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Autore: Dark Shinobi    24/04/2008    4 recensioni
Era notte, una di quelle serate dense e scure, ed il cielo sembra voler esprimere tutta la sua compassione nei confronti del mondo, piangendo per lui, cercando di purificarlo; c'era un bambino che non dormiva, non ancora, e se ne stava solo sotto un porticato di pietra, appena sfiorato dalla pioggia, quasi insensibile a quell'insolito freddo estivo. Piangeva.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Squall Leonheart
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Occhi di ghiaccio

Dollet

 

“La nave sta per attraccare, tutto chiaro?”Shu, la SeeD di rango A assegnata all’unità operativa numero uno della missione, concluse il suo discorso battendo le mani. Varie teste annuirono, e Squall Leonhart si trovò a valutarle una per una, con sguardo atipico.
Dall’angolo opposto del veicolo Zell Dintch gli sorrise incerto, prima di alzarsi ed iniziare a prendere a pugni l’aria, com’era solito fare durante i momenti di nervosismo.
Squall ruotò appena il capo, subito alla sua destra, e con un sospiro notò che Seifer Almasy era ancora là, dove lo aveva lasciato. Per un momento di pura illusione aveva sperato potesse scomparire dal quel sedile, così, con un battito di ciglia, e invece il biondo gli ricambiò lo sguardo con aria di sfida, senza però fiatare; quella figura alta e impostata, quel volto duro e virile, incorniciato dai capelli corti e biondi appena scarmigliati ed illuminato da un paio di occhi verdi e lampeggianti… Squall si trovò ad invidiare tutto questo per alcuni, brevi istanti. Seifer era l’autoritratto della sicurezza e della forza. Il gunblade che brandiva poteva essere solo il catalizzatore perfetto per l’irruenza espressa da un carattere del genere.
Mentre il suo, di volto, non si poteva certo catalogare fra le facce più temibili del pianeta; non era il viso di un guerriero, nonostante la cicatrice e la perenne serietà lo avessero reso inespressivo: quegli occhi blu erano la testimonianza che sotto l’armatura del guerriero vivesse ancora un bambino piuttosto insicuro.
“Hai paura?”la voce di Seifer lo raggiunse simile ad una ventata gelida, facendolo voltare dal lato opposto. La domanda era lecita, in un contesto del genere… eppure non l’aveva ancora affrontata con la dovuta calma.
Ricordava la scossa d’adrenalina che gli aveva percorso le vene alla notizia che la sua prima missione SeeD, il suo esame, si sarebbe svolto in un vero campo di battaglia; ma non d’aver pensato seriamente a tutti i pericoli cui andava incontro.
In fondo la missione non era complicata. Il gruppo d’azione avrebbe dovuto irrompere nel centro abitato, annientando le truppe nemiche accampate in città. Il tutto si sarebbe risolto a qualche scontro o poco più. Il loro appuntamento con le truppe alleate graduate era nella piazza di Dollet, a circa quattro chilometri dalla spiaggia dove sarebbero attraccati di lì a breve.
Non era una missione complicata, si ripetè con più decisione. Si poteva paragonare ad un semplice training; eppure una strana carica gli correva nel sangue, rendendolo attivo e facendogli battere i denti al tempo stesso. Era…paura?
“Non lo so.”Rispose seccamente, tornando a guardare Seifer.
“Beh, tu devi solo seguire i miei ordini… Io”il biondo non mancò di sottolineare aspramente quella parola.
“Io sono il caposquadra, tu un semplice subordinato. Ora, Squall…vai a controllare la situazione là fuori.”Un’affermazione piena di ilarità, accentuata da un sorriso sghembo.
“Questo è un ordine.”Quel bastardo, pensò Squall assottigliando le palpebre verso il ragazzo. Contestare avrebbe solo peggiorato la situazione, e non voleva disfare il clima di concentrazione creatosi nel gruppo, quindi si limitò ad un semplice “Ricevuto”, alzandosi e risalendo la scaletta che portava sul tetto del veicolo.
