il motivo. Mi tende un’altra volta la mano, questa perché io gliela stringa. – Sono il vice ammiraglio Kuzan … - dice, mentre gli stringo la mano - … e tu sei il famoso Rage -. Gli lascio la mano, mi volto e comincio a camminare. – Quello è solo uno stupido soprannome. Il mio nome è…- - Lo so il tuo nome … - agita la mano spazientito, seguendomi - … ma è troppo lungo. Rage è più corto e facile da ricordare -. Sospiro e alzo lo sguardo.

Senza accorgermene lo sto portando a casa mia. – Perché mi cercavi ?- gli chiedo – E perché famoso ? -  – Perché famoso?! Sveglia! Sei qui da un mese, hai partecipato a tre spedizioni militari che sono state un successo e in tutte ti sei distinto! Sei considerato il novellino migliore della base. Per questo il grandammiraglio Kong mi ha mandato a chiamarti: vuole farti partecipare alle prossime riunioni con la flotta dei sette. Ci sarò anch’io … - Lo guardo, sgranando gli occhi.

Ci siamo bloccati davanti alla porta di casa mia. Entriamo. Io guardo per terra. È vero che avevo partecipato a tre spedizioni in un mese, che secondo gli standard era parecchio alto per i nuovi arrivati, ma non pensavo di essermi distinto: ho solo fatto ciò che dovevo fare. Pensavo che col mio problema della rabbia non sarei andato lontano: già il fatto di essere viceammiraglio sembra troppo. Gli dico i miei dubbi, mentre chiudo la porta.

Abito all’ultimo piano di un palazzo. La fatica delle scale è compensata dal fatto che il mio appartamento occupa lo stesso spazio di due appartamenti dei piani inferiori.                                                          
Kuzan si fa strada in casa mia con un fischio di sorpresa – Bella casa, ma un po’ spartana … manca la presenza femminile- mi dirigo verso il frigo, prendo due bottiglie di birra, le stappo e gliene passo una con un ghigno- Perché? Da te c’è una presenza femminile oltre alla tua?- chiedo.

Lui ride - Col carattere che ti ritrovi, anche se non ti arrabbi, non avrai problemi. Anche se siamo qui da al massimo un mese, veniamo convocati dal grandammiraglio. Buon segno: faremo strada!-. Brindiamo, incrociando i colli delle bottiglie.  – Al successo … - dico io - … e alle donne!- mi fa eco lui. Beviamo avidamente dalle bottiglie verdi. Quando la conclude se ne va. Un sorriso di compiacimento si fa strada sulle mie labbra.


 Mi avvicino all’enorme ingresso bianco, aprendolo. Al tavolo circolare c’è solo il grandammiraglio, che tiene la testa sui dorsi delle mani incrociate. Non sembra di accorgersi di me e Kuzan, che mi raggiunge dopo pochi secondi.

Lentamente, ancora perso nei suoi pensieri, si volta verso di noi. Io e Kuzan ci mettiamo sull’attenti. Il grandammiraglio ci fa un cenno spazientito e noi ci mettiamo a riposo. Ci fa un altro gesto e noi ci sediamo con le spalle rivolte alle grandi finestre.

Mi accorgo che non so nemmeno il motivo per cui c’è la convocazione della flotta  dei sette. Lo chiedo a Kuzan: - Perché ci sono le presentazioni di possobili candidati per il posto vacante – mi risponde bisbigliando – Ricorda – continua lui – noi siamo nuovi, quindi non abbiamo osservazioni da fare, non abbiamo cose da precisare e non siamo contrari a nulla: noi ascoltiamo, assentiamo e parliamo solo se interpellati – mi avverte.

Mentre stava bisbigliando sono arrivati altri esponenti della marina e un paio di membri della flotta dei sette. Li osservo mentre la porta si apre un’altra volta. Guardo di sfuggita il nuovo arrivato, ma qualcosa mi obbliga a tenere lo sguardo incollato alla porta.

Noto appena che Kuzan si sta agitando sulla sedia e sento che mi bisbiglia qualcosa tipo – Lei è considerata la donna più bella del mondo … -. Chi lo pensa ha pienamente ragione. Non è facile ignorare una cascata di capelli biondo chiaro, lievemente mossi, il viso sottile e affilato di pelle diafana, il seno abbondante, i fianchi non troppo pronunciati, messi in risalto da ciò che indossava: pantaloni molto attillati di pelle bianca, camicia candida abbastanza sbottonata da mettere in mostra il decolté, cintura bianca con una grossa fibbia argentata e stivali bianchi con un tacco metallico che slanciano ancora di più le gambe toniche. Ciò che stonava con tutto quel candore era il cappotto nero pece appoggiato sulle spalle. Si siede su una sedia poco distante dalla mia. Si sporge all’indietro e incrocia le caviglie sul tavolo. Il sole rosso del tramonto che entra dalle finestre si riflette sul tacco argentato posato sul tavolo, accecandomi.

