Capitolo
XXXIII
The
Unchangeable Fate
Fuori
dalla stanza in cui Aura si trovava, non molto distanti dall’edificio – il
vecchio Moon Dorm – si trovavano Zero, Zephyr e Rossana, tutti e tre acquattati
dietro gli alberi, intenti a scrutare i dintorni.
«Sebastian
è là dentro. Potrei scommetterci, ma non lo faccio, visto che sono sicuro che
lui sia là» disse Zephyr con gli occhi puntati sul portone d’ingresso.
«Allora cosa
facciamo?» chiese Rossana. «Non possiamo mica stare qui in attesa che lui si
accorga della nostra presenza!». Non ottenendo risposta da Zephyr né da Zero,
si voltò proprio verso quest’ultimo. «Cos’hai, Zero?».
Zero aveva la
fronte aggrottata e una mano serrata sul braccio sinistro, come se si stesse
trattenendo. «Nulla» rispose.
«Stai mentendo,
si vede benissimo».
«L’hai notato
anche tu, vero?» domandò Zephyr.
Zero annuì. «Sebastian
ha fatto la sua mossa».
«Di cosa state parlando?»
chiese loro Rossana, guardando prima l’uno e poi l’altro.
I due interpellati
rimasero silenziosi, poi Zero decise di rispondere: «Aura è stata morsa».
Quella sola
frase fece capire tutto a Rossana, che si voltò verso Zephyr, il quale aveva
una mano serrata a pugno.
«Siamo arrivati
tardi, allora!» esclamò Rossana.
«No» rispose
Zephyr a bassa voce, troppo bassa per poter essere udito.
«Lo sapevo che
non avremmo dovuto prendere un giorno per prepararci. Prepararci per cosa, poi?
A perdere in partenza?».
«No».
«Avremmo dovuto
semplicemente entrare là dentro e farla finita senza tante cerimonie!
Perché…?!».
Zephyr chiuse a
pugno anche l’altra mano ed esclamò: «Respira
e chetati!».
Rossana rimase
con la bocca spalancata, giacché era stata interrotta e le parole le si erano
fermate a metà gola, e guardò Zephyr con gli occhi spalancati dalla sorpresa;
anche Zero lo guardò un po’ stupito: entrambi non lo avevano mai sentito
urlare, tantomeno l’avevano visto serio. Dopotutto, Zephyr non si era mai
comportato a quel modo, nemmeno durante il processo o quando si era ritrovato a
dover fare i conti con i trecento anni di servizio presso i Crowe come pena.
«L’unica cosa
che possiamo fare è entrare e affrontare quel che ci attende. Altro non
possiamo fare» concluse Zephyr, assumendo una posa meno tesa.
«Allora
andiamo» disse Zero, incamminandosi per primo, seguito da Zephyr e poco dopo da
Rossana, che rimase in silenzio.
Giunti dinanzi
l’ingresso, trovarono il portone aperto e nessuno ad attenderli nell’atrio:
Sebastian aveva deciso di farli giocare alla caccia al tesoro.
«Non mi piace.
È stato troppo facile entrare» dichiarò Zero, scrutando le due rampe di scale
di fronte a lui.
«Concordo» disse
Zephyr.
«Propongo di
dividerci» esordì Rossana, ora che aveva ritrovato la parola.
Gli altri due
si voltarono verso di lei, scettici nei confronti della sua proposta.
«So che non vi
piace, ma non ci restano altre opzioni decenti».
«Allora diamoci
una mossa e facciamolo» disse Zero, avviandosi verso una delle due rampe di
scale e iniziando a salire.
Zephyr e
Rossana rimasero dov’erano a guardarlo, finché non sparì dietro l’angolo del
corridoio sulla destra. Dopodiché si scambiarono un’occhiata d’intesa e presero
due direzioni diverse: Rossana a sinistra e Zephyr a destra.
Zephyr
controllò rapidamente tutte le stanze sul lato destro del corridoio senza
ottenere alcun risultato; passò a quelle sulla sinistra e, mentre controllava
la terza stanza, la porta si chiuse di scatto alle sue spalle. Tentò subito
d’aprirla, ma non vi fu niente da fare: era chiusa da una forza che lui
conosceva bene, e non da un semplice giro di chiave nella serratura.
«Sebastian…»
disse a denti stretti, adirato.
