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Autore: EllieMarsRose    08/11/2013    3 recensioni
[The Quireboys]
[The Quireboys][The Quireboys]Blu; il colore profondo di quegli occhi che osservano il mondo. Che vedono la vita dispiegarsi in un modo odioso, a tratti inaccettabile.
Spike si separa dal suo grande amore e sembra non volersi più appassionare a nulla.
Ma i suoi amici gli insegneranno a rimanere a galla, nonostante la vita voglia a tutti i costi voltargli le spalle.
...
Spike guardò l'amico ravvivarsi i capelli rossi: «Leah mi diceva sempre che l'essenziale è invisibile agli occhi»
«Aveva torto» Tyla si rigirò fra le mani la bottiglia di Chardonnay «io l'essenziale l'ho sempre trovato qui dentro»
(cit. capitolo #5 "Pianto")
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Spike

Fuori pioveva. Come sempre, del resto. Vivere nel Regno Unito significava avere a che fare con la pioggia quasi giornalmente, tutto l'anno.

Ciò che era veramente strano, però, era che stesse piovendo dentro di lui; nonostante seguisse con gli occhi i tergicristalli che ondeggiavano sul parabrezza, sperando che spazzassero via dalla sua anima tutto quello schifo di malumore e facessero ritornare un po' di sole, non riusciva a pro­vare un minimo di sollievo. Lanciò un'occhiata fugace al sedile del passeggero: Leah era lì, con i pugni stretti sulle cosce e gli occhi castani che guardavano l'asfalto scorrere veloce fuori dal finestrino.

«Ti prego, dimmi di nuovo perchè devi proprio andarci» Spike ingranò nervosamente la terza mentre la macchina saliva di giri. Cercava di andare piano, il più piano possibile, per godersi appieno quegli ultimi istanti con lei.

Leah sbuffò guardando il tettuccio di quella Mini scassata: «È la mia grande opportunità»

«Questo me l'hai già detto un sacco di volte». Spike parcheggiò la macchina vicino al Terminal 4. «Ma perchè proprio Lione?».

La ragazza sbuffò di nuovo e tentò di scendere dall'auto, ma Spike la bloccò per un polso; Leah arricciò le labbra, indispettita: «Perchè è l'unica università dove posso veramente specializzarmi in ciò che mi piace di più».

Lo guardava con gli occhi che gli urlavano spazientiti: Te l'ho già spiegato un sacco di volte, perchè ti ostini a non capire?. Ma lì non era questione di non capire; Lione non era attaccata a Londra. Lione era in Francia, lontano, oltre il mare, giù a sud.

«E poi puoi venire a trovarmi tutte le volte che vuoi! Basta prendere l'aereo» gli aveva urlato quelle parole mentre scendeva dall'abitacolo e andava a prendersi la valigia nel bagagliaio.

Spike guardò i suoi capelli color mogano e lisci svolazzare nell'aria umida e si sfregò le palpebre: sei tu quella che non capisce. Scese nella pioggia a bagnarsi la chioma castana scura, dopo aver picchiato i palmi sul volante: «Qui non è questione di prendere l'aereo per passare la Manica»

«Senti» Leah sbuffò caricandosi in spalla lo zaino pesante «se sei diventato improvvisamente aerofobico, sappi che puoi prendere il treno».

Fece per incamminarsi verso l'entrata del terminal, ma Spike le vomitò addosso tutta la rabbia che aveva accumulato in corpo nelle tre settimane precedenti: «Porca puttana, non fare orecchie da mercante e ascoltami! Lo sai che non sono aerofobico, non inventarti scusanti del cazzo». Si bloccò per un attimo, prendendo fiato e preparandosi psicologicamente per le parole importanti che stava per pronunciare: «Non voglio che tu vada lontana da me».

Leah lo guardò dritto negli occhi blu sotto la pioggia battente: «Tu cosa provi per me?».

Spike si avvicinò a lei, le prese la mano e se la portò al cuore: «Ti amo. Non dimenticarlo». Con il naso le accarezzò il profilo e le baciò le labbra bagnate di pioggia.

