Dollet
“La nave sta per attraccare,
tutto chiaro?”Shu, la SeeD di rango A assegnata all’unità operativa numero uno
della missione, concluse il suo discorso battendo le mani. Varie teste
annuirono, e Squall Leonhart si trovò a valutarle una per una, con sguardo
atipico.
Dall’angolo opposto del veicolo Zell Dintch gli sorrise incerto,
prima di alzarsi ed iniziare a prendere a pugni l’aria, com’era solito fare
durante i momenti di nervosismo.
Squall ruotò appena il capo, subito alla
sua destra, e con un sospiro notò che Seifer Almasy era ancora là, dove lo aveva
lasciato. Per un momento di pura illusione aveva sperato potesse scomparire dal
quel sedile, così, con un battito di ciglia, e invece il biondo gli ricambiò lo
sguardo con aria di sfida, senza però fiatare; quella figura alta e impostata,
quel volto duro e virile, incorniciato dai capelli corti e biondi appena
scarmigliati ed illuminato da un paio di occhi verdi e lampeggianti… Squall si
trovò ad invidiare tutto questo per alcuni, brevi istanti. Seifer era
l’autoritratto della sicurezza e della forza. Il gunblade che brandiva poteva
essere solo il catalizzatore perfetto per l’irruenza espressa da un carattere
del genere.
Mentre il suo, di volto, non si poteva certo catalogare fra le
facce più temibili del pianeta; non era il viso di un guerriero, nonostante la
cicatrice e la perenne serietà lo avessero reso inespressivo: quegli occhi blu
erano la testimonianza che sotto l’armatura del guerriero vivesse ancora un
bambino piuttosto insicuro.
“Hai paura?”la voce di Seifer lo raggiunse simile
ad una ventata gelida, facendolo voltare dal lato opposto. La domanda era
lecita, in un contesto del genere… eppure non l’aveva ancora affrontata con la
dovuta calma.
Ricordava la scossa d’adrenalina che gli aveva percorso le
vene alla notizia che la sua prima missione SeeD, il suo esame, si sarebbe
svolto in un vero campo di battaglia; ma non d’aver pensato seriamente a tutti i
pericoli cui andava incontro.
In fondo la missione non era complicata. Il
gruppo d’azione avrebbe dovuto irrompere nel centro abitato, annientando le
truppe nemiche accampate in città. Il tutto si sarebbe risolto a qualche scontro
o poco più. Il loro appuntamento con le truppe alleate graduate era nella piazza
di Dollet, a circa quattro chilometri dalla spiaggia dove sarebbero attraccati
di lì a breve.
Non era una missione complicata, si ripetè con più decisione. Si poteva
paragonare ad un semplice training; eppure una strana carica gli correva nel
sangue, rendendolo attivo e facendogli battere i denti al tempo stesso.
Era…paura?
“Non lo so.”Rispose seccamente, tornando a guardare Seifer.
“Beh, tu devi solo seguire i miei ordini… Io”il biondo non mancò di
sottolineare aspramente quella parola.
“Io sono il caposquadra, tu un
semplice subordinato. Ora, Squall…vai a controllare la situazione là
fuori.”Un’affermazione piena di ilarità, accentuata da un sorriso sghembo.
“Questo è un ordine.”Quel bastardo, pensò Squall assottigliando le palpebre
verso il ragazzo. Contestare avrebbe solo peggiorato la situazione, e non voleva
disfare il clima di concentrazione creatosi nel gruppo, quindi si limitò ad un
semplice “Ricevuto”, alzandosi e risalendo la scaletta che portava sul tetto del
veicolo.
Che strano assortimento aveva scelto Quistis nell’organizzare
quella squadra, aveva pensato Squall nel momento in cui la professoressa stessa
e Shu lo avevano reso partecipe di quelle disposizioni. Ora capiva perfettamente
il perché di quella decisione: Zell Dintch era visto come uno scansafatiche un
po’ stravagante, con l’emisfero facciale sinistro tatuato da uno strano tribale
e i capelli biondi pettinati in una cresta troppo ribelle, ma in verità le sue
capacità combattive erano superiori alla media; le sue arti marziali erano
tradite solo da una eccessiva emotività, stando a quanto si vociferava, ma i
nemici non avevano scampo di fronte ai suoi pugni. Seifer? Beh, lui era il suo
rivale, e tanto bastava per classificarlo fra i più capaci della scuola.