Nel corridoio
opposto, intanto, Rossana si apprestava ad esaminare l’ultima stanza, col
sentore che anche in quella non vi avrebbe trovato Aura e che sarebbe stato
l’ennesimo buco nell’acqua, da dove non avrebbe cavato nemmeno un girino. Aprì
la porta e fece qualche passo avanti, scrutando l’interno della stanza;
l’illuminazione non era sufficiente abbastanza per farle vedere bene, e la
corrente elettrica lì era davvero un optional. Ma senza luce o no, nulla
cambiava il fatto che anche quello non fosse il posto giusto.
Rossana si
voltò con l’intenzione di andarsene, ma la porta si chiuse di scatto e lei si
fiondò inutilmente sulla maniglia nel tentativo d’aprirla.
«Porta
infame…!» imprecò Rossana, colpendola con la punta dello stivale destro.
«Sebastian, aspetta solo che io esca da qui!».
Un lieve
fruscio, proveniente alle sue spalle, la fece voltare di scatto. D’istinto
portò una mano sull’elsa dello stocco e lo sfoderò, giusto in tempo per vedere
una mano guantata posarsi sopra la lama e chiudersi. Rossana alzò lo sguardo e
il volto che vide le fece spalancare la bocca dalla sorpresa.
«Tu non eri…
morto?» formulò Rossana, superato lo shock momentaneo.
«Ero morto» la corresse una voce
maschile, appartenente alla persona la cui mano era ancora ferma saldamente
sulla lama.
Rossana fece
per allontanare la spada, ma l’uomo la trattenne e si sporse in avanti,
rendendosi più visibile e lasciando la presa sullo stocco nell’esatto momento
in cui Rossana oppose resistenza di nuovo, facendole perdere per poco
l’equilibrio.
«Tu dovresti
essere morto, Blake Crowe» proferì Rossana, ora impugnando lo stocco con
entrambe le mani.
Blake distese
le braccia e aprì i palmi, coperti da dei guanti neri, così com’era il resto
del suo abbigliamento dalla testa ai piedi, e lasciò che Rossana potesse
studiarlo da cima a fondo.
«Hai detto
bene: dovrei essere morto. E invece sono qui, proprio di fronte a te, mia cara
nipote» disse Blake, abbassando le braccia. «Ma perché mi chiami con tanto di
nome e cognome? Mi disprezzi così tanto da trattarmi come un estraneo?».
Rossana corrugò
la fronte. Aveva di fronte a sé suo zio, colui che era diventato un vampiro e
che era stato eliminato per mano di Alexander, e tutto sembrava, fuorché morto.
Blake era in apparenza simile a Thomas, suo fratello e padre di Rossana, solo
che il suo occhio sinistro, anziché essere verde, era grigio.
«Vuoi sapere la
verità?» fece Rossana, seria. «Sì, ti disprezzo, ti odio. E non sono l’unica».
Blake posò la
mano destra sul gomito sinistro. «È la stessa cosa che mi disse tuo fratello
quando mi uccise, lo sai? Chi l’avrebbe mai detto che i miei nipotini si
assomigliassero più di quanto apparissero?» sorrise, mostrando i canini.
In quel momento
Rossana sentì le mani prudere. Che Alexander avesse fallito nell’eliminare
Blake? No, non era possibile, ma allora come si spiegava il fatto che adesso
fosse di fronte a lei, esattamente come appariva in quei pochi ricordi di lui
che aveva?
«Tu sei morto»
pronunciò, questa volta più per convincersi che così fosse.
Blake emise un
debole sospiro. «Perché, Rossana, continui a negare l’evidenza? Tuo zio – il sottoscritto
– è qui di fronte a te…».
Rossana lo
guardò storto, prima di gettarsi contro di lui e vedere il suo attacco schivato
con tanta facilità. Blake fece per dirle qualcosa, ma lei non gli diede il
tempo di aprir bocca e lo attaccò di nuovo, riuscendo a colpirlo al braccio
sinistro, lacerando il tessuto del mantello nero.
«Vedo che sei
diventata piuttosto brava a combattere… Mi complimento con te, nipote».
«Chetati e
combatti… zio» fu l’ultima cosa che
disse Rossana, prima di iniziare un duello serrato contro Blake.
