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Autore: Icer    01/11/2004    4 recensioni
Uno sfogo narrativo scritto nella mattina di Domenica 31 Ottobre, si può ambientare nella Francia medievale, forse, o in qualunque altro luogo vogliate. Parla dell'Ultimo Cacciatore di Licantropi e dello scontro che egli avrà con l'Ultimo dei Licantropi, con un finale che si può definire a sorpresa. Nulla di particolarmente lungo, solamente un racconto scritto di getto ascoltando "Full Moon" dei Sonata Arctica. Mi farebbe piacere se commentaste, grazie.
Genere: Dark, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FULL MOON

FULL MOON

Il Sole tramontò e la Luna, lentamente, iniziò il suo cammino per il nero cielo notturno.

Accadeva per tre notti una volta al mese, sempre, costantemente, e mai avrebbe cessato di esistere.

La Luna Piena sorse e un lupo ululò nella notte.

Un brivido gelido percorse la schiena di Jacques, fu come se qualcuno gli avesse versato dell’acqua gelata sulla pelle.

Perché aveva rabbrividito in quel modo?

Non c’era alcun motivo logico.

O meglio, un motivo c’era, ma ormai non avrebbe più dovuto fargli paura.

Erano cinquant’anni che svolgeva quel lavoro, eppure quelle creature abominevoli gli facevano ancora paura.

Jacques il Guercio, lo chiamavano, l’Ultimo Cacciatore di Licantropi del mondo.

Era passato molto tempo da quando l’antica stirpe medievale dei cacciatori di lupi mannari si era estinta.

Lui era l’unico rimasto, con i suoi centododici anni riusciva ugualmente a combattere contro i licantropi.

Non avrebbe dovuto aver paura, per nessun motivo.

Eppure, in quella notte d’Autunno così gelida percepiva qualcosa di strano e inquietante aleggiare nell’aria, qualcosa di cupo che premeva sulle sue spalle come un pesante macigno.

Che cos’era?

Jacques lo sapeva, l’aveva attesa per molto tempo, ma non voleva ammetterlo.

La Nera Mietitrice aleggiava su di lui, pronta a colpire.

Ma non era ancora il momento, lui doveva combattere ancora una battaglia.

Lui doveva estinguere il germe velenoso dei mannari e quella notte avrebbe portato a termine il suo compito.

L’ultimo dei cacciatori di licantropi e l’ultimo dei licantropi si sarebbero scontrati, in quella notte gelida di Luna Piena, che, come un occhio argenteo, osservava ogni cosa.

Il Licantropo annusò l’aria.

Il puzzo di un vecchio essere umano aleggiava nell’aria.

Il puzzo di qualcuno che voleva ucciderlo.

Ma il Licantropo non gliel’avrebbe permesso.

Il Licantropo si rallegrò, quella sera avrebbe mangiato carne umana.

Jacques si alzò di scatto in piedi.

Si era addormentato presso la quercia sotto la quale si era seduto.

Stava proprio invecchiando.

Aveva fatto la cosa più stupida che un uomo potesse fare : addormentarsi mentre un lupo mannaro gira per la foresta.

Jacques estrasse la pistola dal fodero, caricandola con proiettili d’argento.

Qualcosa si mosse dietro di lui.

Due maligni occhi rossi lo stavano osservano.

Jacques si voltò di scatto e sparò, il proiettile d’argento si conficcò nella corteccia della quercia con un rumore sordo.

- Vieni fuori! – urlò Jacques.

Le attese lo aveva sempre snervato.

Il Licantropo conosceva quel suo difetto e lo stava sfruttando a suo favore.

Nella sua intelligenza metà animale e metà umana stava facendo innervosire sempre di più il cacciatore.

Il Licantropo sogghignò, saltando velocemente su di un albero, cercando di emettere il meno rumore possibile.

Jacques guardò in alto, verso l’albero su cui si era arrampicata la bestia.

Gli occhi rossi del Licantropo lo guardarono.

Jacques prese la mira e sparò.

Ma mancò il bersaglio, che si scaraventò addosso al cacciatore.

- Dannato bastardo…- urlò Jacque cercando di sparare alla bestia che gli stava mordendo un braccio.

- Muori! – gridò, sparandogli sul muso, in mezzo a quei due maligni occhi rossi.

Il lupo mannaro emesse un guaito, barcollò e si accasciò al suolo.

Era morto.

“L’ultimo dei licantropi è morto, ho portato a termine il mio compito, ora posso morire in pace” furono i pensieri di Jacques, che si accasciò con una spalla sul tronco di un albero, in un modo molto simile al Licantropo.

La vista gli si annebbiò e il nero fu l’unico colore che vide, poi, lentamente, la sua lunga esistenza ebbe fine.

La Nera Signora prese la sua anima e la portò via, lontano, con sé.

Il Licantropo aprì gli occhi.

La lotta con il cacciatore lo aveva stremato, aveva molta fame.

Rivolse il suo sguardo verso l’ultimo degli assassini che per tanto tempo avevano cacciato e ucciso quelli come lui.

L’immondo essere umano era morto, accasciato presso il tronco di una quercia, la stessa su cui si era conficcato il proiettile d’argento.

Il Licantropo annusò il proiettile. Ormai quelli come lui non avevano più paura dei proiettili d’argento.

Nel corso dei secoli i lupi mannari avevano sviluppato degli anticorpi in grado di tollerare l’argento.

Nessun proiettile poteva scalfire i licantropi.

La bestia corse via in cerca di carne fresca da sbranare, mentre la Luna Piena, come un occhio argenteo, osservava ogni cosa.

FINE

  
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