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Autore: Xilia    11/11/2013    1 recensioni
Cercando Laragazza interrotta.
Storia tratta da un'esperienza personale, titolo tratto da due libri: Cercando Alaska e La ragazza interrotta, libri che amo molto e che mi ricordano sia me che lei.
Dal prologo:
“Siamo, o eravamo, yin e yang. Uguali ed opposte. Una lo specchio dell’altra. Ci completavamo. E mai capiterà di incontrare una persona del genere una seconda volta nella vita.
Lei è quel tipo di persona che si conosce una sola volta nella vita. Quel tipo di rapporto che ti trapassa, ma non passa.
Ognuna ha lasciato andare via l’altra, ognuna si porterà nel cuore l’altra. Come due rette perpendicolari, che si incontrano una volta nella vita, e destiate a non incontrarsi mai più.
Questa è la storia mia, sua, nostra.”
Genere: Dark, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Cercando Laragazza interrotta

“Siamo, o eravamo, yin e yang. Uguali ed opposte. Una lo specchio dell’altra. Ci completavamo. E mai capiterà di incontrare una persona del genere una seconda volta nella vita.
Avevamo molto in comune, a partire dai gusti, fino al carattere. Casualmente scoprimmo di essere nate lo stesso giorno; un’altra coincidenza.
Eravamo molto unite, ci capivamo al volo. A volte ci sembrava anche di essere telepatiche. Tra di noi eravamo semplicemente noi stesse.
Era speciale. La mia migliore amica. La mia ombra. Era presente in ogni cosa importante, per me; e la cosa era reciproca.
E poi è successo quello che succede sempre: si è stancata di me, come tutti.
Si allontanò un po’ per la depressione, un po’ per colpa mia.
Sono dannatamente brava in questo. Ci riesco maledettamente bene, a farmi odiare.
Ma non la biasimo, mi odierei anch’io.
Ci siamo allontanate in un periodo difficile per entrambe: ci sentivamo a pezzi, tradite.
Io sentivo che era il mondo ad allontarsi da me, nascondevo il mio distacco consolando qualcuno, e ogni tanto lasciando che qualcuno mi consolasse.
Lei invece, si distaccò dal mondo intero. 
Se avessimo provato a consolarci l’un l’altra saremmo crollate. Distrutte. Demolite.
Lei è quel tipo di persona che si conosce una sola volta nella vita. Quel tipo di rapporto che ti trapassa, ma non passa.
Si è appropriata di un pezzo del mio cuore, non piccolo, lo ha calpestato, ma lo tiene ancora con sé, se lo è portato dietro. Non lo ha fatto apposta, ha un qualcosa di particolare che rapisce la gente. È questa una delle cose che ci differenzia. Io sono sola, mentre lei ha con sé veri amici, un fidanzato. Persone che la amano.
Abbiamo provato tante volte a ricostruire il rapporto, ci siamo cercate a vicenda, ma come fai ad aggiustare una corda tagliata? Come fai a farla tornare intatta, come nuova?
Ognuna ha lasciato andare via l’altra, ognuna si porterà nel cuore l’altra. Come due rette perpendicolari, che si incontrano una volta nella vita, e destiate a non incontrarsi mai più.

Questa è la storia mia, sua, nostra.”
 
 
12 Ottobre, pronta all’ennesimo trasferimento, mai così lontano.
Questa volta dovevo ricominciare da zero: nuova scuola, nuovi insegnanti, nuovi amici.. nuova vita. Non che quella che avevo prima potesse chiamarsi vita. Era una cosa alquanto azzardata. Come vita, faceva schifo.
Finita di impacchettare la mia roba, quella che una volta era la mia camera ora praticamente deserta.
Eccomi pronta ad affrontare un nuovo viaggio, scesi di sotto e andai verso l’auto. Mio padre e il mio fratellino erano già pronti.
Keira, la moglie di mio padre, stava chiudendo definitivamente la casa. Mio padre mi si avvicinò dandomi una mano con i miei scatoloni pieni di roba che ritenevo indispensabile, dalla quale non mi sarei separata per nulla al mondo.
«Tutto apposto, principessa?» mi chiese, trattandomi come quando avevo 5 anni.
Annuii e salii  in macchina. Partimmo.
Eravamo diretti in una cittadina in Canada, quindi andammo con l’aereo. Ovviamente ci sarebbero stati costi aggiuntivi per l’auto e tutti quei bagagli.
In aeroporto dovemmo aspettare poco più di mezz’ora e decollammo.
 
Erano passate forse cinque ore. Ero arrivata.
La nuova casa era bellissima: spaziosa, luminosa.. Accostai tutta la mia roba nella mia camera;  la casa era già arredata.
Non che mi dispiacessero le pareti bianche con qualche citazione in lilla qui e lì, ma non la sentivo mia. Prima o poi l’avrei rimodernata. Per il momento mi limitai a scrivere con delle bombolette di colore che avevo negli scatoli una parola giapponese, おっぱい, Oppai, una parola che a quanto io sappia descrive ciò che si prova ad aspettare una persona sapendo che non tornerà, ma che probabilmente – l’ho scoperto dopo essermi affezionata alla parola – significava tette. Ciò non mi importava perché ormai era la mia parola. E poi, chi mai di chi ha l’accesso alla mia camera conosce il giapponese da poter affermare il contrario?!
 
 
Passata una settimana, iniziai la scuola. Stetti un po’ in disparte, ma a pranzo mi si avvicinò una ragazza di nome Lara. Mi salutò soltanto e si presentò, poi andò da quello che probabilmente era il suo ragazzo.
Terminate le lezioni tornai a casa. Niente male come primo giorno, Emma. Pensai.
Cercando di dimenticare “l’emozionante” giornata, dopo aver cenato mi infilai subito nella camera un po’ troppo rosea per essere definita la mia.
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Angolo autrice
Prologo molto corto, mi scuso in anticipo :c 
La storia è basata su un'esperienza personale che mi ha cambiato radicalmente. In questi giorni pubblicherò il capitolo seguente sicuramente di più lunga durata. Spero di avervi incuriosito C: 
Baci xx
 
   
 
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