E' la prima volta che scrivo una cosa del genere, quindi non assicuro nulla!
Beh, spero che commentiate numerosi!!!
Tied
forever.
Ero
rimasta sorpresa di scoprire che i Cullen possedevano una baita in
montagna, lontano da Forks. Mi chiesi perché Edward non mi
ci avesse mai
portata, ma mi avevano spiegato che serviva come rifugio durante la
caccia.
Quando passavano un week-end lontani da Forks, non restavano certo a
“dormire”
nella foresta. Poco importava, la baita aveva fatto proprio
a caso nostro. Non
mi era sembrato giusto obbligare Esme e Carlisle, nonché
Charlie e Renèe, a
spendere altri soldi per un viaggio di nozze in giro per il mondo,
quando a me
sarebbe bastato avere solo Edward al mio fianco, persino in un paesino
sperduto. La cosa mi era sembrata ancora più inutile
perché mi si prospettava
un’eternità a disposizione per poter viaggiare,
perciò avrei fatto risparmiare
denaro a tutti, accontentandomi della baita dei Cullen.
Ma
certo non mi aspettavo questo: più che una baita sembrava
una
villa. Entrammo dentro ed Edward si precipitò ad accendere
il fuoco nel camino.
Ero congelata, la temperatura fuori era davvero bassa. Presi una
valigia e
cercai di capire dove fosse la stanza.
Edward
fu subito al mio fianco, me la sfilò di mano e, presa anche
l’altra, mi disse:
“Da
questa parte”.
La
stanza era molto ampia, tanto che nonostante vi fosse un enorme
armadio in legno ed un altrettanto grande letto in ferro battuto, vi
era ancora
molto spazio libero.
“Vuoi
che disfi la tua valigia?”, chiese.
“No,
grazie, faccio io. Tu va pure a nutrirti, ci vediamo dopo”.
“Ma…”.
“Sul
serio, Edward, ormai sono tre settimane che non vai a caccia. Alice
me l’ha detto. Se vuoi metto in ordine io la tua
roba”.
“E
va bene, d’accordo. Tornerò ancora prima che tu
possa sentire la
mia mancanza”.
“Impossibile,
quando la porta sarà chiusa già mi
mancherai”, dissi sorridendo.
Edward
mi abbracciò all’improvviso:
“Allora
non andrò”.
Evitai
le sue labbra per ribattere, prima che mi impedisse di ragionare
con uno dei suoi baci.
“Sul
serio, va pure. Saprò aspettare”. Con un sospiro
mi lasciò
andare. A malincuore mi chiusi la porta alle spalle.
Improvvisamente
quella baita sembrava ancora più grande. Tornai in
camera e disfai le valige. Si capiva che quella casa non era
abbandonata,
periodicamente qualcuno vi passava del tempo. Magari in cerca di
privacy, come
noi. Lo si capiva perché era perfettamente in ordine e
pulita. Poi vi erano dei
vestiti di Edward nell’armadio, nonché alcuni
scaffali occupati da cd – nulla a
che vedere con la collezione che aveva a Forks – ed uno
stereo. Vi era persino
un letto con lenzuola pulite.
Messa
ogni cosa al suo posto mi aggirai per la casa per potermi
orientare meglio. Si capiva che era una casa dei Cullen, riuscivo ad
intuire il
tocco di Esme nei dettagli come le arcate, le ampie stanze…
e quello di Alice nei
soprammobili e nell’arredamento. Sorrisi tra me, sentendomi
stranamente a casa.
Tornai
nella stanza di Edward e mi distesi sul letto, esausta. Sentii
il tonfo di qualcosa che cadeva a terra. Mi allungai e vidi sul
pavimento un
pacchetto regalo. Lo presi in mano terrorizzata. Odiavo le sorprese.
Aprii
il biglietto e lessi ciò che vi era scritto in bella
calligrafia:
Per
Bella ed Edward,
visto
che mi è stato proibito di sbirciare nel vostro futuro
finché
non sarete di ritorno, almeno fate qualche ripresa.
Vi
prego, non siate crudeli.
Alice.
Risi
ed aprii il regalo più rilassata. Delle mani pallide
afferrarono
il biglietto che avevo appoggiato sulla trapunta. Non lo avevo sentito
rientrare.
“E’
proprio incorreggibile”, sbuffò.
