Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Marti Lestrange    08/11/2013    7 recensioni
[STORIA SOSPESA]
Emma/Hook; long; New York!AU; what if?
Dal capitolo 6:
{– A proposito… Anche io so essere divertente, anche se non si direbbe. Se ti serve qualcuno con cui non essere seria, fammi un fischio.
Le fece l’occhiolino ed Emma sentì le guance prendere inaspettatamente colore. Cosa andava a pensare? Le aveva soltanto proposto di vedersi, qualche volta. Giusto? Non c’era assolutamente niente di allusivo. Proprio no.
- Oh, be’, sicuro – bofonchiò lei guardandosi le scarpe.
- Ci si vede in giro, Swan.}
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Haunted
CAPITOLO 5
 
 
 
*Brooklyn, New York – marzo 2013
Camminava per Central Park. Era autunno, perché gli alberi erano spogli e le foglie secche ricoprivano i viali e i prati come una coperta sfumata. Il cielo era grigio e sentiva freddo. Una nuvoletta di fumo le usciva dalla bocca e il carretto accanto al laghetto vendeva caffè caldo in bicchieri di polistirolo. 
Camminava forse da ore, macinando passi su passi, in un circolo vizioso senza fine. Sapeva che i minuti scorrevano, sapeva che il sole si stava abbassando dietro le nubi, ma era come immersa in una dimensione a sé stante, isolata dal mondo e fuori dal tempo. Era come galleggiare in una bolla spessa e insonorizzata, dove gli unici rumori erano quelli del suono dei suoi passi, di qualche uccello solitario e delle risate asettiche dei bambini accanto all’acqua.
Si avvicinò ad una panchina e si sedette, osservando alcune mamme richiamare i figli all’ordine. Quelle persone non avevano un volto. Non avevano occhi, né naso, né bocca. Là dove avrebbero dovuto esserci tutte quelle cose c’era solo un vuoto bianco, come se indossassero delle brutte maschere, lisce e soffocanti. Erano come burattini, manovrati da qualcuno, o da qualcosa. Lei era forse l’unica persona completamente padrona di sé stessa. Si alzò e si avvicinò con passo rapido ai bambini, che però corsero via, lontano, ridendo. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, impotente. Camminò fino al bordo del laghetto, le acque immobili. Riusciva a specchiarvisi e quello che vide la paralizzò: anche lei non aveva un volto. Anche lei indossava una maschera. Non aveva occhi. Non aveva bocca. Non aveva voce.
Emma si svegliò di soprassalto, il respiro corto. Fuori stava albeggiando e il sole colpiva di scorcio il ponte di Brooklyn. Il cellulare, poggiato sul comodino accanto al letto, suonava selvaggiamente. Era forse stato quello a svegliarla. O forse il sogno era semplicemente terminato nel momento in cui si era trasformato in incubo. 
Si passò una mano sul viso e agguantò il telefono. 
- Swan – borbottò, la voce assonnata. – Chi parla?
Avrebbe dato qualsiasi cosa per uccidere chi l‘aveva svegliata a quell’ora.
- Agente Swan, scusa il disturbo – rispose la voce dall’altra parte. Emma riconobbe Miles Hunter, il suo capo. All’improvviso fu sveglissima. 
- Capo, è successo qualcosa? – chiese, allarmata, pensando subito a Graham.
- No, no, sta’ tranquilla – replicò l’uomo. – Ti ho svegliata, immagino…
- Le mentirei se le dicessi di no.
Hunter rise. – Ti ho chiamata perché abbiamo una novità. Mi avevi detto di avvisarti qualora fosse successo. 
Emma cominciò piano piano a capire. 
Non poteva essere. Non ancora. 
- Quando? – chiese solo.
- Stanotte – rispose l’altro. – Poco dopo le due. Ne sono stato informato da poco, appena arrivato alla centrale. 
- Come è possibile che sia successo così presto?
- Buona condotta, Swan. Buona condotta, nient’altro. Inoltre, qualche rapina ormai non tiene più in galera nessuno, oggigiorno. Dovresti saperlo.
Emma annuì, chiudendo gli occhi e sospirando.
- Grazie per avermi chiamata, capo – disse appoggiandosi alla testiera del letto.
- Niente di che, Swan. Mi spiace solo averti svegliata.
- Non è un problema, davvero.
- Ci si vede più tardi. Goditi l’ultimo sonno. 
- A dopo – ed Emma chiuse la comunicazione.
Continuò a tenere il telefono in mano, come in attesa di qualcosa. Forse sperava di svegliarsi anche da questo sogno, che stava assumendo dei contorni strani e deformati. 
Non riusciva ancora a crederci e, dentro di lei, aveva sperato che quel momento non giungesse mai. Era forse stata la paura, o l’attesa, o il terrore che il suo cuore potesse tradirla. Ancora una volta.
Aprì la casella dei messaggi e fissò per un momento lo schermo, indecisa. Le sue amiche avrebbero letto il messaggio una volta sveglie.
Scrisse soltanto tre parole: Neal è fuori.
 
