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Autore: Sally Seton    22/04/2008    2 recensioni
Storia scritta per il contest "Memorie e ricordo - originali", tratta di un salto nel passato di una ragazza che grazie a degli oggetti ed al colore blu ricorda un viaggio passato, un'amicizia passata e...
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...RAHL...


Titolo: ...RAHL...
Genere:
Mistero / Malinconico / Leggermente soprannaturale.
Rating: Verde / Giallo.
Fandom e personaggi: Lorena, Clelia, Atena, Rahl.
Avvisi: One shot.
Note: Mi sono liberamente ispirata a delle canzoni che ho citato e specificato alla fine della storia, ho preso spunto da possibili situazioni reali contestualizzandole però in un ambito assolutamente fantastico. Ogni riferimento a fatti e persone e quasi puramente casuale, non voglio comunque offendere la coscienza di nessuno, ho solo lasciato che la mente spaziasse tra situazioni reali e fantastiche senza pormi altri problemi. Ho tratto ispirazione per alcune cose dalla realtà, ma questo non modifica il pensiero fondante della storia che è .... no va beh preferisco non dirlo. Voglio solo evidenziare che i nomi che ho utilizzato per me hanno un profonfo significato perchè sono anagrammi di altri nomi che comunque preferisco non svelare.
Introduzione/riassunto: Preferisco lasciare alle parole di Anna Achmatova la descrizione di quello che ho scritto perchè mi sembrano più pertinenti e perchè sono state l'input che ha ispirato la mia storia quando sull'autobus mi hanno letteralmente rapita. "Нет, это не я, это кто-то другой страдает. Я бы так не могда, а то, что случилось, пусть черные сукна покроют, и пусть унесут фонари... Ночь." -- "No, non sono io, è qualcun'altro che soffre. Io non potrei esser così, ma quel che è successo neri drappi lo ricoprano, e portino via le lanterne... Notte." -- Анна Ахматова -- Anna Achmatova.

...RAHL...

Nel mio cuor, nell'anima
c'è un prato verde che mai
nessuno ha mai
calpestato, nessuno,
se tu vorrai conoscerlo
cammina piano perché
nel mio silenzio
anche un sorriso
può fare rumore!” *

Dedicata a te che sei nel mio cuor e nella mia anima...


Ogni qualvolta succedeva qualcosa o semplicemente le andava di pensare e ricordare lei tornava sempre qua, dal suo Rahl.

Camminava lentamente assaporando quell’amata sensazione di libertà che le dava l’acqua quando batteva contro i suoi piedi nudi.

Si sedeva sul bagnasciuga dopo la sua solita passeggiata e pensava; capitava anche che con un legnetto disegnasse sulla sabbia qualche immagine o qualche scritta che nella vita di tutti i giorni non aveva il coraggio di esprimere a voce, e lo faceva perché quella scritta poteva esser cancellata da un’onda in un attimo, come se non fosse mai stata impressa.

Ciò che non poteva cancellare erano i ricordi ed ogni volta che si trovava davanti quell’immensità le sembrava che si moltiplicassero senza sosta nella sua mente come un flusso continuo e disordinato. Uno dietro l'altro ricostruivano sempre la sua storia e quei momenti che lei aveva voluto cancellare dalla sua vita con un colpo di spugna e che qui, invece, riaffioravano come in sogno senza una sua reale volontà e senza che lei potesse mai fermarli. Ed era proprio questo che lei amava di questo posto così sperduto e solitario. Era proprio qui che riusciva a ritrovare se stessa e a fondersi con esso senza che nessuna paura potesse fermare i pensieri del suo cuore.

Il suo adorato Rahl non aveva mai avuto alcun segreto per lei, come lei non ne aveva per lui.

Solamente adesso, però, si accorse che quell’immensità le comunicava altro: c’era qualcosa di diverso, di nascosto. Per lei era difficile decifrare i messaggi di quell’alleato così potente oggi.

Volle cercare una soluzione al dissidio, volle mettere ordine.

Fissò un punto e si concentrò su quello.

Dapprima il suo cardine fu il legnetto che roteava tra le sue dita in modo così sregolato da ricordarle ancora di più quella ricerca di un qualcosa che aveva perso.