Che strano assortimento aveva scelto Quistis nell’organizzare quella squadra, aveva pensato Squall nel momento in cui la professoressa stessa e Shu lo avevano reso partecipe di quelle disposizioni. Ora capiva perfettamente il perché di quella decisione: Zell Dintch era visto come uno scansafatiche un po’ stravagante, con l’emisfero facciale sinistro tatuato da uno strano tribale e i capelli biondi pettinati in una cresta troppo ribelle, ma in verità le sue capacità combattive erano superiori alla media; le sue arti marziali erano tradite solo da una eccessiva emotività, stando a quanto si vociferava, ma i nemici non avevano scampo di fronte ai suoi pugni. Seifer? Beh, lui era il suo rivale, e tanto bastava per classificarlo fra i più capaci della scuola.
Nell’osservare la spiaggia di Dollet devastata, costellata da esplosioni luminose e lampi magici, Squall Leonhart comprese d’un tratto il perché di quella scelta.
Quistis doveva selezionare i più capaci fra le matricole, qui non si giocava: o meglio, qui era in gioco la vita. Gli “scherzi” del centro addestramento erano finiti; rimaneva solo l’amara verità del campo di battaglia, fatta di freddezza e cattiveria.
“Bene.”mormorò, dispiegando fra le mani la cartina geografica del territorio, osservando ciò che, di lì a breve, sarebbe diventato anche il suo campo di battaglia.

“Voi pattugliate fino alla piazza centrale della città. Conoscete la morfologia del territorio, conoscete le giubbe da annientare. Non vi resta che andare, forza!”Quistis incitò il gruppo con la sua voce piena e squillante, trattenendo poi Seifer per una manica.
“Seifer, mi raccomando.”
“Hey, maestra, le raccomandazioni se le tenga per i buoni a nulla.”Fece Seifer con la sua solita aria strafottente, dandole le spalle nell’incamminarsi verso la cittadella col gunblade in spalla.
“Sì, appunto.”Le fece eco lei, ricevendo in risposta un borbottio indistinto che voleva assomigliare vagamente ad un “che barba”.
“In bocca al lupo!”L’augurio di Shu risuonò diverse volte fra le mura antiche e nere, accompagnando i commenti di Zell che, al contrario di Seifer e Squall, aveva tutta l’aria di un ragazzino eccitato, lieto di commentare ad alta voce la sua prima esperienza d’armi.
“Taci, gallinaccio.”Tagliò corto Seifer, lanciandogli un’occhiata gelida; quello gli rispose con un muso cagnesco, puntellandosi alle spalle di Squall.
“Piantatela entrambi, state allerta. Galbadia è famosa per le sue truppe ben addestrate.”Squall si guardò intorno con aria circospetta.
Era una città che si affacciava sul mare, pertanto il vento era quasi onnipresente; spirava fra le mura di cinta dando vita a lamenti acuti, come se qualche sirena, morente fra quelle insenature, desse voce alla sua disperazione. Le case erano anch’esse molto rustiche, costruite con la pietra che, molto probabilmente, proveniva dalle stesse cave sulla scogliera.
Avvistato il ponte, Squall richiamò i compagni con un cenno; Seifer lo seguì con passo celere.
“Gallinaccio, datti una mossa. Non possiamo aspettare i tuoi comodi!”sbottò il biondo, cercando con lo sguardo il compagno.
Prima ancora che i due gunblader se ne accorgessero, Zell era scattato in avanti cogliendo in contropiede due soldati nemici; i galbadiani erano stramazzati al suolo, con l’osso del collo spezzato, sotto il sorriso compiaciuto di due occhi azzurri.
“Dicevi, caposquadra?”Zell si affiancò a Squall, sotto lo sguardo di un Seifer molto accigliato.

