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Autore: GhostFace    10/11/2013    3 recensioni
Riflessioni interiori, ma anche azione, istinto ed avventure, senza mai farci mancare qualche risata... Questa è una storia che coinvolgerà tutti i personaggi principali di Dragon Ball, da Goku a Jiaozi! Cercando di mantenermi fedele alle vicende narrate nel manga, vi propongo una serie di avventure da me ideate, con protagonisti Goku ma soprattutto i suoi amici. I fatti narrati si svolgono in alcuni momenti di vuoto di cui Toriyama ci ha detto poco e nulla, a cominciare da quell'anno di attesa trascorso successivamente alla sconfitta di Freezer su Namecc (ignorando o rielaborando alcuni passaggi only anime). Come dice qualcuno in questi casi, Hope You Like It! Buona Lettura!
PS: la storia è stata scritta prima dell'inizio della nuova serie DB Super, quindi alcuni dettagli non combaciano con le novità introdotte negli ultimi anni. Abbiate pazienza e godetevi la storia così com'è, potrebbe piacervi ugualmente. :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La finale della ventiquattresima edizione del Torneo Tenkaichi ebbe inizio in un’atmosfera solenne. Cinque cerimonialisti dalle teste rasate, in tunica arancione, batterono con grosse mazze sui propri tamburi; infine un maestro di cerimonia più anziano, dalle sembianze canine, percosse finalmente il gong. Kaya e Ramen si salutarono con un leggero inchino; poi, dall’iniziale posizione d’attacco si slanciarono l’una verso l’altro, iniziando a scambiarsi i primi pugni. Nessuno sapeva né poteva vedere che, decine e decine di metri al di sopra delle loro teste, i due cyborg 17 e 18 sovrastavano lo stadio.
«Quelle persone…» osservò 17 con un ghigno appena accennato. «Sembrano tante formichine… Avviciniamoci, ma senza farci notare: voglio vedere che aspetto hanno i due finalisti.»
Calarono un po’ di quota, in misura appena sufficiente a visualizzare i contendenti. «Che delusione… un ragazzino e una tipa!» si lamentò 18 con una smorfia di disgusto. «E io che mi aspettavo di trovare due armadi a quattro ante, come concorrenti…»
«La tipa si direbbe carina, comunque…» commentò 17, per poi notare l’espressione di disapprovazione sul volto della sorella. «Beh? Che c’è? Lo sai che mi sono sempre piaciute, le belle ragazze…»
Ci fu qualche istante di silenzio… una brezza leggera fece ondeggiare i loro capelli. Poi 18 parlò, staccando lentamente i vocaboli: «17… Ma tu… l’avresti il coraggio di uccidere tutte quelle persone a sangue freddo?» Lo chiese con il sogghigno innocentemente malizioso di una bambina che sfida il suo amichetto del cuore ad una prova… come se lo avesse invitato a giocare alle impennate in bicicletta.
«Certo…» rispose egli. «Che domanda assurda…»
«Quello stadio mi suggerisce un’idea… ti andrebbe di giocare al tiro al bersaglio?»
Il cyborg maschio non ebbe bisogno che sua sorella gli spiegasse i suoi propositi. Era chiaro che adesso lo stadio intero era il bersaglio, e 17 vestiva i panni del tiratore. Il ragazzo focalizzò l’obiettivo, allungò le braccia in avanti e congiunse le mani formando con esse una sagoma circolare: “Non devo usare troppa energia…”
La sua gemella lo ammonì, divertita: «Stai bene attento, mi raccomando… se distruggi qualcosa fuori dal perimetro dello stadio, hai perso! Il tuo bersaglio è quello…» insistette «…solo quello…»
«Vuoi stare un po’ zitta?!» rispose stizzito 17. «Lo so! Non farmi deconcentrare: lo sai che per me non è così facile calare le energie al minimo…!»
Gli fu necessario qualche secondo di concentrazione per calibrare al meglio la sua potenza. Lo stadio, con i due contendenti nella zona centrale e lo sciame festoso e vociante degli spettatori sugli spalti, era perfettamente inquadrato, quando 17 sussurrò con un ghigno: «Bang.»
