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Autore: Sussurri    09/11/2013    2 recensioni
« Presto, presto! » urlò la regina del Clan del Cervo, stringendosi al petto il figlio che piangeva disperato, spalancando la minuscola bocca. Fece salire il bambino sul carro, che prese posto accanto ad una bambina dai lunghi boccoli biondi e ad un bambino dai riccioli neri e gli occhi color nocciola. Tutti avevano sul polso destro un simbolo inciso nella pelle.
«Alfred, abbi cura di loro » mormorò il re del Clan della Lontra, accarezzando la testa della bambina, con tenerezza. Il cocchiere annuì, sfoggiando un sorriso sdentato: «Non se preoccupi, sire! » esclamò.
Il re del Clan dell’Aquila si avvicinò al figlio. Il volto cupo:
«Figlio mio, sta attento »
«E’ una promessa quella che vi faccio padre » mormorò il bimbo, assumendo una postura troppo regale per un bambino di dieci anni «Un giorno, tutti conosceranno il mio nome e vi renderò fiero. Renderò fiero l’intero Clan dell’Aquila ». Il padre sorrise, un sorriso caldo che riservava a pochissimi.
«Dov’è Idhel?! » gridò improvvisamente la regina del Clan del Cervo.
L’avevano dimenticata.
Dimenticata nel castello.
Avevano dimenticato il Clan della Fenice, e non solo loro.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

« Presto, presto! » urlò la regina del Clan del Cervo, stringendosi al petto il figlio che piangeva disperato, spalancando la minuscola bocca. Fece salire il bambino sul carro, che prese posto accanto ad una bambina dai lunghi boccoli biondi e ad un bambino dai riccioli neri e gli occhi color nocciola. Tutti avevano sul polso destro un simbolo inciso nella pelle.
«Alfred, abbi cura di loro » mormorò il re del Clan della Lontra, accarezzando la testa della bambina, con tenerezza. Il cocchiere annuì, sfoggiando un sorriso sdentato: «Non se preoccupi, sire! » esclamò.
Il re del Clan dell’Aquila si avvicinò al figlio. Il volto cupo:
«Figlio mia, sta attento »
«E’ una promessa quella che vi faccio padre » mormorò il bimbo, assumendo una postura troppo regale per un bambino di dieci anni «Un giorno, tutti conosceranno il mio nome e vi renderò fiero. Renderò fiero l’intero Clan dell’Aquila ». Il padre sorrise, un sorriso caldo che riservava a pochissimi.
«Dov’è Idhel?! » gridò improvvisamente la regina del Clan del Cervo.
L’avevano dimenticata.
Dimenticata nel castello.
Avevano dimenticato il Clan della Fenice, e non solo loro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La brina copriva i rami degli alberi. I cespugli di rose avevano le foglie avvizzite e scure. Idhel era immobile sul limite della foresta. Poteva vedere il vapore del proprio respiro. Nuvole dense, che si spandevano davanti al suo viso prima di dissolversi nella fredda aria mattutina. Aveva le mani intorpidite. Non era preoccupata per i nemici che si avvicinavano, non aveva paura.
Dentro, lei era già morta.
I suoi pensieri tornarono al giorno in cui la regina Elieen aveva invaso Khandrar. Aveva ingannato suo padre, fingendo di essere stata catturata dai seguaci di Ahab, il re delle terre oscure.
Ma in realtà, lei faceva parte di quel regno.
Si erano sposati, durante la prima eclissi dopo cento anni, quando la barriera che difendeva il regno dai territori maligni era più debole, e poi lei l’aveva pugnalato.
Dritto al petto.
 
 
 
 
Eileen aspettava, paziente, sul retro della cattedrale. Da dietro le porte, poteva sentire il rumore della folla che prendeva posto tra i banchi.
Si era dipinta le labbra di un intenso rosso sangue, ed il vestito le era stato allacciato così stretto che poteva a malapena respirare. Una smorfia lieve le increspava il volto, incipriato a puntino.
« Eileen, posso metterti il velo? » sussurrò una vocina. La donna si voltò e vide Idhel che la osservava dalla soglia. Stringeva tra le mani il lungo velo di seta bianca, ed una coroncina d'argento.
Con un rapido scatto del polso, le fece segno di avvicinarsi. La piccola avanzò e, dopo che Eileen si fu chinata verso di lei, le posizionò il velo sulla testa.
« Grazie Idhel » la ringraziò teneramente. La donna sfiorò le gote della bambina, immacolate, simili a porcellana.
La piccola la guardava con occhi innocenti, ingenui. Le accarezzò la testa, studiandosi allo specchio.
Era perfetta.
In quel momento, sentì l'orchestra suonare le prime note della marcia nuziale. Presto avrebbe percorso la navata, presto avrebbe completato il suo piano.
 
