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Autore: moondance    23/04/2008    7 recensioni
"Ero fuori controllo, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Quei pantaloni neri fasciavano il suo corpo perfetto in maniera altrettanto perfetta. Improvvisamente la baita mi sembrò troppo vuota e fui conscia del fatto che eravamo noi due, soli, probabilmente le uniche due persone nel raggio di miglia." Bella Swan.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' la prima volta che scrivo una cosa del genere, quindi non assicuro nulla!

Beh, spero che commentiate numerosi!!!

Tied forever.

 

Ero rimasta sorpresa di scoprire che i Cullen possedevano una baita in montagna, lontano da Forks. Mi chiesi perché Edward non mi ci avesse mai portata, ma mi avevano spiegato che serviva come rifugio durante la caccia. Quando passavano un week-end lontani da Forks, non restavano certo a “dormire” nella foresta. Poco importava,  la  baita aveva fatto proprio a caso nostro. Non mi era sembrato giusto obbligare Esme e Carlisle, nonché Charlie e Renèe, a spendere altri soldi per un viaggio di nozze in giro per il mondo, quando a me sarebbe bastato avere solo Edward al mio fianco, persino in un paesino sperduto. La cosa mi era sembrata ancora più inutile perché mi si prospettava un’eternità a disposizione per poter viaggiare, perciò avrei fatto risparmiare denaro a tutti, accontentandomi della baita dei Cullen.

Ma certo non mi aspettavo questo: più che una baita sembrava una villa. Entrammo dentro ed Edward si precipitò ad accendere il fuoco nel camino. Ero congelata, la temperatura fuori era davvero bassa. Presi una valigia e cercai di capire dove fosse la stanza.

Edward fu subito al mio fianco, me la sfilò di mano e, presa anche l’altra, mi disse:

“Da questa parte”.

La stanza era molto ampia, tanto che nonostante vi fosse un enorme armadio in legno ed un altrettanto grande letto in ferro battuto, vi era ancora molto spazio libero.

“Vuoi che disfi la tua valigia?”, chiese.

“No, grazie, faccio io. Tu va pure a nutrirti, ci vediamo dopo”.

“Ma…”.

“Sul serio, Edward, ormai sono tre settimane che non vai a caccia. Alice me l’ha detto. Se vuoi metto in ordine io la tua roba”.

“E va bene, d’accordo. Tornerò ancora prima che tu possa sentire la mia mancanza”.

“Impossibile, quando la porta sarà chiusa già mi mancherai”, dissi sorridendo.

Edward mi abbracciò all’improvviso:

“Allora non andrò”.

Evitai le sue labbra per ribattere, prima che mi impedisse di ragionare con uno dei suoi baci.

“Sul serio, va pure. Saprò aspettare”. Con un sospiro mi lasciò andare. A malincuore mi chiusi la porta alle spalle.

Improvvisamente quella baita sembrava ancora più grande. Tornai in camera e disfai le valige. Si capiva che quella casa non era abbandonata, periodicamente qualcuno vi passava del tempo. Magari in cerca di privacy, come noi. Lo si capiva perché era perfettamente in ordine e pulita. Poi vi erano dei vestiti di Edward nell’armadio, nonché alcuni scaffali occupati da cd – nulla a che vedere con la collezione che aveva a Forks – ed uno stereo. Vi era persino un letto con lenzuola pulite.

Messa ogni cosa al suo posto mi aggirai per la casa per potermi orientare meglio. Si capiva che era una casa dei Cullen, riuscivo ad intuire il tocco di Esme nei dettagli come le arcate, le ampie stanze… e quello di Alice nei soprammobili e nell’arredamento. Sorrisi tra me, sentendomi stranamente a casa.

Tornai nella stanza di Edward e mi distesi sul letto, esausta. Sentii il tonfo di qualcosa che cadeva a terra. Mi allungai e vidi sul pavimento un pacchetto regalo. Lo presi in mano terrorizzata. Odiavo le sorprese.

Aprii il biglietto e lessi ciò che vi era scritto in bella calligrafia:

 

Per Bella ed Edward,

visto che mi è stato proibito di sbirciare nel vostro futuro

finché non sarete di ritorno, almeno fate qualche ripresa.