 
* * *
 
 
*Brooklyn, New York -  gennaio 2012
- A cosa pensi?
Emma distolse lo sguardo dal ponte illuminato, invaso dalla solita marea di macchine dell’ora di punta. Puntò gli occhi su Neal, inquadrato nel vano della porta, due tazze fumanti in ciascuna mano. Era rannicchiata nella sua poltrona preferita, quella accanto alla finestra, con lo schienale alto e il disegno a fiori anni ‘70. Gli sorrise.
- Se c’è una cosa che non sono mai riuscito a capire, sono i tuoi pensieri quando guardi la città - aggiunse Neal sedendosi a terra, sul tappeto, la schiena poggiata al muro. Prima porse ad Emma una delle due tazze, che conteneva della tisana profumata. 
- Grazie - rispose lei stringendo la tazza bollente. Il fumo profumato di verbena e gelsomino le invase le narici, infondendole pace e tranquillità.
- Sei misteriosa, Emma Swan - concluse Neal.
Emma lo guardò con attenzione. - Tutti abbiamo dei segreti.
Lui annuì. - Certo, ed è giusto così. 
Si guardarono per un lungo istante, poi Emma distolse lo sguardo e lo puntò nuovamente fuori dalla finestra. Non aveva voglia di parlare, non quella sera. Alla centrale era stata una giornata dura: in mattinata era stata rapinata un’altra banca, questa volta una banca spagnola nel distretto di Tribeca, area di interesse della sua unità. Era la prima rapina sull’Isola. Prima, la serie di furti aveva riguardato unicamente il New Jersey. Aveva corso freneticamente per tutta la giornata e Graham le era stato al fianco, instancabile. Matt e Bryce li avevano affiancati come unità complementare. Alla fine non avevano risolto granché. I rapinatori erano abili: indossavano maschere bianche e vestiti neri, disattivavano le telecamere a circuito chiuso e non lasciavano indizi. Era tutto troppo pulito e ordinato. Troppo liscio
Emma sospirò.
- Stanca? - chiese Neal.
Lei annuì. - Parecchio. La nuova rapina ci ha stravolti. Non eravamo pronti. 
- Ho sentito la notizia alla radio, stamattina. Ho pensato subito a te. A voi. Avete qualche pista?
Emma scosse la testa, sorseggiando la tisana.
- Niente di niente - rispose. - Sembra che la banda agisca in modo perfetto. In ogni caso, dietro ogni piano perfetto c’è una falla di fondo. E noi la scoveremo. Ogni uomo ha una debolezza - e tornò a guardarlo, poggiando la tazza sul piccolo tavolino accanto alla poltrona. - Ogni uomo prima o poi fa un passo falso. E noi saremo lì quando accadrà.
Neal distolse lo sguardo, osservò il ponte per un momento e poi lo puntò nuovamente su di lei. - Parlando di debolezze… credo di sapere quale sia la mia.
Emma si limitò a guardarlo, in silenzio. Lui si alzò da terra e le si avvicinò, guardandola dall’alto. Poi le carezzò una guancia ed Emma chiuse gli occhi, dimenticando per un momento la rapina, la stanchezza, la tensione, la rabbia. Dimenticando tutti i guai. C’era solo la pelle di Neal contro la sua. 
Poggiò la mano sulla sua e riaprì gli occhi. Si alzò dalla poltrona e gli cinse il collo con le braccia. Incontrò il suo sguardo.
- Ti amo, Neal Cassidy. Probabilmente da sempre. E forse sarà così per sempre - gli disse. Lui sorrise. - Ma - aggiunse Emma - non provare a fregarmi. Capito? 
- Sei troppo importante, Emma Swan - rispose. - Non ci penso nemmeno, a lasciarti. Non mi muovo da qui.
Emma ricambiò il sorriso e lo baciò teneramente. Poi, Neal la prese per mano e la trascinò fuori dal salotto. 
 