“Edward!
Sei tornato!”. E mi gettai tra le sue braccia, abbandonando
il pacchetto, non del tutto aperto, sul letto.
“Te
l’avevo detto che non avresti fatto in tempo a sentire la mia
mancanza”, disse mentre si sedeva accanto a me, sul letto.
Mi
avvicinai a lui e ci baciammo.
Purtroppo il mio stomaco brontolò senza preavviso ed io
arrossii, mortificata.
“Ti
chiedo scusa, sono stato tremendamente sbadato. Lascia che prepari
qualcosa”.
“Non
è necessario, faccio io”.
“Davvero,
Bella, mi farebbe piacere”, mi lanciò
un’occhiata di topazio
liquido che non ammetteva repliche.
In
cucina lo vidi muoversi con sicurezza. Aprì il frigorifero e
rimasi
sconvolta nel vedere la quantità di cibo che vi era, avrebbe
potuto sfamare un
esercito.
“Esme
temeva che ti facessi morire di fame”, disse sorridendo,
“Le ho
dovuto giurare che avrei pensato a tutto io, e che ti avrei nutrita
bene”.
“Certo!
Ma hai per caso intenzione di farmi diventare un elefante con
tutta quella roba?”
“Uhm”,mi
guardò più a lungo del necessario, con uno
sguardo malizioso
che mandò le mie guance in fiamme. “No, direi che
vorrei proprio riportarti
indietro così, sei perfetta. Adorabile”.
“Lo
dici come se fossi una bambina”, gli confessai, nauseata al
ricordo di tutte le volte che, da piccola, mi avevano ripetuto quanto
fossi
“carina” o “adorabile” con
certi vestiti. Per una volta avrei voluto essere
bella. Una bella donna.
“Sei
sexy, così va meglio?”.
Arrossii
ulteriormente, “Smettila di prendermi in giro”,
sibilai e mi
concentrai sul piatto davanti a me.
Edward
rise, poi si mise al mio fianco e mi accarezzò la testa.
Incontrai i suoi occhi e quello sguardo mi bastò a
perdonarlo.
“E’
buono?”, chiese titubante.
“Ottimo”.
“Mi
fa piacere”.
“Grazie”,
dissi, poi mi alzai e misi il piatto vuoto nel lavandino.
Edward si offrì di lavarlo per me ed in mezzo secondo
l’intera cucina era
nuovamente pulita ed in ordine.
Sospirai
e mi diressi verso la camera, ero davvero stanca. Lui mi
seguì e mi strinse alla vita, finché non
raggiunsi il letto. Lasciò che mi
stendessi per poi dirigersi verso gli scaffali.
Nell'aria
quella sera c'era un profumo dolce, mi sembrava lavanda. Non
ne ero sicura però, perché il tutto era
sovrastato dal soave profumo di Edward.
Ne ero inebriata ormai.
L'oggetto
dei miei pensieri stava leggermente curvo davanti agli
scaffali pieni di cd ed era immerso nella sua caccia.
Sentivo
un prurito alle mani
insopportabile. Volevo toccarlo, accarezzargli leggermente la schiena,
scendere
sul busto ed aprire ogni singolo bottone di quella maledetta camicia
bianca che
gli aderiva al petto. Mi sembrava di impazzire.
Respirai
a fondo e fui costretta a chiudere gli occhi per un momento. Tutta
la stanchezza che avevo sentito sino ad un secondo prima era scomparsa.
Quando
riaprii gli occhi lui aveva già scelto un cd ed ora era
chino davanti allo
stereo, per inserirlo.
Ero
fuori controllo, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
Quei pantaloni neri fasciavano il suo corpo perfetto in maniera
altrettanto perfetta.
Improvvisamente la baita mi sembrò troppo vuota e fui
conscia del fatto che
eravamo noi due, soli, probabilmente le uniche due persone nel raggio
di
miglia.
Ero
ancora intenta ad ammirarlo quando si sollevò e si
girò verso di
me con un lieve sorriso sul volto. Ovviamente non potei impedirmi di
arrossire
e lui mi venne incontro. Mi
alzai dal
letto per poterlo abbracciare stretta. Appoggiai la testa alla sua
spalla
incredibilmente solida. Nel frattempo la musica aveva iniziato a
riempire la
stanza, aveva
scelto i Muse, li
adoravamo entrambi.
