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Autore: Nereisi    11/11/2013    1 recensioni
Un passato condiviso, un segreto inconfessabile, due vite che finalmente torneranno a incrociarsi.
Riuscirà l'amore tra Misa e Usui a vincere, o il passato di lui getterà un'ulteriore ombra sulla loro storia? Chi ordisce in segreto contro i due?
Riusciranno a stare insieme?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Misaki Ayuzawa, Nuovo personaggio, Takumi Usui
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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QUEL BACIO RUBATO A TRADIMENTO – parte 2
 
 
 
In quel periodo la mia vita aveva preso una piega fantastica.
Mi sentivo rinata, in pace col mondo, felice come non mai.
Ma la felicità è un cosa tanto potente quanto fragile.
Nel mio caso, era bastata una busta per mandarla in mille pezzi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Guardai interrogativamente il mio vice, che mi fissava di rimando con un’espressione poco incline al sarcasmo.
 
Deve essere qualcosa di davvero grave.
 
Presi la busta che mi stava porgendo. Ispezionandola appresi che era anonima, e sul retro, scritto con una calligrafia un po’ sbavata stava scritto “per il comitato studentesco”.
Guardai Usui, e lui si strinse nelle spalle, dandomi conferma che nemmeno lui ne sapeva qualcosa.
 
<< L’ho trovata poco fa nella cassetta dei consigli. >>
 
La cassetta dei consigli era un’anonima scatola di cartone posta all’entrata della scuola, nella quale gli alunni potevano mettere in forma scritta i loro consigli per migliorare la scuola, lamentele, suggerimenti e così via. Una volta al mese la cassetta veniva portata nell’ufficio del comitato studentesco, dove veniva aperta, dopodiché leggevamo il contenuto e ne discutevamo insieme. La maggior parte delle volte trovavamo solo cose superficiali, ma ogni tanto c’era anche qualcosa di serio ed interessante.
 
Curiosa, rovesciai il contenuto della busta nel mio grembo e ne uscirono quella che sembrava il retro di una foto strappata e una breve lettera. Decisi di leggere prima la lettera che, come notai, era anonima.
 
"Conosco il segreto della presidentessa. Se non volete che renda pubblica l'altra metà della foto, il ragazzo in questa metà di fotografia dovrà girarle al largo."
 
Sbiancai.
Strinsi la lettera talmente forte che le mie dita persero colore.
Conosceva il mio segreto? Chi era? E perché fare una cosa del genere?
Senza perdere altro tempo, afferrai decisa la metà di fotografia e la voltai.
Con mio sommo orrore e raccapriccio, era un’istantanea che conoscevo fin troppo bene.
Nella metà che tenevo in mano in quel momento c’era Usui, insieme ad un’altra persona, una ragazza di cui si intravedevano solamente un po’ di capelli corvini e un vestito nero.
La paura mi colpì come una stilettata.
Era la foto che avevo dovuto fare con Usui il giorno che mi aveva battuta a carte al cafè. Non dovetti nemmeno pensarci su per  capire che nell’altra metà, ora in mano a questo anonimo ricattatore, c’ero io in costume da maid.
 
Se quella foto venisse resa pubblica, la mia vita sarebbe finita.
 
Presi a tremare incontrollata.
 
<< Dove hai detto che l’hai trovata? >>  chiesi con voce malferma
<< Nella cassetta. Ho pensato di portargliela subito, visto che si parlava di lei e di un suo segreto. >>
 
Alzai la testa di scatto, terrorizzata dal pensiero che avesse potuto leggerla e, in qualche modo, capire la mia colpa; ma lui alzò le mani in segno di scusa.
 
<< Mi dispiace averla letta… solo che oggi era il mio turno di cernita dei consigli. >> si scusò imbarazzato << Comunque se è un segreto così terribile non lo voglio nemmeno sapere! >> concluse, con un’espressione tragicomica.
Tirai un sospiro di sollievo. << No, anzi, penso che sia stato un bene se l’hai trovata tu. Se fosse finita in mano di altri… non voglio nemmeno pensarci. Ah, e grazie per avermela portata subito. >>
<< Di niente, si figuri. Beh, io ora andrei… >> disse, accennando qualche passo verso la porta.
 
