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Autore: Sherit Maatkara    22/04/2008    1 recensioni
"Erano passati un paio d'anni o forse più... ne aveva perso il conto. Nei suoi ricordi era come se fosse stato ieri."
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco il nuovo capitolo ^^ Spero vi piaccia! XD ringrazio tutti quelli che mi hanno aggiunto tra i preferiti! Grazie, grazie mille!

Moonlight

 

Entrare nell'edificio dietro il palasport non era stato facile, soprattutto non era stato facile convincere i bodyguard del fatto che lei lavorava in quel luogo, avendo scordato a casa il tesserino. Ma ora, nonostante tutto, era lì, nello stesso punto in cui il giorno prima aveva scontrato Jared, le braccia incrociate sul petto, dondolando continuamente da un piede all'altro. Si chiese cosa diavolo stesse facendo lì, cosa diavolo l'avesse portata prima in quel negozio di dischi, poi al concerto e infine in quel corridoio. Aveva perso Kate tra la folla non appena Jared e gli altri della band erano scesi dal palco, altrimenti la collega l'avrebbe seguita solo per rivedere i fratelli Leto.

«Ti devo chiedere scusa... per me è una questione d'onore... » forse erano state queste parole a colpirla. Strano che, una rock star come lui, formulasse parole del genere. Non sapeva quanto di lì a poco Jared l'avrebbe sorpresa.

All'improvviso, dall'angolo che portava verso i camerini, comparvero nuovamente Jared e Shannon, fianco a fianco come la sera prima. Ed Elisabeth si sentì completamente sprofondare. Avrebbe voluto sparire nel nulla, andarsene da quel corridoio. Ma non c’era nessuna porta nel corridoio nel punto in cui si trovava lei, nessuna porta dietro a cui sparire. Poi Jared la vide. Sul suo volto comparve nuovamente un sorriso che illuminò i suoi occhi straordinariamente chiari. Shannon, che non si era nemmeno accorto della ragazza, intento a frugare tra le tasche alla ricerca del telefono, si fermò all'improvviso non sentendo più il fratello camminare al suo fianco.

Jared, infatti, si era fermato davanti alla ragazza. «Sapevo saresti venuta... »

Il suo tono era completamente dolce, nessuna sfumatura di superbia o di superiorità, ma quella frase non fece altro che involontariamente punzecchiare Elisabeth. «Sono venuta solo per ricevere le tue scuse. Ieri per poco ho perso il lavoro per la tua sbadataggine. »

«Ci si scontra quando entrambi si è distratti », ribatté Jared. «La colpa non è solo mia.» Vide il volto della ragazza diventare incredibilmente cupo e quindi s'affrettò ad aggiungere. «Comunque scusami. »

«Mi fa piacere sentirlo... » Elisabeth finse un'insofferenza che non provava nei suoi confronti. Subito, a pelle, gli era sembrata una persona diversa da quella che si era immaginata. Non una rock star, né un attore famoso, ma una persona che dopo tanto tempo, gradino dopo gradino, con molta fatica era riuscita a raggiungere i propri sogni.

Jared rivolse una strana occhiata al fratello che, ad un paio di metri di distanza, lo guardava perplesso, con le mani alzate verso l’alto. «Jared…?» E toccò ripetutamente con l’indice la schermata dell’orologio che portava.

Il cantante tornò a guardare Elisabeth, quasi snobbando il fratello. «Ti va di andare da qualche parte?»

Lei rimase paralizzata. «Che… che cosa?»

Jared guardò l'orologio che portava al polso, nascosto sotto una lunga manica nera. «Oh, merda, è già mezzanotte... come passano in fretta questi concerti!»  S'interruppe un attimo, riflettendo. «Abiti in questa città, vero?»

«Sì, ma.... »

«Perfetto! » Jared le afferrò il braccio. «Andiamo!», esclamò, e prese a trascinarla per il corridoio.

 Shannon rimase allibito nel vedere il fratello trascinare con sé quella sconosciuta. «Jared, dove cazzo stai andando? Dobbiamo andare in albergo! Ci sono alcuni giornalisti che ci stanno aspettando!», gli urlò dietro il batterista.

Jared non si voltò, ma rispose comunque. «Inventa qualche scusa!» E scomparve dietro la curvatura a gomito del corridoio.

Shannon rimase pietrificato a fissare l'ambiente vuoto dove era appena scomparso il fratello, poi abbandonò le braccia lungo i fianchi e scosse la testa. “Non crescerà mai…”

 

Le strade erano tutt'altro che deserte a quell'ora proprio per via del concerto e Jared aveva invitato la ragazza a mostrargli vie secondarie e meno trafficate. Ora camminavano in tranquillità lungo la via che costeggiava il fiume, alla sola luce dei lampioni che illuminavano fiocamente il marciapiede e della luna che dall'alto vegliava la città non ancora addormentata. Jared camminava con le mani in tasca, la sciarpa stretta attorno al collo: ora che non stava correndo per il palco, che non stava cantando poteva benissimo sentire il freddo che si era levato. «Beh, dopo tutto questo, direi che il minimo è presentarci, che ne dici? », esordì all'improvviso, rivolgendo alla ragazza che le camminava a fianco l'ennesimo sorriso.