"Cosa
c'è che ti turba?", mi chiese Edward con un basso
sussurro.
Cercai
di nascondere maggiormente
il
viso nella sua spalla, stringendomi ulteriormente
a lui. Lo sentii sospirare, ma non mi allontanò come mi
aspettavo. Anzi,
immerse il viso nei miei capelli e lo sentii respirare lentamente e a
fondo.
"Nulla,
sono solo contenta di essere qui. Mi sei mancato,
sai?", mi alzai in punta di piedi per posargli un breve bacio sul collo
pallido e liscio. Facendo questo mi sbilanciai e mi ritrovai totalmente
sorretta da lui. Sospirò di nuovo.
"Anche
tu". Poi sentii le sue mani spostarsi sulle mie
spalle, sapevo che stava per allontanarmi da lui. Usare la mia misera
forza per
impedirglielo sarebbe stato totalmente
inutile, perciò agii d'istinto e con la punta della lingua
tracciai una scia
dalla base del suo collo sino alla mascella liscia e squadrata.
Rabbrividì
tra le mie braccia e questa
sua reazione mi procurò una tempesta di farfalle nello
stomaco.
Ancora
una volta anziché scostarsi da me, mi tenne stretta ed
iniziò a
baciarmi leggermente l'orecchio. Io, dal canto mio, mi allacciai
saldamente
alle sue spalle. Per nulla al mondo mi sarei mossa da lì.
Tutto, chiedetemi
tutto, ma non di interrompere questo momento, pensai.
Edward
iniziò ad accarezzarmi con le labbra il profilo del viso,
sino
al mento, poi, delicato, scese lungo il mio collo. Deglutii a fatica e
lui si
staccò da me. La situazione mi aveva reso più
temeraria perciò lo afferrai da
dietro la nuca prima che potesse allontanarsi e lo attirai verso di me.
Certo
era un gesto stupido, lui era mille volte più forte di me e
non si sarebbe
mosso di un millimetro, ma mentre pensavo queste cose le sue labbra
premettero
sulle mie con decisione e il resto del mondo fu chiuso fuori dalla
stanza.
Dischiusi
leggermente le labbra per cogliere il suo respiro accelerato,
lo stesso fece lui.
Avevo
in testa una enorme confusione, tremavo, ma sapevo di non poter
osare di più. Non riuscivo più a pensare. Non
riuscivo a ricordare perché non
potevamo approfondire quel bacio.
Stavo
per assaporare le sue labbra con la mia lingua quando lui mi
staccò da se di un centimetro e sussurrò, roco,
sulle mie labbra: "I
denti, Bella, ti prego non esagerare".
Denti?
Ma chi se ne importava! Volevo lui. Il resto era irrilevante.
Mi gettai con impeto in cerca delle sue labbra e nuovamente le ritrovai
pronte
ad accogliermi.
Sentivo
una certa urgenza in quel bacio. Non solo da parte mia. Non
potevo crederci ma anche lui stava tremando.
Non
ci eravamo mai baciati così. Sentivo
che Edward era senza controllo. Mi stava divorando le labbra, le
guance, il mento, il collo e poi nuovamente le labbra. Stavo
impazzendo, ansimavo,
ma non mi importava. Calmarsi e ragionare era totalmente impossibile.
Nei
brevi istanti in cui le sue labbra abbandonavano la mia bollente
pelle per spostarsi altrove, lo sentivo mormorare con voce sempre
più roca:
"Bella, ti prego...".
Ti
prego, cosa? Sembrava mi stesse supplicando... di fermarlo? Neanche
per idea, era ciò che desideravo più al mondo! Di
concedermi a lui? Non c'era bisogno
che mi pregasse, ero già sua. Di non avere paura e di
fidarmi ciecamente di
lui, forse? Anche questo non era un problema. Valeva la pena di morire
per
ricevere da lui un solo bacio come quello che mi stava dando.
Intrecciai
le dita con i suoi capelli e lo strinsi più forte a me,
mentre lui mi baciava il collo. Il contatto delle sue labbra e della
sua lingua
mi mandò in estasi. Era davvero il paradiso.
"Ti
amo", gli sussurrai, forse per incoraggiarlo, forse perché
non c'era altro da dire se non questo.