Con Rossana
alle prese con il redivivo zio e Zephyr intrappolato in una stanza, solo Zero
era l’unico in grado di salvare Aura, adesso. Il vampire hunter aveva già
controllato il corridoio di destra, ed ora si stava occupando dell’altro; alla
fine si ritrovò davanti alla porta della stanza dove si era tenuto tempo prima
il processo. Questo gli fece capire, senza ombra di dubbio, che Sebastian
doveva trovarsi lì con Aura, proprio nel luogo dove aveva perso per la prima
volta.
Zero spalancò
la porta, scoprendo che l’interno della stanza, nonostante non fosse grande
quanto quelle del Moon Dorm attuale, era stato ristrutturato completamente
partendo dal pavimento, che ora era di piastrelle color panna, fino ad arrivare
al soffitto, verniciato di bianco e stuccato a dovere; l’arredamento, invece,
era del tutto assente, tranne che per un altare rettangolare di marmo in fondo
alla stanza, dove vi era adagiata un’addormentata Aura. Di Sebastian non vi era
nessuna traccia, come se non si trovasse in quel luogo, ma Zero era sicuro che
fosse lì, altrimenti sarebbe stato davvero fin troppo facile.
A passo lento
Zero si diresse verso l’altare, solo per veder apparirgli Sebastian di fronte
quando mancavano pochi passi fra lui e Aura. Il purosangue aveva stampato in
faccia il suo sorriso inquietante, dietro al quale Zero vi poté leggere anche
una punta di divertimento. Per lui era tutto un gioco, fu la conclusione a cui
giunse il vampire hunter: un gioco di cui tutti, nessuno escluso, erano i pezzi.
I due vampiri
si fissarono a vicenda, poi Sebastian prese la parola: «Sei giunto fin qui, e
qui resterai».
«Nella stanza
dove hai perso il titolo di “Avvocato del Diavolo”? Ne dubito» replicò Zero.
Quella frase
sembrò sortire un qualche effetto, giacché Sebastian smise di sorridere.
«Ho toccato un
tasto dolente, per caso?» chiese sarcastico Zero.
«Se devo essere
sincero, sì» gli rispose Sebastian, sorprendendolo. «Ma ora come ora non ha
molta importanza: ho trovato qualcosa di più importante e prezioso».
L’angolo
sinistro delle labbra di Zero curvò all’insù, risultando in una smorfia.
«Queste parole, dette da uno come te, un vampiro, suonano false in una maniera
incredibile» disse, estraendo la Bloody Rose.
«Lo stesso si
può dire di te, Kiryu-kun. È inutile
che ti ostini a voler tentare di recidere ogni legame con quello che sei: non
puoi negare la tua natura».
Zero ridusse
gli occhi a due fessure e alzò il braccio, puntando la pistola in direzione di
Sebastian, che si portò due dita sulla fronte ed emise un debole sospiro.
«Che hai da
sospirare?» gli chiese Zero.
«Nulla, solo
che mi dispiacerebbe eliminare una persona cara alla mia Aura».
Alla parola
“mia”, Zero ebbe un fremito alla mano con cui impugnava la Bloody Rose. «Non
parlare di Aura come se fosse una tua proprietà».
«Oh, ma invece
lo faccio eccome, dato che lei è una
mia proprietà… Dal preciso momento in cui l’ho morsa».
«Adesso basta. Stai
zitto e muori» chiuse il discorso Zero, sparando a Sebastian, il quale rimase
immobile dov’era per poi spostarsi all’ultimo, facendolo irritare.
Iniziò così uno
scontro che vedeva Zero ad attaccare e Sebastian a difendersi, in quanto si
limitava semplicemente a schivare e deviare i proiettili della Bloody Rose,
come se stesse prendendo tempo o si stesse limitando semplicemente a giocare
col povero vampire hunter, che stava iniziando a perdere precisione nei colpi,
dato il nervoso che aveva.
I due
continuarono a quel modo fino a che i proiettili di Zero mancarono Sebastian
senza che lui si muovesse per schivarli, ma quest’ultimo aveva gli abiti
lacerati in più punti, visto che qualche volta era stato colpito, anche se alla
fine si era spostato sempre in tempo per evitare di esser ferito.
«Non ce la fai
già più? Mi deludi» lo derise Sebastian.
«Fa’ silenzio,
codardo».
