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Autore: Tomi Dark angel    08/11/2013    5 recensioni
Castiel ha pianto poche volte in vita sua perché piangere è proibito. Rende deboli, troppo umani e poco guerrieri. Lo sa, lo capisce. Eppure, adesso piange. S’inginocchia ai piedi di una statua del Cristo, tende una mano, si aggrappa alla sua caviglia grondante di sangue pietrificato.
Dedicata ad HowlingFang e Kimi o Aishiteiru
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg | Contesto: Più stagioni
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Dunque, prima di iniziare voglio dedicare un angolino umile umile alle due persone che hanno reso fattibile questa storia (per quanto possa averla scritta male XD).
Dedico la storia a colei che l’ha richiesta e non manca mai di recensire con fervore ciò che scrivo: HowlingFang.
E infine, dedico la storia all’immancabile angioletto che con la sua gentilezza mi ha aiutata a scrivere laddove non riuscivo a proseguire. Grazie a te Kimi o Aishiteiru, che coi tuoi messaggi sei riuscita anche a farmi piangere.
Grazie a entrambe, e grazie di cuore a chi lascerà un piccolo commentino a questa… cosa.

 
Alcuni esseri umani pensano che gli angeli del Signore siano quanto di più fragile esista al mondo: creature delicate, di vetro soffiato, che passo dopo passo hanno accompagnato le ere tessute da Dio stesso, i suoi progressi, i suoi filamenti oscuri e luminosi in ogni più variopinta sfaccettatura di bianchi e neri. Sostengono tante cose, gli angeli, ma è proibito toccarli, o essi stessi cadrebbero. Sono come farfalle: se tocchi loro le ali, non volano più. Fragili angeli come fragili farfalle appena sgusciate dal bozzolo.
Sbagliato.
Castiel ha pianto poche volte in vita sua perché piangere è proibito. Rende deboli, troppo umani e poco guerrieri. Lo sa, lo capisce. Eppure, adesso piange. S’inginocchia ai piedi di una statua del Cristo, tende una mano, si aggrappa alla sua caviglia grondante di sangue pietrificato. La chiesa è quasi deserta, ma solo un uomo anziano, un sacerdote, scruta con curiosità l’uomo dai grandi occhi blu che, spalancati, supplicano con lo sguardo, implorano, scuri di una sofferenza che si rispecchia nel volto stesso del Cristo crocifisso.
Il sacerdote si accosta, china appena il capo e osserva meglio. Il cuore sussulta, si gonfia di una meraviglia inimmaginabile mentre il viso dell’uomo in trench si svela in tutta la sua gloriosa magnificenza. Capelli scuri e scompigliati, occhi puri di innocenza quasi puerile, pelle pallida, scolpita in porcellana e madreperla lavorate nelle più rosee tonalità. È un viso gentile, quello; un viso che può piegare mare, terra, cielo e la vita stessa. Non ha età, ma appare di una purezza disarmante, di quelle che ripuliscono la pioggia, il mare inquinato, la natura abbattuta. Quel volto non appartiene al pianeta, non è… umano.
Si avvicina, il sacerdote, e con cautela china il busto. –Mi scusi, buon uomo.- mormora a bassa voce, timoroso. –Si sente bene?-
-Cos’ho di sbagliato, padre?- pronuncia allora l’uomo, e la sua voce è così profonda, così bella, che improvvisamente gli occhi del sacerdote si riempiono di mille immagini intrise di pace e tranquillità, come scrosci di rugiada sulla pelle o carezze di sole dove gli abiti sono troppo bagnati dalla pioggia. –Cosa resta a una creatura vivente quando tutto ciò che compone la sua vita cade?-
Il sacerdote tentenna, non sa rispondere. Si ricorda a stento di respirare dinanzi a quel viso gentile, a quegli occhi il cui sguardo spezza il cuore. Non parla, ma con gentilezza gli tocca una spalla e si inginocchia al suo fianco. Con l’altra mano, lo spinge a voltare il capo per guardarlo in viso.