Sentii
le sue mani scorrere lentamente lungo la mia schiena, avanti ed
indietro, sempre dolcemente. Mi persi cercando di tenere il conto di
quante
volte ripeterono il tragitto. Poi feci scorrere la mia mano libera sul
suo
petto, liberandolo dalla presa ferrea che avevo sulla sua spalla.
Edward non si
allontanò, era troppo impegnato a baciarmi per accorgersi
dei miei movimenti.
Salii
fino al collo, in cerca del
colletto della camicia, ed iniziai a slacciare il primo bottone.
Lui
si irrigidì in un istante. Staccò le sue labbra
dalle mie e rimase
immobile a fissarmi. Nei suoi occhi avrei giurato di aver visto delle
fiamme,
ma non di ira.
Tenni
i nostri sguardi legati, non avevo idea di che aspetto avessi
né
di che cosa lui leggesse nei miei occhi. Poco importava, lentamente
continuai a
slacciare i bottoni, uno dopo l'altro, finché non arrivai ai
pantaloni. Lasciai
la presa sui suoi capelli e con entrambe le mani sfilai la camicia dal
bordo
dei suoi jeans neri. Altri due bottoni e fu aperta. Non smettemmo di
osservarci
negli occhi nemmeno per un istante. Lui teneva le sue mani appoggiate
alla mia
vita, ma continuava a non muoversi. Eravamo entrambi impietriti ed io
non riuscivo
a distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Con
le mani risalii sino a metà petto e scostai i lembi della
camicia
bianca.
Solo
allora abbassai lo sguardo sul suo splendido corpo.
Bianco,
liscio, scolpito... era bello da
star male. Sentivo il bisogno fisico di toccare la sua pelle nuda.
Lui
continuava a non muoversi, lo sentivo solo respirare in maniera
irregolare.
Seguii
il
mio istinto, o meglio il mio bisogno impellente, e mi avvicinai per
baciargli
la clavicola. La sua pelle non era fredda come il solito, il lungo
contatto con
la mia l'aveva resa tiepida. Il sapore invece... era sconvolgente, ne
ero
ingorda, non avrei mai saputo dire basta.
Iniziai
a baciarlo sul petto seguendo un percorso immaginario. Mi soffermai a lungo sul suo
cuore per baciarlo più
intensamente.
Sentii
Edward sospirare. Non mi ero resa conto che le sue mani, ora, si
trovavano
pericolosamente appoggiate tra il bordo dei jeans e la mia maglietta.
Con la
punta delle dita cercava la mia pelle nuda ma non osava andare oltre.
Iniziammo
ad indietreggiare, ed improvvisamente le mie gambe colpirono
il bordo di quello che immaginai fosse il letto. Mi prese per la vita e
mi
accompagnò per farmi sdraiare. Lui si distese al mio fianco
e le nostre labbra
si incontrarono.
Mentre
ci baciavamo riuscii a liberarlo della camicia che gettai a
terra senza curarmene troppo.
Lui
si spostò sopra di me, reggendo il suo peso con le braccia,
per
non schiacciarmi. Le mie mani si spostarono sulle sue spalle che sentii
rigide
sotto pressione. Gli accarezzai la schiena, più e
più volte, mentre lui
continuava a baciarmi il collo.
"Non
è giusto però", disse, scostandosi un poco,
"voglio giustizia anche io" e sentii la sua risatina roca
accarezzarmi la pelle sotto il mento. Inutile dire che rabbrividii
ancora di
più. Poi mi pietrificai all'istante quando sentii le sue
mani scivolare sotto
il bordo della mia maglietta e risalire lentamente lungo i miei fianchi.
"Edward..."
sospirai.
Lui
non si fermò, ma mi alitò sulle labbra: "Si?",
con la
voce più seducente che avessi mai potuto immaginare.
"Io...
io non...", sentivo le guance andarmi a fuoco, era
stupido da parte mia, ma era la verità, "ehm, mi vergogno,
non voglio che
tu mi veda".
Le
sue mani si fermarono sulle mie costole. La sua espressione si fece
stupita, tenera ed irritata al tempo stesso.
"Non
dire assurdità Bella, sei la cosa più splendida
che abbia
mai visto".
"Si
vede che in cento anni non ti sei mai guardato allo
specchio", bofonchiai sulle sue labbra. Rise, sensualmente.