«La mia non è
codardia. Hai mai sentito parlare di “schivare gli attacchi nemici”? Eppure
dovresti… Dopotutto è una nozione basilare del combattimento».
«Non accetto
richiami di questo tipo: so come si combatte» ribatté Zero, impugnando la
Bloody Rose con entrambe le mani.
«Allora
mostrami quello che davvero sai fare, se sei convinto di saper combattere. Aura
ha bisogno di qualcuno che sia in grado di proteggerla, e non di qualcuno che
non è nemmeno capace di impugnare a dovere un’arma» lo istigò Sebastian.
Zero incassò
tale frase dispregiativa e riprese ad attaccare il purosangue, che continuò a
trovare divertente l’intera situazione. Mentre i due erano intenti nel loro
combattimento, il rumore provocato dagli spari di Zero arrivò chiaro e forte
alle orecchie di Aura, che aveva iniziato a risvegliarsi dall’ipnosi di
Sebastian. Quest’ultimo, resosi conto di ciò, si distrasse per un istante,
sufficiente abbastanza affinché un proiettile della Bloody Rose lo colpisse
alla spalla sinistra, immediatamente coperta da una mano, ma non prima che
Sebastian contrattaccasse e ferisse Zero al fianco destro.
I due vampiri
stavano perdendo sangue dalle ferite ricevute, e sia l’odore che la sua vista
fecero svegliare del tutto Aura, che d’improvviso sentì la gola in fiamme come
non mai. Portò entrambe le mani alla gola e la strinse, non volendo cedere alla
sete; il suo sguardo incontrò prima quello di Sebastian, divertito e stupito, e
lo maledisse, poi incrociò quello di Zero, dove vi poté leggere preoccupazione.
Avrebbe voluto tanto che quello fosse solo un incubo e che lei in realtà stesse
solo dormendo, ma purtroppo non era così. Quella realtà era più dolorosa di
quanto avesse mai immaginato.
«Sai, l’ho
lasciata un po’ a digiuno, quindi potrebbe essere affamata» disse Sebastian con
nonchalance, come se la prospettiva di un giovane vampiro affamato come Aura
non lo preoccupasse affatto.
«Hai fatto
cosa?» esclamò Zero, guardandolo esterrefatto.
«Mi hai sentito
bene».
Zero volse il
suo sguardo in direzione di Aura per vedere in che condizioni si trovasse,
constatando che ce la stava mettendo tutta per non lasciarsi sopraffare dalla
sete; ma era solo una questione di poco tempo, prima che cedesse. Se quel che
Sebastian aveva detto corrispondeva al vero, allora aveva anche meno tempo di
quanto pensasse.
Si voltò di
nuovo verso il purosangue, ma non era più lì. Cercarlo con lo sguardo fu
inutile, dal momento che silenziosamente si era portato alle sue spalle e gli
aveva puntato alla gola la katana.
«Non sono
solito usare la mia spada, ma per questa volta farò un’eccezione» proferì
Sebastian, prima di premere la lama violacea contro la gola di Zero e causargli
un taglio piuttosto profondo. «Morire dissanguato per mano della persona a cui
si tiene di più… Non ti sembra così romantico?» furono le sue ultime parole,
che risuonarono all’interno della stanza con una risata inquietante di
sottofondo. Poi Sebastian Thanatos sparì nelle ombre.
Dal taglio di
Zero il sangue fuoriusciva veloce e senza il minimo accenno a voler smettere;
questo fu sufficiente a far perdere ogni resistenza di Aura, che venne
sopraffatta dalla sete e balzò giù dall’altare per gettarsi addosso a Zero, inchiodandolo
al pavimento ormai rosso. Zero tentò di respingerla, ma notò con orrore che la
Bloody Rose gli era scivolata dalle mani durante l’impatto con il duro e freddo
pavimento e, quando il suo sguardo passò dalla mano vuota al viso di Aura, vide
i suoi occhi cremisi illuminati da una luce inquietante e la bocca socchiusa
coi canini ben visibili.
Le labbra di
Aura si aprirono in un ghigno tipico dei Level E, poi si avventò sulla gola di
Zero, partendo dal taglio che continuava a buttare sangue, per poi conficcare
le sue zanne a pochi centimetri dalla giugulare e iniziare a succhiare il
sangue con foga, tant’era che Zero le afferrò le spalle e tentò di spingerla
via per farla smettere. In seguito qualcosa dovette scattare nella mente di
Aura, poiché smise di dissanguare la sua prima vittima.