-Fratello mio, chiunque abbia i tuoi occhi non può che essere un angelo. Eppure, anche gli angeli possono errare e in tal caso… non è mai troppo tardi per implorar perdono.-
Ma l’uomo scuote il capo, si alza in piedi. Lancia un ultimo sguardo sofferente alla statua del Cristo, una mano premuta spasmodicamente sul ventre come se facesse male. Non parla più, non ringrazia il sacerdote che lo vede allontanarsi con passo lento, quasi zoppicante di bestia ferita. Sbatte le palpebre quando un unico raggio di sole calante piove dalle vetrate colorate e illumina di un’aureola dorata qualcosa di immenso, massiccio e quasi vitreo che sboccia dalle scapole dell’uomo in trench.
Ali.
§§§§
-Dove cazzo è finito quel pennuto da strapazzo?! Sono ore che lo cerco!- sbraita Dean Winchester, sfogando un calcio contro il muro. È arrabbiato perché Castiel è sparito da quasi due giorni, ha paura perché Castiel non risponde alle sue chiamate. Ha urlato, Dean, ha implorato, invocato, inveito, ma Castiel resta nel silenzio dell’assenza. Non risponde mai e Dean ha paura che gli sia successo qualcosa. Esiste qualcosa che possa abbattere un arcangelo come Castiel? Non è sicuro di volerlo scoprire.
Si lascia cadere sul letto della loro camera ed è quasi tentato di affondare il viso tra le coperte morbide, che tuttavia adesso sembrano più ruvide e fastidiose della carta vetrata. Non è un bene abituarsi alla morbidezza di un mare di piume soffici più delle nuvole e della seta pregiata. Sente ancora l’odore di Castiel sulla pelle, la dolcezza del suo tocco, lo sfiorare candido delle piume che l’hanno abbracciato e protetto tante volte. Quel bozzolo argentato era il loro scudo, il loro mondo invalicabile dove potevano baciarsi, accarezzarsi e fare l’amore con ogni fibra dei loro corpi innamorati.
Dove sono ora, quelle ali?
-Dean.- chiama allora Sam, entrando nella stanza. Alle sue spalle, Gabriel si appoggia allo stipite e incrocia le braccia, lo sguardo indecifrabile e per la prima volta non allegro come sempre: qualcosa non và.
-Che è successo?- esclama Dean, saltando in piedi. –Dov’è?-
Ma Gabriel non risponde e al contrario, mugugna qualcosa mentre Sindragon siede al suo fianco, emettendo un guaito agitato.
Decisamente qualcosa non và.
-Gabriel, se non parli adesso ti spiumo penna per pe…-
Ma Gabriel inizia a urlare. –Non sono pronto! Sono troppo vecchio, non gli piacerò! E se odiasse i dolci? E se odiasse la mia faccia? E se odiasse Thor, il dio del tuono? È il mio supereroe preferito! Aaaaaaaah!!!-
L’arcangelo corre fuori urlando come un ossesso e quasi va a sbattere contro Balthazar che sta entrando in casa, seguito da Belial. Il secondo è meno fortunato ed è costretto a saltare di lato per evitare Gabriel e il suo panico impazzito. Sindragon comincia a ululare, ritto sulle zampe posteriori e Bobby irrompe nella stanza, furioso.
-Idioti, che accidenti succede qui? Avete affittato un’orchestra? E perché c’è un imbecille piumato che corre all’orizzonte?-
Stavolta, Sam e Dean non sanno rispondere. Sam si affaccia dalla finestra per scorgere l’ombra di Gabriel che sparisce in lontananza, accompagnata dal baluginio delle ali. Dove sia diretto, il cacciatore non sa dirlo ma trova la scena così divertente, così… familiare, che sorride. Ogni gesto di Gabriel, ogni sua più curiosa abitudine sono divenute casa per lui, profumano di dolci e calore benigno.
Gabriel ormai è famiglia.
Gabriel è amore.
Gabriel è vita.
