Capitolo
III
Nessuno dei due si
pentì, comunque, dell’accaduto, tanto che
quel loro particolare incontro non fu che il primo di una lunga serie. Il loro
‘fare sesso’ portò, infatti, alla risoluzione di non pochi
di quei problemi senza i quali, molto probabilmente, tutto ciò non
sarebbe mai accaduto: in primo luogo quell’attività era
l’unica per mezzo della quale Greg e Sofia potessero
scaricare la tensione senza dare troppo nell’occhio o rischiare di
mettere a repentaglio l’indagine e inoltre, l’essersi portato a
letto Sofia, identificava questa,
davanti a tutti gli altri maschi del ‘branco’, come
‘sua’ e per questo intoccabile. Come un cane randagio che difende
la sua zona di caccia, anche Jake avrebbe difeso Kimberly con le unghie e con i
denti, anche a costo di rimetterci di persona.
I loro corpi cominciarono
dunque a conoscersi meglio di quanto non avessero mai fatto fino ad allora, ma pian piano, orgasmo dopo orgasmo, il loro
rapporto, pur non perdendo niente della carnalità iniziale che
l’aveva contraddistinto da tutti quelli che avevano impegnato sia Greg
che Sofia, cominciò a tingersi, se così si può dire, di
sentimenti nuovi, strani che già, prima di allora, avevano provato
entrambi, anche se non in maniera così forte, così maledettamente
coinvolgente.
C’era in Greg, anche
al di fuori del suo modo di fare sesso, qualcosa a cui
Sofia non poteva resistere.
C’era in Sofia, anche
al di fuori del suo modo di fare sesso, qualcosa a cui
Greg non poteva resistere.
Nella situazione in cui si
trovavano, tuttavia, nessuno dei due osò, neppure per celia, dare la colpa di queste nuove e straordinarie sensazioni a
quel sentimento così scomodo, ma al tempo stesso meraviglioso, che
è l’amore; riusciva troppo bene ad entrambi, infatti, accusare la
tensione come unica e sola causa scatenante di quello che i due, in silenzio,
non potendone fare parola con nessuno, dovevano sopportare. Il loro rapporto,
quindi, andò avanti così, lasciando libera la carne e
imprigionata l’anima, ribollente di sentimenti che entrambi tentavano
volutamente, pur non riuscendoci, di ignorare. In fondo il loro voler negare la
realtà dei fatti, la loro straordinaria testardaggine nel non voler
chiarire la situazione avrebbe potuto concepirsi da chiunque in maniera
abbastanza facile: avevano paura.
Paura di ricascare in quella
trappola senza via d’uscita che sono i
sentimenti e d’ingannarsi ancora, ancora e ancora una volta credendo che
l’altro li corrisponda. Paura di soffrire.
Avevano già assaggiato
l’amore, o comunque un suo surrogato, qualcosa
che gli era parso somigliargli parecchio, e ne erano rimasti entrambi scottati,
lui con la dolce Sara, lei con l’adorabile Grissom.
L’amore portava -come
ha sempre fatto, come fa e come sempre farà - un sacco di casini per
coloro che lo provano, mentre il sesso -se, ovviamente, consensuale e fatto con
la persona giusta- No. Il sesso si era mostrato con
loro, almeno all’inizio, come un piacevole diversivo per entrambi e per
entrambi, poi, era finito per diventare una droga, uno stupefacente del quale
nessuno dei due avrebbe potuto fare a meno.
E
si sa che le droghe hanno sul corpo e sulla mente umana dei gravissimi effetti
collaterali.
Ebbene,
il loro gravissimo effetto collaterale era stato l’amore.
Non vi fu, comunque, un attimo di tempo per pensare a tutto ciò,
né Greg e Sofia avevano cercato di trovarne, in quanto, finchè il
sesso rimaneva semplice sesso, senza implicazioni sentimentali di sorta, non ci
sarebbe stato il pericolo di future
sofferenze e rimpianti. In fondo erano due persone adulte e consenzienti,
completamente coscienti di quello che facevano, non avevano dunque da rimproverarsi
nulla, se non lo schiavismo che loro stessi imponevano ai propri sentimenti.