E con quello, anche l’ultimo Clan era stato distrutto.
Dopo quello del Cervo, dell’Aquila e della Lontra.
 
Era scappata.
L’unica superstite del Clan della Fenice era scappata, da quella cella buia e sporca in cui era stata rinchiusa per ben otto anni.
Elieen, quella che doveva essere la sua matrigna, si era rivelata un'alleata di Ahab. Lei era la regina dei Ghiacci, quella che da anni portava il regno a subire un inverno lungo e doloroso. Lei era la causa dei problemi di Khandrar. Suo padre l’aveva trovata rannicchiata in una radura, fuori dai confini magici. Fuori da Khandrar, l’impero. L’unico luogo sicuro.
Respirò a fondo, riempiendosi d’aria gelida i polmoni. Guardò il proprio polso destro, accarezzando con l’indice la cicatrice a forma di stella. Quella che fino a quel momento l’aveva protetta dalla magia della matrigna.
Quella che le aveva inciso sua madre, sul letto di morte.
Aveva cinque anni quando sua madre aveva lasciato lei e suo padre, il re del Clan della Fenice.
 
 
La regina del Clan della Fenice si chinò verso la figlia, sfiorandole i capelli scuri con le dita:
« Piccola mia, mamma deve affrontare un lungo viaggio » sussurrava, distesa sul letto. Le dita sottili bianche come il latte indicarono il cuore della ragazzina.
« Idhel, promettimi che qualunque cosa succeda, continuerai a volermi bene. Promettimelo. »
Lei aveva annuito, senza sapere perché.
Lunghi lacrimoni le scivolavano lungo le guance rosee. Improvvisamente la madre le aveva stretto il polso e, tirato fuori da sotto il cuscino un pugnale d’argento, le incise il polso,seguendo il disegno di una stella.
Poi aveva sussurrato qualcosa in una lingua a lei prima sconosciuta e la ferita si era rimarginata in pochissimo tempo, lasciando al suo posto lunghe linee bianche.
« Questa è la tua unica salvezza figlia mia, questa è la mia benedizione, il mio dono. Con questo saremo legate per sempre. Fanne buon uso.  »
Poi le aveva baciato la fronte e aveva chiuso gli occhi, per sempre.
 
« Eccola! Prendiamola! » sentì.
I soldati l’avevano raggiunta.
Si voltò, terrorizzata. Erano tre, tre soldati completamente rivestiti con l’armatura speciale della regina.
Quella che proteggeva da qualsiasi magia. L’unica parte vulnerabile, erano gli  occhi.
Idhel prese a correre, inoltrandosi nella foresta, zigzagando tra gli alberi.
Continuava a girarsi, per controllare la distanza fra lei ed i soldati. Gli zoccoli dei cavalli sollevavano polvere che le arrivava al naso, facendola starnutire e agli occhi che le si annebbiarono immediatamente. I rovi le si attorcigliavano alle caviglie, ferendola.
Ma non si fermava.
Uno dei tre soldati le lanciò un pugnale, dritto alla testa. Idhel si lanciò a terra, schivandolo. Rotolò sull’erba, urlando, troppo spaventata per reagire.
Una roccia fermò la sua corsa. Coperta di fango dalla testa fino alla punta dei piedi, si alzò, dolorante. Tossì e vomitò.
Quando ebbe finito, si guardò alle spalle.
I tre la osservavano dalla collinetta dalla quale era rotolata. Afferrarono l’arco ed incoccarono una freccia.
Si scostò un capello scuro ed unto dalla fronte. Estrasse un pugnale dalla cintura, s’incise il palmo della mano e lasciò cadere alcune gocce di sangue sul terreno. Ne fuoriuscì un bocciolo scuro, che crebbe in pochi secondi fino a raggiungere le dimensioni di un cavallo.
Ne uscì appunto uno di questi, dal manto nero e gli occhi rossi, come il suo sangue.
Salì in groppa, appena in tempo. Si accorse solo dopo, che il braccio sinistro era rotto e che sulla guancia destra regnava un taglio poco profondo, ma comunque sanguinante.
Intimò il cavallo a correre più veloce. Imprecò quando vide i soldati correrle dietro. La foresta andava sempre di più a rimpicciolirsi, fino a che l’erba non divenne sabbia e alle orecchie di Idhel non giunse il rumore delle onde che s’infrangevano sulla riva.
Guardò l’acqua, poi i soldati, a pochi metri da lei. Sussurrò con dolcezza qualche parola magica al cavallo che cambiò rotta, dirigendosi verso il mare.
La giovane, dai capelli corvini e gli occhi ambrati scomparve sotto l’acqua.
  
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