Elisabeth questa volta non riusì a non farsi contagiare: sorrise anche lei ed allungò una mano verso il cantante. «Mi chiamo Elisabeth, Elisabeth Swank. »

«Bel nome... », commentò lui, stringendole la mano. «Io mi chiamo Jared, Jared Leto... anche se purtroppo credo che tu mi conosca già abbastanza.»

«Perché “purtroppo”?», chiese lei, perplessa.

«Perché non posso presentarmi come si deve... »  Jared era davvero dispiaciuto e il tono della sua voce lo confermò. Rivolse lo sguardo verso l'alto: la luna, quella notte piena in cielo, era oscurata dalla fredda e artificiale luce dei lampioni. «Starai pensando “come? Non ti piace essere riconosciuto? Non ti piace essere famoso?” E, per essere sincerto, ti devo rispondere che essere una star non è così semplice come si pensa, come ogni cosa ha il suo lato positivo e quello negativo.» Fece una pausa e abbassò lo sguardo verso il marciapiede. «Devi sempre dare il massimo, anche quando sei in un periodo della tua vita in cui vorresti buttarti dall'undicesimo piano, devi sempre stare attento che la tua vita privata non ti venga rubata. E appena commetti uno sbaglio, uno solo che compiuto da una persona qualsiasi apparirebbe insignificante, ecco che diventi un mostro, ti gettano fango addosso, ti rovinano la vita.»

Elisabeth lo guardò. Era sincero, poteva percepirlo nelle sue parole. «Non ti piace il tuo lavoro? », chiese.

«No, no, non è questo », s'affrettò a rispondere Jared. «Io amo recitare, amo cantare con la mia band, amo cambiare continuamente, solo che i giornali ricamano su di me tante di quelle stronzate, ovviamente false, che mi fanno maledire me stesso. E ti assicuro che vivere così è un inferno. Non hai nemmeno idea di quante voci siano girate sul mio conto, interi settimanali che dedicano pagine e pagine sulla domanda: “Ma Jared Leto è gay?”, quasi senza sapere che l'oggetto della questione esiste sul serio ed è una persona reale che potrebbe offendersi. Ma alla fine i veri mostri siamo noi che ci stiamo male e non i giornalisti. Giornalisti.... Il più delle volte cerco di non dar loro retta, altre prendo in giro chi mi accusa, ma mi sento profondamente ferito.» Rimase in silenzio, riflettendo, quindi si voltò verso la ragazza. «Ma piantiamola di parlare di me: raccontami un po' della tua vita... ovviamente se ne hai voglia e se ti fidi di me, non ti costringe nessuno. E' solo che... mi fa piacere parlare con qualcuno che non siano i giornalisti.» E mentre diceva questo, lei incrociò i suoi occhi: sembravano addirittura trasparenti alla luce di quei lampioni. Sì, erano sinceri: in fondo, Jared non era altro che una persona normale, senza dubbio di incredibile talento e bellezza, ma pur sempre una persona.... una persona che con quelle parole conquistò la sua fiducia.

Elisabeth cercò di formulare l'inizio del discorso nella sua mente, poi parlò. «Abito con un'amica in un quartiere piuttosto e stranamente tranquillo di questa città, in un piccolo appartamento. Ogni giorno lavoro con lei negli uffici dietro al palasport, portando avanti e indietro le scartoffie del mio capo: l'unico posto di lavoro che sono riuscita ad ottenere dopo anni e anni dedicati allo studio e con una laurea in diritto. Non ho né fratelli né sorelle e i miei hanno divorziato quando io ero piccola. Ho vissuto per un periodo con mia madre, poi lei è morta. Mio padre? Probabilmente risposato. Non mi è mai venuto a cercare ed io non ho mai voluto cercarlo.»

Jared, che aveva ascoltato con interesse, intervenne quasi leggendole nel pensiero. «Non siamo poi così diversi... -, disse, infatti. «Io sono cresciuto con mia madre e con mio fratello maggiore, Shannon. Beh, Shan è stato ed è un grande fratello maggiore, ma tende ancora a preoccuparsi troppo: ha sempre tentato d'essere una sorta di padre con me. Gli voglio un bene dell'anima, anche se forse non può sembrare, ma vorrei che lui smettesse di preoccuparsi per me... ormai non sono più un bambino.»

