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Autore: sweetmiki    23/04/2008    0 recensioni
Ecco a voi la mia prima Fan fiction, spero che vi piaccia -^^-
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi incamminai barcollando leggermente verso casa. Che diamine era successo? Quel grosso signore mi stava per tirare sotto con il suo camion ma come avevo fatto a non essere spappolata? Mi ero ritrovata dall’altra parte della strada ma il furgone non mi aveva toccata, e quel gran bel ragazzo chi era? Ero sicura di non averlo visto mentre attraversavo, e non era neanche sull’autobus, me ne sarei accorta. Probabilmente mi stavo facendo troppe domande ma i conti non tornavano. Persa nei miei pensieri non mi accorsi di essere già arrivata sulla porta di casa. Suonai il citofono ed entrai, mia madre appena mi vide sbiancò,
< che cosa hai fatto? Hai i jeans rotti e la maglia sporca di sangue! > non mi ero neanche accorta di essermi tagliata il gomito sfregando sull’asfalto
< merda! I miei pantaloni preferiti. Ahi brucia! > dissi massaggiandomi la ferita,
< ma che ti è successo Elizabeth? >. Che palle solo i miei genitori mi chiamavano ancora così,
< niente mamma stavo camminando, non ho visto una buca e ho inciampato >, non potevo mica dirle che stavo per morire non mi avrebbe più fatta uscire di casa fino a 40 anni. Andai di fretta in bagno al piano di sopra e mi disinfettai il braccio. Appoggiai il flacone sul lavandino e guardai la mia immagine riflessa nello specchio,
< oddio che orrore! > i miei lunghi capelli castano scuri erano tutti annodati, il mio viso di solito pallido era sporco di terra e sangue. Optai quindi per farmi una doccia. L’acqua calda mi aiutò a rilassare i muscoli e a distendere i nervi, nella mia testa c’era solo il suono regolare delle gocce che cadevano sul tappetino. Dopo una decina di minuti uscii, mi asciugai per bene, presi la crema corpo che preferivo e mentre spalmavo ripensavo all’incidente. O meglio al superfusto. Ero sicura di non averlo mai visto, una bellezza del genere non la si scorda facilmente, cosa ci faceva lì, ma soprattutto perché mi aveva salvata? Domande che probabilmente non avrebbero avuto risposta.
< Elizabeeeeeeeeeeeeeeeeth, è prontooooooooooooooooooooooooooo! > la voce di mia mamma mi riportò alla realtà, infilai i pantaloni della tuta, una maglietta a maniche lunghe e scesi per il pranzo. Mangiai avidamente la mia porzione di riso freddo, presi il telefono e mi chiusi in camera, volevo chiamare Lis ma non sapevo se dirle quello che era successo, mi avrebbe presa in giro per tutta la vita. Composi il numero ma appena sentii la voce di sua madre rispondere senza motivo riattaccai. Cosa mai potevo dirle? Non ero sicura neanche io di ciò che mi era capitato. Aprii la mia cartella e presi il libro di filosofia, non avevo la minima voglia di studiare visto e considerato che la professoressa quella mattina ci aveva detto di non sentirsi bene e che il giorno dopo quasi sicuramente non sarebbe venuta, lo appoggiai sulla scrivania e mi lasciai cadere sul letto. Adoravo la mia camera era il nascondiglio che preferivo in assoluto insieme alla panchina nascosta dai cespugli nel parco. L’avevo sistemata a mio gusto, la cosa che mi piaceva di più era il grande letto a baldacchino della mia bisnonna, gli avevo fatto mettere delle tende di raso rosa con dei grossi fiocchi per rimborsarle, avevo comprato due grossi cuscini dello stesso colore con le frange e dei cuoricini ricamati come il copriletto. Anche il puff era rosa, soffice e tutto peloso, la stanza non era molto grande, le pareti erano più sobrie, bianche con una striscia di carta da parati tassativamente rosa nel mezzo, sotto la finestra c’era la scrivania con il mio computer portatile, accanto un mobiletto per i libri e le cianfrusaglie mentre l’altra parete era occupata da un grande armadio color legno chiaro. Mi avvicinai alla piccola libreria, presi uno dei miei libri preferiti, Macbeth, indossai la felpa e uscii di casa. Ovviamente ero diretta alla mia panchina nel parco, era un luogo sconosciuto a tutti i ragazzi del paesino di Busseto, ben nascosta dagli alberi e al riparo da inutili sguardi. Mi feci spazio tra i cespugli controllando prima di non essere vista da nessuno, mi sedetti tranquilla, quel posto trasmetteva una tranquillità infinita, si sentivano solo i canti degli uccelli e il rumore del vento tra le foglie degli abeti. Inspirai a pieni polmoni quella brezza leggera e inizia a leggere anche se lo sapevo a memoria ormai quel libro. La mia attenzione fu distolta da un rumore che proveniva dalle mie spalle, mi girai di scatto e vidi l’ultima cosa che potessi immaginare.

  
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