Il colpo energetico fu rapidissimo. Un attimo prima Kaya era pronta ad eseguire il suo “Colpo del vento e degli artigli della tigre”, e Ramen stava elaborando chissà quale strategia difensiva, mentre il pubblico era diviso fra i sostenitori dell’una e i tifosi dell’altro: erano la luce e l’allegria. Un attimo dopo, si verificò un’esplosione sterminatrice, come non se ne vedevano da anni: la devastazione investì con fragore lo stadio, che crollò rapidamente senza opporre un minimo di resistenza; in un attimo, migliaia di persone vennero letteralmente disintegrate, tanto che sarebbe stato ormai quasi impossibile trovare residui di precedente vita umana  su quel terreno circolare; il tutto nel frastuono assordante di un’esplosione che portò con sé le vite innocenti di tutti i presenti. L’attacco del numero 17 lasciò un esteso ovale nero-grigiastro di terra bruciata mista alle macerie fumanti di ferro, vetro e cemento lasciate dal crollo del gigantesco fabbricato.
«Ahahaha! Centro perfetto!» rise il cyborg col tono divertito e soddisfatto del calciatore che fa goal.
«Insomma… sono un po’ delusa…» lo smorzò 18.
«E perché mai? Lo stadio è totalmente distrutto e le persone sono tutte morte!» obiettò il fratello.
«Volevo che facessi un bell’ovale perfetto, dai contorni regolari… invece guarda: hai sbavato tutt’intorno…»
«Quanto sei capricciosa!»
«Sarà…» replicò lei, sbuffando annoiata. «… e adesso, che facciamo?» domandò poi con la stessa noia: una reazione che probabilmente avrebbe avuto anche se, invece dello stadio, suo fratello avesse distrutto in un colpo un quarto del pianeta.
«Adesso stiamo qua e aspettiamo con un po’ di pazienza che facciano la loro comparsa il nostro eroe Son Goku e la sua cavalleria.»
«Ah, già…» rispose 18. «Speriamo che non ci mettano tanto.» I due cyborg scesero verso terra, e rimasero annoiati a gironzolare all’interno del perimetro della zona danneggiata, calciando di quando in quando qualche pietra.
 
In quegli stessi istanti, Bulma era appena uscita da un supermercato della Città del Sud, portando in braccio il piccolo Trunks; la seguiva Muten, che inevitabilmente aveva finito per indossare i panni del facchino, stracarico di sacchetti contenenti cibo per neonato, ma anche creme e cosmetici vari acquistati da Bulma in un attacco improvviso di femminile mania spendereccia. Quando avvenne la strage, giunse alle loro orecchie – così come a quelle di tutti i passanti – l’eco di un rimbombo non troppo lontano, e in lontananza fu possibile vedere pennacchi di fumo nero.
«Ma c-cosa…?» balbettò Muten.
«Quel frastuono… non saranno mica i ragazzi?» chiese Bulma, ipotizzando che quei rumori derivassero dal duello tra Kaya e Ramen.
«No… è impossibile che posseggano tutta quella potenza…!» la smentì il vecchietto, che iniziò acutamente a temere per il peggio, anche se di fatto non avevano elementi che comprovassero la comparsa di nuovi nemici. «Dovrebbe essere qualcuno forte almeno come il Grande Mago Piccolo o - molto peggio - come i Saiyan, per scatenare un’esplosione così immane…!»
«Aspettiamo a tornare all’isola? Potrebbe essere pericoloso…»
Titubanti sul da farsi, la donna e il vecchio momentaneamente indugiarono su modo in cui si sarebbe dovuto procedere. Muten era curioso di sapere cosa stesse accadendo; Bulma, che non voleva rischiare di mettere a repentaglio la vita propria e quella di suo figlio, ribatteva che sul posto erano già presenti quattro fra i più forti guerrieri del pianeta. Alla fine, l’ebbe vinta l’ostinazione e la forza di persuasione della donna… per loro fortuna.
 
Proprio quando il combattimento finale del Torneo stava entrando dal vivo, lo schermo televisivo di casa Son perse il segnale, e l’immagine venne sostituita dal classico e detestabile “effetto neve”, per il quale il monitor si ricoprì di rette spezzate ed irregolari bianche, nere e grigie.