Vi prego, non siate crudeli.

 

Alice.

 

Risi ed aprii il regalo più rilassata. Delle mani pallide afferrarono il biglietto che avevo appoggiato sulla trapunta. Non lo avevo sentito rientrare.

“E’ proprio incorreggibile”, sbuffò.

“Edward! Sei tornato!”. E mi gettai tra le sue braccia, abbandonando il pacchetto, non del tutto aperto, sul letto.

“Te l’avevo detto che non avresti fatto in tempo a sentire la mia mancanza”, disse mentre si sedeva accanto a me, sul letto. Mi avvicinai a lui e ci baciammo. Purtroppo il mio stomaco brontolò senza preavviso ed io arrossii, mortificata.

“Ti chiedo scusa, sono stato tremendamente sbadato. Lascia che prepari qualcosa”.

“Non è necessario, faccio io”.

“Davvero, Bella, mi farebbe piacere”, mi lanciò un’occhiata di topazio liquido che non ammetteva repliche. In cucina lo vidi muoversi con sicurezza. Aprì il frigorifero e rimasi sconvolta nel vedere la quantità di cibo che vi era, avrebbe potuto sfamare un esercito.

“Esme temeva che ti facessi morire di fame”, disse sorridendo, “Le ho dovuto giurare che avrei pensato a tutto io, e che ti avrei nutrita bene”.

“Certo! Ma hai per caso intenzione di farmi diventare un elefante con tutta quella roba?”

“Uhm”,mi guardò più a lungo del necessario, con uno sguardo malizioso che mandò le mie guance in fiamme. “No, direi che vorrei proprio riportarti indietro così, sei perfetta. Adorabile”.

“Lo dici come se fossi una bambina”, gli confessai, nauseata al ricordo di tutte le volte che, da piccola, mi avevano ripetuto quanto fossi “carina” o “adorabile” con certi vestiti. Per una volta avrei voluto essere bella. Una bella donna.

“Sei sexy, così va meglio?”.

Arrossii ulteriormente, “Smettila di prendermi in giro”, sibilai e mi concentrai sul piatto davanti a me. Edward rise, poi si mise al mio fianco e mi accarezzò la testa. Incontrai i suoi occhi e quello sguardo mi bastò a perdonarlo.

“E’ buono?”, chiese titubante.

“Ottimo”.

“Mi fa piacere”.

“Grazie”, dissi, poi mi alzai e misi il piatto vuoto nel lavandino. Edward si offrì di lavarlo per me ed in mezzo secondo l’intera cucina era nuovamente pulita ed in ordine. Sospirai e mi diressi verso la camera, ero davvero stanca. Lui mi seguì e mi strinse alla vita, finché non raggiunsi il letto. Lasciò che mi stendessi per poi dirigersi verso gli scaffali.

Nell'aria quella sera c'era un profumo dolce, mi sembrava lavanda. Non ne ero sicura però, perché il tutto era sovrastato dal soave profumo di Edward. Ne ero inebriata ormai.

L'oggetto dei miei pensieri stava leggermente curvo davanti agli scaffali pieni di cd ed era immerso nella sua caccia. Sentivo un prurito alle mani insopportabile. Volevo toccarlo, accarezzargli leggermente la schiena, scendere sul busto ed aprire ogni singolo bottone di quella maledetta camicia bianca che gli aderiva al petto. Mi sembrava di impazzire.

Respirai a fondo e fui costretta a chiudere gli occhi per un momento. Tutta la stanchezza che avevo sentito sino ad un secondo prima era scomparsa. Quando riaprii gli occhi lui aveva già scelto un cd ed ora era chino davanti allo stereo, per inserirlo.

Ero fuori controllo, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Quei pantaloni neri fasciavano il suo corpo perfetto in maniera altrettanto perfetta. Improvvisamente la baita mi sembrò troppo vuota e fui conscia del fatto che eravamo noi due, soli, probabilmente le uniche due persone nel raggio di miglia.