Sam fa tintinnare il campanellino che ha appeso al collo e scuote il capo, intenerito. Si dice che, quando Gabriel tornerà, dovrà riempirlo di baci perché anche quando urla impazzito e fugge a gambe levate, è di una dolcezza immensa e Sam lo ama. Dio, se lo ama.
-Che succede, Bobby? Vorrei saperlo.- mormora Dean, esausto. Si passa una mano sul volto, sospira. È stanco, sente il peso della mancanza di Castiel e poco a poco avverte il mondo accartocciarsi su di lui, schiacciarlo sotto un peso che finora sei enormi ali argentate avevano sostenuto sulla sua testa. Castiel gli manca. Manca il suo silenzio, i suoi occhi, il calore del suo corpo e il dolce baluginio delle ali che attraverso luce e tremori, trasmettono le emozioni più disparate.
-Dov’è?- mormora allora Dean, una mano sul petto, all’altezza del cuore. –Dov’è?-
Tutti lo guardano, vedono il suo viso sbiancare, gli occhi rabbuiarsi come se un velo fosse sceso sulla giada brillante delle iridi. Dean Winchester ha lottato contro il diavolo, l’Apocalisse, gli angeli, i demoni, ed ha sempre vinto. Adesso, una semplice assenza lo annienta, risucchia il suo sorriso e poco a poco lo consuma.
Così come gli angeli perdono le ali, gli umani perdono il sorriso.
Così come gli angeli perdono la libertà, gli umani perdono la voglia di respirare.
Belial prova pietà, lo raggiunge e con mani gentili lo fa sedere sul letto. Poggia un palmo sulla sua guancia e lo costringe a guardarlo in faccia. Dean si stupisce quando incontra occhi ridenti, brillanti di qualcosa di nuovo, un’aspettativa quasi fremente. C’è luce, nello sguardo di Belial. C’è felicità, sollievo. Quello è lo sguardo di un angelo e Dean vi si specchia con un po’ più di serenità. Quegli occhi gli fanno credere che andrà tutto bene, che il sole esiste ancora, anche se momentaneamente eclissato dall’assenza di Cass.
-Hai fiducia in Castiel?- chiede a bassa voce, con la dolcezza di una carezza caritatevole sul viso. Dean annuisce senza esitare perché ha fiducia, perché Castiel è il suo più fidato appiglio alla vita, il suo sole al mattino e la sua luna di notte. Castiel è luce, Castiel è sorriso.
-E allora tornerà. Tu sei la sua bussola, amico mio, la sua alba. Castiel segue sempre la luce per tornare a casa, e quando raggiunge il suo nocciolo, lì ti trova. Continua a illuminarlo e sii fiducioso perché lo meritate entrambi e perché forse, almeno stavolta… qualcuno da lassù vorrà concederti un aiuto.-
E allora Belial volta lo sguardo, fissa la finestra e Dean lo imita. Fuori, in piedi dinanzi al sole che poco a poco va a dormire, ci sono tre figure. Samael e Gabriel sorreggono un Castiel esausto, che si trascina affaticato verso la casa, il capo chino e le braccia tremanti intorno alle spalle degli amici. Alle loro spalle, Mary e Sindragosa li seguono in silenzio, come anime protettrici, fedeli e silenziose.
-Cass!!!-
Dean corre fuori, quasi vola sull’asfalto terroso che abbraccia il giardino. I suoi occhi sono sbarrati, si nutrono dell’immagine di Castiel, dei suoi occhi spalancati, delle labbra schiuse. Quasi si accorge dello stato di tremenda stanchezza in cui verte perché finalmente, Dean si sente completo di nuovo e ogni cosa torna al suo posto semplicemente perché Cass è lì.
Tende le braccia, è ormai a un passo da lui quando Castiel si ritrae, indietreggia e per poco non sbilancia Samael e Gabriel che ancora lo sostengono. Castiel cade a terra e fissa spaventato un Dean stupito, che quasi non crede ai suoi occhi.