«L’immagine è saltata…» constatò Chichi. «Gohan, controlla il cavo dell’antenna, per favore.» Il ragazzino obbedì, ma notò che era tutto in ordine, anche l’antenna esterna. D’improvviso, una voce più che familiare risuonò nella sua mente: Piccolo, assorto in meditazione fino a poco prima, ora lo stava contattando mediante la telepatia. Il tono della sua voce, o meglio del suo pensiero, era concitato: «Gohan! Non hai sentito nulla??»
«No… cioè… non ero concentrato! Cos’è successo?»
«Migliaia di deboli aure umane sono state stroncate in un attimo! Ma non avverto nessuna potente aura nemica! È successo in una zona a sud del mondo!»
“Sud? Non avrà mica a che fare con l’isola del Torneo?” si domandò Gohan. «Ma cosa significa tutto ciò, Piccolo?! Non capisco…»
«Non lo so, ma di certo non è un buon segno! Anzi… ci vedo qualcosa di molto strano! Io vado a dare un’occhiata!»
Gohan stava per offrirsi di recarsi anch’egli sul posto, quando Chichi lo avvertì che – passando da un canale all’altro in cerca di news – era incappata in un’edizione straordinaria del tg.
…ci è giunta appena adesso la notizia di un tragico incidente verificatosi all’isola Amenbo, a 9 km a sud-est dalla Città del Sud, ove era in corso la finale del Torneo Tenkaichi. Lo stadio che ospitava l’evento è stato disintegrato in modo del tutto misterioso, e l’esplosione ha portato con sé un numero imprecisato di vittime, data la rilevanza dell’evento, comunque nell’ordine delle migliaia di persone. Al momento si ignorano ulteriori particolari… vi aggiorneremo non appena saranno resi noti nuovi dettagli.
«Piccolo! Dobbiamo andarci!» decise il ragazzino infilandosi una divisa da combattimento scura, del modello di quelle di Piccolo. Chichi sapeva che non valeva nemmeno la pena di provare ad obiettare: così, mentre suo figlio la salutava, la donna gli augurò buona fortuna e si mise a sedere, pregando che non si trattasse di nuovi, pericolosi avversari.
 
Ad un certo punto, fra le macerie di quello che fino a pochi minuti prima era stato lo stadio del Tenkaichi, qualcosa si mosse. I grossi resti anneriti di quello che doveva essere stato un pilastro furono scaraventati in disparte, e agli occhi curiosi di 17 e 18 si manifestò la figura impolverata di un alto e possente uomo calvo, con un anomalo terzo occhio sulla fronte. Indossava abiti laceri in più punti, e la parte inferiore del mantello era finita strappata sotto qualche roccia. L’uomo tossì e sputò per ripulirsi la gola dalla polvere inavvertitamente ingerita e inalata, e avvertì una fitta di dolore alla tempia; si toccò nel punto dolente: sangue. Qualche blocco di cemento doveva averlo colpito e ferito. Si guardava attorno senza riuscire a spiegarsi cosa fosse accaduto. Vicino a lui, in altri tre punti scricchiolarono ulteriormente le macerie. Dai resti dell’edificio emersero altre tre personaggi altrettanto impolverati: un nano pelato senza naso e un giovane uomo con i capelli neri irti sulla testa, come spine, e il viso deturpato da cicatrici, vestiti in abiti piuttosto formali ma ormai tanto malridotti da essere inservibili per qualsiasi scopo; e infine, un nanerottolo stranissimo, con due occhioni ad uovo, le guance rosse e la testa pelata con un unico capello nero. Ora i quattro si guardavano attorno attanagliati da un senso di spaesamento, in cerca di risposte ai loro interrogativi.
«Ma cos’è? Il ritorno dei morti viventi?» domandò ironicamente 17.
«Gente che riemerge da sotto terra… devono essere dei tipi robusti, sicuramente al di sopra di un uomo normale…» dedusse 18.