Successivamente il suo sguardo fu rapito dallo stesso Rahl che oggi era più azzurro, chiaro e cristallino del solito.

E allora perché mai le sembrava tutto così incomprensibile?

Fissò le onde che le martellavano le caviglie prima sommergendole con quell'odiata acqua fredda e poi lasciandole nude al vento.

Alzò lo sguardo e fissò dritto quel blu, quel colore.

La raggiunse un brivido lungo la schiena; riusciva ad intravedere qualcosa, la nebbia nella sua mente si diradava e riusciva a percepire un ricordo vago di un colore fin troppo nitido.

Il blu; si interrogava su cosa potesse ricordarle. Non riusciva a trovare una spiegazione a quel tormento.

Quella nuance era sicuramente legata a qualcosa che aveva volutamente rimuovere dalla sua vita, altrimenti non si spiegherebbe perché proprio ora salti fuori e la tormenti così.

Si distese sulla sabbia cercando di associare quel colore ad un ricordo reale, ma non le sovveniva d'aver mai consciamente accostato il blu a qualcosa e non si spiegava perché mai l’avrebbe dovuto fare ora.

Per quanto cercasse un disegno diverso per se e per la sua anima, un’altra scappatoia per pensare ad altro di forse più concreto, quel blu le tornava sempre più prepotente alla mente ed ora riusciva a percepirlo anche dentro il suo cuore, ma non più come un colore, ma come il ricordo sfuocato di quell’amica ormai così lontana.


E torno sui miei passi adesso sì,

è inevitabile,

percorrerò a ritroso un viaggio che mi costa lacrime,

mi aspetta un mare di tranquillità,

tempeste che ho già superato anch'io.” **


Si ricordò di quel viaggio e si sentì stupida nel non aver ricollegato prima i messaggi che il suo inconscio ormai da una settimana le mandava: delle rose, un vestito, un biglietto per il teatro, il nuovo sfondo del suo desktop, tutto così maledettamente blu. Ora riusciva a ricollegare tutto, ora era tutto più nitido nella sua mente.

Quella strada l’aveva abbandonata ormai da vent’anni e non aveva più solcato quelle fosse, quei ricordi, quel dolore. Aveva messo da parte tutto quello che riguardava quel viaggio e quell’amicizia. Quello che, però, la stupì fu il ricordo legato al luogo dove aveva gettato i suoi ricordi; non era la solita scatola che tutte le ragazzine usano per buttarci dentro i ricordi di un’amore, di un’amicizia o di un viaggio passato, non lo era.

Aveva deciso di custodire quello che le rimaneva di quel fatidico 1986 in una bustina da regalo blu e l’aveva nascosta in macchina perché evidentemente nel suo inconscio voleva portarla sempre con sé nonostante le sembrasse di voler dimenticare tutto.

Decise che quel colore che tanto le si era manifestato in quei giorni l’avrebbe aiutata a ricordare e a far sparire quei fantasmi che incessantemente bussavano alla porta della sua anima. Si incamminò verso la macchina parcheggiata in una stradina che si affacciava sulla spiaggia e l’aprì.

Cercò quella bustina blu tra i sedili posteriori e la trovò.

Nel vederla tutta spiegazzata e di un colore che somigliava ormai più ad un grigio topo piuttosto che ad un blu sorrise e si chiese che razza di posto era quello per custodire un ricordo così importante. “Era un posto nascosto, tutto qua”, disse tra sé Lorena.

La sua macchina ormai era vecchia; ce l'aveva da circa dieci anni quindi a conti fatti era un decennio che lei non toccava quella bustina ormai più grigia che blu, quel blu che lei e Clelia avevano sempre tanto amato.

Ritornò sul bagnasciuga e si sorprese nel vedere ancora l’orma del suo sedere impressa sulla sabbia bagnata: “Neanche il mare riesce a cancellare certe orme” sussurrò a se stessa abbozzando un sorriso.

La bustina era già aperta; Lorena si limitò a scostare i due lembi e a dare un'occhiata dentro. Quando alzò lo sguardo e lo diresse verso l’orizzonte non aveva ancora distinto il contenuto della busta.

