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Autore: magic mellah    10/11/2013    4 recensioni
Scritta con _Met_ | presenza di due nostri OC | horror | yaoi
Mamoru/Touko | Reina/Hiroto | Shuuya/Shirou | Kidou/Fudou | Mahai/Atsuya |
Tredici ragazzi affittano una casa per una settimana, dove dieci anni prima si era svolto un omicidio di massa.
I tredici incominciano a vedere fantasmi, pozze di sangue per terra, e scritte strane sui muri. E qualcuno verrà anche impossessato.
Tratto dal settimo capitolo:
Un palmo. O meglio, una mano. Il segno di una mano, tinta di rosso. Forse qualcuno che aveva bisogno di aiuto, molto probabilmente.
Era piccola. Sicuramente apparteneva ad una bambina.
Vi erano anche dei capelli neri, color pece, molto lunghi.
Genere: Horror, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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• capitolo nove.
 

 

Mi alzo dal letto con la consapevolezza che oramai sono solo. Affianco a me non c’è più un corpo caldo da stringere in un abbraccio ma un ammasso di lenzuola e coperte che non mi regaleranno mai il calore e l’amore che riusciva a darmi lui. Mi vesto e il mio sguardo cade per l’ennesima volta su quel letto disfatto. Un sospiro affranto e triste mi esce dalla bocca. Apro la porta con lentezza già sapendo che al piano di sotto tutti si sentono un po’ come me. Soli,abbandonati a sé stessi, tristi e forse anche un po’ disperati. Mi dirigo verso le scale e scruto i miei amici. Quasi tutti hanno degli evidenti cerchi sotto gli occhi. Sospiro affranto e penso che oramai il sonno e un privilegio che pochi tra noi possono concedersi. Scendo le scale e mi dirigo in cucina ed evito di guardare il pavimento, il corpo di Akio e sparito come gli altri, ma delle schegge di cristallo sono ancora sparse per terra. Silenziosamente prendo una tazza dal ripiano e mi verso del the con cui faccio colazione.
«Tutto a posto Kidou?» mi chiede una voce stanca ma che lascia trapelare una nota di preoccupazione nei miei confronti. Non mi serve voltarmi per capire che la domanda me la fatta Mahai. Penso che lei – oltre ad Haruya – riesce a capire il mio stato d’animo.
«Si, sto bene.» rispondo ma non c’è verità o sincerità nel mio tono. In realtà sto male, ma non voglio far preoccupare gli altri dicendogli davvero come sto. La perdita di Fudou è stato davvero un colpo troppo pesante per assorbirlo tutto in una volta sola.
«E Atsuya? Come sta?» le chiedo.
«Resta sempre nella sua camera, non lascia entrare nessuno e non parla con nessuno.» dice la ragazza in tono triste.
«Vedrai che si riprenderà.» a parlare è stata la Rie che le ha messo una mano sulla spalla. Il suo tono è rassicurante, quasi convincente ma non sufficiente a coprire il dolore.
Ritorno sui miei passi con la tazza ancora tra le mani. Mi siedo sul divano e inizio a giocherellare con il bordo della piccola tazza color cielo. Non so il motivo per cui lo sto facendo, forse sto solo aspettando di sentire un urlo disperato o un invocazione d’aiuto. Poggio la tazza sul tavolino e sprofondo sul divano sospirando.
«Ma come Kidou ti manco già?» mi chiede retorico una voce maschile.
Mi volto stranito da quella domanda e quando i miei occhi cremisi incontrano quelli ardesia di Akio per poco non faccio cadere la tazzina con cui avevo ripreso a giocare.
«A - Akio.» balbetto.
«Ciao Yuuto...» la sua voce è dolce, quasi tenera poche sono state le volte in cui ha usato quel tono con me.
«C-come è possibile?»
Akio sorride beffardo.
«Ti sto dando un opportunità Yuuto.» dice Akio con voce melliflua. Mi stupisco, non aveva mai usato un tono così dolce. Ma scuoto la testa ripetendomi che forse è un onore aver ricevuto questa visita.
«Per cosa?» chiedo.
«Per restare con me.» sorride lui.
Il mio sguardo è un misto d’incredulità e sorpresa.
«Come posso fare?» domando.
Ma il ragazzo non fa in tempo a parlare che vengo percosso e agitato come se fossi una bambola.
«Kidou?!?» grida una voce preoccupata.
«Kidou?!?» urla ancora la voce maschile.
Apro gli occhi e solo ora mi rendo conto che è stata tutta una fantasia del mio subconscio. Un sogno, uno scherzo di pessimo gusto che mi sono fatto da solo per spiegarmi. Metto a fuoco le persone che ho attorno è noto le sagome poco nitide di Hiroto,Nagumo,Suzuno e Momo. Un sorriso amaro dipinge il mio volto. Siamo rimasti in sei. Se penso che meno di qualche giorno fa eravamo in tredici.