«Ze… ro?»
pronunciò, col sangue che le gocciolava dalla bocca e le scendeva lungo il
mento e il collo.
Zero sbatté le
palpebre, sorpreso dalla ripresa di autocontrollo di Aura, e le posò una mano
sulla guancia destra, riservandole un’espressione sollevata e un sorriso
stanco. Una fitta di dolore e arsura all’altezza della gola gli ricordò dell’ingente
perdita di sangue e il conseguente bisogno di recuperarlo; non aveva più forze
e, anche se ne avesse avuto un briciolo, non si mai sarebbe azzardato a mordere
Aura, l’unica persona presente oltre a lui, altrimenti si sarebbe ripreso, sì,
ma lei no, portando alla replica di quanto accaduto poco prima.
D’un tratto la
porta della stanza si spalancò, rivelando Zephyr e Rossana, che erano riusciti
a liberarsi non appena la presenza di Sebastian e il suo potere se n’erano
andati; i due, rimasti sconvolti per via del sangue che ormai era dappertutto
ed era ben vistoso, dato il candore del pavimento, avanzarono verso Aura e Zero
con cautela, pronti a dover difendersi nel caso in cui uno dei due avesse
provato ad attaccare. A mano a mano che si avvicinavano, poterono notare che
Zero non avrebbe rappresentato una minaccia, in quanto privo del tutto di
forze: l’unica minaccia era Aura.
«Temo che ci
toccherà combattere» disse Rossana rivolta a Zephyr.
«Io dico di no»
rispose lui, con lo sguardo posato sulla figura ricoperta di sangue della
sorella, che in quel preciso istante sollevò la testa e lo fissò di rimando.
A quel punto,
Zephyr capì cosa avrebbe dovuto fare. Avanzò sicuro verso Zero e Aura, la quale
lo squadrò per un istante, prima di stringersi a Zero come un animale che teme
di vedersi sottrarre il proprio pasto, e rapido si portò alle sue spalle e la
staccò dal sempre più debole vampire hunter, per poi farle perdere i sensi con
un colpo ben assestato alla nuca.
Rossana gli
corse in contro e gli chiese: «Non c’era altro modo?».
«Purtroppo no»
le rispose, mentre posava a terra la sorella.
«Per quanto
resterà incosciente? Sai, non vorrei ritrovarmi ad affrontarla di punto in
bianco».
Zephyr corrugò
la fronte. «Resterà così abbastanza a lungo da permetterci di fare quel che
dobbiamo fare senza troppi problemi. Ma adesso, mentre tu tieni d’occhio lei,
io mi occuperò di quella piaga d’un vampire hunter esangue: vederlo così dà
fastidio alla mia vista».
Rossana si
posizionò vicino ad Aura e chiese a Zephyr, prima che raggiungesse Zero:
«Cos’hai intenzione di fare?».
«Non ti
preoccupare. So quel che faccio» fu la sua risposta.
Zephyr raggiunse
Zero e lo squadrò un attimo, constatando che era messo piuttosto male e avrebbe
potuto rimetterci la pelle, se qualcuno non l’avesse aiutato seduta stante.
Visto come versava la situazione, Zephyr decise di fare l’unica cosa che poteva
esser fatta – che lui poteva fare – e
s’inginocchiò accanto a Zero, il quale lo guardò dapprima confuso e poi
sconvolto, quando lo vide ferirsi il lato sinistro del collo, da dove il sangue
iniziò a uscire subito ma lento.
«Sbrigati,
prima che il taglio si richiuda» gli disse Zephyr. «E sappi che non lo sto
facendo perché mi preoccupo per te o della tua vita».
Zero volse la
testa dall’altra parte, interrompendo il contatto visivo col sangue dell’altro,
ma servì a poco, in quanto Zephyr, irritato dal suo gesto, lo fece voltare
verso di sé e un po’ del liquido rosso gli finì sul volto, per poi passare
vicino alle sue labbra.