Appare fragile, Castiel. Appare vitreo, tremante di un terrore remoto che pare trasformarlo in sfuggente sabbia tra le dita. Dean lo sente scivolare via, lontano da lui, dove nessuna Impala potrà seguirlo. Le ali non c’entrano niente: stavolta, a portarselo via è qualcos’altro, la mente stessa di Cass.
Quegli occhi non hanno mai temuto così tanto.
Quelle mani non hanno mai bramato di scostarsi da lui.
-Castiel?-
E improvvisamente, il respiro viene a mancare, gli respinge l’aria nei polmoni e il sole si oscura di nuovo davanti agli occhi annebbiati, ora vecchi di dolore sofferto. –Cass… sono io.- chiama ancora, inginocchiandosi alla sua altezza, tendendo una mano come ad un gattino selvatico mentre Gabriel e Samael lentamente si fanno da parte.
-Piano, dolcezza.- raccomanda Gabriel mentre gli altri li raggiungono di corsa. Il sole sorge poco a poco, si specchia negli occhi limpidi di bambino spaventato che Castiel rivolge a Dean. Non parla, non si muove, ma trema. Si raggomitola, indebolito da un terrore che la sua mente gli rivolta contro, scatena le furie di un mondo che lo ama e che adesso, ai suoi occhi, pare intriso d’odio e pericoli. Può un angelo volare, con tanto peso addosso?
-Cass, sono io.- ripete ancora Dean, avvicinandosi di un piccolo passo. Non si raddrizza mai, ma lascia che il suo sguardo devoto, innamorato, incroci quello allucinato di Castiel. Dean nota allora che una mano preme quasi spasmodicamente sul ventre, lo schiaccia come a volerlo forare per frugare tra gli organi alla ricerca di qualcosa che non esiste, che non dovrebbe… esserci.
-Castiel?-
Dean si allarma, un pensiero si fa spazio nella sua testa. Per quanto illogico sembri, sa che l’anatomia degli angeli è diversa, innaturale agli occhi degli umani. Ha paura Dean, teme la voce di Castiel e ciò che porterà con sé.
-Io…-
Ed eccola, la voce profonda più del cuore stesso della Terra, delle ere trascorse dell’universo, del respiro sentito degli alberi secolari. Una voce che respira, che col minimo suono esprime un ventaglio di emozioni, racconti, immagini. Pur temendola, Dean si nutre di quella voce e la inala con ogni fibra del suo essere per completare quel quadro di leggero benessere ritrovato. Dean chiude gli occhi, si lascia sfuggire un sospiro.
-Non lo… non lo sapevo.- mormora Castiel con voce roca. È la voce di chi ha pianto quella, la voce di chi soffre e lotta per non lasciarsi andare. –Non lo sapevo, Dean. Io… ti prego, non farci del male.-
Castiel pare rimpicciolirsi, indifeso sotto lo sguardo stupefatto di un Dean che non crede a ciò che lentamente il cervello metabolizza, elabora, comprende. Ogni pezzo del puzzle scivola al suo posto, così come la mano di Castiel posata ora quasi dolcemente sul ventre. Ama ciò che esso accoglie, ama ciò che con dolcezza, attraverso tessuti di carne e ossa, sfiora con la gentilezza di petali d’orchidea.
Dean boccheggia, non sa cosa dire. In cerca di aiuto, guarda Gabriel e scorge un piccolo sorriso di dolcezza, quell’accenno di aspettativa che conferma la sua impazienza di avere tra le mani ciò che Castiel adesso accarezza premurosamente. Tutti gli angeli sanno, tutti gli angeli accettano e gioiscono.
-Ma… è possibile?- chiede allora Sam, ma è Belial a rispondere.