«Che succede?» chiedo confuso.
«Stavi tremando e ti stavi contorcendo sul divano, gridavi il nome di Akio e pensavamo che fossi…» Hiroto non termina la frase non riuscendo a pronunciare quella parola.
«Posseduto.» interviene la Tsunami da in cima alle scale. Il suo volto e preoccupato ma c’è una piccola e fragile nota di buon umore che le dipinge gli occhi. La riccia – un po’ come tutti – è dimagrita molto, il volto prima sottile ora è scavato e sotto gli occhi ha due evidenti occhiaie segno che come molti di noi non riesce più a dormire
«No, non sei posseduto, disperato, ma non posseduto.» precisa la ragazza scendendo le scale con lentezza,come se ogni singolo movimento le costi uno sforzo incredibile.
«Molto rassicurante.» commenta ironico Haruya.
La ragazza emette un ringhio soffocato ma non ribatte.
Intanto mentre loro sono intenti a discutere nella mia testa risuona la voce di Akio insistente come un tamburo, suadente e melodiosa come una chitarra.
«Kidou… Kidou.» mi chiama lui, la sua voce è un sussurro distante che mi invita a seguirlo. Mi alzo dal divano sotto lo sguardo di tutti.
«Dove vai?» mi chiede dubbiosa la Rie.
«In camera.» rispondo. La mia voce è meccanica e inespressiva.
Se mi hanno detto qualcosa non lo saprò mai dato che mi sono avviato in camera senza ascoltare le voci dei miei amici. Apro la porta e me la richiudo alle spalle. Mi guardo allo specchio e affianco alla mia immagine c’è quella tremolante di Fudou.
«Ciao Kidou.» mi sussurra.
Mi volto per vedere se Akio e davvero affianco a me, ma con mia delusione capisco che posso vederlo solo attraverso lo specchio. Mi avvicino di più all’oggetto e metto una mano sopra la superficie liscia. Sul volto di Akio si increspa un piccolo sorriso e fa combaciare la mia mano con la mia.
«Come faccio a raggiungerti?» e l’unica cosa che riesco a dire.
«Soffitta,corda,cantina.» risponde lui. Poi il suo riflesso tremola per poi scomparire. Resto a bocca aperta e mi siedo sul letto. Rifletto al lungo su quelle tre semplici parole. Mi prendo il volto tra le mani e sospiro affranto non riuscendo a trovare una soluzione. Qualcuno bussa alla porta e io solevo il capo.
«Avanti.» riesco a dire con un filo di voce.
La porta si apre e sulla soglia c’è Hiroto.
«Tutto okay Kidou?» mi chiede.
Annuisco piano, ma si vede lontano un miglio che sto mentendo.
«Sicuro?» mi domanda sedendosi accanto a me sul letto..
Sospiro e scuoto il capo.
«Ti manca vero?» mi domanda retorico.
Annuisco piano.
«Ci pensi mai? A Reina intendo a come stia ora lassù.» gli chiedo.
Lui sospira triste e annuisce.
«Penso che ora stia molto meglio che qui.» mi risponde.
«E tu? Come pensi che stia Akio?» mi chiede.
«Credo stia bene.» dico.
Nella mia testa intanto le ultime tre parole di Akio mi rimbombano insistenti e fastidiose. Un sospiro affranto sfugge al mio controllo.
«Mi stai ascoltando?» mi chiede il rosso.
Vorrei annuire ma se lo facessi direi una bugia così mi limito a scuotere il capo.
«Vedrai che si sistemerà tutto.» mi dice alzandosi dal letto e dirigendosi in camera sua. Non lo seguo e continuo a pensare a quel complicato enigma. Così decido di analizzare gli indizi uno per uno.
Perciò mi dirigo in soffitta. E lì ricordo. Ricordo di aver visto una corda il giorno in cui mi nascosi qui con Fudou. Tra gli scatoloni trovo la corda e solo quando c’è l’ho tra le mani capisco. Capisco che per stare con Fudou devo morire. E il modo più veloce per farlo è impiccarmi. E solo ora capisco cosa centri la cantina. Quasi mai nessuno va lì. Quindi anche se m’impiccassi nessuno se ne accorgerebbe. Un sorriso amaro quando compiaciuto mi dipinge il volto.
Silenziosamente scendo al piano di sotto e lì noto Haruya, Momo e Fuusuke intenti a guardare un film d’azione. I primi due sono sul divano mentre il terzo e seduto a terra. Apro la porta della cantina e scendo le scale. Qui trovo un piccolo gancio appeso al soffitto e una sedia. Salgo sulla sedia e faccio un piccolo nodo e lo aggancio alla piccola sporgenza metallica. Poi faccio un cappio che mi faccio passare sopra la testa e che mi ricade poco sopra le spalle. Un sorriso mi dipinge il volto e prima di tirare un calcio alla sedia mi sembra quasi di vedere Akio che mi porge la mano. Poi la sedia cade con un tonfo e i miei occhi si chiudono per sempre.