“Come fa anche solo a camminare con quei cosi …” penso. Ma tutto ciò che è e indossa diventa il nulla quando apre gli occhi, che aveva tenuto sempre chiusi, quasi in segno di sdegno. Sono argento. Puro. Non grigi. Argento. Non se ne vedono tutti i giorni. Sembrano quasi bianchi. Mi sto perdendo in quelle miniere d’argento, si spingono troppo in profondità.

Si gira all’improvviso e mi scruta. Mi affretto a chiudere la bocca che mi accorgo che è spalancata. La riunione è già cominciata, ma lei la interrompe chiedendo: - Grandammiraglio, chi è il ragazzino? – e puntando il pollice verso di me.

Già, ragazzino. Fa un effetto un po’strano essere chiamato così da una persona che HA ALMENO 5 ANNI IN MENO DI ME! Mi irrito, ovviamente non riesco ad alterarmi troppo, mentre il grandammiraglio mi presenta. Lei mi guarda con un sorrisetto – Allora, Rage – squadro un attimo il grandammiraglio: possibile che non sappia il mio nome ? – Chi è tuo padre se sei così altolocato nella marina ? –. Mi si congela il sorriso sulle labbra.

Immediatamente spunta fuori l’altra parte di me. Quella che non è in grado di arrabbiarsi, ma nel far esplodere gli altri è campionessa. Quella che dice sempre quello che pensa ed ha la lingua lunga. Sì, quella che mi ha sempre messo nella merda – E tu, Teresa? In quale letto ti sei infilata per essere entrata nella flotta dei sette? -. Lei ride, una risata cattiva. Non faccio in tempo a capire cosa succede, che mi trovo la lama della sua spada a due mani a doppio filo sotto il collo.

Lei è già accanto a me con un sorriso sadico. – Parli troppo … non ti hanno insegnato a portare rispetto per chi è più forte di te? – dice, continuando a sorridere. Un sorriso furbo compare anche sulle mie labbra  – Se ti alteri così tanto significa che c’è un fondo di verità in ciò che ho detto … e poi chi è che sarebbe più forte di me? – concludo la frase e scaglio un pugno verso il mento di Teresa.

Lei lo evita e si riprende dalla sorpresa dell’attacco, per poi affondare la spada, inutilmente, dato che mi sono già spostato, distruggendo la sedia su cui ero seduto prima. La guardo negli occhi e mi metto in guardia. Lei mi fissa con un sorriso compiaciuto. Stiamo per attaccare, quando una voce ci ferma: - BASTA! Questo luogo è stato concepito per discutere: se volete combattere fatelo fuori! – grida il grandammiraglio.  Mi guardo in giro: alcuni flottari ci osservano con interesse, Kuzan si era sbattutola mano in faccia e scuote leggermente la testa, il grandammiraglio ci guarda con un’espressione che è un misto tra l’arrabbiato e l’allibito.                                                                                       
Prendo una nuova sedia e la porto al tavolo. Ma l’altro lato di me non è ancora sparito, quindi non riesco a impormi di tacere: - Mi perdoni, grandammiraglio – poi passo vicino a Teresa e sussurro: - Sembra che alcuni cani del governo devono essere addestrati meglio -. Lei mi risponde con un sibilo infuriato: - Che hai detto? - - Ops, sei una ragazza, dovevo usare il femminile … - concludo ghignando. – Parli troppo per i miei gusti – mi sussurra di rimando.

Ci risediamo entrambi. Lei mi lancia uno sguardo glaciale, ma noto comunque qualcosa che assomiglia a un sorriso. La riunione continua. Verso la fine Kuzan si avvicina e mi dice: - Ti consiglio di chiederle scusa per tutto quello che le hai detto: è una donna, può serbare rancore in eterno. E poi è un membro della flotta dei sette, potrebbe farti fuori -. A quanto pare mi ha sentito anche lui.

Sbuffo e vado dietro a Teresa, che sta uscendo dalla sala: - Teresa, aspetta. Ti devo porre le mi … - mi zittisco, ma non per mia volontà. Teresa è incredibilmente vicina a me e ci metto qualche secondo a capire che le sue labbra sono serrate sulle mie. Che diavolo sta facendo? Perché mi sta baciando? Assaporo ancora impotente quel bacio che sembra durare un’eternità. Quando si stacca dice: – Oh! Finalmente hai smesso di parlare! –. Si gira e se ne va impettita. Sarei potuto restare lì impalato tutto il giorno a domandarmi qual era il mio nome, al suono della risata divertita di Kuzan.


Angolo dell'autrice:
bene, ecco la mia prima FF. Be' che dire, spero vi piaccia. Il personaggio di Teresa ovviamente è ispirato all'omonimo personaggio di Claymore ( andatelo pure a vedere su google, a me piace molto come personaggio ). Ricordo che recensire non causa morte prematura, ma essendo la prima storia che pubblico vi chiedo di essere clementi: le critiche sono accettate, se costruttive. Cercherò di pubblicare il prossimo capitolo prossimamente, ma tutto dipende da madama ispirazione.
Un bacio. Lupus_in_fabula
  
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