Un solo fatto fu subito chiaro ai quattro combattenti: tutti coloro che in quel momento si trovavano allo stadio e nelle sue immediate vicinanze adesso erano morti senza lasciare traccia, e lo stadio non esisteva più, se non in forma di rovine deteriorate. Non si sarebbe più disputata alcuna finale, dato che sia Ramen, il favorito, sia Kaya, erano deceduti; e con loro il cronista che, con la sua divertente professionalità, aveva arricchito i duelli con la sua telecronaca. Il dolore li investì al pensiero che, fra quelle vittime, tutti i loro cari erano finiti all’Altro Mondo, e per molti di loro era già per la seconda volta che morivano. Kaya e Ganja non avrebbero mai più rallegrato ogni situazione con la loro incontenibile follia; Ivanovich non avrebbe ottenuto l’appuntamento con Kaya in cui sperava tanto; il povero Ramen si era visto spezzare in modo bruscamente assurdo ogni possibilità di crescita nel mondo delle arti marziali. Poveri Muten e Olong… ma nell’Aldilà esistevano pornazzi per rallegrare l’eterno riposo dei defunti? Persino Pual… Bulma e Trunks, che era solo un neonato… e Soya, che portava in grembo il frutto dell’amore fra lei e Crilin. Era così ingiusto che le loro vite fossero state stroncate così brutalmente. Che sfacelo…
Crilin era, fra i quattro, il più stravolto. Prima ancora di domandarsi se si fosse verificato un terremoto o chissà qualche altra calamità, il suo primissimo pensiero andò – fra le tante vittime – a Soya, alla donna a cui aveva scelto di legare per sempre la propria vita. Non pensò nemmeno ai mesi che avevano trascorso assieme, e nemmeno a quelli, ancora più numerosi, che aveva vissuto sognando ogni notte che un giorno la ragazza più affascinante che avesse mai incontrato sarebbe stata sua, la sua compagna di vita. Rendersi conto della disgrazia fu questione di un attimo, ma quella manciata di secondi fu per lui interminabile come interi millenni. Soya, così come altre migliaia di persone, era morta. Lei era la SUA Soya, e portava nel grembo il LORO bambino. Lei non sarebbe mai più vissuta, e lui non sarebbe mai nato.
Non era tempo di rimanere preda dello shock: bisognava capire. «Guardate là! Ci sono due persone!» esclamò Jiaozi puntando l’indice verso i due gemelli.
«Chi sono quei due tizi??» domandò Yamcha. Poi, alzando il tono della voce al loro indirizzo: «Ehi, voi due! Cos’è capitato?? Avete visto niente?»
Con un balzo leggero ed atletico, i due personaggi si portarono davanti ai loro quattro interlocutori, che notarono con sorpresa la disinvoltura dei loro movimenti.
«Siamo stati noi…» rispose ghignando 17, senza sentire il bisogno di mentire o di celare la verità. I volti dei quattro guerrieri si trasformarono subitaneamente in altrettante maschere di atterrita meraviglia. «Il Dr. Gero ci ha detto che avremmo trovato da queste parti i compagni di Son Goku… per caso siete voi?» domandò il cyborg, ponendo mente al fatto che i componenti del quartetto dovevano essere certamente dei tipi molto al di sopra delle normali possibilità umane, per resistere ad un’esplosione energetica di quel tipo. Per quanto fosse controllata, la deflagrazione aveva infatti annientato tutti i comuni esseri umani. Gli amici di Goku rimasero ancora più meravigliati da quelle risposte: in un colpo solo avevano scoperto che due sconosciuti erano in grado – per loro stessa ammissione - di annientare un intero stadio contenente cose e persone; mostravano di saper compiere movimenti non comuni per le persone ordinarie, e adesso menzionavano Goku… e, tanto per cominciare, chi era il Dr. Gero, che pure avevano menzionato? Quante domande… bisognava far sì che sputassero il rospo.
«Sì… eravamo amici di Son Goku… voi chi siete?» chiese a sua volta Crilin.
Intervenne 18 che, ignorando deliberatamente la risposta del pelato, pose un’altra domanda. «Benissimo… quando si sbriga a venire qui il vostro amico?»
«Goku non verrà…» rispose Crilin avvilito per tutta la situazione creatasi, sperando di riuscire a estorcere informazioni alla coppia. «È morto.»
«Morto?» ripeté 17. «Chi può avere ucciso uno con una forza del genere?» Contro la sua forza, infatti, persino Gero in versione androide aveva confessato di essere impotente, al punto da essersi visto costretto a riattivare i due gemelli.
