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Autore: PoisonQueen    09/11/2013    0 recensioni
''«Un messaggio. Un messaggio inviato a mezzanotte e letto solo la mattina seguente. Un messaggio che quella mattina le era pesato, come un muro che le si sgretolava addosso. »
Irene, adolescente simile a tutte le altre, introspettiva più delle altre.''
E' una storia che ho cominciato nel lontano 2011, ma che mai ho avuto il coraggio di pubblicare.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III
La stanza  era buia, ma lei la conosceva bene. Quelle pareti con qualche poster degli Aerosmith e dei Led Zeppelin, la chitarra posata malamente ai piedi del letto e dentro quelle coperte il suo amato Marco che, come sempre, dormiva senza maglietta. Il leggero raggio di sole che attraversava le persiane e batteva sul suo braccio nudo gli dava un qualcosa di veramente dolce. Irene si avvicinò piano. La poca luce che c’era nella stanza le permetteva di vedere il suo viso. Era troppo tentata di prenderlo fra le mani e baciarlo come aveva sempre fatto, sentì come se tutte le forze della terra le comprimessero i muscoli della pancia. Si girò e fece pochi passi verso la porta quando urtò qualcosa per terra che fece rumore…
-Aspetta…- Sentì alle sue spalle. –Maledizione!- pensò, cercando di contenere le lacrime. Si girò; lui era seduto sul letto coi capelli arruffati e l’aria di uno che ha dormito poco.
-Scusa, non…non volevo svegliati…cioè…me ne vado. Sì…- e si girò di nuovo.
-Aspetta, come mai sei qui?- Disse lui freddamente. –Nulla…-
-Mi dispiace.- Lei si girò di scatto, avendo ancora la mano sulla maniglia della porta. –Come, scusa?-
-…Mi dispiace. Non sono stato corretto, avrei dovuto parlartene.- Detto questo Marco si girò, non voleva più guardarla in faccia, sapeva che la situazione stava distruggendo la sua amata Irene, ma si era messo un’idea in testa e non sapeva come disfarsene. Sapeva che stava sbagliando, ma era stato così fortemente condizionato che non poteva tornare indietro.
-Ok, forse è meglio se me ne vado.-
-Per favore resta, penso …dobbiamo parlarne.-
-Ma di cosa dobbiamo parlare?- Iniziò con voce stridula, -Mi hai lasciata nel peggiore dei modi, con un messaggio, senza spiegazioni. E’ ovvio che non ti importa di me, sarebbe stato solo giusto che me lo dicessi in tempo, magari avremmo rimediato.-
-Non fare così. Voglio spiegarti. E’ una cosa che penso da un po’…-
-Vedi? Potevi parlarmene!- Lo interruppe.
-Fammi finire! …è una cosa che penso da un po’, non provo più lo stesso per te. Vorrei restarti amico però. Sei una persona molto importante per me, perderti mi farebbe morire.-
-Allora hai scelto da solo di morire,- gli rispose con tono sarcastico stavolta dovendo contenere la rabbia -non sono stata io a lasciarti, non sarò nemmeno io una tua amica. Non voglio avere più a che fare con te. Avresti dovuto dirmelo in qualsiasi altro modo, ma non con un messaggio. Cazzo, ci vediamo ogni giorno a scuola, passiamo buona parte dei nostri pomeriggi insieme, siamo stati insieme abbastanza da poter dire che ci “conosciamo” a fondo, questa (almeno per me) non era una storiella di poco conto e le storielle di poco conto non si chiudono così, ma ascolta, se proprio nonostante tutto questo non te la sentivi potevi chiamarmi.- Si girò e se ne andò, stavolta veramente. Uscì dalla stanza sbattendo la porta e sentendo dietro di sé lui che le diceva di aspettare. Salutò la madre del ragazzo come se niente fosse e uscì dalla casa.
Inviò un messaggio a Carla “devo parlarti”, uno di quei messaggi che fanno pensare a tutte le malefatte di una vita. Nemmeno il tempo di posare il telefono nella tasca che ecco la risposta “da te o da me?”, questo era quello che le piaceva della sua amica, ovunque fosse era sempre disponibile per lei, solo per lei.
Andò a casa sua senza risponderle, normalmente facevano così, era come un loro codice.
Salì con l’ascensore, 6° piano, portone a destra. Lei l’aspettava dietro la porta.
  
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