 

~
 


Dieci anni prima.

Una famiglia felice ha affittato la casa per qualche giorno per le vacanze natalizie. Le luci accese donano un senso di affetto e calore alla casa. Due bambini si rincorrono per le stanze ridendo e scherzando.
«Ora ti prendo Alec – kun!» ride una bimba dai capelli neri e gli occhi ambra.
«Non c’è la farai mai Moriko – chan!» scherza il fratello gemello.
«Bambini venite a cena!» li chiama la madre sorridente.
«Arriviamo!» gridano in coro i due bimbi.
Veloci i bambini corrono in bagno e si lavano le manine e vanno a mangiare. Di notte però la bimba si sveglia per andare a bere, ma quando torna passa davanti alla camera dei genitori e i suoi occhi color ambra vedono davanti a sé uno spettacolo orribile. La mamma è stesa a terra in una pozza di sangue, gli occhi sbarrati fissano il nulla, le labbra si muovono in un ultimo avviso.
«Corri Moriko, corri.»
La bimba guarda spaesata e impaurita la scena davanti a se. Gli occhi li si gonfiano di lacrime ma obbedisce e corre a nascondersi nel bagno. La piccola si rannicchia contro la parete della doccia sperando che il padre non la trovi. Sa che è stato lui, nessun altro poteva uccidere la madre a parte lui. Un urlo soffocato le giunge alle orecchie e capisce che anche suo fratello gemello l’ha lasciata sola. La piccola trema ma si fa forza. Dalla tenda intravede il padre, in mano a un coltello che gronda ancora sangue.
«Moriko dai esci.» la chiama il padre.
«Non voglio farti male.» dice con voce dolce. L’uomo è sempre più vicino. Scosta la tenda e un ghigno si dipinge sul volto dell’uomo ed estrae il coltello. Moriko allora grida e cerca di scappare ma il padre l’afferra per i capelli, la bimba scalcia e si dimena riuscendo così a scappare. Dei fili corvini sono rimasti in mano al padre che li getta nello scolo della doccia.
La bambina allora corre in cantina e si nasconde nel freezer. La piccola ancora trema, un po’ per il freddo un po’ per la paura. Sente dei passi provenire dalle scale e allora si schiaccia ancora di più contro la parete del frigo, però sulla superficie ci sono dei vetri e la bimba si graffia una mano,cerca di fermare il sangue ma non sa nemmeno lei come. Poggia la piccola mano insanguinata e nota che ha lasciato le sue impronte, ma non fa in tempo a cancellarle che il coperchio si spalanca e il padre le sorride maligno. Lui le punta il coltello alla gola ma lei è furba e non si lascerà uccidere così facilmente. Si alza veloce e cerca di correre via ma il padre è più grande e più forte così riesce a fermarla prendendola per i fianchi. La prende in braccio e per un attimo Moriko ha l’illusione che il padre si sia risvegliato e che è tornato normale e vuole solo stringerla in un abbraccio. Ma presto si accorge che ha di nuovo sguainato il coltello è gli e lo sta puntando alla gola.
«Papà...» singhiozza la bimba.
«Perché papà?» ora la sua voce è un grido disperato.
«Papà svegliati!» grida la bambina
Le risposte non arriveranno mai da parte dell’uomo. La bimba non le sentirà mai. Ha già chiuso gli occhi ed è già stata avvolta dalle braccia della morte. Solo ora, solo in quel momento l’uomo è cosciente di ciò che ha fatto. Così prende il coltello ancora imbrattato di sangue e di netto si mozza la testa.