Oltre al tempo, poi, non vi fu neppure l’occasione per i due di ragionare
sull’accaduto, in quanto Greg, dopo avere incontrato Grissom di nascosto
da John e da tutti gli altri -Gill si era travestito
da prete e Greg, inginocchiatosi sul legno duro del confessorio,
nell’ombra ben poco rassicurante di una chiesa, gli aveva confessato le
ultime notizie raccolte da infiltrato per poi ricevere un sarcastico ‘Ego
te absolvo’ ed un ‘grazie’ appena
sussurrato - aveva riferito a Sofia che la terza parte della loro missione, ormai, era
volta al termine, che avevano raccolto prove a sufficienza da sbattere al
fresco almeno metà della criminalità organizzata di Las Vegas.
Ora, però, il
discorso cominciava a farsi seriamente complicato.
Arrestare un membro
criminale dopo l’altro sarebbe stata indubbiamente una mossa stupida
quanto inutile che sarebbe andata, inoltre, a risvegliare e a fomentare le
voci, da diverso tempo sopite, della presenza di alcuni
poliziotti sottocopertura, mentre catturarli tutti in una sola volta sembrava
una cosa impossibile, un’utopia. Accade, però, -o si trova comunque lo stratagemma, anche se con un po’ di
fatica, di fare in modo che ciò avvenga- forse non di raro, che i sogni
e le utopie diventino realtà possibili, concrete e, soprattutto,
attuabili.
Durante la sua confessione
Greg aveva chiesto al suo capo, dopo avergli snocciolato tutte le informazioni,
come andasse la vita là fuori, nel mondo
‘civile’.
“Come al solito...” gli aveva
risposto Gill in un sospiro rassegnato “ ora come
ora ho per le mani un caso abbastanza delicato...”
“Ovvero?”
gli aveva domandato Greg in vena di chiacchiere e Grissom, abbassando
ulteriormente il tono della voce gli aveva confidato la natura della sua
indagine.
“Si tratta di un paio
di minorenni, due ragazzini rispettivamente di tredici e quattordici anni che
hanno subito violenze sessuali ripetute...” a quelle parole Greg aveva emesso una specie di grugnito e
Grissom aveva potuto intravedere dalla retina metallica traforata che separava
i loro volti, un’espressione di disgusto dipingersi sul volto del ragazzo.
“Mio Dio...” l’aveva sentito sussurrare poi con un tono di voce che
non nascondeva -né ci teneva a farlo- un odio smisurato per chi aveva
osato rubare la purezza e l’innocenza a due bambini “si sa chi
è il bastardo?”
“Crediamo sia il prete
della chiesa in cui vanno sempre di domenica con le loro famiglie e nella quale
fanno i chierichetti...” gli
aveva spiegato Grissom e lo stomaco di Greg aveva fatto un’altra capriola
per il disgusto e per la mancanza di scrupoli che certe persone dovrebbero avere, invece, più di altre.
Poi qualcosa di geniale,
un’idea fantastica si era materializzata nel suo cervello addestrato
ormai da quasi due anni a trovar espedienti e soluzioni alle circostanze
più critiche e fattosi prestare tutti i soldi che
Grissom aveva con sé era passato in una gioielleria per poi tornare nel
covo di John con un anello di diamanti ed un piano infallibile in testa che si
basava, principalmente, su di una sola domanda.
“Kimberly, vuoi
sposarmi?” aveva chiesto a Sofia, davanti a tutti e
lei, ovviamente informata, aveva si era finta sorpresa per poi dare la
risposta tanto desiderata.
“Si, Jake, lo
voglio.”
E
adesso eccoli lì, davanti a loro c’è un prete pedofilo,
dietro i massimi esponenti del crimine organizzato i
Las Vegas e fuori della chiesa un manipolo di poliziotti pronti ad entrare in
azione, tutti ben bardati ed equipaggiati di giubbotti antiproiettile, mitra e
lacrimogeni.
Il
sacerdote sta ormai per terminare il suo lungo sermone, quand’ecco che
Sofia, con la bravura dell’attrice che è diventata in questi due
interminabili anni passati sottocopertura, tentenna fingendo uno svenimento,
per poi lasciarsi cadere tra le braccia forti e pronte di Greg. tutti i presenti, invitati da John -che ha voluto fare del
loro matrimonio anche il loro grande debutto nella vera criminalità del
Nevada- si alzano in piedi curiosi di sapere cos’è successo alla
sposa, ma non fanno in tempo ad accalcarsi intorno all’altare che, al di
fuori dell’edificio, risuona forte un colpo di pistola che con il suo
riecheggiare spaventoso spegne il brusio creato dal finto, ma indubbiamente
credibile, mancamento di Sofia, o meglio, in questo caso, di Kimberly.