"Ti
prego..." fu solo un sussurro, poi le sue labbra si
concentrarono sul mio collo. Non era giusto, stava barando... ma non
avevo più
nemmeno un briciolo di forza per fermarlo. Le sue mani ripresero a
muoversi,
guardinghe, pronte - lo sapevo bene - a fermarsi all'istante se lo
avessi
voluto.
Dopo
un tempo infinito
mi sfilò la maglia dalla testa e la gettò via.
Trattenei il fiato mentre lui mi
osservava.
“Stupenda”,
lo sentii sussurrare tra sè. Poi mi baciò con
evidente
passione, senza nemmeno darmi il tempo di pensare. Ero più
che in imbarazzo e
quando si staccò da me ero rossa di vergogna e boccheggiante.
Con
la coda dell’occhio intravidi il
pacchetto del regalo, abbandonato sul letto, a non più di
mezzo metro da me.
Lui seguì il mio sguardo, perplesso.
All’improvviso ebbi un’idea assurda.
“Potresti
passarmi il pacco, per favore?”. L’avevo preso
totalmente in
contropiede. Si allungò ad afferrare il regalo e mi permise
così di ammirarlo a
petto nudo. La pancia, bianca e brillante, con la pelle tesa, era
irresistibile.
Sconvolgente. Era troppo. Sprofondai ulteriormente nella vergogna e
sospirai di
sollievo quando mi diede il pacco.
Lo
afferrai e sfilai del tutto il nastro di raso rosso che lo teneva
chiuso. Edward continuava ad osservarmi perplesso. Era in ginocchio,
tra le mie
gambe, mentre io mi ero seduta sul letto per poter arrivare al suo
viso.
Mi
afferrò per i polsi. “Che vuoi fare?”.
“Bendarti”,
e cercai nuovamente di raggiungerlo.
“Perché?
Non immaginavo avessi queste strane fantasie!” Rise, ma non
mollò i miei polsi.
“Non
essere ridicolo, è che mi vergogno te l’ho
detto”.
“Sciocca”,
mi bisbigliò, poi sfilò un po’ di
nastro dalle mie dita e
lo avvolse tra le sue, lunghe e pallide. Lo fissai sbalordita.
“Ti
amo. Sei bellissima e io desidero questo momento da una vita,
letteralmente. Ti ho aspettata per cento anni, ti prego, amore, non
nascondermi
la cosa più bella che ci sia al mondo. Ti
scongiuro”, i suoi occhi ardevano di
sincerità. Era bello da mozzare il fiato. Lo attirai,
timida, a me ed insieme
ci distendemmo nuovamente.
Mi
baciò dolcemente e lo ricambiai. Poi lui, mantenendo
intrecciate le
sue dita alle mie, spostò le nostre mani sopra la mia testa,
così facendo gli
fu più difficile reggersi ed il suo corpo fu appoggiato al
mio. Mi inarcai
sotto di lui e lo sentii gemere sulle mie labbra.
Il
bacio si fece meno dolce e più passionale. Dischiusi le
labbra per
intrappolare in me il suo respiro. Inaspettatamente sentii la sua
lingua
cercare un varco tra le mie labbra. Accadde tutto troppo velocemente.
So solo
che mi ritrovai ad assaporare l’interno della sua bocca e lui
il mio. La sua
lingua era fredda, ma non me ne importava. Se i suoi denti erano troppo
affilati non me ne resi conto. Le nostre lingue si rincorrevano in
cerchio,
avanti ed indietro, ansiose di vincere una battaglia che sapevamo
entrambi
sarebbe finita alla pari.
Ci
staccammo a corto di fiato. Sciolse le sue dita dalle mie e mi
accarezzò lievemente tutto il profilo del corpo, ammirandomi.
“Semplicemente
stupenda, sai che sono sincero”.
Lo
sapevo, il suo sguardo era di una profondità sbalorditiva.
Gli
sorrisi, in cambio. Poi lui si chinò per baciarmi il collo,
per scendere sempre
più giù, sino al reggiseno. Sentii uno sbuffo di
protesta, evidentemente gli
era di intralcio.
Timidamente
se ne liberò.
Poi
il sorriso scomparve dal suo volto e nei suoi occhi vi lessi un
bisogno che non aveva nulla a che fare con la sete. Era un bisogno
molto più
antico, primordiale, del tutto umano. Si chinò per sfiorarmi
la clavicola con
la punta del naso, ma sapevo già che sarebbe sceso.
