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Autore: Patosangel32    08/11/2013    5 recensioni
E se Clary avesse sempre saputo di essere una Shadowhunter? Se Valentine l'avesse addestrata insieme a suo fratello Jonathan, il quale è solo un pupazzo tra le mani del padre? Avete mai provato ad immaginare cosa sarebbe successo se la rivolta non fosse mai scoppiata? Come avrebbero fatto Magnus e Alec ad incontrarsi? Ed Izzy e Simon? E possibile che due anime che siano fatte per stare insieme, si ritrovino sempre in qualunque circostanza?
Dal capitolo 15:
-“Potresti avere di meglio, Jace. Sono solo una ragazzina con problemi familiari che…” ha paura di amare.
-“Voglio te, e questo dovrebbe bastarti” mormorò Jace con voce soave. Riprese a baciarla ma poco dopo Clary si fermò. Di nuovo.
-“Hai aperto tu la finestra prima?” chiese Clary che aveva sentito un brivido di freddo accarezzarle la pelle laddove il corpo di Jace non la copriva.
-“No, sono stato io.” disse ad alta voce qualcun altro nella stanza.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Author's Corner:
Nell'ultimo capitolo mi sono dimenticata di inserire le note.. Ma non credo che abbiate bisogno dei miei consigli oramai.
Comunque, in questo capitolo e nei prossimi, comunico che la storia di Simon è del tutto diversa dall'originale. Innanzitutto perchè ho odiato come la mamma l'abbia buttato fuori di casa neanche fosse un sacco della spazzatura. Per ulteriori informazioni, leggete i capitoli a venire
With love,
-A.

 

Switches

Quando tutti i giorni diventano uguali è perché
non ci si accorge più delle cose belle che accadono nella vita
 ogni qualvolta il sole attraversa il cielo.
Paulo Coelho
 