«Una brutta malattia cardiaca. Era ancora giovane e in piene forze, eppure…»
«Per me sono tutte fesserie!» sbottò scettica la ragazza.
«Sii più fiduciosa vero le persone, sorellina… perché dovrebbero mentirci? Eppure hanno capito che non siamo tipi da prendere sottogamba…»
Tenshinhan, a quel punto, si spazientì. «Crilin, smettila di dare tutte queste confidenze a questi due tizi!» Poi, rivolgendosi ai gemelli, chiese con tono alterato: «Chi siete?? Come fate a conoscere Goku e cosa volete da lui? Parlate, forza!»
«Le domande qui le faccio io, fino a prova contraria! Sono stato chiaro?» gridò 17 nervoso, sferrando una manata sul possente petto del treocchi, facendogli fare un volo all’indietro di una cinquantina di metri. Così, Tenshinhan fu il primo ad assaggiare sulla propria pelle la straordinaria potenza dei cyborg. «E ringrazia Iddio che mi sono trattenuto!»
«T-Ten!» gridò terrorizzato il piccolo Jiaozi, volando ad assistere il suo robusto amico.
«Ci è stato sempre detto che Son Goku era molto presuntuoso e sicuro di sé… evidentemente, pare che avesse riunito attorno a sé una banda di palloni gonfiati come lui!» commentò 18.
«A differenza del vostro amico treocchi così scorbutico e riservato, voglio mostrarvi un po’ della mia apertura mentale… Vi dico subito che io e mia sorella siamo due cyborg!» iniziò a rivelare 17; una notizia che non mancò di sconvolgere i presenti.
“Cyborg… come dei robot, dunque… questo spiega perché non sentiamo alcuna aura provenire da loro, nemmeno bassa… sono creature virtualmente dotate di potenza immensa, ma prive di uno spirito interiore…” riuscì a riflettere Yamcha pur nel suo turbamento interiore.
«Siamo stati creati dal Red Ribbon come arma definitiva per sconfiggere colui che un tempo distrusse l’armata… ovverosia, il vostro amico Goku.»
«Non fraintendete! A noi non importa nulla del Red Ribbon…» aggiunse la ragazza sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio con un gesto seducente. «Non ci interessa poi tanto vendicare l’esercito… Son Goku ci interessa come un simpatico passatempo per riempire la nostra giornata.»
“Ancora il Red Ribbon…” ringhiò rabbiosamente Yamcha. Aveva dimenticato da un pezzo le malefatte commesse in passato da quell’esercito.
«Avete combinato un disastro del genere… per questo?!» chiese Crilin, nel cui cuore l’afflizione stava cedendo il passo alla furia. «Solo per attirare Goku e farlo venire allo scoperto?? Ma s-siete… siete…» Come definirli? Due mostri? La gravità del loro comportamento era tale che non esistevano parole sufficientemente calzanti a definire due spietati assassini che non mostravano alcun rimorso per le vittime appena seminate. Di primo acchito, si sarebbe detto che Cooler fosse un gran signore, in confronto a loro.
«Calma i bollenti spiriti, paladino della giustizia!» lo schernì 17.
«Se ci dite che Goku è morto, ci tocca fidarci… anche perché non sappiamo dove possa trovarsi, altrimenti… a quanto pare, la strage di tutti quei poveracci è stata perfettamente inutile, 17.» osservò 18.
«Beh, qualcosa bisognerà fare, per riempire la giornata! Combattiamo?» domandò 17 senza smettere di sorridere.
Tenshinhan, che nel frattempo si era riavvicinato agli amici, reagì subito all’invito del cyborg: «SIETE DEI PAZZI! PAZZI ASSASSINI! Non potrò mai perdonarvi per ciò che avete fatto!!» urlò, partendo all’attacco contro 17; Jiaozi era rimasto paralizzato dal terrore. Il cyborg saltò verso l’alto e rimase a mezz’aria, mostrando ai quattro umani che era anche capace di galleggiare.
«Ottimo! 18, io mi occupo di questo ammasso di muscoli… tu fai quello che vuoi con questi tre.»
