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Autore: Titorsach    11/11/2013    0 recensioni
Un raccolta di storielle legate a particolari sentimenti o stati d'animo, ognuna con personaggi e sensazioni diverse. E' lo stesso, però, il protagonista: tu.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“Si può sapere cos’hai?”
Dopo aver scritto il messaggio, rimetto il telefono in tasca e tiro qualche alitata calda sul dorso delle mie mani. Mi infilo di corsa i guanti di lana. L’odore di caldarroste in questo momento è fortissimo, e per un attimo mi scordo del gelo che sta tirando da un’oretta e osservo il loro fumo salire e scomparire all’altezza del calcinculo. Marta mi fissa in attesa.
-Le hai scritto qualcosa?- Le rispondo di sì. Mi guarda come se aspettasse un chiarimento che non ho voglia di darle. -Le ho chiesto cos’ha- Stringe le labbra e fissa oltre a me.
Decido di distogliere lo sguardo e do un’occhiata al cellulare. Nessuna risposta. Lo rimetto in tasca; so di aspettarmi un messaggio infinito. Intanto cammino, lentamente, stando attento a non calpestare i piedi di Marco, davanti a me. Nessuno si è fermato a prendere le caldarroste; mi manca un po’ il fumo. Allora alito e una fitta nebbia mi soffia davanti per un attimo appena, ma non fa caldo.
Marta mi mette una mano sul fianco. Penso che non voglio sembrarle patetico. Le sorrido e le chiedo che ha. Non risponde, improvvisa una smorfia e chiude gli occhi.
-Si risolverà, vedrai.
Ma mente, lo so bene. Probabilmente si risolverà, sì, ma il sorriso è falso come Giuda. Le piaccio da un vita. Sta pregando che io chiuda con Chiara entro stasera. Sembra quasi che si diverta a farmelo capire di nascosto. -Spero di sì-, e credo di farla sentire un po’ peggio.
Mi vibra il telefono in tasca. Ci do una controllata, il messaggio inizia con “non lo so”. Mi sfilo pigramente i guanti con i denti, ho le mani ghiacciate sotto.
“non lo so. Tu cosa ne dici?”
Rabbrividisco. Non ha neanche il tempo di degnarmi di una risposta sensata, probabilmente non ha davvero più voglia di sentirsi con me. Vorrei risponderle subito, ma non mi va di apparire fissato. Così mi fermo prima con gli altri sopra al muretto, pulendomi gli occhiali. Altro fumo nell’aria. Mentre li fisso controluce, vedo dietro la luce delle giostre. Andre sta parlando del suo compagno di classe stronzo che non parla quando c’è da parlare. Poi apro la tastiera del cellulare.
“Dico che dovremmo chiarire ora” e prima di inviarlo penso se dovrei aggiungere qualcosa. “perché ti sei comportata così oggi?”
Oggi Chiara mi ha ferito. Mi ha detto chiaramente che l’avevo delusa quando ero andato ad allenamento invece che uscire con lei. Sa da cinque mesi che importanza ha per me la pallanuoto. Non si comportava così prima. Dice che non ho voglia di portare avanti la relazione. Ha anche detto di aver pianto nel pomeriggio. Non volevo crederle. Mi sembrava seriamente esagerato. Lei è impazzita.
Lo raccontavo a Marta, prima. Lei dice che si è comportata da bambina. Poi mi dice che le cose si rimetteranno a posto. Marta è carina da morire, ma non la posso sopportare. Mentre invio il messaggio, è al mio fianco. Finge di ascoltare Marco e intanto mi tiene stretto il braccio e la testa sopra la spalla. La accolgo volentieri.
-La vera stronza è la mia prof di diritto... Usa metodi fascisti! Oggi ha chiesto ad un mio compagno di indicare chi sarebbe stato interrogato. Nessuno aveva studiato. Ci siamo fissati per lunghissimi minuti e alla fine ha chiamato Leo (il secchione). Leo non sapeva niente. Non aveva mai preso un quattro.
Mi ricorda un film che ho visto da poco, L’Onda. Parlava di professori e metodi fascisti, ma non era proprio così. Però mi era piaciuto, e mi aveva anche attanagliato le budella.
Mi suona il telefono che mi sto rimettendo i guanti, ne tengo uno a metà mentre controllo le solite prime parole. Ma mi accorgo che ho anche gli occhiali in mano, quindi apro l’sms mentre inforco le lenti.
“mi dispiace, ma io così non ce la posso fare! Non hai un cazzo di riguardo nei miei confronti! Potevi trattarmi decisamente meglio, mi tratti come se fossi una bambina”
Mi scappa qualche scatto nervoso del labbro e dell’occhio. Tiro un sospiro e Marta se ne accorge. Quella troia non veda l’ora che finisca di messaggiare. Mi porta le labbra all’orecchio.
-Senti, dille di calmarvi e che ne parlerete. Ma non preoccuparti per niente.
Scaccerei l’idea volentieri, se non fosse che ha ragione. Le scrivo che voglio parlarle a voce. Il fremito di orgoglio mi risveglia le membra; mi rialzo dal muretto e propongo a tutti di passare dallo zucchero filato. Mi rimangono cinque euro e ho una gran voglia di liberarmene. In cinque minuti è pronto, ma vorrei ne durasse dieci, tanto è buono l’odore della macchina dello zucchero filato. Un tripudio di profumi. Poi quello da mangiare si appiccica a mani e labbra, ma quello da annusare vale tutti i soldi che ho speso.
Marta me ne stacca un morso senza chiedermelo, poi mi guarda e sorride. Ha gli occhi lucidi e i confini della labbra impreziositi da filamenti rosa. E’ bellissima e molto spontanea. Se non la conoscessi da tanto direi che è innamorata.
“no, voglio chiarire ora. Non voglio dormire pensandoci”
In qualche modo, la risposta di Chiara mi dà molta confidenza nei miei mezzi. Forse non sarei stato capace di parlarci veramente a voce. Forse le avrei ceduto dopo un minuto neanche. Non che abbia una ferrea volontà di chiudere... O forse sì. Non saprei definire i miei sentimenti ora.
“Non c’è nulla da chiarire” Mi giustifico da solo per la risposta. Se lei era stata vaga, potevo esserlo anch’io. L’importante era scaricare a lei il peso della risposta decisiva.
E’ ormai tardi. I ragazzi scappano a casa. Io ho ancora tempo, ma se tutti devono andare mi accodo. Ma Marta sta ancora un po’. -Mia mamma è al lavoro- dice - nessuno fa caso se torno un po’ più tardi-
Al lato est della fiera c’è un piccolo stadio. Ci ero venuto per vedere un comico. Ora fa politica. E’ un altro modo per dire che bisogna crescere, forse.
Io e Marta ci sediamo sui gradini. L’ultima risposta della Chiara l’ho già letta. Mi ha spiazzato. All’improvviso mi sento perdere le forze. Ho delle specie di lacrime sulla punta delle ciglia. Non sono dolore, penso solo fastidio. Marta me le asciuga con un dito. Mi guarda a lungo, da vicino, e io non le faccio un segno. Lei si avvicina e non mi oppongo. Quando mi bacia, mi mette entrambe le mani dietro la testa. Tengo gli occhi aperti: vedo bene lei che li tiene chiusi, e la fiera per almeno due chilometri, e la città illuminata dietro.
  
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