Ritornò a guardare dentro il sacchetto sospirando, infilò la mano ed estrasse delle foto; non le contò neanche, non era poi così importante; nella prima che le capitò tra le mani due occhi azzurri la fissavano e le sorridevano: Clelia.

La foto le ritraeva abbracciate e il loro sfondo era il Cremlino.

Proseguì.

Erano sempre foto ritraenti loro due nelle pose più strambe che una ventenne potesse mai ideare nella follia di un giorno di libertà: smorfie su Piazza Rossa segnava un pennarello blu all'angolo destro della foto che ritraeva Lorena, Clelia e Atena, un'altra loro collega; nella successiva vi era Clelia con una bottiglia di vodka nelle mani nel bel mezzo del Gorky Park alle … Lorena non riusciva quasi più a ricordare, però, poi, decise di lasciarsi andare al ricordo e credette fossero state le undici della mattina; l'ultima foto le ritraeva intente a guardare la kolchoziana. Erano solo loro due, nessun altro.

Appoggiò le foto dietro la sua schiena per proteggerle dalle onde che continuavano a sbattere prepotentemente contro le sue gambe.

Proprio in quell'istante sentì un formicolio alla caviglia destra: uno stupido vermiciattolo rosso stava esplorando la sua caviglia alla ricerca poi di chissà cosa. Lo scostò dolcemente con la mano perché alla fin fine non voleva fargli del male e nello scostare quell’esserino si soffermò a guardare la parte esterna della sua caviglia.

Ormai conosceva quel pezzo di pelle a memoria per quante volte piangendo l'aveva fissato e sfiorato, ma oggi era diverso, era come se non lo guardasse da una vita, era come se lo sentisse lontano, in realtà era sempre lì, indelebile nei suoi ricordi e nella sua pelle; l’acqua non poteva cancellarlo quello, e anche se avesse potuto Lorena non glielo avrebbe mai permesso. Quello era tutto ciò che di indimenticabile le sarebbe rimasto di quel viaggio. Sapeva già che i ricordi pian piano sarebbero sbiaditi nella sua mente e che anche quella bustina un tempo blu non sarebbe rimasta in eterno accanto a lei; invece, quel tatuaggio sì, quello era parte di se stessa e nessuno poteva toglierglielo.

Nell’accarezzare la pelle bagnata sentì che doveva smettere di buttare tutto nel dimenticatoio e cercare di ricordare quell’estate.

Infilò nuovamente la mano nella bustina e ne trasse fuori dei rubli che le ricordarono un buffo episodio avvenuto una sera in un locale di Mosca.

In quel momento rise come non aveva mai fatto in vita sua; rise di gioia, rise rumorosamente, ma ben presto quel riso si sarebbe trasformato in qualcos’altro.

Quella sera in un pub, ricordò abbozzando un ulteriore sorriso, al momento del pagamento fraintese le indicazioni della cassiera e buttò al vento un bel po’ di soldi senza neanche rendersene conto.

Non ci sapeva proprio fare con la matematica e ancor meno ci sapeva fare in russo! Questo i loro amici l'avevano ben capito.

Poggiò i rubli dietro la sua schiena prestando attenzione al vento e sperando che non le rubasse anche quegli attimi di infinito che ora come non mai stringeva forte a sé.

Stavolta volle rovesciare per intero il contenuto della bustina sulle sue ginocchia come per sottolineare che il dolore l’avrebbe dovuto provare in un solo, ultimo, indelebile attimo di infinito e non più con guizzi di momentanea nostalgia.

Ritrovò i biglietti del volo e a quel punto scoppiò in lacrime; non si trattenne più, l’emozione era troppo forte ormai; quello era stato il suo primo viaggio all’estero, il suo primo viaggio in aereo, la sua prima esperienza vera e propria lontana da casa dove ora doveva mettere in pratica tutte le teorie che finora sua mamma le aveva mostrato su come si giostra una casa e cavolate varie.

All'interno della bustina aveva trovato anche una matrioska e un anellino con su una data: 12 luglio 1986, la data della loro partenza.

