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Autore: Patosangel32    11/11/2013    5 recensioni
E se Clary avesse sempre saputo di essere una Shadowhunter? Se Valentine l'avesse addestrata insieme a suo fratello Jonathan, il quale è solo un pupazzo tra le mani del padre? Avete mai provato ad immaginare cosa sarebbe successo se la rivolta non fosse mai scoppiata? Come avrebbero fatto Magnus e Alec ad incontrarsi? Ed Izzy e Simon? E possibile che due anime che siano fatte per stare insieme, si ritrovino sempre in qualunque circostanza?
Dal capitolo 15:
-“Potresti avere di meglio, Jace. Sono solo una ragazzina con problemi familiari che…” ha paura di amare.
-“Voglio te, e questo dovrebbe bastarti” mormorò Jace con voce soave. Riprese a baciarla ma poco dopo Clary si fermò. Di nuovo.
-“Hai aperto tu la finestra prima?” chiese Clary che aveva sentito un brivido di freddo accarezzarle la pelle laddove il corpo di Jace non la copriva.
-“No, sono stato io.” disse ad alta voce qualcun altro nella stanza.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Author's Corner: Sono tornata con un nuovo\ vecchio capitolo. Vi annuncio che l'ultima parte di questo capitolo è quella che ha ispirato la storia.. spero che piaccia a voi tanto quanto ha entusiasmato me nell'iniziare a scrivere. E' stato come un flash e non vedevo l'ora di scriverlo, tant'è che ho rinunciato alla palestra per poterlo pubblicare e farlo leggere anche voi.
Che dire? spero non siate deboli di cuore.. Niente spoiler, ma accenni di Malec!!! Per la gioia dei fansssss
Insomma, Enjoy the Reading <3
Ah, lasciate una recensione pleeeease :)
With love,
-A.

What a wonderful world!

 
Il ricordo è un traditore che ferisce alle spalle.
Sören Kierkegaard
 
Alec sembrava di girare in tondo. Tutti quegli alberi erano identici. Stesse foglie, stessi fiori quasi appassiti, una pozzanghera qua e la e ogni tanto qualche scoiattolo. I suoi occhi azzurri scrutavano sentieri immaginari, aprivano nuove vie e possibili stradine che conducevano ovunque fosse Isabelle.
Il vento soffiava da ovest e questo gli garantiva che almeno per il momento stavano proseguendo per la direzione giusta. Ma il vento sarebbe cambiato prima o poi, allora in quel caso avrebbero avuto bisogno di nuovi punti di riferimento. Dietro di lui, Jace e Clary facevano di tutto per non farsi sentire mentre si complimentavano a vicenda per le loro abilità in questo e in quest’altro. Alec faceva di tutto per non starli a sentire. Guardava a destra e scorgeva la tana di una volpe, in cui di tanto in tanto due straordinari occhi verdi lo guardavano truce, girava la testa a sinistra e gli occhi erano rapiti da spettacolari tavolozze del colore del bosco che si fondevano a formare un paesaggio talmente grande da perdersi dentro.
Poco più in là, oltre il rumore delle risatine di Clary e dei commenti di Jace, Alec sentì qualcosa. Subito si arrestò, portando una mano a pugno chiuso in aria per far capire agli altri di tacere. Jace e Clary lo affiancarono, mentre Alec afferrava con eleganza l’arca e sfilava una freccia dalla sacca appesa alle spalle.
-“Raziel” sussurrò Jace per far allungare la sua spada angelica che iniziò a brillare proprio del colore dell’Adamas. Anche Clary afferrò due pugnali e con maestria li fece scivolare in entrambe le mani.
-“Jace, con tutti i nomi che puoi dare alle spade angeliche, perché sceglie quello di un angelo in particolare?” chiese Alec voltando solo la testa per guardare l’espressione perplessa dell’amico.
-“Alec, che problema c’è?” chiese Jace sollevando con insolenza un sopracciglio.
-“Sai che a quell’angelo non fa piacere” mormorò. In lontananza il rumore si era placato, ma questo fece insospettire il ragazzo ancora di più.
-“Non ho mai visto Raziel scendere dal suo appartamento a Tre metri sopra il cielo per venire a bussare alla mia porta” disse Jace accarezzando la lama con un dito.
-“Stai tranquillo che se fosse successo, non saresti qui a raccontarlo” brontolò Clary. E per una volta Alec non poté che essere d’accordo.