Ero ancora intenta ad ammirarlo quando si sollevò e si girò verso di me con un lieve sorriso sul volto. Ovviamente non potei impedirmi di arrossire e lui mi venne incontro.  Mi alzai dal letto per poterlo abbracciare stretta. Appoggiai la testa alla sua spalla incredibilmente solida. Nel frattempo la musica aveva iniziato a riempire la stanza,  aveva scelto i Muse, li adoravamo entrambi.

"Cosa c'è che ti turba?", mi chiese Edward con un basso sussurro.

Cercai di nascondere maggiormente il viso nella sua spalla, stringendomi ulteriormente a lui. Lo sentii sospirare, ma non mi allontanò come mi aspettavo. Anzi, immerse il viso nei miei capelli e lo sentii respirare lentamente e a fondo.

"Nulla, sono solo contenta di essere qui. Mi sei mancato, sai?", mi alzai in punta di piedi per posargli un breve bacio sul collo pallido e liscio. Facendo questo mi sbilanciai e mi ritrovai totalmente sorretta da lui. Sospirò di nuovo.

"Anche tu". Poi sentii le sue mani spostarsi sulle mie spalle, sapevo che stava per allontanarmi da lui. Usare la mia misera forza per impedirglielo sarebbe stato  totalmente inutile, perciò agii d'istinto e con la punta della lingua tracciai una scia dalla base del suo collo sino alla mascella liscia e squadrata. Rabbrividì tra le mie braccia e questa sua reazione mi procurò una tempesta di farfalle nello stomaco.

Ancora una volta anziché scostarsi da me, mi tenne stretta ed iniziò a baciarmi leggermente l'orecchio. Io, dal canto mio, mi allacciai saldamente alle sue spalle. Per nulla al mondo mi sarei mossa da lì. Tutto, chiedetemi tutto, ma non di interrompere questo momento, pensai.

Edward iniziò ad accarezzarmi con le labbra il profilo del viso, sino al mento, poi, delicato, scese lungo il mio collo. Deglutii a fatica e lui si staccò da me. La situazione mi aveva reso più temeraria perciò lo afferrai da dietro la nuca prima che potesse allontanarsi e lo attirai verso di me. Certo era un gesto stupido, lui era mille volte più forte di me e non si sarebbe mosso di un millimetro, ma mentre pensavo queste cose le sue labbra premettero sulle mie con decisione e il resto del mondo fu chiuso fuori dalla stanza.

Dischiusi leggermente le labbra per cogliere il suo respiro accelerato, lo stesso fece lui. Avevo in testa una enorme confusione, tremavo, ma sapevo di non poter osare di più. Non riuscivo più a pensare. Non riuscivo a ricordare perché non potevamo approfondire quel bacio.

Stavo per assaporare le sue labbra con la mia lingua quando lui mi staccò da se di un centimetro e sussurrò, roco, sulle mie labbra: "I denti, Bella, ti prego non esagerare".

Denti? Ma chi se ne importava! Volevo lui. Il resto era irrilevante. Mi gettai con impeto in cerca delle sue labbra e nuovamente le ritrovai pronte ad accogliermi. Sentivo una certa urgenza in quel bacio. Non solo da parte mia. Non potevo crederci ma anche lui stava tremando. Non ci eravamo mai baciati così. Sentivo che Edward era senza controllo. Mi stava divorando le labbra, le guance, il mento, il collo e poi nuovamente le labbra. Stavo impazzendo, ansimavo, ma non mi importava. Calmarsi e ragionare era totalmente impossibile.

Nei brevi istanti in cui le sue labbra abbandonavano la mia bollente pelle per spostarsi altrove, lo sentivo mormorare con voce sempre più roca: "Bella, ti prego...".

Ti prego, cosa? Sembrava mi stesse supplicando... di fermarlo? Neanche per idea, era ciò che desideravo più al mondo! Di concedermi a lui? Non c'era bisogno che mi pregasse, ero già sua. Di non avere paura e di fidarmi ciecamente di lui, forse? Anche questo non era un problema. Valeva la pena di morire per ricevere da lui un solo bacio come quello che mi stava dando.

Intrecciai le dita con i suoi capelli e lo strinsi più forte a me, mentre lui mi baciava il collo. Il contatto delle sue labbra e della sua lingua mi mandò in estasi. Era davvero il paradiso.