 
* * *
 
 
*Brooklyn, New York - marzo 2013
La prima foto era stata scattata in riva al mare. David e Mary Margaret sedevano sulla spiaggia, lui con addosso un pesante maglione, lei stretta in un plaid azzurro. Il mare dietro di loro era grigio e burrascoso, il tipico mare d’inverno nel Maine. Erano stretti nell’inquadratura e David era mezzo tagliato di lato, forse perché era lui a reggere la macchinetta fotografica. La data sul retro, scritta a mano in una bella calligrafia sinuosa e chiara, era quella del quindici ottobre millenovecentoottantatre. Due anni prima della sua nascita.
La seconda foto invece era precedente. Ventisei novembre millenovecentoottantuno. Il Giorno del Ringraziamento. Sua madre sorrideva al fotografo, una camicetta bianca e dietro di lei il piccolo salotto di Johanna addobbato con foglie secche e centrotavola fatti di castagne e mele rosse. Sorrideva. 
Seguiva un’altra fotografia, con la stessa data. Questa volta, era suo padre a sorridere. Insieme alla nonna. Erano seduti fuori sotto il portico, stretti nei loro pastrani. L’immagine della felicità.
Il suono del campanello riscosse Emma dai suoi pensieri. Guardò l’ora. Le nove. Chi poteva essere, a quell’ora della sera? Di solito non riceveva mai visite inaspettate.
Si alzò dal tappeto e si diede una spazzolata al pantalone del pigiama a pois che indossava e si diresse alla porta. Dallo spioncino, intravide l’alta e slanciata figura della sua amica Ruby. Ruby? Che veniva a trovarla a casa? Molto strano.
Aprì e la ragazza l’abbracciò di slancio. Emma rimase per un momento stupita da tale dimostrazione d’affetto - cosa molto rara tra loro, visto che era Lacey quella più decisamente espansiva - ma poi ricambiò, stringendo l’amica e facendola poi entrare in casa.
- Cosa ci fai qui? - le chiese chiudendo la porta.
Ruby intanto si era già tolta il suo fidato pellicciotto grigio e l’aveva poggiato sulla spalliera del divano. 
- C’è un motivo per una visita a un’amica? - rispose, le mani sui fianchi.
Emma sorrise. - No, certo che no. È soltanto strano, tutto qui.
- È strano perché di solito siete voi a venire a trovarmi da Granny’s, ma siccome stasera ho la serata libera… ho pensato di farti una sorpresa.
- Hai fatto benissimo a passare. Ti preparo qualcosa? Tè, caffé? 
- Del caffé caldo andrà benissimo, grazie - rispose Ruby seguendo Emma nella piccola cucina.
Mentre la padrona di casa preparava il caffé e metteva la moka sul fornello, Ruby sedette su uno degli alti sgabelli accanto al piano di lavoro, una gamba accavallata e il mento poggiato sul palmo della mano. 
Emma si girò a guardarla, poggiata alla cucina, le braccia conserte. 
- Ho letto il tuo messaggio, stamattina - iniziò Ruby.
Emma distolse lo sguardo, evidentemente contrariata al ricordo. - Scusa, era tardi, ma so che avreste letto il messaggio stamattina…
- Ho chiamato Lacey, prima. Le ho detto che sarei passata. Purtroppo doveva risolvere una cosa e non ha potuto unirsi a me. 
- Risolvere una cosa? Si tratta di nuovo di Gaston?
- Non lo so, non me l’ha detto. Era piuttosto di corsa, a dire il vero - rispose Ruby alzando le spalle.
Emma annuì. - La chiamerò domani.
- Emma - cominciò l’amica. - Stai cambiando discorso. 
L’altra rimase in silenzio e siccome la moka aveva preso a sbuffare e lamentarsi, si dedicò a versare il caffé in due tazze alte, aggiungendovi poi del latte freddo per allungarlo. Porse una tazza a Ruby e le fece segno di seguirla in salotto.
Si sedettero, Emma nella sua poltrona accanto alla finestra, Ruby sul divano, le gambe incrociate. Sorseggiò il caffélatte, osservando l’amica in silenzio.
- L’ho saputo poco prima di scrivervi - cominciò Emma sospirando e poggiando la tazza sul tavolino. - Mi ha chiamata Hunter, il mio capo.
Ruby annuì, attenta.
- Lo hanno rilasciato per buona condotta. È rimasto dentro poco più di un anno. Un anno, capisci?
- Be’, ormai nessuno resta in galera dieci anni per qualche rapina - commentò Ruby, pratica.
Emma la guardò, ironica. - Hai parlato con Hunter, recentemente?