 

~
 


«Dobbiamo prendere delle scorte di acqua in cantina, dunque qualcuno di voi vada.» esclamò Rie, annoiata, guardando a uno a uno Mahai, Hiroto, Suzuno e Nagumo. Atsuya era in camera sua da qualche giorno, e invece nessuno sapeva dove era Kidou.
Hiroto si offrì volontario di andare in cantina, e lì ci fu ancora il panico più totale, come sempre.


 

~

 

«Atsuya...» mormorò Mahai, sapendo che comunque era sentita dal ragazzo con i capelli color salmone. Erano le tre di notte, e lei era lì, attaccata alla porta da tante ore, sperando che il suo ragazzo la aprisse... Capiva che era scombussolato, ma così la faceva preoccupare! Visto che lui non mangiava e beveva da quasi due giorni - lo aveva sentito solo una notte andare in cucina per mangiare, ma poi più niente -, era andata lì davanti munita di una bottiglia di acqua, e pasta, carne e anche una mela. Se almeno si sarebbe degnato di aprirla.
La ragazza piangeva da ore, silenziosamente, però dopo qualche minuto singhiozzò e singhiozzò. Atsuya era ingiusto con lei. Sembrava quasi odiarla. Si buttò per terra, con i piatti poggiati sulle gambe, la testa appoggiata sulla porta di legno, che le doleva.
Sentì girare la serratura, e scostò la testa, per non cadere. Lei piangeva ancora, e quando Atsuya le aprì la porta si sentì tremendamente in colpa, per non esserle stato accanto nel momento del bisogno.
«Scusa, Mahai-chan...» la abbracciò lui, accarezzandole i capelli e dandole un bacio sulla fronte.
La invitò in camera, e finalmente dopo giorni il ragazzo mangiò, affamato come non mai, e parlarono degli avvenimenti che Atsuya si era perso.

 

 

met e mari corner.

sssalve gente c: eccoci qui a pubblicare, finalmente. con il prossimo capitolo finisce la storia, e metteremo anche l epilogo, lì c: dunque in totale la storia finirà con dieci capitoli.
non aggiornavamo da tempo, ma io e met siamo state impegnate a scrivere la storia per un contest, e per questo non abbiamo aggiornato. c: non avevamo le idee chiare per questo capitolo, e anche per questo ci abbiamo messo tempo ad aggiornare ma, con buona volontà, lo abbiamo finito c: ed è anche lunghetto rispetto al precedente, che era un poco più corto uwu per il prossimo sappiamo già che scrivere, ma dateci tempo che anche noi abbiamo la scuola! alla prossima, ragazzi c:

mari e met.

   
 
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