Sempre più adirato, Tenshinhan attivò il Kaiohken alla seconda potenza, il massimo che potesse reggere. Avvolto da una fiamma rossa, si lanciò in una sequenza sfrenata di calci, pugni, colpi di karate; lanciò anche una Dodonpa. Presi dalla foga, i due contendenti si erano spostati a mezz’aria. Non un solo attacco del treocchi andò a segno: 17 parò ogni attacco con una facilità e rapidità estrema, senza profondere nei suoi gesti un briciolo di sforzo, e senza mai abbandonare il suo insopportabile sorriso di derisione; il tutto sotto gli occhi di Jiaozi che, pur avendo seguito il compagno treocchi per collaborare, adesso fissava la scena terrorizzato e tremante come una foglia.
«Questa è la tua forza? Penoso…» commentò 17 che ormai, presa confidenza con le capacità del treocchi, respingeva ogni attacco ormai solo con le gambe. Annoiato, trasformò il ghigno in una smorfia schifata, deliberando un nuovo proposito: “È ora di porre fine a questo palloso passatempo…” Sollevò la gamba e si mosse in avanti per sferrare un repentino calcio rotante. Tenshinhan chiuse gli occhi e sollevò il braccio destro come rudimentale e debole protezione contro quel calcio che… non arrivò. Riaprì gli occhi: vide solo il corpicino del piccolo Jiaozi che, a braccia e gambe divaricate, precipitava al suolo; il calcio di 17 gli aveva mozzato di netto la testa; dal collo sgorgavano quantità generose di sangue, che formavano scie rosse irregolari durante la caduta.
«Jiaozi! NOO! Perché l’hai fatto??» urlò ad occhi sbarrati il Maestro della Gru al defunto amichetto che non aveva più orecchie per udirlo. Non era difficile capire cosa fosse accaduto: in un estremo moto di coraggio, il suo piccolo amico si era frapposto ad un attacco che avrebbe facilmente ucciso il treocchi. Aveva tentato di salvarlo, con un gesto tanto eroico e generoso, quanto totalmente inutile.
«Dannato pupazzo!» imprecò 17, seccato più che altro dell’intralcio rappresentato da Jiaozi in quella circostanza. «Chi diavolo gli ha dato il permesso di intromettersi!?» urlò, lanciando un colpo d’energia alla testa del piccolo guerriero appena defunto, polverizzandola.
Adesso Tenshinhan era, se possibile, distrutto tanto quanto lo era Crilin per la propria moglie. Non bastava aver perso in un colpo solo i due allievi verso i quali il sentimento di stima si era trasformato in un legame di profondo affetto. Ramen ed Ivanovich erano andati via per sempre, e nemmeno le Sfere del Drago avrebbero potuto restituirglieli; e adesso, aveva subito la perdita più grave di tutte… il povero piccolo Jiaozi aveva finito per giocarsi definitivamente la propria esistenza.
«Sei solo un bastardo!» gridò Tenshinhan con il sangue agli occhi, ormai completamente fuori di sé. «Kaiohken tripla potenza…» e qui la fiammata rossa si ampliò ulteriormente come mai prima d’allora. «… e Super Kikohoooo!!!» sancì infine il Maestro della Gru, congiungendo le mani a triangolo e lanciando il più potente colpo d’energia spirituale che fosse mai stato in grado di concepire. Lanciò uno, due, tre, quattro attacchi. Si fermò, e cominciò ad ansimare dal profondo dei suoi polmoni; aveva gli occhi infossati, cerchiati di nero; le sue energie scemarono progressivamente, insieme alla collera che lo pervadeva, e sentiva un dolore palpabile infiltrarsi fin dentro le ossa e i muscoli. Vide davanti a sé 17, che non aveva subito nessuna lesione, nemmeno superficiale; aveva incassato quella mossa con la stessa indifferenza che avrebbe provato se Tenshinhan gli avesse soffiato in viso. Attorno al cyborg, il terreno che aveva subito il cannone spirituale era carbonizzato, mentre il nemico aveva resistito senza batter ciglio, con un’espressione glaciale scolpita sul volto. Dopo pochi secondi, l’uomo non riuscì più a reggersi sulle sue gambe, e crollò a faccia in avanti, continuando ad ansimare in agonia. Il Kikoho era per sua natura una tecnica suicida; stavolta, poi, combinandolo con il Kaiohken a tripla potenza, lo sforzo era stato davvero eccessivo.