La pattuglia proseguì regolarmente fino alla piazza centrale, luogo dove avrebbero dovuto aspettare nuove disposizioni attraverso la squadra B, la quale aveva il compito di documentare la spedizione e portare eventuali ordini ai gruppi armati. Era un miracolo, pensò Squall, che il gruppo fosse rimasto unito fino a quel punto. Fra i battibecchi di Zell e Seifer, che più a due soldati assomigliavano a due bambini pestiferi, e i galbadiani che sciamavano come api da qualsiasi vicolo adatto per un’imboscata, la missione si era rivelata più complicata del previsto.
La cosa più strana era che Seifer non era ancora stato folgorato da una delle sue brillanti idee; idee con le quali soleva rovinare ogni piano congeniato fino al minimo dettaglio, con la sua attitudine innata al cosiddetto “casino”.
“Non ci sono più nemici.”fece Squall, avvicinandosi alla fontana circolare della piazza, specchiandosi nell’acqua corrente.
“Già, che noia…”Zell incominciò a camminare su e giù con le mani in tasca, accompagnato da un cane randagio che sembrava non avere di meglio da fare.
“Non ce la faccio più! E questo cos’è? Un cane da riporto?!”sbottò Seifer, gesticolando pericolosamente con il gunblade nella mano sinistra.
Lentamente ma inesorabilmente il cane incominciò a lamentarsi, ad ululare, voltandosi verso il vicolo opposto al ponte da cui provenivano; un comportamento insolito per un semplice randagio, osservò Squall, e presto i suoi timori vennero confermati dal rumore di passi concitati in avvicinamento.
Tutti e tre si nascosero in fretta in una viuzza lì vicino, trattenendo il respiro. Avrebbero potuto affrontare il nemico frontalmente, ma i passi erano troppo confusi per poter azzardare un’ipotesi sulla numerosità del manipolo.
La fortuna di lavorare in uno scenario del genere era di poter contare su un reticolato fitto di strade e stradine; anche se allo stesso modo il nemico si era attrezzato ad arte, disseminando la città di svariate pattuglie nascoste, in quel momento tale “via del sole” risultò vitale per il nostro gruppo.
Solo Zell osò sporgersi appena per spiare la sfilata di un gruppo armato che rivelò essere più numeroso del previsto; una volta passato il pericolo, il guerriero fece un cenno agli altri due, uscendo allo scoperto nella piazza.
“Vanno lì su, gli stronzi.”Zell indicò un punto imprecisato della montagna che si affacciava minacciosa sulla città, sul cucuzzolo culminante un’antenna tutta ferri e fili.
“Che ci andranno a fare?”domandò Seifer con curiosità crescente, e nel tono di voce, e negli occhi. Squall riconobbe quell’atteggiamento: non ne sarebbe nato nulla di buono; quindi optò per la via più diretta e indolore adatta a spegnere l’entusiasmo del rivale: i progetti che sarebbero potuti germogliare di lì a breve dalla mente del suo ‘capitano’ andavano stroncati sul nascere.
Un suo errore poteva compromettere la prova di tutti e tre, e lui non voleva certo questo. Ecco cos’era venuto a fare: la bàlia di un guerriero troppo curioso e fantasioso per poter essere un buon soldato.
“Non ci interessa, quell’area non è sotto la nostra giurisdizione. A noi interessa solo la piazza, e qui dobbiamo attendere gli ordini di Shu…”asserì gelido Squall, appoggiandosi al muro di un negozio d’animali che si affacciava sulla piazza circolare.
“…caposquadra.”Rincarò la dose di freddezza, usando quell’appellativo come una sorta di ammonimento.
“Ha ragione Squall, noi dobbiamo rimanere qui…o vuoi che l’esame ci vada male, eh? Mi pare che non è la prima volta che ripeti, eh, Seifer?”Asserì Zell con veemenza, pestando un piede per terra.
“Questa è la nostra postazione, e noi rimaniamo qua.”
“Come siete noiosi...”Seifer sventolò una mano guantata davanti al naso, avvicinandosi al moro e guardandolo dall’alto al basso con un risolino sardonico stampato in faccia.
“Di la verità al vecchio Seifer…anche a te va di rompere qualche testa, vero?”quella voce melensa e un buffetto sulla faccia invitarono Squall a scostare il rivale con una scrollata di spalle.