Leah si ritrasse riluttante: «E allora, proprio perchè mi ami, dovresti lasciarmi fare ciò che mi piace di più. E poi sono solo sei mesi; passeranno in fretta».

Spike annuì in silenzio, mentre il suo sguardo cadeva verso il basso, sulle loro scarpe; i suoi stivali da cowboy e quelle scarpine verde scuro che tanto gli piacevano. Era l'ultima volta che li avrebbe visti insieme; erano la cosa più carina da osservare quando si alzava per andare in bagno dopo aver fatto l'amore con lei. Guardava i piedi del letto e le scarpe verdi di Leah erano sempre, puntualmente, appoggiate sopra il gambale dei suoi stivali. Per un secondo, la vista gli si appannò e fece fatica a prendere fiato: «Mi manchi già adesso, che sei ancora accanto a me».

Leah sorrise; il suo ragazzo voleva apparire sempre sicuro di sè e spigliato, ma sotto nascondeva un animo sorprendentemente tenero. Lo strinse forte ed immerse il naso nella sua guancia profumata di dopobarba: «Anche tu mi mancherai tanto. Sei davvero la cosa più importante che ho». Si distaccò un attimo per guardarlo negli occhi, quei splendidi occhi blu che l'avevano ipnotizzata dal primo istante che l'aveva visto; sentì le proprie corde vocali annodarsi: «Ti amo, Jonathan».

Jonathan... solo sua madre e sua sorella lo chiamavano ancora così; e, naturalmente, anche Leah nei momenti di intimità. E solo dio sapeva perchè, quando lei pronunciava il suo nome di battesimo, gli partiva il cuore a mille. La strinse di nuovo al petto, baciandola con passione e cercando di nascondere una lacrima che, furtiva, gli era scivolata fuori dalla palpebra chiusa, sotto una ciocca ribelle che scappava dalla bandana blu scuro. Con la punta della lingua giocò con lei e le accarezzò le labbra, per imprimere al meglio nella propria memoria quel sapore che gli sarebbe mancato troppo a lungo.

Poi...

Poi lei si staccò dal suo viso e lo prese per mano in silenzio, trascinandolo dentro l'aeroporto. Spike assistiva al distacco come se fosse stato rinchiuso in una bolla di sapone; sembrava che lei si muovesse a rallentatore, in silenzio, ma nulla poteva fermare quell'inesorabile allontanamento. Solo quando lei lo salutò da lontano sventolando il passaporto, si rese conto di essere veramente solo. Avrebbe voluto bloccarla, impedirle in tutti i modi di prendere l'aereo; oppure gli sarebbe piaciuto comprare su due piedi un biglietto di sola andata per il volo per Lione, magari sul sedile di fianco a lei. Sì, ma con che soldi?

Sospirò abbassando il capo, sentendo la consapevolezza gravargli sulle spalle. Sei solo; hai gli amici, ma ti manca lei. Aveva chiesto a Leah di mollarlo prima di partire; sarebbe stato meno doloroso che vivere a distanza. Ma lei si era rifiutata, gli aveva detto che lo amava con tutto il cuore e che avrebbe preferito che lui ci fosse sempre stato, anche se per sei mesi l'avrebbe solo sentito per telefono. Guardò il tabellone dei voli in partenza: l'aeromobile Air France per Lione saliva verso l'alto troppo in fretta. She's gone...