«Sembra che tu abbia consumato tutte le tue forze in un unico super colpo… ma cerca di capire» incalzò il cyborg «… sono troppo forte per te.»  Poggiò un piede sulla schiena del treocchi che agonizzava stremato e, senza alcuna fatica, gli sfondò il torace con un unico pestone, in un allagamento di sangue. Tenshinhan lanciò un grugnito soffocato e morì praticamente sul colpo, col viso inondato di sangue sputato dalla bocca.
Nel frattempo, Yamcha si era lanciato all’attacco contro 18, eseguendo con furiosa frenesia il suo Colpo del vento e delle zanne del lupo. Crilin, notevolmente più scombussolato dell’amico, indugiò nel lanciarsi contro la donna, quel tanto che bastava per assistere all’immediata disfatta del suo amico: preso a pugni lungo tutto il torace e l’addome, Yamcha subì le fratture degli arti e rimase a terra tremante, sconvolto da fremiti convulsi, sconfitto e sofferente, con braccia e gambe rotte, incapace di perpetrare l’offensiva. Doveva essere pieno di rotture ed emorragie interne; giacente a terra, sputava fiotti di sangue. Di lì a poco sarebbe morto.
«Yamcha…! No, Yamcha…!» gridò Crilin in un lamento ad alta voce. Purtroppo, non riuscì ad andare molto oltre il mero lamento verbale: se Yamcha era stato sconfitto con quella facilità, anch’egli non avrebbe avuto alcuna speranza. Tra loro due e i due nuovi nemici doveva esistere un abisso incolmabile. Sapeva che avrebbe dovuto essere colto dai rimorsi per non essere intervenuto prontamente, mentre era rimasto a paralizzato a pensare alla sua Soya. Ma… che aiuto avrebbe potuto dare? «Come faccio… come faccio a vivere ora che Soya non c’è più?? Me lo dite come faccio??» gridò Crilin disperato, con le lacrime che continuavano senza sosta a rigargli il volto, rimasto ormai solo davanti ad una nemica molto più forte e potente di lui. Pazzesco: il mondo rischiava di cadere nelle mani di due mostri terribili, ma il suo pensiero era monopolizzato dalla sua donna.
«Infatti non dovrai più vivere…» mormorò 18, aprendo bocca per la prima volta da quando era iniziato lo scontro – se così lo si vuole chiamare. «Morirai tra poco…» preannunciò, incedendo verso di lui a passo lento, con gli occhi carichi di disprezzo. Solo allora Crilin notò quanto quegli occhi di ghiaccio somigliassero a quelli di sua moglie… anzi no, non è che somigliassero: erano identici! Erano gli stessi occhi: gli stessi occhi che fin dal primo sguardo lo avevano affascinato, ora lo fissavano eloquenti, con intenti omicidi. Crilin digrignò i denti. «Zitta, tu…! Non parlare… e non guardarmi con quegli occhi…!»
«Ma che cafoncello… non dovresti essere più cavalleresco con una ragazza? O mettevi a tacere pure la tua donzella in modo così brusco e maleducato…?» domandò con studiato atteggiamento smorfioso.
«Taci!» gridò di nuovo Crilin, scuotendo la testa come a voler scacciare via ogni pensiero, positivo o negativo che fosse. «Io ti odio! Vi odierò per sempre per quello che avete fatto!»
«Per sempre? Credi forse che vivrai così tanto da potermi odiare ancora?» domandò ella, ponendosi minacciosamente davanti a lui. D’istinto, Crilin provò a sferrarle un pugno in faccia, ma lei glielo placcò, dandogli uno spintone con l’altra mano. Crilin indietreggiò e prese il volo, assecondando stavolta l’istinto di fuggire. Fu rapidamente raggiunto e superato dalla cyborg, che gli si parò davanti.