La matrioska le ricordò altri attimi di sogno.

Si trovavano in aeroporto a Mosca e aspettavano il loro volo quando Lorena decise di comprare questo emblema russo come ricordo del viaggio. La prima cosa che le venne in mente fu quella di mostrarlo a Clelia, ma quest'ultima nel voltarsi al richiamo dell'amica urtò contro il simbolo nazionale e lo fece cadere a terra.

Lorena riusciva ancora a notare quel minuscolo particolare, quella scheggia di pittura saltata via a causa della caduta.

Lorena riusciva finalmente a ricordare tutto.

L'anellino, invece, era un oggetto a cui lei era sempre stata estremamente legata e oggi più di ieri si chiedeva come fosse possibile che quell'anellino non fosse più al suo dito, ma dentro un'impolverata e spiegazzata bustina grigia dimenticata da tutto e tutti dentro una macchina.

Lorena si chiedeva perché mai aveva avuto il coraggio di buttarsi tutto così alle spalle, senza neanche la possibilità di un recupero di quell'amicizia così importante per lei.

Aveva imparato ad essere forte, scaltra e fredda dopo tutte le pugnalate che il suo cuore aveva incassato, ma questa sconfitta, oggi, davanti al suo Rahl, le aveva fatto notare che il reale sbaglio fu quello di allontanarsi da Clelia senza darle e darsi la possibilità di un incontro.

Tutto questo la catapultava nel passato senza lasciarle neanche la possibilità di potersi tirare indietro davanti a dei ricordi così dolorosi.

I biglietti, l’anello, il tatuaggio, la bustina, il blu, il maledetto blu le ricordavano sempre più quegli occhi che ora lei sentiva così distanti.

Nel ripercorrere le varie tappe del viaggio la sua mente si soffermò su un particolare momento trascorso in aereo quando erano sedute l’una accanto all’altra: Clelia le fece ascoltare una canzone che poi sarebbe diventata la colonna sonora di quel viaggio e di quell’amicizia per tutti i ricordi che racchiudevano in sé quelle parole.

Prese a canticchiarla:

“…And I don’t want the world to see me

cause I don’t think they’ll understand me,

I just want you to know who I am…”***


Non riusciva a ricordare altro di quella canzone se non quelle due frasi che meglio d’ogni altra in ogni caso descrivevano la potenza immortale della loro amicizia.

Avrebbero dato l'una per l'altra tutto ciò che era in loro possesso perché finalmente si erano trovate; dopo anni di liceo in cui entrambe non erano state capite dalla massa finalmente all’università si erano trovate, entrambe con le stesse passioni, entrambe con gli stessi interessi.

Cantava e piangeva Lorena perché come ricordava i particolari del volo ricordava i particolari dell’inverno successivo al viaggio.

Neanche ora che le lacrime scendevano giù bagnando quella bustina un tempo blu riusciva a farsene una ragione.

Continuò a piangere e a disegnare con un legnetto sulla sabbia le loro iniziali, ma le onde si ostinavano a cancellare la C e a deformare la L senza, però, rimuoverla del tutto.

Si voltò indietro con un gesto di stizza nei confronti del suo Rahl; le foto e tutti i ricordi erano spariti, il vento li aveva portati con sé senza che lei avesse potuto opporsi.

Neanche il blu o i rubli potevano ormai ricordarle Clelia; doveva fare affidamento solo sulla sua memoria e per renderla immortale rispetto al suo corpo, che ormai pativa l’andare del tempo, incise la C e la L sul muro che costeggiava la spiaggetta e lo ricoprì con della sabbia bagnata.

Quel muro in quel punto si colorò di blu lasciando intravedere i contorni delle due iniziali. Nessuno mai seppe dare una spiegazione a tutto ciò.


Forse un giorno scopriremo
Che non ci siamo mai perduti…
E che tutta questa tristezza in realtà ,
Non è mai esistita!” ****


* : “Nel cuor, nell'anima – Lucio Battisti – 1969”

** : “A braccia aperte – Renato Zero – 2003”

*** : “Iris – Goo goo dools”

**** : “I migliori anni della nostra vita – Renato Zero”



  
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