Nell’osservare la spiaggia di Dollet devastata, costellata da esplosioni
luminose e lampi magici, Squall Leonhart comprese d’un tratto il perché di
quella scelta.
Quistis doveva selezionare i più capaci fra le matricole, qui
non si giocava: o meglio, qui era in gioco la vita. Gli “scherzi” del centro
addestramento erano finiti; rimaneva solo l’amara verità del campo di battaglia,
fatta di freddezza e cattiveria.
“Bene.”mormorò, dispiegando fra le mani la
cartina geografica del territorio, osservando ciò che, di lì a breve, sarebbe
diventato anche il suo campo di battaglia.
“Voi pattugliate fino alla
piazza centrale della città. Conoscete la morfologia del territorio, conoscete
le giubbe da annientare. Non vi resta che andare, forza!”Quistis incitò il
gruppo con la sua voce piena e squillante, trattenendo poi Seifer per una
manica.
“Seifer, mi raccomando.”
“Hey, maestra, le raccomandazioni se le
tenga per i buoni a nulla.”Fece Seifer con la sua solita aria strafottente,
dandole le spalle nell’incamminarsi verso la cittadella col gunblade in
spalla.
“Sì, appunto.”Le fece eco lei, ricevendo in risposta un borbottio
indistinto che voleva assomigliare vagamente ad un “che barba”.
“In bocca al
lupo!”L’augurio di Shu risuonò diverse volte fra le mura antiche e nere,
accompagnando i commenti di Zell che, al contrario di Seifer e Squall, aveva
tutta l’aria di un ragazzino eccitato, lieto di commentare ad alta voce la sua
prima esperienza d’armi.
“Taci, gallinaccio.”Tagliò corto Seifer,
lanciandogli un’occhiata gelida; quello gli rispose con un muso cagnesco,
puntellandosi alle spalle di Squall.
“Piantatela entrambi, state allerta.
Galbadia è famosa per le sue truppe ben addestrate.”Squall si guardò intorno con
aria circospetta.
Era una città che si affacciava sul mare, pertanto il vento
era quasi onnipresente; spirava fra le mura di cinta dando vita a lamenti acuti,
come se qualche sirena, morente fra quelle insenature, desse voce alla sua
disperazione. Le case erano anch’esse molto rustiche, costruite con la pietra
che, molto probabilmente, proveniva dalle stesse cave sulla
scogliera.
Avvistato il ponte, Squall richiamò i compagni con un cenno;
Seifer lo seguì con passo celere.
“Gallinaccio, datti una mossa. Non possiamo
aspettare i tuoi comodi!”sbottò il biondo, cercando con lo sguardo il
compagno.
Prima ancora che i due gunblader se ne accorgessero, Zell era
scattato in avanti cogliendo in contropiede due soldati nemici; i galbadiani
erano stramazzati al suolo, con l’osso del collo spezzato, sotto il sorriso
compiaciuto di due occhi azzurri.
“Dicevi, caposquadra?”Zell si affiancò a
Squall, sotto lo sguardo di un Seifer molto accigliato.
La pattuglia proseguì
regolarmente fino alla piazza centrale, luogo dove avrebbero dovuto aspettare
nuove disposizioni attraverso la squadra B, la quale aveva il compito di
documentare la spedizione e portare eventuali ordini ai gruppi armati. Era un
miracolo, pensò Squall, che il gruppo fosse rimasto unito fino a quel punto. Fra
i battibecchi di Zell e Seifer, che più a due soldati assomigliavano a due
bambini pestiferi, e i galbadiani che sciamavano come api da qualsiasi vicolo
adatto per un’imboscata, la missione si era rivelata più complicata del
previsto.