"Ti amo", gli sussurrai, forse per incoraggiarlo, forse perché non c'era altro da dire se non questo.

Sentii le sue mani scorrere lentamente lungo la mia schiena, avanti ed indietro, sempre dolcemente. Mi persi cercando di tenere il conto di quante volte ripeterono il tragitto. Poi feci scorrere la mia mano libera sul suo petto, liberandolo dalla presa ferrea che avevo sulla sua spalla. Edward non si allontanò, era troppo impegnato a baciarmi per accorgersi dei miei movimenti. Salii fino al collo, in cerca del colletto della camicia, ed iniziai a slacciare il primo bottone.

Lui si irrigidì in un istante. Staccò le sue labbra dalle mie e rimase immobile a fissarmi. Nei suoi occhi avrei giurato di aver visto delle fiamme, ma non di ira.

Tenni i nostri sguardi legati, non avevo idea di che aspetto avessi né di che cosa lui leggesse nei miei occhi. Poco importava, lentamente continuai a slacciare i bottoni, uno dopo l'altro, finché non arrivai ai pantaloni. Lasciai la presa sui suoi capelli e con entrambe le mani sfilai la camicia dal bordo dei suoi jeans neri. Altri due bottoni e fu aperta. Non smettemmo di osservarci negli occhi nemmeno per un istante. Lui teneva le sue mani appoggiate alla mia vita, ma continuava a non muoversi. Eravamo entrambi impietriti ed io non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Con le mani risalii sino a metà petto e scostai i lembi della camicia bianca.

Solo allora abbassai lo sguardo sul suo splendido corpo. Bianco, liscio, scolpito... era bello da star male. Sentivo il bisogno fisico di toccare la sua pelle nuda.

Lui continuava a non muoversi, lo sentivo solo respirare in maniera irregolare. Seguii il mio istinto, o meglio il mio bisogno impellente, e mi avvicinai per baciargli la clavicola. La sua pelle non era fredda come il solito, il lungo contatto con la mia l'aveva resa tiepida. Il sapore invece... era sconvolgente, ne ero ingorda, non avrei mai saputo dire basta.

Iniziai a baciarlo sul petto seguendo un percorso immaginario. Mi soffermai a lungo sul suo cuore per baciarlo più intensamente. Sentii Edward sospirare. Non mi ero resa conto che le sue mani, ora, si trovavano pericolosamente appoggiate tra il bordo dei jeans e la mia maglietta. Con la punta delle dita cercava la mia pelle nuda ma non osava andare oltre.

Iniziammo ad indietreggiare, ed improvvisamente le mie gambe colpirono il bordo di quello che immaginai fosse il letto. Mi prese per la vita e mi accompagnò per farmi sdraiare. Lui si distese al mio fianco e le nostre labbra si incontrarono. Mentre ci baciavamo riuscii a liberarlo della camicia che gettai a terra senza curarmene troppo. Lui si spostò sopra di me, reggendo il suo peso con le braccia, per non schiacciarmi. Le mie mani si spostarono sulle sue spalle che sentii rigide sotto pressione. Gli accarezzai la schiena, più e più volte, mentre lui continuava a baciarmi il collo.

"Non è giusto però", disse, scostandosi un poco, "voglio giustizia anche io" e sentii la sua risatina roca accarezzarmi la pelle sotto il mento. Inutile dire che rabbrividii ancora di più. Poi mi pietrificai all'istante quando sentii le sue mani scivolare sotto il bordo della mia maglietta e risalire lentamente lungo i miei fianchi.

"Edward..." sospirai.

Lui non si fermò, ma mi alitò sulle labbra: "Si?", con la voce più seducente che avessi mai potuto immaginare.

"Io... io non...", sentivo le guance andarmi a fuoco, era stupido da parte mia, ma era la verità, "ehm, mi vergogno, non voglio che tu mi veda".

Le sue mani si fermarono sulle mie costole. La sua espressione si fece stupita, tenera ed irritata al tempo stesso.

"Non dire assurdità Bella, sei la cosa più splendida che abbia mai visto".