-Tecnicamente sì, ma una volta ogni cento anni. Tranquilli, se vi aspettate di vedere il ventre gonfiarsi o cose così… siete fuori strada. La Grazia di Castiel si deformerà e rilascerà una piccola quantità di se stessa sulla Terra, al suo fianco… un po’ come il processo che richiese la nascita delle Repliche, solo che stavolta sarà volontario e certamente più doloroso.- Si inginocchia, poggia una mano sulla spalla di Dean. –È una vita, Dean. È ciò che tu stesso hai generato, è qualcosa che respira, che cresce, che impara dai tuoi gesti e può migliorare quelli dell’umanità. Pensaci: ti è davvero estraneo il pensiero di avere un figlio?-
Dean guarda Castiel, si specchia nei suoi occhi, nella sua muta richiesta di pietà. Non ha mai chiesto niente, Castiel, non ha mai implorato per qualcuno che non fosse il suo umano. Adesso invece, implora di nuovo e si china ai piedi di chi, con scure invisibile, grava sul suo collo e su quello di un bambino da poco concepito, una creatura innocente. Per un attimo, Dean ricorda la piccola Mary, la bambina cresciuta in un futuro remoto sui loro passi, i passi dei cacciatori. Ha salvato il mondo, alla fine.
E poi, c’è Castiel. Quel bambino avrà le sue ali, forse. Ali gigantesche, argentate, magari tinte di una sfumatura di giada, lo stesso colore degli occhi di Dean. Avrà lo sguardo di Cass, le labbra di Dean, il viso meticcio, metà umano e metà angelico.
Un figlio dell’uomo.
Un figlio di un angelo.
Un figlio vivo, terra di mezzo tra cielo e terra, dove respirare e amare è ancora possibile.
Dean sorride quasi inconsciamente, immagina Castiel che culla ciò che crescerà, fiero di ideali e sorrisi. Avrà una famiglia, degli zii e anche un cane, una volpe e un uccello del paradiso accanto. Conoscerà l’amore, sarà amore. Sarà bellissimo.
Dean sorride intenerito, tende una mano e, con cautela, la appoggia su quella di Castiel ancora adagiata sul ventre.
-Nostro figlio.- mormora, e quasi non si accorge che gli occhi si riempiono di lacrime commosse, felici, per la prima volta leggere di serenità e non pesanti di dolore. –Nostro figlio…-
E allora anche Castiel cede, si slancia in avanti e stringe Dean a sé. Piangono entrambi, sollevati dal terrore arcano che ogni cosa cedesse, che un bambino figlio di due mondi crescesse in solitudine. Adesso, non è più solo e pare quasi sentirlo perché Castiel sente la sua Grazia fremere, formarsi, crescere lentamente ma con impazienza di rilasciare al mondo un nuovo miracolo.
Il sole è ormai alto nel cielo, ma quando le immense ali argentate esplodono, allargandosi in un’aurora boreale d’argento e luce accecante, ogni altra magnificenza di Madre Natura china il capo, si inginocchia dinanzi alla fiera umiltà di un angelo che vede crescere un nuovo sogno, una nuova speranza per il mondo che verrà. Le ali sbocciano sempre più velocemente, così grandi da poter abbracciare il mondo intero. Piume d’argento lunare e luce di sole riflesso coprono il cielo, lo colorano di un arcobaleno di colori variopinti, cangianti, rinati dalle loro stesse ceneri. Sono colori che respirano, che dipingono un nuovo mondo dove un figlio appena concepito saprà vivere in pace e sostenere con fierezza ciò che nel bene e nel male rappresenta.
Figlio di due mondi.
Figlio di cielo e terra.
Punto di contatto, dove angeli e demoni, uomini e soprannaturali, sapranno capire che non si è mai così diversi, se sono gli occhi della fiducia a dipingere la figura dell’altro.
I fiori sbocciano ai loro piedi, estendono i petali colorati al vento, gli alberi crescono, l’edera abbraccia le gambe dei presenti in una delicata carezza di gratitudine da una vita appena nata. E allora anche gli altri angeli spiegano le ali, e la luce non è mai stata più gloriosa come adesso.
Oro, acquamarina, cristallo, bronzo. Piume intrecciate, che non forniscono più differenze tra di loro ma che, poco a poco, formano un quadro d’artista, dove colori mai visti generano contrasti e mondi che ad ogni mutare dell’aurora cambiano, risvegliano sogni e speranze.