La cosa più strana era che Seifer non era ancora stato folgorato da
una delle sue brillanti idee; idee con le quali soleva rovinare ogni piano
congeniato fino al minimo dettaglio, con la sua attitudine innata al cosiddetto
“casino”.
“Non ci sono più nemici.”fece Squall, avvicinandosi alla fontana
circolare della piazza, specchiandosi nell’acqua corrente.
“Già, che
noia…”Zell incominciò a camminare su e giù con le mani in tasca, accompagnato da
un cane randagio che sembrava non avere di meglio da fare.
“Non ce la faccio
più! E questo cos’è? Un cane da riporto?!”sbottò Seifer, gesticolando
pericolosamente con il gunblade nella mano sinistra.
Lentamente ma
inesorabilmente il cane incominciò a lamentarsi, ad ululare, voltandosi verso il
vicolo opposto al ponte da cui provenivano; un comportamento insolito per un
semplice randagio, osservò Squall, e presto i suoi timori vennero confermati dal
rumore di passi concitati in avvicinamento.
Tutti e tre si nascosero in
fretta in una viuzza lì vicino, trattenendo il respiro. Avrebbero potuto
affrontare il nemico frontalmente, ma i passi erano troppo confusi per poter
azzardare un’ipotesi sulla numerosità del manipolo.
La fortuna di lavorare in
uno scenario del genere era di poter contare su un reticolato fitto di strade e
stradine; anche se allo stesso modo il nemico si era attrezzato ad arte,
disseminando la città di svariate pattuglie nascoste, in quel momento tale “via
del sole” risultò vitale per il nostro gruppo.
Solo Zell osò sporgersi appena
per spiare la sfilata di un gruppo armato che rivelò essere più numeroso del
previsto; una volta passato il pericolo, il guerriero fece un cenno agli altri
due, uscendo allo scoperto nella piazza.
“Vanno lì su, gli stronzi.”Zell
indicò un punto imprecisato della montagna che si affacciava minacciosa sulla
città, sul cucuzzolo culminante un’antenna tutta ferri e fili.
“Che ci
andranno a fare?”domandò Seifer con curiosità crescente, e nel tono di voce, e
negli occhi. Squall riconobbe quell’atteggiamento: non ne sarebbe nato nulla di
buono; quindi optò per la via più diretta e indolore adatta a spegnere
l’entusiasmo del rivale: i progetti che sarebbero potuti germogliare di lì a
breve dalla mente del suo ‘capitano’ andavano stroncati sul nascere.
Un suo
errore poteva compromettere la prova di tutti e tre, e lui non voleva certo
questo. Ecco cos’era venuto a fare: la bàlia di un guerriero troppo curioso e
fantasioso per poter essere un buon soldato.
“Non ci interessa, quell’area
non è sotto la nostra giurisdizione. A noi interessa solo la piazza, e qui
dobbiamo attendere gli ordini di Shu…”asserì gelido Squall, appoggiandosi al
muro di un negozio d’animali che si affacciava sulla piazza circolare.
“…caposquadra.”Rincarò la dose di freddezza, usando quell’appellativo come
una sorta di ammonimento.
“Ha ragione Squall, noi dobbiamo rimanere qui…o
vuoi che l’esame ci vada male, eh? Mi pare che non è la prima volta che ripeti,
eh, Seifer?”Asserì Zell con veemenza, pestando un piede per terra.
“Questa è
la nostra postazione, e noi rimaniamo qua.”
“Come siete noiosi...”Seifer
sventolò una mano guantata davanti al naso, avvicinandosi al moro e guardandolo
dall’alto al basso con un risolino sardonico stampato in faccia.
“Di la
verità al vecchio Seifer…anche a te va di rompere qualche testa, vero?”quella
voce melensa e un buffetto sulla faccia invitarono Squall a scostare il rivale
con una scrollata di spalle.
“Piantala.”il ragazzo indietreggiò di qualche
passo, sospirando.