Diede un calcio ad un'etichetta persa da qualche passeggero frettoloso e si incamminò verso la Mini con lo sguardo perso nel vuoto. Era così fuori dal mondo che urtò un uomo d'affari senza volerlo, facendogli rovesciare a terra una cartelletta piena di documenti che stringeva gelosamente sotto il braccio. L'uomo, calvo e grassoccio, gli diede del drogato e del tossico, dato che con quei capelli e quella faccia non puoi essere altro che uno di loro; Spike nemmeno si girò per mandarlo al diavolo, al contrario, mantenendo gli occhi blu fissi sulle piastrelle, si scusò in modo molto timido e lo aiutò a raggruppare i fogli in fretta e furia. Guardò l'uomo sparire nella folla borbottando, seguendo con le sue pupille vuote l'oscillare ritmico dell'impermeabile che indossava, passando rasente la libreria del Terminal 4. E lì lo vide, che beffardo lo osservava da dietro il vetro, con la sua copertina candida decorata con disegni bimbeschi. Quel libro che con le sue frasi ad effetto aveva ammaliato la sua Leah e la stava allontanando da lui; guarda caso, l'autore dava anche il nome all'aeroporto dove lei, un paio d'ore dopo, sarebbe atterrata.

Antoine De Saint-Exupéry: Il Piccolo Principe.

Lo stronzo francese che le aveva occupato il cervello.

Senza dare nell'occhio, entrò nella libreria, fece un giro fra gli scaffali con le mani in tasca, poi, molto discretamente, rubò una copia di quel libro terribile. Salì in macchina ed uscì dal parcheggio dell'aeroporto, diretto verso un posto dove nessuno l'avrebbe mai visto. Passati circa dieci minuti svoltò in una piccola stradina poco dopo Hounslow West; posteggiò la Mini attaccata al marciapiede e si mise in mezzo alla strada. Con la pioggia che gli appiccicava i capelli alla faccia, estrasse dall'interno della giacca il libro, sentendo la rabbia montare in lui. Aprì una pagina a caso e lesse la prima frase che vide: "Se vuoi un amico, addomesticami".

Le lacrime gli salirono inesorabilmente agli occhi e le viscere gli si annodarono: con tutto quello che potevo trovare, proprio la prima frase che lei mi ha detto per conquistarmi dovevo leggere?

Gettò il libro a terra e corse nell'abitacolo della Mini a prendere le sue Lucky Strike e l'accendino; era confuso, solo, amareggiato, triste ed incazzato. Doveva assolutamente fumare. Diede un paio di colpi a vuoto, poi la pietra focaia scintillò ed accese una debole fiammella arancio; Spike diede due aspirate nervose dal filtro, mordendosi le labbra ogni volta, prima di espirare il fumo grigio in una lunga nuvola, e sentendo il sapore salato delle proprie lacrime mescolarsi a quello della pioggia. Fissò il libro per un'ultima volta con gli occhi appannati, poi, stringendo la sigaretta fra gli incisivi, si inginocchiò ed accese l'accendino. Fortunatamente questa merda non è ancora inzuppata. Lentamente, le pagine presero fuoco, una dopo l'altra. Stette per un attimo a guardare l'inchiostro sciogliersi nell'umidità, poi accese il motore e tornò al suo appartamento, dove si scaraventò sul divano e si addormentò.



Sinceramente non so perchè mi sia messa a scrivere una nuova storia; come potete vedere, può essere sia un capitolo autoconclusivo, così, solo perchè avevo voglia di animare un po' Spike Gray, oppure può essere benissimo una storia che può andare avanti con altri capitoli. Non saranno lunghi come al mio solito (credo).

Se state leggendo queste poche righe, vi ringrazio; se volete lasciare una recensione, vi ringrazio ancor di più. Bella o brutta che sia non ha importanza; ciò che è veramente importante è che voi mi diate qualche consiglio per migliorarmi.

Se la storia andrà avanti, conoscerete meglio il mondo dei Quireboys (e credo che ci sarà anche un cameo di Tyla... d'altra parte, nella vita reale, lui e Spike sono molto amici), sennò... va bene così.


Questa storia è stata ispirata essenzialmente da due persone: la prima ha ispirato il personaggio di Leah (un uomo... che qui è diventato una donna; uau) e solo Twin potrebbe capire a chi mi riferisco; la seconda è, ovviamente, Spike Gray con il quale (per colpa del mio ragazzo) ho un autografo e una foto in sospeso.


Vediamo un po' come va a finire... see you soon (spero)

Ellie

   
 
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