 
Jonathan entrò nella cella cercando di fare meno rumore possibile. Nessuno doveva sapere che lì dentro ci fosse Isabelle, neanche suo padre. Per non parlare di quegli idioti dei suoi adepti.
Aveva, infatti, scritto una runa soundless per evitare che la presenza di Isabelle all'interno della cella fosse rilevata. In un certo senso, Isabelle era il suo ostaggio, non quello di Valentine né di nessun altro. Era la chiave per arrivare a Clary prima di suo padre. Valentine aveva in mente strani progetti, ma Jonathan aveva bisogno di sua sorella più di qualsiasi altra cosa. Sentiva di doverla avvertire dei problemi che avrebbe corso imbattendosi in Valentine  e non poteva accettare che suo padre dopo aver fatto del male a lui, facesse anche del male a lei.
Isabelle alzò gli occhi scuri su di lui, ma non era arrabbiata o furiosa, solo annoiata.
Jonathan notò subito la stella Sheriken che aveva in mano e si chiese da dove l'avesse tirata fuori. Pensava di averla disarmata il giorno prima.
-"Dove hai preso quella?" Chiese appoggiandosi al muro di fronte. Alzò un piede poggiandolo al muro e incrociò le braccia sul petto. La maglietta si sollevò un pochino facendo intravedere un lembo di pelle intervallata da cicatrici vecchie e nuove.
-"Questa dici?" Disse mostrandogli il metallo che aveva in mano. Sorrise maliziosa e poi aggiunse: -" Noi donne abbiamo piccoli segreti che voi, per quanto possiate conoscerci, non scoprirete mai" poi tornò a fare finta di limarsi le unghie.
-"Sai, Isabelle Lightwood, a dieci anni ero innamorato di te" disse Jonathan sorridendole. Come al solito la ragazza alzò gli occhi al cielo. E Jonathan si chiese dove diavolo trovasse tutto quel coraggio.
Qual era il modo di farla crollare?
-"Peccato che tuo padre abbia deciso di portarti con sé e sparire nel nulla. Avrei potuto spezzarti il cuore" disse Isabelle con un'alzata di spalle, strappando a Jonathan un mezzo sorriso. Sempre se così lo si potesse chiamare.
-"Ma, Isabelle, io non ho un cuore" disse Jonathan portandosi una mano al centro del petto. La ragazza
"Ti serve qualche cosa?" Chiese Jonathan prima di andarsene.
-"Vorrei sapere un paio di cose" disse Isabelle scuotendo le catene. Jonathan allora tornò indietro e la guardò cercando con cura le parole.
-"Voglio sapere perché sono qui legata come un mulo ad un muro senza cibo né acqua da due giorni" disse Isabelle guardandolo con odio. In quel momento Jonathan la trovò dannatamente sexy.
-"Vedi, io ho bisogno di mia sorella e tu hai bisogno che la tua banda di amici venga a trovarti. Non ti farò del male se ti comporti bene."
-"Cosa posso fare legata come un salame?" Chiese lei ricambiando lo sguardo di Jonathan.
La doveva smettere di guardarlo in quel modo, pensò il ragazzo.
-"Sono solo precauzioni. Come è una precauzione la campana di vetro creata intorno a questa cella, e le rune alle sbarre della finestra." Jonathan infilo le mani in tasca aspettando la risposta di Isabelle, che sembrava meditare sulle sue parole.
-"Nessuno può vedermi, né sentirmi? Mi stai dicendo questo?" Chiese con un filo di voce.
Bang. Stava crollando. Per un millesimo, anzi per molto meno, Jonathan provò tenerezza.
-"Esattamente. Siamo tu ed io. E basta. Non ne sei felice?" Chiese senza muoversi. Notò che Isabelle aveva il respiro accellerato e stringeva le mani a pugno.
-"Come... Come potranno, trovarmi se nessuno puo vedermi?" Chiese. Jonathan rise di nuovo.
-"È questo il bello, Principessa. Che la sfida abbia inizio" si avvicinò alla ragazza che involontariamente si allontanò da lui.
-"Ti ho già detto di stare lontano" disse isabelle a denti stretti. Poi Jonathan senti un forte dolore allo stinco. La cacciatrice gli aveva tirato un calcio con un tacco.
Jonathan diventò rosso per la rabbia, ma cercò di controllarsi.
-"Io ti ho già detto che non voglio seguire gli ordini di nessuno" ci fu uno scambio di sguardi di fuoco. Poi il ragazzo si allontanò.
-" Non sprecare energie invano. Non c'e modo di uscire." Disse aprendo il cancelletto della cella. Isabelle gli lanciò contro la Sheriken di prima, mancando il bersaglio.
-"Hai appena sprecato un'arma potenzialmente buona, Principessa. Potresti non avere più un'occasione del genere" Isabelle lo guardo in cagnesco e il suo sguardo spiegava per bene tutte le parole che non aveva detto.
-"Farò in modo di portarti un pasto al giorno." Disse chiudendosi la porta alle spalle. Sentì solo vagamente Isabelle che gli augurava di passare il resto dei giorni all'inferno.
Non sapeva pero, che era la stessa cosa che si augurava da solo.
 
