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Autore: Pandora86    12/11/2013    4 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi continua a inserire la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 

Capitolo 12.
 

Yohei camminava a passo lesto tra la folla sgomitando tra i passanti.

Che coglione!

Era questo il suo costante pensiero.

Non si riferiva a Sendoh però; l’insulto era rivolto a se stesso.

Era stato un idiota e si era fatto bleffare come un principiante!

Ma non era questo a dargli fastidio quanto il pensiero che tutto quello che era riuscito a fare fosse stato scappare.

Non era un comportamento che si addiceva con il suo modo di fare, considerato che aveva iniziato lui stesso quello scambio di battute.

Si fermò osservando la spiaggia e ammettendo con se stesso che, con la sua fuga, si era comportato da stupido.

Era scappato nel momento in cui i suoi pensieri si erano fermati a Hanamichi.

Il pensiero che Sendoh stesse usandolo per avvicinarsi al suo migliore amico l’aveva appena sfiorato e lui era scattato come una molla.

Diveniva impossibile, a quel punto, non darsi del coglione da solo.

Quell’ipotesi non stava in piedi, non solo per le parole di Rukawa ma anche per come si erano svolti i fatti.

E poi, perché Sendoh avrebbe dovuto usarlo per avvicinarsi a Hanamichi quando gli bastava aspettare l’inizio della scuola per vederlo?

Gelosia!

Forse era questo, quello che aveva provato.

No! Si corresse poi mentalmente.

Non era gelosia quella che aveva provato e che provava tuttora.

Tristezza.

Sì, inutile negarlo, si era sentito terribilmente triste in quel preciso istante.

Il pensiero che Sendoh fosse interessato a lui, gli era piaciuto sin dall’inizio, questo doveva ammetterlo.

Eppure, la cosa era abbastanza strana.

L’asso del Ryonan interessato a lui; che situazione pazzesca.

Però, il pensiero che si trattasse proprio del grande Akira Sendoh lo aveva fatto sentire lusingato.

In cuor suo però continuava a domandarsene il perché.

Quando Rukawa gli aveva detto dell’interesse di Sendoh, era scappato con due scuse: la prima, verso se stesso giustificandosi in cuor suo che doveva analizzare meglio la situazione; la seconda verso il numero undici, affermando che doveva andare in clinica da Hanamichi.

Ora invece era scappato perché, il solo pensiero che Sendoh non fosse interessato a lui gli aveva provocato dolore facendolo agire in maniera del tutto incoerente.

Avrebbe tanto voluto continuare ad ascoltare l’altro mentre parlava delle sue ipotesi.
Ipotesi che, tra l’altro, aveva difeso con le unghie e i denti smontando tutte le sue risposte.

Invece, si trovava lì, fra un mare di gente sconosciuta, a osservare il mare.

Solo.

Ancora una volta, con la solitudine a fargli compagnia.

Scavalcò la ringhiera, andando a sedersi sulla sabbia.

Non era da lui comportarsi così.

Ma, in fondo, cos’era da lui?

Non si era mai trovato in una situazione del genere.

Ripensò alla sua strana amicizia con Rukawa e al modo in cui era nata.

In particolare, quando aveva beccato il numero undici a casa di Hanamichi.

Sembrava passato un secolo invece, il tutto era successo soltanto pochi mesi prima.

Yohei teneva d’occhio Rukawa già da un po’ ma quella era stata la prima volta in assoluto che aveva potuto parlare con lui a quattr’occhi.

Quella sera, non avevano fatto altro che studiarsi a vicenda, ognuno pronto ad avere la meglio sull’altro e attenti tutti e due a cogliere il più piccolo particolare che potesse far vacillare le ipotesi di entrambi.

Yohei, per la prima volta si mise nei panni di Rukawa durante quella bizzarra conversazione.

Il numero undici aveva mantenuto un controllo invidiabile e Mito capì quanto dovesse essere stato difficile.

In quel momento, capì quanto fosse stato grande, già da allora, l’interesse che aveva Rukawa verso Hanamichi.

Lui aveva mantenuto un sangue freddo invidiabile certo, ma Kaede Rukawa lo aveva battuto.

Perché era lui a dover mettere in discussione i suoi sentimenti.

Mito non faceva altro che difendere gli interessi di Hanamichi; Rukawa invece con Hanamichi non aveva nessun legame all’epoca.