Lo lasciai andare, immersa nei miei pensieri.
Chi poteva essere stato? Qualcuno che conosceva il mio segreto, certo. Il trio degli stupidi? No, troppo idioti per architettare un piano simile…. E poi, anche se non lo volevo ammettere, sapevo che potevo fidarmi di loro. Non mi venivano in mente altre persone.
E poi, qual era la richiesta? Che Usui girasse al largo  da me?
Persa nei mei pensieri, non vidi la faccia di Usui colorarsi con un’ombra cupa; ma sentii molto chiaramente la sua mano sui miei capelli che, accarezzandomi, tentava di confortarmi.
Mi rilassai leggermente al tocco della sua mano, ma poi, un pensiero sfrecciò attraverso la mia mente.
Un pensiero che mi fece alzare di scatto e allontanare da Usui.
 
<< Questa foto… ce l’avevi solo tu! >>
<< Misa, aspetta, non saltare a conclusioni affrettate… >>
 
Ma io non lo ascoltavo. Con terrore, capii che tutti gli indizi combaciavano. Lui era a conoscenza del mio segreto, lui poteva aver messo quella lettera nella cassetta e soprattutto, lui e solo lui aveva quella foto.
E io che non lo volevo nemmeno prendere fra i possibili sospetti.
 
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<< Non lo so… dimmelo tu. >> risposi freddamente. Lui rimase spiazzato, un’espressione ferita in volto.
<< Dove hai messo la foto che ci hanno scattato quel giorno? Dov’è il tuo famoso tesoro? DOV’E’?! >>
<< Calmati! Ok, è un po’ imbarazzante come cosa, ma se mi accusi così non ho scelta… >> disse armeggiando con i bottoni della giacca << La porto sempre con me, guard- >> si interruppe di botto.
Aveva tirato fuori da una taschina interna, cucita con impaccio tenero, due foto che, a quanto pare, non erano la cosa che cercava.
 
<< Non c’è…. >>  mormorò sottovoce, leggermente scioccato << Ma chi può aver…? >>
 
Non resistetti un secondo di più. Ancora una sillaba e gli sarei scoppiata a piangere lì davanti su due piedi.
Girai i tacchi e marciai a passo spedito giù per le scale, ignorando il tono devastante con cui la voce di Usui chiamava disperatamente il mio nome.
 
 
 
                                                                               ***
 
Passai il resto della giornata cercando di evitare il più possibile Usui.
Quando non c’era lezione, mi barricavo nell’ufficio del comitato studentesco, ordinando ai miei sottoposti di non far passare nemmeno l’aria dalla porta, seppellendomi sotto un mucchio di documenti e scartoffie per cercare di dimenticare. E di dimenticarlo.
Sentivo le lacrime che mi salivano, anche se non scendevano. Almeno non mi sono dovuta far vedere in uno stato pietoso dai miei colleghi.
L’ansia saliva a ogni secondo e non riuscivo a impedirmi di pensare a tutto quello che era successo, tutto ciò che avevamo passato, la faccia che mi diventava sempre più calda.  A volte pensavo che no, non era possibile, qualcosa non quadrava, non ne aveva motivo; e mi tornava un leggero sorriso; ma subito dopo ripensavo ai fatti e alle prove oggettive e riprecipitavo nello sconforto.
Qualche singhiozzo riusciva a scappare dalle mie labbra, e allora potevo vedere il mio vice farsi pensieroso e camminare su e giù per la stanza, indeciso se consolarmi in qualche modo o se lasciarmi per i fatti miei. Alla fine optò per un’offerta di pace in forma di caffè, preso alla macchinetta in dotazione alla scuola, con ben due cucchiaini di zucchero.
Apprezzando il pensiero, gli abbozzai un sorriso, grata.
Mi appoggiò una mano su una spalla, impacciato; probabilmente cercando di confortarmi. Tentò una carezza, ma desistette, levando la mano; poi ci ripensò e la riappoggiò, tentando un timido sorriso di incoraggiamento; per poi ritirare di nuovo la mano portandola a palmo aperto verso la testa, in crisi totale su come comportarsi.
Le labbra mi si incresparono in un piccolo sorriso. Ispirava tenerezza, con quella sua timidezza impacciata.
Mormorai un “grazie” al labiale, per poi portare le labbra al bicchierino di plastica per sorbire il caffè, che mi riempì le narici del suo aroma intenso.
Mi annuì, sollevato, per poi cominciare a marciare davanti alla porta, gettando sguardi in cagnesco al di la del vetro.
Provai a lavorare, ma avevo in testa troppi pensieri e mi arresi, lasciandomi semplicemente cadere mollemente sullo schienale della sedia. I miei compagni non fecero alcun commento, lavorando in silenzio.  Probabilmente avevano intuito qualcosa ma non facevano domande, e di questo gliene fui immensamente grata.
Passò così il resto della giornata.
Il trillo della campanella arrivò come un segnale di liberazione, ma al contempo stesso mi strinse le viscere: se lo conoscevo almeno un po’, avrebbe provato a  fermarmi.
 