-“ Perché non Israfiel, Asmodei, Munkar o che so io.. Raguel?” chiese Alec allentando la presa sull’arco. Anche Clary sembrò sciogliersi un po’, infatti portò uno dei suoi pugnali nella fodera intorno alla coscia.
-“Che differenza fa? Sono tutti Angeli allo stesso modo, Alexander” disse Jace sfidandolo con gli occhi color oro. In quei momenti Alec perdeva letteralmente il filo del discorso. Così si schiarì la gola e tornò a guardare di fronte a sé.
-“Non sono stati loro a versare il loro sangue nella Coppa mortale” disse con un’alzata di spalle. Poi i suoi occhi si fecero sottili e notarono una figura longilinea, alta e vestita con un paio di pantaloni di uno stravagante giallo senape. Camminava lentamente come se non avesse ancora fatto caso a loro.
Jace si fece avanti puntandogli contro la spada e quello sorrise. Alec lo guardò con curiosità. Aveva strani capelli colorati, ma il colore di base doveva essere il nero. Sembravano lisci e setosi, Alec si chiese se usasse anche lui lo shampoo al sandalo. La sua pelle era più scura rispetto a quella di Alec , ma lo trovava a suo modo affascinante con le mani affusolate che gesticolavano come se stesse camuffando qualcosa o qualcuno.
-“Chi sei?” gli chiese Jace con sguardo indagatore. Alec si era fatto la stessa domanda, ma non era riuscito a proferir parola.
Doveva smetterla di essere così timido.
-“Ma come fai a non conoscerlo, Jace? Lui è… Magnus Bane” disse Clary spalancando gli occhi verdi. Alec guardò la ragazza con lo guardo accigliato, mentre Jace era furioso perché Clary gli aveva appena dato dell’ignorante.
-“Ora spiegami come fai a saperlo” disse Jace con voce profondamente risentita. Alec si chiese se avesse intenzione di puntare la spada contro Clary.
-“Ne ho sentito parlare durante una lezione di Demonologia, non saprei come siamo arrivati al discorso.” Disse la ragazza scrollando le spalle.
Intanto l’essere di fronte a loro sogghignava come se la faccenda lo divertisse parecchio.
-“Sentiamo, mi hanno presentato come lo stegono più affascinante degli ultimi diciannove secoli, oppure come il Summus?” chiese facendo scintille. Letteralmente. Si intende che dalle sue dite spuntarono piccoli brillantini azzurri che luccicavano come quegli sugli occhi.
-“Ah, è uno stregone” disse Jace abbassando la spada. Ora guardava Alec con  sguardo interrogativo come se volesse sapere cosa farne. Ovviamente non l’avrebbero ucciso.
-“Sappi che il disgusto è reciproco, Nephilim” disse Magnus guardando Jace con superiorità.
Più lontano, Alec riuscì a scorgere una sagoma sdraiata su una roccia, che prima non era visibile.
-“Sei in dolce compagnia, stregone?” chiese Jace avvicinandosi troppo allo stregone. Alec notò che il papillon rosso annodato perfettamente e la camicia nera infilata nei pantaloni, lo rendessero particolarmente… attraente.
-“Intendi quello laggiù? No, lui è.. diciamo rinchiuso entro un raggio di venti metri. Per lo meno fin quando non cala il sole” disse Magnus osservando le sue dita da lontano.
Aveva lo smalto?
-“E’ un vampiro?” chiese Clary che si era interessata parecchio alla nuova conoscenza. Forse perché non aveva mai avuto l’occasione di parlare con un Nascosto senza doverlo uccidere.
Lo stregone annuì con disinvoltura e poi lanciò un’occhiata ad Alec, che scorse un lampo giallo nei suoi occhi. Per poco non spalancò la bocca per lo stupore.
-“Come è possibile che stia sotto il sole?” chiese sempre Clary.
Magnus la guardò come se avesse appena scoperto l’acqua calda e socchiuse a malapena gli occhi.
-“Sono lo stregone più abile dacché gli uomini possano ricordare, mia giovane Nephilim. Non sono domande pertinenti”
-“Intende dire che sta usando la magia Clary” disse Alec spinto da non si sa quale forza oscura.
Lo stregone lo guardò con compiacimento e gli fece l’occhiolino. Alec avvampò dalla testa ai piedi, pregando l’Angelo che nessuno l’avesse notato.
-“Ora se volete scusarmi” disse quello proseguendo per la sua strada. I tre lo guardarono andare via, molleggiando sulle scarpe scamosciate e nere.