"Si vede che in cento anni non ti sei mai guardato allo specchio", bofonchiai sulle sue labbra. Rise, sensualmente.

"Ti prego..." fu solo un sussurro, poi le sue labbra si concentrarono sul mio collo. Non era giusto, stava barando... ma non avevo più nemmeno un briciolo di forza per fermarlo. Le sue mani ripresero a muoversi, guardinghe, pronte - lo sapevo bene - a fermarsi all'istante se lo avessi voluto. Dopo un tempo infinito mi sfilò la maglia dalla testa e la gettò via. Trattenei il fiato mentre lui mi osservava.

“Stupenda”, lo sentii sussurrare tra sè. Poi mi baciò con evidente passione, senza nemmeno darmi il tempo di pensare. Ero più che in imbarazzo e quando si staccò da me ero rossa di vergogna e boccheggiante. Con la coda dell’occhio intravidi il pacchetto del regalo, abbandonato sul letto, a non più di mezzo metro da me. Lui seguì il mio sguardo, perplesso. All’improvviso ebbi un’idea assurda.

“Potresti passarmi il pacco, per favore?”. L’avevo preso totalmente in contropiede. Si allungò ad afferrare il regalo e mi permise così di ammirarlo a petto nudo. La pancia, bianca e brillante, con la pelle tesa, era irresistibile. Sconvolgente. Era troppo. Sprofondai ulteriormente nella vergogna e sospirai di sollievo quando mi diede il pacco. Lo afferrai e sfilai del tutto il nastro di raso rosso che lo teneva chiuso. Edward continuava ad osservarmi perplesso. Era in ginocchio, tra le mie gambe, mentre io mi ero seduta sul letto per poter arrivare al suo viso.

Mi afferrò per i polsi. “Che vuoi fare?”.

“Bendarti”, e cercai nuovamente di raggiungerlo.

“Perché? Non immaginavo avessi queste strane fantasie!” Rise, ma non mollò i miei polsi.

“Non essere ridicolo, è che mi vergogno te l’ho detto”.

“Sciocca”, mi bisbigliò, poi sfilò un po’ di nastro dalle mie dita e lo avvolse tra le sue, lunghe e pallide. Lo fissai sbalordita.

“Ti amo. Sei bellissima e io desidero questo momento da una vita, letteralmente. Ti ho aspettata per cento anni, ti prego, amore, non nascondermi la cosa più bella che ci sia al mondo. Ti scongiuro”, i suoi occhi ardevano di sincerità. Era bello da mozzare il fiato. Lo attirai, timida, a me ed insieme ci distendemmo nuovamente.

Mi baciò dolcemente e lo ricambiai. Poi lui, mantenendo intrecciate le sue dita alle mie, spostò le nostre mani sopra la mia testa, così facendo gli fu più difficile reggersi ed il suo corpo fu appoggiato al mio. Mi inarcai sotto di lui e lo sentii gemere sulle mie labbra.

Il bacio si fece meno dolce e più passionale. Dischiusi le labbra per intrappolare in me il suo respiro. Inaspettatamente sentii la sua lingua cercare un varco tra le mie labbra. Accadde tutto troppo velocemente. So solo che mi ritrovai ad assaporare l’interno della sua bocca e lui il mio. La sua lingua era fredda, ma non me ne importava. Se i suoi denti erano troppo affilati non me ne resi conto. Le nostre lingue si rincorrevano in cerchio, avanti ed indietro, ansiose di vincere una battaglia che sapevamo entrambi sarebbe finita alla pari.

Ci staccammo a corto di fiato. Sciolse le sue dita dalle mie e mi accarezzò lievemente tutto il profilo del corpo, ammirandomi.

“Semplicemente stupenda, sai che sono sincero”.

Lo sapevo, il suo sguardo era di una profondità sbalorditiva. Gli sorrisi, in cambio. Poi lui si chinò per baciarmi il collo, per scendere sempre più giù, sino al reggiseno. Sentii uno sbuffo di protesta, evidentemente gli era di intralcio. Timidamente se ne liberò.