-“Magnus, spegni la luce!” gracchiò Simon visibilmente irritato. Era sicuro che fosse mattino perché il suo corpo chiedeva a gran voce di dormire.
-“Vuoi dirmi tu come posso spegnere il Sole? I miei poteri arrivano fino ad un certo punto, giovane vampiro”  Simon poté sentire Magnus stiracchiarsi come un felino e poi sorridergli.
La sera prima, lo stregone aveva insistito di fermarsi in una radura nel bel mezzo del niente con lo scopo di montare le tende e passarci la notte, dimenticandosi per una sera quella che era la loro missione, cioè ritrovare il padre di Simon. Il vampiro aveva pensato che fosse necessario camminare, ma Magnus cominciava a lamentarsi delle scarpe nuove sicché Simon non aveva iniziato a domandarsi del perché occhi-di-gatto dovesse indossare un paio di scarpe nuove in mezzo alla Foresta Nera.
Assimilando le parole dello stregone, Simon saltò in aria.
-“Il Sole? IL SOLE? Ti rendi conto che mi stai mandando a morte certe, brutto…” e perdendosi in insulti del genere, Simon iniziava a constatare che il sole non nuoceva alla sua pelle. Nessuna bruciatura, niente cenere intorno. La sua non-temperatura era costante.
-“Tranquillo, Sheldon! La magia, che straordinaria meraviglia! E’ capace di sovvertire l’andamento delle cose naturali..”
Simon non si arrabbiò perché Magnus l’avesse chiamato Sheldon, né gli fece notare che oramai nessuno usasse parole come ‘sovvertire e andamento ‘ nella stessa frase. Si limitò ad osservare il cielo azzurro, come non l’aveva mai visto e nonostante gli occhi gli bruciassero osò guardare il sole.
-“Come .. Come può essere?”
-“Dov’eri tre secondi fa quando te l’ho spiegato?” chiese Magnus con un accenno irritato nella voce. Simon gli sorrise scusandosi e poi posò la testa su una roccia che gli faceva da cuscino.
Nonostante avesse sempre desiderato guardare il sole, la sonnolenza giornaliera non era passata.
-“Grazie” sussurrò verso Magnus appisolandosi.
-“Per cosa?” chiese lo stregone tutto soddisfatto.
-“Per avermi regalato il sole” rispose il vampiro con la voce impastata dal sonno, a metà tra il sogno e la realtà.
-“Non è una romanticheria, sciocco” disse Magnus mentre Simon se lo immaginava scompigliarsi i capelli al soffio del vento.
-“Sai cosa potresti fare adesso? Portarmi una bella bottiglia di sangue..” sussurrò Simon schiudendo giusto una palpebra. Da quello che sapeva, i mondani prendeva il sole sulla spiaggia proprio in quella posizione.
-“Una bottiglia di sangue? Senti faresti meglio ad aspettare il crepuscolo per andare a cacciare della selvaggina” borbottò Magnus alzandosi in piedi. La camicia di seta nera gli scivolò di dosso e senza che Magnus si abbassasse a raccoglierla, tornò su.
-“Non bevo direttamente dagli animali. Sono Vegetariano.” Disse il vampiro.
-“Allora non scherzavi quando parlavi del mio gatto..” notò Magnus sottovoce. Il vampiro sorrise scuotendo la testa.
Era davvero bello il sole. Ti aiutava a sentire l’odore della pelle amplificato. Per esempio riusciva a percepire i raggi infrangersi sulla pelle dello stregone ed emanare un odore forte di bagnoschiuma. La qualità non era delle migliori, ma De Gustibus…
-“Vedrò cosa posso fare” disse Magnus arrendendosi. Simon notò che stringesse tra le mani una tazzina di caffè fumante e a meno che non si sbagliasse, a meno di duecento chilometri non si trovava alcun bar.
Alla fine si abbandonò al sonno, consapevole di avere la cena servita non appena si fosse svegliato.