“Che vuoi fare?”domandò infine, dandogli retta secondo
una logica oscura perfino a se stesso.
“Andiamo a vedere cosa organizzano
quei soldati! E’ la nostra occasione, finalmente possiamo combinare qualcosa di
più, che un semplice combattimento fra soldatini…”Seifer lanciò un’occhiata alla
torre di trasmissione in cima alla montagna, alzando il gunblade per
indicarla.
“Ovviamente gli sfaticati possono pure tornare alla spiaggia a
prendere un po’ di sole! Non ci servono dei pesi morti.”sghignazzò il biondo,
lanciando a Zell un’occhiata tagliente. Gli occhi di Seifer erano quanto mai
rari: risultavano sempre imperscrutabili ed illeggibili, ma sapevano trasmettere
ora ripudio e sufficienza, ora scherno e cattiveria; belli e terribili al tempo
stesso, avevano fatto innamorare tante ragazze e tanti ragazzi e imbestialire
tanti ragazzi e tante ragazze.
“Al diavolo! Squall, diglielo tu…!”
“…In
fin dei conti è lui il caposquadra…”Sentiva crescere in lui lo spirito di sfida.
Sì, per un momento Squall sentì di dover dare ragione a Seifer e di doverlo
seguire fin su la torre di trasmissione. Galbadia stava nascondendo qualcosa,
qualcosa di più grosso che una semplice guerra di conquista, probabilmente, e
loro potevano scoprire cosa!
L’occasione d’oro per un combattimento coi
fiocchi. Loro due, in competizione contro il nemico: il momento topico della
loro sfida.
Era pur sempre vero, però, che gli ordini erano ordini, e
trasgredirli avrebbe comportato delle sanzioni.
“Già, il mio è un ordine,
gallinaccio. Adesso decidi in che senso muovere il culo, se verso la spiaggia…o
con me e Squall.”
Squall guardò Seifer, inarcando un sopracciglio;
evidentemente lui dava già per scontato che lo avrebbe accompagnato nella sua
pazza avanscoperta. Zell quindi guardò Squall con aria supplice, reclinando
appena il capo sulla destra.
“Se ci saranno cambiamenti negli ordini di Shu,
un portaordini verrà a cercarci. Non è lontano, vedi? Guarda.”Lasciò cadere la
frase, incerto delle sue stesse parole, incamminandosi alle spalle di Seifer;
questo, dal canto suo, già avanzava verso la salita che si inerpicava su per la
montagna.
“…al diavolo…”digrignò fra i denti Zell, e si accodò al
compagno.
“Se lo dici tu, Squall…”concluse con aria rassegnata, infilandosi i
guanti da combattimento come in segno di muta sottomissione alla decisione di
Seifer.
Squall, il ragazzo serio e ligio al dovere, rispettoso degli ordini e quant'altro, aveva appena trasgredito; Squall, il taciturno e lo scostante, aveva appena incoraggiato una persona.
Una giornata piena di novità, decisamente. Non gli sarebbe mai saltato in mente prima!, pensò con un moto
inspiegabile di stizza.
Eppure si sentiva in debito verso Zell, come se
fosse stato lui, Squall Leonhart, il vero caposquadra della spedizione. Seifer
poteva essere considerato un leader?
Non ne era sicuro, ma di una cosa era
certo: riusciva sempre a trascinarlo in situazioni complicate, col suo
atteggiamento strafottente, capace di minimizzare ogni problema.
Ora sentiva
solo un bisogno impellente, dimostrare a quel sedicente graduato che la scelta
di Quistis era stata sbagliata. Lui era il maestro del gunblade, lui lo avrebbe
battuto: galbadia sarebbe stata l’occasione perfetta per dimostrargli la sua
bravura assoluta nell’utilizzo dell'arma.
Erano giovani, erano ciechi di
fronte ad un mondo nuovo; ancora incartati in una placenta che costituiva il
loro piccolo microcosmo, fatto di sfide e competizioni.
Presto tutto sarebbe
cambiato.
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