Poi il sorriso scomparve dal suo volto e nei suoi occhi vi lessi un bisogno che non aveva nulla a che fare con la sete. Era un bisogno molto più antico, primordiale, del tutto umano. Si chinò per sfiorarmi la clavicola con la punta del naso, ma sapevo già che sarebbe sceso. Mi baciò i seni con delicatezza, procurandomi brividi incontrollabili. A quel punto iniziai a preoccuparmi meno dell’imbarazzo, la mia concentrazione era tutta occupata dal ricordarmi come si respirava.

Edward appoggiò il suo volto perfetto sul mio seno sinistro, sapevo che stava ascoltando il mio cuore.

“Batte così forte”, sospirò, poi si distese completamente sopra di me, il suo petto nudo per la prima volta fu a contatto con la mia pelle, senza nulla d’intralcio. Subito l’elettricità corse tra noi, sentii che entrambi stavamo tremando.

Col viso ad un millimetro dal mio, disse, “Batte così forte che sembra voglia arrivare dentro il mio petto e risvegliare il mio cuore assopito. Lo senti?”, ebbi a malapena il tempo di annuire.

 “Ti amo”, mi disse, prima di tornare a baciarmi.

La passione spazzò via l’imbarazzo e l’insicurezza. All’improvviso ogni gesto sembrò giusto, naturale. Ci spogliammo ed Edward fu sempre molto attento e delicato. Mi sembrava di essere dentro una bolla di sapone, con noi al centro dell’universo. La sua voce ed il suo corpo erano le uniche cose che mi impedissero di perdermi alla deriva.

“Ti amo. Ti voglio. Adesso”, sentivo che era all’estremo, che mi desiderava ardentemente, che voleva finalmente dimostrarmi fino a che punto mi amava. E lo fece.

Inizialmente fu guardingo, temetti che si fosse pentito di essersi spinto così oltre. Poi però entrambi ci lasciammo andare spinti solo dalla voglia di amarci, di appartenerci, di essere un’unica carne. Persi la concezione di ogni cosa, percepivo solo il suo corpo, l’unica cosa che per me avesse importanza.

Passarono secoli, minuti, ore… non ne ho idea, ma sicuramente furono i momenti più belli della mia vita.

Era tutto estremamente dolce, intimo, solo nostro e di nessun altro. Unico.

Rabbrividii tra le sue braccia e lo stesso fece lui. Si staccò lentamente da me per distendersi al mio fianco, accogliendo la mia testa sulla sua spalla. Con una mano mi accarezzava i capelli. Il cd era terminato da non so quanto tempo. Gli unici rumori nella stanza erano i nostri respiri che cercavano di tornare regolari. Ogni tanto credevo di sentire anche il tonfo del mio cuore, che era quasi riuscito ad uscirmi dal petto sul serio questa volta.

“Grazie”, la voce di Edward era roca, bassa, appena udibile.

Sorrisi, “Di cosa?”, e gli diedi un bacio sul petto.

“Di esserti fidata di me. Di amarmi. Di esistere. Di aver scelto me. Di essere qui”. E mi baciò la fronte, dolcemente. Sospirai, stanca e felice come mai ero stata in vita mia.

“Ti amo Edward”. Sbadigliai, non riuscii ad impedirmelo.

Edward mi strinse a se, “Adesso dormi angelo mio. Lascia che te lo dica nel sonno quanto ti amo, perché quando sei sveglia posso usare solo le stesse semplici parole che non rappresentano nemmeno lontanamente quello che provo. Dormi amore mio, fa bei sogni. Sei l’unica che mi abbia mai toccato il cuore, è tuo e sempre lo sarà”.

Non avrei potuto rispondere nulla, aveva ragione, le parole non bastavano. Ecco perché quella notte era stata così stupenda: entrambi avevamo dimostrato all’altro quanto profondo fosse il nostro sentimento.

Prima di chiudere gli occhi ed abbandonarmi tra le braccia di Morfeo, alzai il mio viso in cerca delle sue labbra e lo bacia intensamente, volendolo con tutta me stessa e trasmettendogli queste sensazioni.

L’ultima cosa che sentii prima di cadere nell’incoscienza fu la voce del mio angelo che intonava per me la sua tenera ninna nanna. Dolce, sincera, unica e tutta mia.

  
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