Yohei aveva già Hanamichi, Rukawa no; ed era questa la differenza sostanziale.

Se nei loro scambi di battute lui non era il soggetto principale, Kaede Rukawa invece sì.
Rappresentava la controparte.

Mito, nel loro scambio di battute passato, non aveva messo in gioco i suoi sentimenti, Rukawa invece sì.

Perché, il bene che provava Yohei verso Hanamichi era diverso dal sentimento che invece provava Rukawa.

Un sentimento tanto grande quanto devastante, che lui forse non avrebbe mai potuto capire perché non lo aveva mai provato.

Devastante!

Sì, era la parola adatta per definire quel sentimento.

Lo stesso sentimento che, in quel momento, provava anche lui per la prima volta.

Inutile continuare a mentire, già aveva fatto fin troppo la parte dell’idiota: Sendoh gli piaceva.

Però, aveva rovinato tutto.

Lui si vantava di avere un controllo invidiabile eppure, di fronte a una piccola incertezza, tra l’altro del tutto inesistente, era scappato come un ragazzino.

Rukawa invece aveva giocato con lui alla pari pur di conquistare Hanamichi.

E, in quel momento, Mito capì che il numero undici lo aveva definitivamente battuto.

Non era mai scappato, non aveva mai rinunciato, non si era mai tirato indietro.

E, dopo mesi di osservazioni silenziose e sotterfugi, era stato finalmente ricompensato.

Il vuoto che doveva aver provato il numero undici a quei tempi stato riempito da Hanamichi.

Il vuoto che invece provava in quel momento Yohei era destinato a rimanere tale.

Perché di certo, a quel punto, Sendoh avrebbe definitivamente rinunciato.

In fondo, si consolò Yohei, era meglio così.

Che diamine poteva mai trovarci Akira Sendoh in uno come lui?

Eppure, perché provava quell’insensata voglia di piangere?

Lui che non aveva pianto quasi mai.

Lui che si era sempre vantato di poter avere tutto sotto controllo.

Osservò la sabbia, prendendone una manciata tra le dita.

Osservò i granelli scivolare tra le dita considerando che lui era proprio come quei granelli.

La sua freddezza, il suo controllo erano scivolati via allo stesso modo della sabbia.

E, quello che, infine, rimaneva tra le mani era il vero Yohei.

Nulla, pensò osservando la mano vuota.

Sentì una lacrima rigargli la guancia.

In fondo, si consolò, non avrebbe saputo nessuno di quel momento di debolezza.

In fondo, pensò, non sarebbe importato a nessuno.

Perché, il giorno dopo, anzi no, fra qualche ora, la sabbia avrebbe finalmente ripreso il suo posto.

Fra qualche ora, sarebbe tornato quello di sempre.


Poco importava se la tristezza sarebbe svanita oppure no.

Poco importava il fatto che si stesse comportando da vigliacco.

Perché sapeva che senza quella sabbia sarebbe rimasta solo una mano vuota.

Senza quella sabbia, tanto faticosamente tenuta su, Yohei non era sicuro di poter continuare la sua vita di sempre.

“Sapevo che ti avrei trovato qui!”

La voce alle sue spalle lo fece sussultare.

Possibile che…

Si asciugò in fretta gli occhi costatando che non ce ne fosse bisogno.

L’unica lacrima versata si era già asciugata da sola.

Mito si voltò verso il numero sette che, come il giorno precedente, andò a sedersi accanto a lui sulla sabbia.

Osservò il suo volto.

Era terribilmente serio.

Yohei si ritrovò a rifuggire quello sguardo.

Mai aveva visto il giocatore con un’espressione così dura.

Evidentemente, anche la calma storica di Sendoh era destinata, prima o poi, a crollare.

Devo averglieli fatti girare alquanto, si ritrovò a pensare Yohei preparandosi a quello che il giocatore gli avrebbe detto.

Non poteva essere nulla di buono, valutò ancora, visto che l’aveva rincorso tra la folla.

Mi sa che stavolta mi becco un pugno, considerò fra sé pensando che, in fondo, se l’era cercata.

Fu con questo pensiero che si voltò verso il giocatore, decidendo di fronteggiarlo.

Con suo stupore però, la voce calma di Sendoh, che non aveva nulla della burrasca, lo prese nuovamente in contropiede.

“Hai frainteso tutto!” parlò ancora Akira girandosi a osservarlo.