Ruby arrossì. Cosa strana: la sua amica non si imbarazzava per niente e per nessuno. A meno che…
- Ma che dici! - esclamò, agitando una mano. - Potrei aver visto Graham da Granny’s, oggi…
- Ah - replicò Emma, sorridendo sorniona. - Graham. Capito.
Ruby scosse la testa e il rossore svanì. - Tornando a noi. Ti dispiace sì o no? Che Neal sia fuori.
Emma distolse lo sguardo, posandolo sui disegni geometrici del tappeto. 
- Sinceramente - cominciò - non lo so nemmeno io. Non voglio rivederlo, Ruby. Anche perché non saprei che dirgli.
- Be’, questo cambia le cose. Se non sei contenta di vederlo fuori, non dovresti vederlo e basta.
- Lui era colpevole, Ruby. Lui aveva davvero rapinato quelle banche. Le prove c’erano. E si è fregato con le sue stesse mani. Per me è finita un anno fa.
Ruby annuì, in silenzio.
- Se è finita, allora non sei obbligata a riprenderlo nella tua vita - aggiunse. - Non gli devi niente, Emma. Oltretutto, sei stata indagata, per colpa sua. Non dimenticarlo.
- Non l’ho dimenticato - rispose lei. - Per niente. Io mi fidavo, di lui. E lui ha mandato tutto all’aria. 
Sollevò gli occhi su Ruby, riprendendo in mano la sua tazza. - Ciò nonostante, non potrò evitare per sempre un incontro con lui. Prima o poi arriverà quel momento, il momento in cui dovrò guardarlo negli occhi. 
- Allora fa’ in modo di essere preparata - le consigliò l’altra. - Provi ancora qualcosa per lui? 
Emma rimase in silenzio, riflettendo sulle parole di Ruby.
- Penso che riuscirò a capirlo solo quando ci ritroveremo l’uno di fronte all’altra. Vorrei incontrarlo, soltanto per liberarmi del suo fantasma, ma allo stesso tempo non voglio vederlo mai più. Non lo voglio più nella mia vita.
- Hai sofferto, Emma. È normale. Ti dico solo di pensarci bene. A volte, l’amore è semplicemente più forte di tutto. Ma altre volte ha il potere di distruggerti. Quindi fa’ attenzione.
- Tu lo sai bene, eh? - rammentò Emma. - Ti manca, Peter?
Ruby le sorrise. - A volte. Ora non più tanto spesso. Sto bene. Finalmente tutto sta tornando al suo posto, nella mia vita.
Emma annuì, ricambiando il sorriso dell’amica. Poi, lo sguardo di Ruby venne attirato dalle fotografie sparpagliate sul tappeto, poco lontano, e le scatole aperte lì accanto.
- Cosa stavi facendo? 
- Guardavo vecchie foto dei miei genitori - rispose Emma scrollando le spalle. - Ogni tanto mi piace osservare i loro volti e immaginare le loro vite. 
Ruby si alzò, poggiando la tazza ormai vuota sul tavolino, e si inginocchiò a terra, accanto alle scatole. Prese in mano la fotografia di David.
- Be’ - commentò. - Ora ho capito perché sei così bella, Emma.
Quest’ultima si lasciò scappare una risata e raggiunse l’amica sul tappeto.
- Non sono così bella - commentò. - Ed è di mio padre che stai parlando.
- È difficile essere obiettivi quando guardi una foto del 1981, no? Quanti anni aveva? Venti? Ventidue? Diamine, era sexy!
- Ruby! - esclamò Emma dandole una piccola spinta.
Ruby scoppiò a ridere e l’altra si unì a lei. Non rideva così bene da alcuni giorni, a dire il vero. Le era mancato.
- Okay, okay, la smetto di fare commenti allusivi - replicò Ruby alzando le mani. - E pensieri poco casti, aggiungerei.
Emma le rivolse un’occhiata severa, senza dire niente. Ruby rise ancora.
- Grazie per essere passata - disse Emma dopo qualche minuto. L’amica stava osservando le fotografie con attenzione. Alzò gli occhi e le sorrise. 
- Sono contenta di averlo fatto. Era da tanto che non chiacchieravamo così.
- Era da tanto che non chiacchieravo di me in generale - aggiunse Emma ridendo. - Mi ci voleva proprio. Penso di aver fatto chiarezza nei miei pensieri, ecco.
- Ne sono contenta - concluse Ruby stringendole una mano con affetto. 
Le due si guardarono teneramente, poi Emma esclamò: - A proposito, adesso ti faccio vedere una foto di mio padre in costume! Ci stai?
- Non avevi detto di smetterla di fare pensieri sconci?
- Sì, ma siccome sei stata un tesoro con me, premio la tua depravazione a modo mio.
Ruby scosse la testa.
- Ecco la vera Emma Swan… - aggiunse ridacchiando.
 