Chiamami. Rimbombò nella testa di Alec. Il ragazzo sgranò gli occhi e si portò le mani in tasca, dove una combinazione di numeri era stata scritta a mano su un foglietto bianco.
Con la stessa grafia, più in basso, c’era la firma Magnus Bane.
 
Isabelle non mangiava da due giorni ed era convinta a fare lo sciopero della fame fino a quando Jonathan non l’avesse lasciata stare. Da un paio di minuti sopra la sua testa, sentita calpestii e rumori di passi. Ogni tanto qualche colpo secco come se qualcuno stesse sbattendo le mani contro qualcosa. Probabilmente sopra di lei la vita continuava normalmente, mentre un pazzo maniaco con tendenza autolesioniste la teneva segregata in una stanza che puzzava di muffa e senza un letto su cui sedersi.
Erano ore che fissava il muro davanti a sé, senza sapere come fare ad uscire. Guardare la sua frusta attorcigliata ad un chiodo, le faceva venire il voltastomaco. Doveva essere costantemente legata al suo polso, utile ad ogni evenienza, invece era lì inerme a contare i secondi uno per uno, prima di impazzire per la noia.
Poco più tardi due persone scesero le scale. Isabelle non si mosse, perché non avrebbe risolto niente, ma dall’angolazione in cui era riusciva a scorgere i capelli biondissimi di Jonathan e quelli del padre di spalle. Izzy non lo ricordava così, ma Valentine era sempre stato un uomo attraente. Ad ogni modo con la maglietta nera appiccicata al corpo, la sua sagoma sembrava ancora più grande di quanto Isabelle non ricordasse.
-“Guardami in faccia quando ti parlo, Jonathan” diceva Valentine con tono minaccioso. La ragazza si chiese perché Jonathan si facesse trattare così dal padre, quando in realtà trattava gi altri come se sentisse superiore al resto del mondo.
Jonathan alzò svogliatamente lo sguardo sul padre, facendo scivolare le mani in tasca.
-“Tu mi nascondi qualcosa” aggiunse il padre puntandogli un dito contro. Jonathan era lì lì per scoppiare a ridere, ma si trattenne.
Ah ah ah ti ha sgamato. Adesso non sono più il tuo trofeo! Pensava Isabelle con un ghigno sulle labbra. Prima o poi sarebbe uscita da quella topaia. Possibilmente viva e in età da marito, ma ce l’avrebbe fatta.
-“Non potrei mai, padre” Isabelle notò l’ironia nell’ultima parola ed era ansiosa di scoprire la reazione di Valentine, che comunque non si scompose.
-“Non mentirmi. Tu mi devi tutto, Jonathan. Ricordalo”
Isabelle scorse la vena del collo di Jonathan tendersi come se stesse per scoppiare.
-“Tu sei più forte di ogni Nephilim sulla terra. Sei più agile. Più astuto. Più spietato” continuava a blaterare Valentine riempiendo d’orgoglio il figlio che adessa aveva un sorriso a tutto denti stampato sul viso.
-“Vuoi sapere il mio segreto?” chiedeva Valentine a nessuno in particolare. Girava a vuoto nella stanza come se potesse riuscire a spiegare i dubbi esistenziali mentre Jonathan era tutto concentrato su di lui.
-“Ho catturato un Angelo una volta, tanto tempo fa. Ithuriel per la precisione” diceva Valentine e con suo grande rammarico, anche Isabelle era coinvolta nel racconto.
-“Avevo grandi progetti per il futuro. Una nuova generazione di Shadowhunters giovani e forti, come non si erano mai visti. Tu sei stato il mio esperimento. E lo è stato anche Jace Herondale” a quelle parole la testa di Jonathan schizzò in alto a guardare il padre con aria omicida.
-“Spiegati meglio” disse con voce gutturale.
-“Anche tua sorella fa parte di questo studio. Per tutti i nove mesi di entrambe le gravidanze di tua madre, e di quella di Céline Herondale, che l’Angelo protegga quella buona donna, ho dato loro delle tisane. Quelle che per loro erano tisane. In realtà nel tuo caso era sangue di demone, Jonathan. Ecco perché tu sei perfetto.” Disse Valentine.
Senza rendersene conto Isabelle aveva portato entrambe le mani sulla bocca per nascondere l’espressione di stupore. Jonathan che era l’unico a sapere che fosse in ascolto la guardò con gli occhi sgranati.