È un nuovo sole, quello che si sveglia, un nuovo giorno che accoglie la potenza di creature immense, gentili, caritatevoli e terribili. C’è chi guarda in cielo e leva le braccia, ridendo felice mentre la pioggia di luce rinasce a nuova vita e bagna con gentilezza le anime di coloro che sanno ancora credere negli angeli.
Le ali si estendono ancora, splendono intorno ai corpi avvolti in vesti angeliche dei loro proprietari. Sindragon ulula, Sindragosa scalpita e Lunaria spicca il volo, tuffandosi aggraziata nei giochi di luce e piume che stravolgono il mondo, lo riplasmano e per brevi momenti felici, anche chi è perduto ritrova se stesso e la voglia di vivere.
I suicidi arretrano dinanzi alla morte, dicono “no”.
Gli zoppi si rialzano, distendono le membra risvegliate.
I moribondi respirano a pieni polmoni e spalancano gli occhi su qualcosa che li richiama alla vita.
Gli angeli sono in festa. Gli angeli donano al mondo un giorno di serenità e pregheranno affinché esso resti intatto tra le mani fiduciose dei bambini, dei vivi, dei fedeli alla speranza.
Dean stringe Castiel, spinge il viso contro il suo collo e finalmente respira. Castiel è lì, Castiel è tutto. Acqua fresca su pelle disidratata che adesso non soffre più; voce cristallina in gola muta; occhi di cieco nuovamente colmi di meraviglia ritrovata. Dean si sente vivo più del mondo, più della luce che danza come arcobaleno misto ad aurora boreale sulle loro teste. La risata che sfiora le sue labbra è leggera e felice, come ali di farfalla che si spiegano al vento, lo assaggiano e finalmente spiccano il volo.
Castiel ricambia l’abbraccio e ancora trema mentre Dean gli sfiora con gentilezza la familiare attaccatura delle ali spalancate, pronte a trascinarlo nei sogni più belli, dove loro sono una famiglia e hanno un figlio, un meraviglioso bambino con grandi occhi blu e una spruzzata di piccole lentiggini sul naso.
-Non avere mai paura di parlarmi, Cass.- mormora contro la sua pelle. –Non temermi mai, perché la tua sola fiducia è respiro per me. Ho combattuto l’Apocalisse, Lucifero e Dio stesso, ma la mia più grande battaglia sarà crescere un figlio che sappia conoscere il bene, avere ideali, fare scelte giuste. Tutto questo non posso farlo senza il tuo aiuto perché il solo saperti lontano mi strappa la luce dagli occhi. Se sono cieco, io non posso vedere nostro figlio; se muoio a causa della tua assenza, non potrò mai stringerlo e dirgli che gli voglio bene. A causa della mia mancanza, tu perdi le ali, ma io… io perdo la vita. Ti prego, non lasciarmi mai più, non andare dove non posso seguirti. Non rendermi cieco.-
Qualcosa bagna di tiepido calore i capelli di Dean. Leva lo sguardo, incrocia gli occhi lucidi di lacrime di Castiel.
Gli angeli non piangono, non lo fanno quasi mai. Ma a volte, le lacrime più piccole, quelle più rare, sono anche le più preziose. Cadono come diamanti, s’infrangono su una superficie grinzosa di dolore e poco a poco la appianano, lisciandola di nuova speranza dove la luce del sole può splendere di nuovo.
La mano di Dean sale ad appoggiarsi sulla guancia di Castiel ed entrambi, simultaneamente, chinano il capo e s’incastrano con naturalezza appagante, come se fossero nati solo e soltanto per sfiorare le labbra dell’altro. I corpi aderiscono, le lingue si sfiorano in una morbida danza arcana che racconta, racconta e racconta mille storie diverse che semplici parole non sapranno descrivere. E allora la lacrima dell’angelo scivola e bagna di tacita promessa le labbra unite, sigillate in un incastro innamorato, che sa di famiglia, di vita, di cielo e terra finalmente consolidati in un’unica creatura già ansiosa di venire al mondo.