Rossana, il cui
sguardo passava da Aura alla schiena di Zephyr, non vide quanto accaduto prima,
bensì solo Zero che si avventava sulla gola di Zephyr. In quel momento capì
quanto le era stato detto prima e resistette all’impulso di fermare lo
spettacolo che le si parava dinanzi; intanto Zero si era attaccato a Zephyr
come una sanguisuga e, per quanto fosse arrabbiato con sé stesso per aver
ceduto alla sete, non mostrava il minimo segno di voler staccarsi: solo quando
Zephyr gli mise le mani sul torace e lo spinse con forza si staccò.
I due vampiri,
entrambi ricoperti di sangue, si scrutarono a vicenda, prima di alzarsi in
piedi e raggiungere Rossana ed Aura.
«Stai bene?»
chiese Rossana a Zephyr, il quale annuì.
«Abbastanza»
replicò lui, prima di avere un capogiro e ritrovarsi sorretto per un polso da
Zero.
«Prima ti do
una mano io, e ora sei tu a farlo…».
«Non ti ho dato
una mano: ho semplicemente evitato che cadessi» replicò Zero, lasciando la
presa sul polso dell’altro e permettendo a Rossana di occuparsi di lui,
mettendogli un braccio intorno alla vita e sorreggendolo.
Dopodiché Zero
prese si avvicinò ad Aura e la prese in braccio. «Andiamo».
Lui, seguito da
Rossana e un indebolito Zephyr, uscì dalla stanza bianco latte e rosso sangue e
infine dall’edificio stesso, trovando Kaname fuori ad attenderlo.
«Hai avuto
fortuna, Kiryu-kun».
«Sicuro che sia
solo quella, Kuran-senpai?».
«Se dovete
scannarvi a vicenda verbalmente, rimandatelo alla prossima volta, ok?»
s’intromise Rossana, seccata. Era stata una lunga nottata e non aveva la minima
voglia di sentire e vedere quei due litigare com’erano soliti fare.
Zero sbuffò e
sorpassò Kaname, che sorrise e disse: «Certo, ci scanneremo a parole la
prossima volta. Vero, Kiryu-kun?».
«Ne riparleremo
una volta pareggiati i conti con Sebastian Thanatos».
«Capisco».
Kaname lasciò
che anche gli altri lo superassero, poi alzò lo sguardo sul vecchio Moon Dorm e
lo osservò per un po’, prima di tornare sui suoi passi in direzione
dell’attuale Moon Dorm, dove il resto della Night Class lo attendeva.
Dopo quella
notte, che aveva reso immutabili le sorti di alcuni, Zero ed Aura non tornarono
alla Cross Academy per un bel po’ di tempo, così come Rossana e Zephyr, e si
erano stanziati presso Angela, la quale non poté fare a meno di rimanere sconvolta
per quanto accaduto alla nipote.
I quattro, in
conclusione, se n’erano andati dalla Cross Academy per prepararsi al futuro
scontro con Sebastian, con cui avevano ancora un conto in sospeso; un conto che
avrebbero pareggiato non appena si sarebbe presentata l’occasione giusta, la
quale era più vicina di quanto potessero pensare.
Avevo detto che
avrei aggiornato a Ottobre, ma tra una cosa e l’altra non ce l’ho fatta :/ In ogni
caso, spero che quest’ultimo capitolo sia soddisfacente, per quanto possa essere
aperto e concluda poco o niente.
Per quel che riguarda
il seguito, vi posso solo dire che ci sarà.
Niente date o altre informazioni; ho imparato che, almeno nel mio caso, è meglio
non dire nulla, perché va a finire che creo delle aspettative che non posso soddisfare
nell’immediato o comunque entro una fascia di tempo giusta… Di conseguenza, questo
è quanto c’è da sapere: questa fic avrà un seguito, per ovvi motivi, la cui data
di arrivo è ignota. Per sapere quando sarà pubblicata, basta spulciare di tanto
in tanto (una volta ogni due mesi, se vi va xD) il mio profilo o dare un’occhiata
nel fandom – anche se la seconda ve la sconsiglio, visto che cercare una fic in
particolare è assai difficile, vista la marea che c’è .-.
Detto questo, ringrazio
chi l’ha seguita, messa tra i preferiti e compagnia bella, e chi ha recensito! :D
Alla prossima (che
non so quando sarà xD)!
Yuna.
P.S. Come ogni titolo
di coda che si rispetti, non potevano mancare i credits: Thomas Crowe, Alexander Crowe,
Rossana Crowe e Blake Crowe appartengono a Lena Mason.