Scesi le scale con il cuore in gola.
Ero sola. E non volevo incontrarlo. Per niente al mondo.
Mi aggregai alla massa di studenti che stava uscendo dal cancello, riversandosi in strada. Mi imposi la calma, cercando di mischiarmi con le altre ragazze; per poi correre come una forsennata appena fuori dal suolo scolastico. Non avevo messo in conto che lui conoscesse la strada per casa mia; così, quando mi sentii afferrare per il polso, non pensai subito che poteva essere lui.
Ma quando mi girai e lo vidi, il groppo di ansia che mi si era accumulato dentro durante la giornata mi salì in gola ed esplose, inumidendomi gli occhi e facendomi salire una leggera nausea.
 
<< Misa! Aspetta, non scappare, dobbiamo parlare, hai frainteso! >>
<< Cosa ho frainteso?! Cosa?! Solo tu avevi quella foto, tu e nessun altro! >> strillai, la voce incrinata e resa un po’ roca dal pianto << Cosa credi, che mi faccia piacere pensare a te in quel modo?! NO CHE NON MI PIACE! Io non voglio crederci, non voglio nemmeno pensarlo, ma tu… le prove…  tu avevi la mia fiducia! >> delirai, mente giravo la testa per non fargli vedere le mie lacrime.
 
Non dovetti aspettare molto prima che mi tirasse addosso a sé, stringendomi in un abbraccio caldo e sicuro che, per quanto assurdo possa sembrare, mi era mancato, per quella mezza giornata.
 
<< Misa… tu lo sai che non sono stato io vero? >> risposi con un singhiozzo soffocato a quella che sembrava più un’affermazione che una domanda.
Sentii una mano premere ancora di più il mio viso contro il suo petto, facendomi affondare ancora di più nella sua maglietta, incurante dei possibili moccoli o lacrime che avrebbero potuto sporcarlo.
Rimasi così, abbracciata a lui come un cucciolo spaurito.
In fondo al mio cuore sapevo che lui non c’entrava nulla, ma avevo una tale paura di fidarmi di nuovo di un ragazzo dopo tanto tempo, che al primo segno di tradimento sono corsa via senza voltarmi, per non rimanere ferita ancora di più in futuro, senza nemmeno fermarmi a controllare l’evidenza.
 
 
 
<< Oh, ma bene. Vedo che il mio messaggio dopotutto non è arrivato. O forse lo stai ignorando, chissà. >>
 
Una voce tagliente mi arrivò alle orecchie, distintamente carica d’odio. Sentii Usui irrigidirsi improvvisamente per poi stringermi ancora di più contro di sé, possessivo.
Alzai la testa e vidi l’ira lampeggiare nei suoi occhi, un’ira talmente intensa da spaventarmi. Stava fissando qualcosa dietro di me, un’espressione dura in volto.
 
<< Sei tu… >> masticò, digrignando leggermente i denti.
 
Facendomi strada nell’abbraccio di Usui, mi girai.
Davanti a me stava una ragazza sconosciuta, altera e visibilmente incazzata.
Aveva capelli rossi e ricci smossi dal leggero vento, vestiti provocanti e tacchi vertiginosi laccati dello stesso colore dei capelli. Incrociò le braccia sotto al seno, puntando il suo sguardo malevolo su di me.
 