Ed
è un secondo: mentre tutti si voltano verso la porta della chiesa, Greg,
con un mossa alquanto repentina e decisamente dettata
dall’istinto, prende in braccio Sofia, come se questa fosse una sposa
vera e propria, giacché correre con i tacchi -o almeno così gli
viene subito spontaneo da pensare- non è certo la cosa più
semplice di questo mondo e letteralmente vola verso la sacrestia, la cui porta
di pesante legno massello si apre un secondo prima che entrino per poi
chiudersi subito dopo alle loro spalle, grazie alla prontezza di riflessi di
Nick.
“State
giù!” ordina Grissom alla sua squadra finalmente riunita che subito
esegue l’ordine, ma Greg non si sdraia a terra
come fanno gli altri perché riesce, addirittura, ad inciampare nei suoi
stesi piedi, finendo così disteso lungo sul pavimento sopra Sofia, che
protetta dalle braccia di lui non si fa alcun male.
Poi
un confondersi di spari, tonfi, urla, imprecazioni e bestemmie, un caos tale da
far accapponare la pelle e chiudere gli occhi per lo spavento, almeno
fintantoché le acque non si calmano ed il silenzio non torna sovrano del
luogo.
“A...alzati
Greg...” mormora Sofia in un soffio al ragazzo;
solo ora -molto probabilmente a causa della tensione precedente che pareva
dovesse ucciderlo- lui si accorge che, con la caduta, il suo volto è
sprofondato tra i seni di lei, cosa che ad entrambi ricorda le piacevoli notti
trascorse in reciproca compagnia e mentre gli altri non riescono a trattenere
le risate un lieve rossore s’impadronisce dei volti di Greg e Sofia.
“Scusa...”
le risponde lui dopo un attimo d’esitazione
dovuto all’imbarazzo, aiutandola, però, prontamente a rialzarsi.
“No,
figurati...” fa lei, mentre Grissom e gli altri
si meravigliano non poco dell’accondiscendenza di lei -si aspettavano,
infatti, una scenata, da parte di Sofia, tipo wrestling-, ma quelle loro
movenze l’uno nei confronti dell’altra, quel loro modo di parlarsi,
quella forte intimità che pare esserci in ogni loro piccolo gesto e che
da ogni loro piccolo gesto traspare con una certa evidenza li confondono non
poco “E poi non lo hai fatto apposta...” chiarisce
infine lei e lui sorride, o meglio ghigna malizioso, e avvicinando le proprie
labbra al suo orecchio le mormora qualcosa che gli altri non possono udire, ma
di cui possono facilmente intuire la natura, dato il pudore che nuovamente le
tinge le guance di un tenue rosso, facendola sorridere.
“Non
ti dispiaceva neanche quando lo facevo apposta, se
è per questo...” lei sente il respiro caldo di lui sul proprio collo e
rabbrividisce, mentre la voglia di averlo in sé le cresce dentro come
una fame insaziabile. In momenti del genere più che mai le è molto difficile controllarsi, ma deve assolutamente
mantenere la calma, non può di certo sbatterlo al muro e dare sfogo alle
proprie fantasie di fronte a tutti gli altri.
“E così la nostra missione è finita, he?- fa
lei indecisa se porre una domanda o affermare un fatto certo.
“Da
come l’hai detto quasi che ti dispiaccia...”
le fa notare Greg, che in realtà ha il cervello
affollato dai suoi stessi dubbi, dalle sue stesse paure. Soffrire è
certamente terribile, ma convivere con un tale rimpianto è sicuramente
peggio, non vi pare?
“Una
volta qualcuno mi disse che la sofferenza più
grande per l’uomo è la paura stessa che esso ha di
soffrire...” inventa lei sul momento, nel
disperato tentativo che lui capisca, che abbia abbastanza coraggio da gettarsi
nell’insicurezza di un implicazione sentimentale troppo a lungo schivata
e fuggita. Greg tace fissando le sue iridi castane sul pavimento, come incapace
di aprire bocca, allora lei, delusa, fa per andarsene, quando sente, per la
seconda volta nella giornata, le braccia di lui
cingerli i fianchi e stringerla.
“E se io ti chiedessi di sposarmi davvero? Che cosa faresti in quel
caso?” le chiede lui e lei sorride in quel modo dolce, vero e sincero che
sa scioglierlo e renderlo felice come poche altre cose al mondo.
“Correrei il
rischio...”
Fine.