Era serio, valutò Yohei, ma di certo non si trovava lì per insultarlo o per tirargli un pugno.

Voleva spiegarsi e continuare a parlare.

“Senti” incominciò Yohei, “riguardo a prima” provò a spiegarsi ma la voce di Akira troncò il discorso sul nascere.

“No, ascoltami tu!” lo interruppe il giocatore. “Hai frainteso tutto e voglio che questo ti entri in testa!” continuò, accompagnando però la durezza della frase con un sorriso rassicurante.

“Volevo realmente andare in spiaggia, non l’ho detto per tenderti un tranello dopo le parole del tuo amico” disse velocemente.

“Mi sono reso conto dopo che l’orario non era giusto per i fuochi artificiali” concluse con un sorriso.

“Mi è sembrato di farti capire” aggiunse dopo alcuni istanti di pausa, “che se voglio sapere qualcosa vado direttamente alla fonte delle informazioni, senza usare mezzucci, e voglio che questo sia chiaro” terminò definitivamente osservando il volto di Yohei.

“Mi dispiace” disse solamente Mito sentendosi terribilmente stupido.

Il fatto che avesse frainteso tutto lo aveva già capito da solo; era bastato pensare alla situazione con un minimo di riacquistata lucidità.

Sentire il giocatore che però gli dava un’ulteriore conferma del suo sbaglio, lo faceva sentire doppiamente un idiota.

Tutto quello che poteva fare, a quel punto, era solo scusarsi.

“Mi dispiace” disse ancora, senza tentennamenti nella voce.

Aveva sbagliato ed era giusto così.

“Figurati” lo sorprese ancora una volta Sendoh. “In fondo ero io che dovevo pagare il conto” gli disse, indicandogli il peluche che aveva portato con sé.

Solo allora Mito sembrò notare il pupazzo.

Sendoh si era premurato di corrergli dietro ma non aveva lasciato il pupazzo nel locale.

E poi, non sembrava arrabbiato per la sua fuga. L’aveva seguito semplicemente per spiegargli com’erano andate le cose.

Era questo che gli interessava, valutò Yohei; metterlo a conoscenza dei fatti e fare in modo che lui li capisse bene.

“Hai finito?”.

La voce del giocatore lo riscosse nuovamente dai suoi pensieri.

“Di fare cosa?” domandò Yohei meccanicamente.

“Posso vedere le rotelle che si muovono all’interno della tua testa!” esclamò il giocatore con allegria.

“Dovresti pensare di meno, lo sai?” domandò bonario, guardandolo con affetto.

Yohei si accorse di quello sguardo carico di tenerezza.

Era la prima volta che il giocatore lo guardava così da quando erano usciti.

Certo, gli aveva sorriso più volte ma non aveva mai fatto trasparire null’altro dal suo sguardo.

Che avesse deciso di giocare a carte scoperte, non nascondendo l’interesse che sembrava avere per lui?

Mito non avrebbe saputo dirlo, fatto stava che si ritrovò a rifuggire quello sguardo sentendo le sue guance colorirsi appena.

Ripensò alle parole appena pronunciate del giocatore e un sorriso, mentre osservava il mare, comparve sul suo volto.

“È lo stesso consiglio che ho dato a Hanamichi un po’ di tempo fa” disse, pensando al lato ironico della situazione.

“Ottimo consiglio, da parte di un ottimo amico!” approvò Sendoh con voce allegra, guardandolo con un sorriso accattivante.

“Già, suppongo di sì!” confermò Yohei sorridendo di rimando.

“Vediamo se riesco a essere all’altezza di quell’amico, dandoti un consiglio a mia volta” continuò Sendoh con il suo modo di fare pratico e con tono allegro.

“Vediamo” lo provocò Yohei fingendo di metterlo alla prova, con espressione bonaria.

Era questa la caratteristica di Sendoh, pensò.

Riuscire a trasformare in poco tempo un’atmosfera tesa in un clima rilassato e giocoso.

“Che ne diresti di pensare finalmente a te stesso?” disse e stavolta, il tono, era carico di dolcezza.

La domanda era stata appena sussurrata non perdendo però così la sua importanza.

Mito si ritrovò a fissare quel volto pensando che era la seconda volta che gli dicevano la stessa cosa.

 Anzi, la terza se si contava anche Hanamichi.