Con la mano gli trapassò il ventre, dal quale schizzarono liquido organico e sangue che iniziò a stillare fuori dal suo corpo e ad imbrattare l’avambraccio di 18 fino al gomito. Crilin iniziò progressivamente a perdere colore; la vista gli si appannava. «Quindi in mezzo alla folla c’era la donna della tua vita, carino? È un peccato…» osservò la cyborg con una smorfia, calcando l’ultima parola e rimarcando, con essa, la propria glaciale insensibilità. «Quindi, se lei è morta, questo non ti serve più…» disse tranquilla la ragazza penetrandogli senza pietà il petto con due dita, proprio all’altezza del cuore. Crilin volle urlare per il dolore, spalancò la bocca: non uscì una sillaba, ma solo un rantolo soffocato e un ruscello di sangue caldo. La cyborg gli schioccò un bacio gelido sulla pallida guancia, lasciando poi che il giovane pelato cadesse al suolo. Con un gesto sensuale, la donna sollevò il pollice della mano destra mirando l’indice alla testa di Crilin. Gli diede il saluto definitivo, con voce suadente: «Hasta la vista, baby…» Poi sparò un proiettile d’energia dal dito.
 
Si dice – ma è solo una favola - che, quando sia in procinto di morire, il cigno emetta il canto più soave e melodioso, il suo ultimo canto. I quattro super guerrieri terrestri non se ne erano resi conto, quando erano stati attaccati, ma quella battaglia fu il loro ultimo canto del cigno. Fu così che, il 12 maggio di quell’anno, nel giorno della finale del ventiquattresimo torneo Tenkaichi che non ebbe mai termine, i quattro uomini più potenti mai esistiti sulla Terra – Crilin, Yamcha, Tenshinhan e Jiaozi – combatterono la loro ultima partita finale. E ne uscirono sconfitti.
«E adesso sei soddisfatto?» domandò 18 al fratello, quando egli la raggiunse.
«Nessuno di loro era particolarmente potente, sorellina. Ma il dottore ha parlato di un tizio che poteva crearci problemi tanto quanto Son Goku… quindi aspettiamo che arrivi quest’altro eroe, che mi mette curiosità…» In effetti, il numero 20 si era riferito a Vegeta come ad un soggetto dal quale i due gemelli avrebbero dovuto mettersi in guardia.
«Che seccatura… Non sappiamo nemmeno quanto ci vorrà! Sei così capriccioso, fratellino…»
«Senti chi parla…» rimbeccò 17.
 
“Interessante…” pensò Vegeta indossando la sua ultima armatura Saiyan, bianca con undersuit nera e spalline dorate, ultimo regalo di Kodinya prima della loro rottura. “Davvero interessante! Di gente che muore ogni giorno è pieno il mondo, ma una strage così precisa e concentrata in un colpo solo… Per di più, sento che il namecciano e il figlio di Kakaroth stanno muovendosi verso il luogo del misfatto. Le loro aure sono inconfondibili.” Quando ebbe finito di vestirsi, spiccò un salto e prese il volo. «Può darsi che ci sarà da combattere… finalmente!» disse, sparendo in fretta oltre l’orizzonte.
 
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L’ANGOLO DELL’AUTORE.
La saga dei cyborg originale di Toriyama contiene varie citazioni/somiglianze con i primi due film della saga di Terminator, a cominciare dalla data del 12 maggio: per Trunks del futuro è la data in cui i due cyborg esordiscono e compiono le azioni narrate in questo capitolo. Nel primo film, invece, è la data in cui dal futuro arrivano due personaggi: un cyborg inviato per uccidere la madre dell’eroe, un guerriero spedito per proteggerla e salvarla. Tenendomi su questa linea, pure io ho voluto inserire una citazione: “Hasta la vista, baby”, famosa frase pronunciata da Schwarzenegger nel secondo film.
Precisazione, anche se credo si sia capito: i quattro guerrieri terrestri sono sopravvissuti all’esplosione perché 17 si è volutamente limitato; del resto Nappa con la sua potenza che non superava gli 8.000 ha distrutto un’area ben più ampia di uno stadio. Chiaramente, a questo punto della storia, un’esplosione con un livello di forza non superiore a 7.000 (tanto per dare un valore numerico) non ucciderebbe nemmeno Jiaozi. Più che altro, il motivo per cui sono stati travolti dal crollo è stato l’effetto sorpresa.
  
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