Mi
baciò i seni con delicatezza,
procurandomi brividi incontrollabili. A quel punto iniziai a
preoccuparmi meno
dell’imbarazzo, la mia concentrazione era tutta occupata dal
ricordarmi come si
respirava.
Edward
appoggiò il suo volto perfetto sul mio seno sinistro, sapevo
che stava ascoltando il mio cuore.
“Batte
così forte”, sospirò, poi si distese
completamente sopra di me,
il suo petto nudo per la prima volta fu a contatto con la mia pelle,
senza
nulla d’intralcio. Subito l’elettricità
corse tra noi, sentii che entrambi
stavamo tremando.
Col
viso ad un millimetro dal mio, disse, “Batte così
forte che sembra
voglia arrivare dentro il mio petto e risvegliare il mio cuore
assopito. Lo
senti?”, ebbi a malapena il tempo di annuire.
“Ti
amo”, mi disse, prima di
tornare a baciarmi.
La
passione spazzò via l’imbarazzo e
l’insicurezza. All’improvviso
ogni gesto sembrò giusto, naturale. Ci spogliammo ed Edward
fu sempre molto
attento e delicato. Mi sembrava di essere dentro una bolla di sapone,
con noi
al centro dell’universo. La sua voce ed il suo corpo erano le
uniche cose che
mi impedissero di perdermi alla deriva.
“Ti
amo. Ti voglio. Adesso”, sentivo che era
all’estremo, che mi
desiderava ardentemente, che voleva finalmente dimostrarmi fino a che
punto mi
amava. E lo fece.
Inizialmente
fu guardingo, temetti che si fosse pentito di essersi
spinto così oltre. Poi però entrambi ci lasciammo
andare spinti solo dalla
voglia di amarci, di appartenerci, di essere un’unica carne.
Persi la
concezione di ogni cosa, percepivo solo il suo corpo, l’unica
cosa che per me
avesse importanza.
Passarono
secoli, minuti, ore… non ne ho idea, ma sicuramente furono i
momenti più belli della mia vita.
Era
tutto estremamente dolce, intimo, solo nostro e di nessun altro.
Unico.
Rabbrividii
tra le sue braccia e lo stesso fece lui.
Si
staccò lentamente da me per
distendersi al mio fianco, accogliendo la mia testa sulla sua spalla.
Con una
mano mi accarezzava i capelli. Il cd era terminato da non so quanto
tempo. Gli
unici rumori nella stanza erano i nostri respiri che cercavano di
tornare
regolari. Ogni tanto credevo di sentire anche il tonfo del mio cuore,
che era
quasi riuscito ad uscirmi dal petto sul serio questa volta.
“Grazie”,
la voce di Edward era roca, bassa, appena udibile.
Sorrisi,
“Di cosa?”, e gli diedi un bacio sul petto.
“Di
esserti fidata di me. Di amarmi. Di esistere. Di aver scelto me.
Di essere qui”. E mi baciò la fronte, dolcemente.
Sospirai, stanca e felice
come mai ero stata in vita mia.
“Ti
amo Edward”. Sbadigliai, non riuscii ad impedirmelo.
Edward
mi strinse a se, “Adesso dormi angelo mio. Lascia che te lo
dica nel sonno quanto ti amo, perché quando sei sveglia
posso usare solo le
stesse semplici parole che non rappresentano nemmeno lontanamente
quello che
provo. Dormi amore mio, fa bei sogni. Sei l’unica che mi
abbia mai toccato il
cuore, è tuo e sempre lo sarà”.
Non
avrei potuto rispondere nulla, aveva ragione, le parole non
bastavano. Ecco perché quella notte era stata
così stupenda: entrambi avevamo
dimostrato all’altro quanto profondo fosse il nostro
sentimento.
Prima
di chiudere gli occhi ed abbandonarmi tra le braccia di Morfeo,
alzai il mio viso in cerca delle sue labbra e lo bacia intensamente,
volendolo
con tutta me stessa e trasmettendogli queste sensazioni.
L’ultima
cosa che sentii prima di cadere nell’incoscienza fu la voce
del mio angelo che intonava per me la sua tenera ninna nanna. Dolce,
sincera,
unica e tutta mia.