<< Chi è? >> chiesi a Usui, alzando la testa. Non mi rispose, continuava a fissarla, stringendomi convulsamente. << Chi sei? >> le chiesi, allora, girandomi verso di lei.
Mi rivolse uno sguardo ironico e arrogante, carico di disprezzo.
 
<sgualdrina. >> sputò con cattiveria << Quello che  io voglio sapere è chi ti credi di essere per abbracciarlo. >>
 
Rimasi freddata sul posto da quelle parole.
Il mio istinto battagliero prorompette, impetuoso.
 
<< Ma come ti permetti?! Che vuo- >>
<< Reina. >> una voce alle mie spalle, incredibilmente fredda e carica di disprezzo, mi interruppe. Mi zittii, riconoscendo la voce di Usui. Non l’avevo mai sentito con quel tono, aveva un che di assassino. << Sei stata tu. >> accusò, puntando gli occhi nei suoi.
<< Di cosa stai parlando, Takumi-kun? >> chiese lei con falsa innocenza << Oh… di questa? >> e mentre lo diceva, sfilò dalla tasca della giacca la metà di una foto strappata e accartocciata.
E io, d’istinto,  sapevo di che foto si trattava ancora prima che la  lisciasse con malagrazia e me la mostrasse.
Era la parte mancante della foto con me e Usui.
 
<< Come fai ad averla?! >> le urlai, terrorizzata. Quella ragazza aveva un che di infido  che mi atterriva, speravo che se ne andasse il prima possibile.
<< Semplice. L’ho presa. >> rispose maligna, ancheggiando verso di noi.
<< Non dire balle >> si intromise Usui, trattenendosi a fatica << L’hai rubata. Probabilmente a casa mia. Ladra. Avrei fatto meglio a lasciarti in mezzo alla strada, è quello il posto per le persone come te. >>
 
<< Ma mi dici chi è?! >> confusa ed esasperata, esplosi  << In che senso è a casa tua?! E perché ha la nostra foto?! >>
<< Zitta, sgualdrina. Non alzare la voce con me. >> mi parlò con astio Reina, avvicinandosi repentinamente, fino a essere ad un soffio da noi << Io prendo quello che voglio a casa sua, e non devo certo dare spiegazioni a te. >> disse, puntando i suoi occhi verdi nei miei. Erano diversi dagli occhi verdi di Usui, erano più malevoli e oscuri.
 
Usui sciolse l’abbraccio e fece per pararsi a mia protezione contro la rossa, che approfittò del momento per artigliare la sua cravatta con le unghie smaltate della stessa tonalità di tacchi e capelli. Usui, spiazzato, non seppe reagire per tempo.
Reina mi lanciò uno sguardo sprezzante, prima di premere prepotentemente le labbra su quelle di Usui, baciandolo.
Spalancai gli occhi, incredula, mentre una stilettata mi affondava nel cuore.
Il contatto non durò molto, Usui la spinse via quasi subito, strofinandosi le labbra con disgusto, nel tentativo di togliersi dalla bocca le tracce del rossetto con cui l’aveva sporcato.
Lei finse di non fare caso al gesto di lui e atterrò con eleganza calcolata sulle decolleté, lanciandomi uno sguardo penetrante.
 
<< Io  posso farlo. E posso anche stabilirmi permanentemente a casa sua, se voglio. >> disse, portandosi una ciocca dietro l’orecchio e guardandomi dall’alto in basso. <<  Perché lui è MIO, è il mio fidanzato, e tu non sei nulla. >> 
 
 
 
 
 
 

Angolino dei Funghi
Alla fine ce l’ho fatta! E dire che avevo in mente di farlo molto più corto… mah!
Ho aggiornato ad una velocità allucinante, perciò mi merito qualche ricompensa, no? *me speranzosa*
Non so che dire… ah, si! Nel prossimo capitolo sveleremo il passato di Usui e della misteriosa Reina… fatemi sapere nei commenti che ne pensate, magari qualcuno di voi riesce a beccarla!
Ci vediamo fra due settimane
Baci
Animelover
  
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