“Piantala.”il ragazzo indietreggiò di qualche passo, sospirando.
“Che vuoi fare?”domandò infine, dandogli retta secondo una logica oscura perfino a se stesso.
“Andiamo a vedere cosa organizzano quei soldati! E’ la nostra occasione, finalmente possiamo combinare qualcosa di più, che un semplice combattimento fra soldatini…”Seifer lanciò un’occhiata alla torre di trasmissione in cima alla montagna, alzando il gunblade per indicarla.
“Ovviamente gli sfaticati possono pure tornare alla spiaggia a prendere un po’ di sole! Non ci servono dei pesi morti.”sghignazzò il biondo, lanciando a Zell un’occhiata tagliente. Gli occhi di Seifer erano quanto mai rari: risultavano sempre imperscrutabili ed illeggibili, ma sapevano trasmettere ora ripudio e sufficienza, ora scherno e cattiveria; belli e terribili al tempo stesso, avevano fatto innamorare tante ragazze e tanti ragazzi e imbestialire tanti ragazzi e tante ragazze.
“Al diavolo! Squall, diglielo tu…!”
“…In fin dei conti è lui il caposquadra…”Sentiva crescere in lui lo spirito di sfida. Sì, per un momento Squall sentì di dover dare ragione a Seifer e di doverlo seguire fin su la torre di trasmissione. Galbadia stava nascondendo qualcosa, qualcosa di più grosso che una semplice guerra di conquista, probabilmente, e loro potevano scoprire cosa!
L’occasione d’oro per un combattimento coi fiocchi. Loro due, in competizione contro il nemico: il momento topico della loro sfida.
Era pur sempre vero, però, che gli ordini erano ordini, e trasgredirli avrebbe comportato delle sanzioni.
“Già, il mio è un ordine, gallinaccio. Adesso decidi in che senso muovere il culo, se verso la spiaggia…o con me e Squall.”
Squall guardò Seifer, inarcando un sopracciglio; evidentemente lui dava già per scontato che lo avrebbe accompagnato nella sua pazza avanscoperta. Zell quindi guardò Squall con aria supplice, reclinando appena il capo sulla destra.
“Se ci saranno cambiamenti negli ordini di Shu, un portaordini verrà a cercarci. Non è lontano, vedi? Guarda.”Lasciò cadere la frase, incerto delle sue stesse parole, incamminandosi alle spalle di Seifer; questo, dal canto suo, già avanzava verso la salita che si inerpicava su per la montagna.
“…al diavolo…”digrignò fra i denti Zell, e si accodò al compagno.
“Se lo dici tu, Squall…”concluse con aria rassegnata, infilandosi i guanti da combattimento come in segno di muta sottomissione alla decisione di Seifer.
Squall, il ragazzo serio e ligio al dovere, rispettoso degli ordini e quant'altro, aveva appena trasgredito; Squall, il taciturno e lo scostante, aveva appena incoraggiato una persona.
Una giornata piena di novità, decisamente. Non gli sarebbe mai saltato in mente prima!, pensò con un moto inspiegabile di stizza.
Eppure si sentiva in debito verso Zell, come se fosse stato lui, Squall Leonhart, il vero caposquadra della spedizione. Seifer poteva essere considerato un leader?
Non ne era sicuro, ma di una cosa era certo: riusciva sempre a trascinarlo in situazioni complicate, col suo atteggiamento strafottente, capace di minimizzare ogni problema.
Ora sentiva solo un bisogno impellente, dimostrare a quel sedicente graduato che la scelta di Quistis era stata sbagliata. Lui era il maestro del gunblade, lui lo avrebbe battuto: galbadia sarebbe stata l’occasione perfetta per dimostrargli la sua bravura assoluta nell’utilizzo dell'arma.
Erano giovani, erano ciechi di fronte ad un mondo nuovo; ancora incartati in una placenta che costituiva il loro piccolo microcosmo, fatto di sfide e competizioni.
Presto tutto sarebbe cambiato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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