-John.- mormora Castiel sulle sue labbra, e Dean lo guarda stupito, specchiandosi negli occhi ridenti dell’angelo. Sono così belli, così luminosi che la lucentezza emanata dalle ali in festa non è niente.
-Cosa?-
-Vorrei chiamarlo John. Come vostro padre.-
-È… maschio?-
Castiel annuisce e allora Dean guarda suo fratello, stretto a Gabriel in un abbraccio familiare, che genera un incastro perfetto di corpi e anime nati per completarsi. Si stringono in maniera dolce, quasi sfiorandosi, e sono così belli, così perfetti, che Dean sente il sorriso accentuarsi. Intorno a lui, la sua famiglia è numerosa, allargata ad ogni razza. Si sente protetto, Dean Winchester, sa che il bambino crescerà tra le braccia di ognuno di loro, sotto le ali protettrici di cinque splendidi angeli guardiani. Stavolta, gli angeli custodi esistono, e hanno volti, sorrisi e mani delicate che sapranno trarre in piedi un bambino ad ogni caduta.
Crescerà. Crescerà assaggiando i dolci più disparati che Gabriel saprà procurargli.
Crescerà coccolato da un Belial ridente, sempre disposto a giocare con lui.
Crescerà tra le braccia fintamente rudi di un Balthazar dal cuore grande, che saprà specchiarsi nei suoi occhi di bambino.
Crescerà sotto gli insegnamenti di Samael e le mille storie raccontate di Mary.
Crescerà tra i libri di Bobby e il computer di Sam.
Crescerà giocando con i Behemah Aqedà, figlio di un unione che saprà guidarlo sul sentiero che in tutta libertà dovrà scegliere. Dean sarà lì, e gli insegnerà a guidare l’Impala. Gli racconterà di quella volta che lui e Sam sono rimasti imprigionati all’interno della tv per uno scherzo di Gabriel, gli racconterà come aggiustare un qualsiasi guasto al motore, ma soprattutto, gli racconterà dell’uomo: saprà, il piccolo John, che il bene esiste ancora anche nel più piccolo essere umano. Crederà negli angeli, nei demoni, ma non imparerà mai a cacciarli. Sarà il pacificatore, colui che unisce e non distrugge.
Mai cacciatore.
Mai solo.
E infine, Castiel gli insegnerà a volare e Dean, dal basso della sua amata terra natia, guarderà con gioia lo sbocciare di una vita che poco a poco cresce, sviluppa la sua libertà e un giorno, forse non troppo lontano, saprà abbracciare senza rancore finanche il macabro Lucifer e il prepotente Michael. Sarà un nuovo inizio, un ripulirsi del marcio passato.
-John andrà benissimo.- sorride infine Dean, e quando appoggia la fronte su quella di Castiel ed entrambi chiudono gli occhi sulla luce accecante delle gloriose ali variopinte che li circondano, sanno che sì, la luce ci sarà, e si vedrà racchiusa negli occhi di un bambino sbocciato nell’amore e nel nuovo mondo, come profeta di un’alba che ben presto, illuminerà d’ali cristalline la nuova era.
 
Angolo dell’autrice:
Cosa.cavolo.ho.scritto.
Gab: se non lo sai tu…
Silenzio! Sto cercando di autocommiserarmi!
Gab: be’? tu mi rubi tutti i dolci e io devo anche stare zitto? PROTESTA!!!
Gabriel, posa quel cartello, non siamo a un cavolo di… ma che cappero hai scritto?
Gab: be’? Che Sam è figo lo sanno tutti!
Ma non puoi scriverlo sul cartellone se stai protestando in nome dei tuoi dolci!
Gab: e tu non puoi sequestrarmi i dolci! Ridammeliiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!
NO!!! No, riporta qui la porta della mia stanza! Riportala qui, è innocente!!!

Tomi Dark Angel
  
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