-“Non voglio che tu mi dica grazie, figlio mio. Devi solo continuare a fare ciò che sai fare: uccidere”
Jonathan era diventato ancora più bianco, ogni traccia di sangue nel suo volto era sparita come se avesse deciso a defluire verso il centro del suo corpo.
-“Io..” ma le parole restarono in gola.
-“Per tua sorella e Jace Herondale le cose sono diverse. A loro ho servito sangue di Angelo.. Ecco perché tua sorella è capace di inventare nuove rune e Jace è capace di fare cose straordinarie in battaglia. Jocelyn non l’ha mai saputo, altrimenti non me l’avrebbe mai permesso. Lei sentiva che tu eri diverso, tu sei diverso. Jace e Clarissa sono vulnerabili, i sentimenti li confondono e li animano dal profondo, tu invece sei … integro e invincibile”
Le parole scorrevano addosso a Jonathan. Isabelle non si era accorta di aver trattenuto il respiro tanto a lungo. Jonathan la guardò di nuovo, come se volesse sapere che tutto quello era uno scherzo.
-“Io sono un mostro” sussurrò alla fine. Ma Valentine era già su per le scale a pianificare un altro attacco ai Nascosti.
A quanti morti erano arrivati? Si chiese Isabelle per deviare l’attenzione da tutte quelle rivelazioni.
Quando Jonathan entrò nella cella, il suo sguardo era cambiato.
Gli occhi neri emanavano una sola cosa: odio. Isabelle voleva spiegargli che non aveva sentito niente, che per lei Jonathan era pazzo tanto quanto prima, ma adesso l’idea che lui le stesse così vicino la ripugnava.
Gli Shadowhunters cacciano i demoni. E’ il loro lavoro. E Jonathan era metà Shadowhunter metà mostro. Senza volerlo si alzò in piedi per fronteggiare Jonathan a viso aperto.
Lui la guardò senza fare una piega. Le macchie di inchiostro nero che si espandevano nell’iride ricordavano il vuoto.
-“Vedi, Principessa, ho appena scoperto di essere un mostro. Quindi come si conviene ad un mostro devo fare cose cattive” disse portandosi le mani al primo bottone dei jeans.
-“Non ti basta già tenermi rinchiusa qui dentro senza cibo né acqua?” gli chiese Isabelle camuffando la paura. Si chiese dove fosse suo fratello. Se la stesse cercando. Se qualcuno avesse notato la sua assenza. Si chiese addirittura se suo padre avesse confessato il tradimento a sua madre.
-“Non fa abbastanza mostro capisci? Ci vuole qualcosa di più… nocivo. Voglio che tu non ti dimentichi mai di me. No, non è per una questione di romanticismo. Voglio che tu non riesca a dormire la notte per la paura che io entri nei tuoi sogni e li sconvolga. Voglio essere il tuo incubo peggiore, Principessa.” Disse avanzando fino a sfiorare i capelli di Isabelle con un dito. Si era sbottonato i pantaloni della divisa nera e ora era ad un passo da lei.
Isabelle si avvolse nelle sue stesse braccia, per allontanare Jonathan in ogni modo possibile.
-“Hai detto che non mi avresti fatto del male” disse Isabelle in un mezzo sussurrò. L’idea che Jonathan potesse anche solo sfiorarla la ripugnava, figuriamoci violarla.
-“Non credo di farti male, Principessa.” Disse il ragazzo avvicinandosi di più. Afferrò i polsi di Isabelle e li portò sopra la sua testa, e poi per impedirle di muoversi, le infilò un ginocchio tra le sue gambe. Isabelle oppressa da tutta quella forza, cercò in ogni modo di liberarsi dalla sua morsa di acciaio. I punti in cui la toccava bruciavano come l’inferno.
-“Se fai la brava, andrà tutto bene” sussurrò quello schiacciandosi ulteriormente contro di lei.
-“Quando Clary lo verrà a sapere…” Isabelle sentì Jonathan irrigidirsi tutto e puntare lo sguardo pieno d’odio dentro i suoi occhi.
-“Lei non lo saprà mai” così dicendo strappò a brandelli i  vestiti di Isabelle.
Per l’ennesima volta un uomo la stava tradendo. Per l’ennesima volta Isabelle si ricordò del male che il suo cuore aveva subito. Per l’ennesima volta chiuse gli occhi e pianse lacrime amare.
   
 
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