 
* * *
 
 
*Upper West Side, New York - marzo 2013
- Alla fine sei venuto.
Neal annuì, le mani affondate nelle tasche. - Che cosa vuoi?
Mr Gold, completo impeccabile e l’inseparabile bastone con pomolo dorato, sorrise. 
- Perché non ci sediamo? - chiese indicando il salotto privato alla sua destra. 
- Perché invece non mi dici cosa vuoi? Dovrai essere convincente, però.
Gold annuì e si limitò a lanciare una fugace occhiata al locale alle sue spalle. Le luci basse rendevano l’ambiente semibuio e alcune cameriere si aggiravano tra i tavoli indossando provocanti minigonne e camicette strizzate sui seni e reggendo vassoi con bicchieri pieni di alcolici. Gli avventori fumavano e una nube tossica aleggiava in alto sopra le loro teste. Neal storse il naso. Non era il genere di locale che era solito frequentare. Immaginò che Gold avesse preferito incontrarlo sul suo terreno, terra di scabrosi gangsters, pupe ingioiellate e sesso, droga e vodka liscia. 
- Ho in ballo un progetto, Bae - iniziò Gold. 
- Non chiamarmi così - esclamò Neal. - Non sono più il ragazzino di quel nomignolo.
Gold annuì, fissandosi le scarpe eleganti. - Ho in ballo un progetto e ti voglio con me.
- Mi vuoi con te? - ripeté Neal, sputando quasi fuori le parole.
- Ti voglio con me, sì. Ci stai?
 
 
 
 
NOTE
  • Nel capitolo affrontiamo alcuni salti temporali, spostandoci dal presente - marzo 2013 - ad un piccolo flashback ambientato nel gennaio 2012, riguardante una delle ultime conversazioni tra Emma e Neal prima che quest'ultimo venisse arrestato. Da lì, torniamo nel presente.
  • Peter: il famoso Peter conosciuto nella serie, cioè il fidanzato di Ruby nella Foresta Incantata.
  • Avete colto i piccoli riferimenti alla RedHunter [Ruby|Graham] e alla RedCharming [Ruby|Charming]? Adoro entrambi i pairing <3
  • Il finale tra Neal e Mr Gold lascia aperti parecchi interrogativi. Perchè Gold rivuole Neal con sè?
 
 
 
Ebbene sì, un nuovo aggiornamento dopo tanto tempo. Scusate, ma sto gestendo tre long più una raccolta e il tempo è quello che è, purtroppo. Cioè poco. Alla fine però ce l'ho fatta.
So che molto probabilmente mi odierete, perchè il nostro Killian non si è visto e non c'è stata una singola scena CaptainSwan in tutto il capitolo e, tanto per girare il dito nella piaga, ho inserito un flashback SwanFire. Portate pazienza, miei prodi! Arriverà anche il momento dei nostri Emma e Killian. Già nel prossimo capitolo li rivedrete interagire. E poi, ormai avete capito che il mio Killian è parecchio enigmatico, no?
 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Vi lascio come sempre il link del mio gruppo Facebook, per spoiler, foto e altro. Ecco il link: https://www.facebook.com/groups/159506810913907/
 
Inoltre, vi propongo la mia raccolta RubyxGraham, nata come spin-off di questa long. 
 
 
Detto ciò, mi dileguo.
 
Marti
 
ps ringrazio TANTISSIMO tutti coloro che hanno inserito "Haunted" tra le seguite. Ben 30 persone! Ancora non ci credo! Ringrazio anche chi recensisce con costanza, chi mi appoggia e sopporta e chi legge silenziosamente questa storia <3
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Marti Lestrange