Clary pensava che la notte appena trascorse fosse stata una notte sprecata. Avevano camminato per ore senza incontrare anima viva o morta che fosse. Alla fine sotto comune accordo, avevano deciso di accamparsi in una grotta, che rappresentava il  meglio che erano riusciti a trovare. Appena Clary si era svegliata, aveva notato una figura in piedi all’ingresso della grotta, le dava le spalla. A fianco un’altra figura tutta in nero era poggiata sulla roccia con una gamba alzata e le braccia sul petto, guardando di fronte a se.
Alec era visibilmente scontroso quella mattina. Clary non poteva non capirlo. Sua sorella non tornava a casa da due giorni e tutti erano preoccupati. Persino Clary aveva paura che le fosse successo qualcosa, nonostante non dubitasse delle ottime qualità della Cacciatrice.
La ragazza non si alzò per avvicinarsi ai due ragazzi. Aveva come l’impressione che quella scene fosse troppo privata, troppo intima per essere condivisa da più persone.
Né Alec né Jace parlavano, ma nell’aria vagavano parole non dette e anche se Clary non poteva capirle avrebbe potuto immaginarle. Jace e Alec erano molto legati, e Clary poteva scommettere che la stesse preoccupazione che provava Alec era riflessa in Jace, anche se il biondo non lo dava a vedere.
Come se avessero sentito il suo sguardo, Alec e Jace si girarono all’unisono. Entrambi le sorrisero, Alec a fatica, ma Clary apprezzò il gesto.
-“Dobbiamo trovarci dei cuscini un po’ più comodi non trovi?” la voce di Jace le giungeva da destra. Nella semioscurità, Clary poté notare il lampo nei suoi occhi.
-“Forse, sarebbe proprio il caso” disse Clary tendendo il collo prima a destra poi a sinistra. Entrambi i Cacciatori si avvicinarono e presero posto vicino a lei.
-“Hai fame?” le chiese Alec aprendo il suo zaino nero e tirando fuori un sacchetto richiuso. Anche Jace ne tirò fuori uno.
-“Jace fa i migliori panini al formaggio della storia” disse Alec slegando il fiocchetto che teneva legati i lembi della stoffa. Jace sorrise con falsa modestia. Solo allora Clary si accorse di essersi appena svegliata e i ue le stavano già offrendo quello che viene comunemente chiamato pranzo.
Il secondo pensiero fu: “Avrò un aspetto orribile” e il terzo:” Clary, mandali via e rimettiti a posto”
La ragazza si schiarì la gola ed entrambi la guardarono. Jace fermandosi con un panino per aria, Alec la guardò con la bocca piena. Alla fine deglutì e Jace prese un morso.
-“Io avrei bisogno..” si grattò la testa con una mano diventando rossa come i suoi capelli. Jace e Alec scattarono in piedi e si voltarono di spalle pronti ad uscire. Clary li guardò con una domanda sulla punta della lingua. Ma alla fine si portò lo zaino in spalla e cercò di cambiarsi facendo il prima possibile.
Solo dopo qualche minuto, urlò ai ragazzi di entrare.
-“Speravo di trovarti senza pantaloni, in realtà” disse sorridendo. Dietro le sue spalle Alec scosse le testa e guardò Clary chiedendole scusa al posto del parabatai. Era chiaro che Alec non nutriva nessun interesse per lei, né tanto meno per le donne in generale.
-“Non vi avrei detto di entrare, non trovi?” rispose Clary nascondendo l’imbarazzo. Jace le lanciò una mela verde, che Clary afferrò al volo.
-“Stiamo per uscire, quanto ti ci vuole?” chiese Alec anticipando Jace con una delle solite batuttine.
-“Sono pronta, possiamo andare” annunciò Clary. Raccolse le sue cose e uscì mordendo la mela.
-“Dove ci dirigiamo?” chiese Clary asciugandosi con un sito il succo della mela che le gocciolava da un labbro.
-“A ovest.” Disse Alec mettendosi al capo del gruppo, anche Jace l’anticipò lasciandole lo spazio che le serviva.
-“Una traccia che siamo riusciti a trovare stamattina conduceva in Germania. La runa che ci ha aiutati ha anche evidenziato il punto preciso, ma abbiamo intenzione di tracciarne un’altra per evitare di sbagliarci.” Disse Jace con il solito tono saccente.
Clary guardava le sue spalle e le sue lunghe gambe segnare tratti invisibile che lei avrebbe seguito ad occhi chiusi. I capelli biondi ondeggiava davanti a lei e ancora una volta Clary si ritrovò a reprimere l’istinto di infilare una mano tra i suoi boccoli dorati. Alec poco più avanti invece, andava sicuro per la sua strada come se sapesse già dove andare. Visto da dietro, dai capelli alle scarpe, era una macchia nera longilinea. Somigliava tantissimo ad Isabelle, se non fosse per i capelli corti.
-“E se fosse stata rapita?” chiese Clary a nessuno in particolare.
-“E’ quello che supponiamo, Clary.”disse Alec voltandosi a guardarla. Gli occhi azzurri del ragazzo le fece intuire di tenere la bocca chiusa se non avesse cose intelligenti da dire.
-“Dobbiamo cercare una casa, una grotta, un castello, ma anche una botola tra i cespugli se ci può essere utile. Ogni dettaglio è importante” sussurrò Jace avvicinandosi quasi volesse proteggerla dalla tempesta che avanzava negli occhi di Alec.
Clary non riusciva ad arrabbiarsi con Alec, ma questo non significava che lui dovesse trattarla così male.
-“Sapete, sono felice di essere qui. Nella Foresta Nera è quasi del tutto impossibile imbattersi nelle papere” disse Jace alzando lo sguardo verso il sole. Clary non riuscì più a distinguere dove finisse il dorato dei suoi occhi e cominciasse quello del sole.
-“Jace…” disse Alec scuotendo la testa. Alzò le mani in segno di resa.
-“Non sto scherzando, Lightwood!”
Alla fine anche Alec scoppiò a ridere.
   
 
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