All'improvviso, si sentirono un paio di trilli provenire dalla tasca del cantante. Jared sbuffò, roteando gli occhi. «Dannato telefono!-, borbottò, frugando nel cappotto alla ricerca dell'apparecchio. Una volta trovato, lesse il display.

Shannon calling

Elisabeth, che lo stava guardando, fece un passo verso di lui. «Non rispondi?»

Jared ricambiò lo sguardo, poi premette un tasto e la suoneria s'interruppe. Come se niente fosse successo, spense il cellulare e se lo mise in tasca. «No... voglio essere libero, per un po'.... »

I due ripresero a camminare fianco a fianco. In lontananza, si sentiva dalla strada principale un'enorme confusione di auto e macchine e gente che urlava, probabilmente ubriaca, dirigendosi verso qualche bar. Ma loro sembravano non sentire niente, continuavano a parlare alla luce di quei lampioni, passo dopo passo. Jared era una persona strana: nonostante tutti i discorsi che le aveva fatto prima, ora rideva e faceva battute in continuazione, mimava situazioni imbarazzanti e comiche che gli erano capitate, quasi non avesse detto niente, quasi che gli aspetti negativi della sua vita non esistessero affatto.

Elisabeth avrebbe tanto voluto che quella notte non finisse mai, ma poco dopo tempo – per quello che era sembrato a lei poco tempo: erano infatti passate due ore -, vide l'angolo di strada che ospitava il suo appartamento. Si fermò davanti alla porta comune di quest'ultimo e guardò Jared con aria triste.

«Temo che siamo arrivati... »

«Di giàJared guardò l'orologio. «Oh, santo iddio... le due di notte? Shannon mi ucciderà!» Poi, si mise a ridere. «Chissà come saranno le facce dei giornalisti!» La sua risata pian piano si spense e tra i due calò di nuovo il silenzio.

Elisabeth tirò fuori dalla tasca le chiavi e le infilò nella serratura. «Non ci rivedremo più, non è così?»

«E' probabile...» rispose Jared.

Lei si morse il labbro inferiore. Jared ebbe l'impressione che lei volesse dirgli qualcosa, ma Elisabeth si limitò ad aprire la porta e voltarsi verso di lui. «E' stato davvero un piacere conoscerti... Jared.»

«Anche per me, Elisabeth... »

«Grazie per avermi accompagnato fin qui.»

«Figurati... »

La porta si chiuse e lei scomparve dietro di essa. Jared perse il conto di quanto tempo rimase a fissare quella porta chiusa, ma  non avrebbe mai dimenticato i sentimenti che provava in quel momento. Per una sera, dopo tanto tempo, si era sentito davvero felice.

Tirò fuori dalla tasca il cellulare, guardando ancora l'apparatamento dove abitava Elisabeth, poi lo accese e chiamò un taxi.

 

«Era ora che tornassi, razza di idiota, ci hai fatto stare tutti in pensiero!»

L'accoglienza all'albergo fu proprio quella che si aspettava. Shannon era furibondo, ma come aveva detto Jared solo per mascherare la sua preoccupazione, ed ora lo guardava a braccia incrociate, i piedi ben saldi a terra nella hall a quell'ora deserta.

Il cantante si guardò attorno. «Oh, meno male i giornalisti se ne sono andati... », commentò.

«E' tutto quello che hai da dire?» Shannon lo afferrò per la maglia. «Mi aspettavo almeno un “oh, scusa, Shannon, per averti fatto stare in pensiero. »

Jared sorrise, puntandogli un dito contro. «Ah, ma allora lo ammetti!»

Shannon lasciò la presa, colto in pieno dalle parole del fratello. Finse un'aria indispettita e incrociò nuovamente le braccia. «Non ammetto assolutamente niente, è solo che ci hai fatto fare una figura del cavolo con tutti i giornalisti... alcuni di loro sono partiti alla tua ricerca e probabilmente sono ancora là che vagano...»

«E lasciali vagare!» Jared scrollò le spalle, sorridendo.

«La pianti di sorridere come un'idiota? Cosa diavolo hai combinato?», chiese Shannon e, vedendo che il fratello non diceva una parola, aggiunse, «Mi vuoi dire almeno il motivo di una figuraccia collettiva della band? Sai benissimo che i giornalisti aspettavano solo che te!»

Il cantante lo superò e cominciò a salire le scale. «Buonanoteeee...», canticchiò, salutandolo con una mano, ma senza mai voltarsi.

Shannon rimase impietrito: non l'aveva mai visto così. Certo, era sempre stato un po' strano, amava fare versi e battute in continuazione, ma ora sembrava... sembrava felice. Veramente felice. Cominciò a chiedersi se non c'entrasse la sconosciuta che aveva visto uscire con Jared, poi scosse la testa.

Jared innamorato? Oh, ma dai!” E lo seguì per le scale.

 

Mi raccomando, recensite!! E' molto importante!

  
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