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Autore: EvrenAll    09/11/2013    1 recensioni
Perchè a volte bastano solo poche parole e qualche nota per farti sentire a casa.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Di poche parole-

 

Girai la chiave nella toppa e dopo aver sentito lo scatto della serratura aprii la porta. Entrai in casa chiudendola alle mie spalle ed appoggiai a terra la borsa.

Il silenzio era l'unico rumore che si percepiva.

Silenzio che si increspò improvvisamente, come la superficie di uno specchio d'acqua colpito da un sasso o semplicemente da una foglia scivolata da un albero, al suono del pianoforte dove lui aveva iniziato a premere i tasti bianchi e neri. Se mi fossi avvicinata avrei sentito anche quello del suo respiro profondo.

Guardai verso il soffitto ed iniziai a salire le scale, fino a quando riuscii ad affacciarmi allo studio.

Aveva gli occhi socchiusi, rapito dallo stesso suono che stava creando e muoveva ogni parte del corpo fluidamente, seguendo il ritmo, lento e penetrante.

Feci un passo e poi un altro ancora all'interno della stanza, ben consapevole del fatto che non si sarebbe accorto di me fino a quando non avesse finito.

Ma lui non avrebbe mai finito perchè lui stesso era musica: arte, suono e movimento portati ad essere un corpo grazie a chissà quale magia.

Solo corpo, perchè vita lo erano già.

Quando un' idea, un' impressione, un' emozione, prende forza fino al punto da sembrare reale c'è il rischio che lo diventi sul serio.

E in questo modo lui era apparso dal nulla, presentandosi davanti alla mia porta senza niente in mano, come se mi conoscesse da una vita.

Come se lo conoscessi da una vita.

Mi aveva salutato, l'avevo fatto entrare, avevamo iniziato a parlare davanti ad una tazza di cioccolata calda mentre fuori continuava a piovere a dirotto.

E non se n'era più andato, come un gatto selvatico e affamato quando trova qualcuno che gli da del cibo e del calore.

E non l'avevo più lasciato andare via, perchè anch'io cercavo qualcuno che mi scaldasse.

Mi appoggiai di fianco al piano per godere della sua espressione persa, per farmi travolgere dal suono e dalle sue emozioni che sembravano traboccare, non riuscendo ad essere contenute in lui: un giovane alto e fragile che stava suonando un Notturno di Chopin.

Appoggiò l'ultimo accordo e mentre il suono continuava ad espandersi, sospeso nell'aria, aprì gli occhi trovando subito i miei ad accoglierli.

Mi accarezzò con lo sguardo e sorrise piegando appena le labbra.

-Bentornata-

  
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