Certo, le parole erano state di volta in volta differenti ma il concetto rimaneva lo stesso.

Eppure, benché il significato fosse lo stesso ogni volta, quel consiglio gli aveva provocato reazioni diverse.

Con Hanamichi aveva provato un certo stupore iniziale e poi una crescente preoccupazione.

Preoccupazione perché non pensava minimamente di prendere in considerazione le parole dell’amico, quindi si domandava come avrebbe fatto senza la sua compagnia in quei giorni difficili.

Poi, nel giro della stessa ora, ecco che Kaede Rukawa gli diceva la stessa cosa.

Il tono era stato spiccio e pratico, così tipico del carattere della super matricola.

Eppure, il concetto non era apparso meno significativo rispetto a quello espresso dal suo amico.

Hanamichi aveva usato dei preamboli e un tono scherzoso, Rukawa l’aveva invece liquidato con una sola parola in croce.

E Yohei ricordava di aver provato fastidio, ma non per il consiglio in sé.

Il fastidio era comparso per il fatto che Rukawa sembrava aver compreso Hanamichi meglio di lui in quella determinata occasione.

Poi, ecco che il giorno successivo, Akira Sendoh gli ribadiva lo stesso concetto.

Il tono era, ancora una volta, diverso.

Dolce.

Sì, anche lo sguardo del numero sette era carico di tenerezza.

La voce era stata appena un sussurro.

Lo sguardo era invece carico di aspettativa.

E Mito capì il perché di quell’espressione.

Sendoh gli stava consigliando di pensare più a se stesso, volendo entrare a far parte della sua vita.

Anche le sensazioni erano, ancora una volta diverse.

Perché stavolta Yohei non provava nessuno stupore e nessun fastidio ma solo un’insensata voglia di ascoltare finalmente quelle parole così uguali, provenienti da tre persone così diverse.

Voglia di lasciarsi andare accompagnata a un’insensata voglia di piangere.

Perché Mito aveva solo sedici anni.

Perché Mito aveva vissuto per troppo tempo i problemi di Hanamichi sorvolando sui propri; facendo addirittura finta che non esistessero.

E dire che neanche la sua situazione era granché facile.

Eppure, quando in passato Hanamichi aveva provato a farlo aprire un po’, lui aveva sempre scrollato le spalle con indifferenza dicendo che non erano cose importanti.

Chiuse gli occhi, non riuscendo a reggere lo sguardo del giocatore.

Chiuse gli occhi, non sapendo come comportarsi di fronte a tutte quelle sensazioni nuove.

Portò una mano alla fronte, con fare stanco.

Chi avrebbe mai detto che l’estate sarebbe andata in quel modo?

Vide che il giocatore rimaneva zitto rispettando il suo silenzio.

Silenzio che Mito decise di spezzare.

“Credo che sia un ottimo consiglio” disse con un sorriso, “Visto che è stato lo stesso di Hanamichi” concluse, sapendo che il giocatore avrebbe capito.

Sendoh, infatti, afferrò pienamente il significato di quelle poche parole appena sussurrate.

Non capiva perché, in effetti, stessero parlando così a bassa voce, ma non gli dispiaceva.

Perché quelle frasi sussurrate, in questo modo, sembravano appartenere solo a loro.

Sorrise apertamente di fronte alle parole dell’altro.

Hanamichi doveva essere la persona che Yohei stimava di più in assoluto e, essere paragonato a lui, era quanto più il giocatore potesse aspettarsi.

Finalmente, lo spesso muro che Yohei sembrava aver innalzato fra lui e il mondo stava cedendo.

Fu per questo che continuò a parlare.

“Dimentica l’argomento di prima” disse sicuro.

Yohei lo guardò di rimando, incuriosito.

“Voglio conoscerti meglio” continuò il giocatore, “ ma voglio anche che tu ti senta pronto a raccontare” concluse dando modo all’altro di afferrare il concetto.

“Non c’è problema!” lo sorprese Yohei.

“In fondo, sono stato io a cominciare” disse in maniera scherzosa.

"È vero” gli confermò Sendoh con tono allegro. “Ma sai” continuò con lo stesso tono, “non vorrei rincorrerti per tutto il paese” concluse, prendendolo bonariamente in giro per l’insensata fuga di poco prima.

“Ma come” rispose allora Yohei sulla stessa lunghezza d’onda, “non sei uno sportivo?” domandò innocentemente.

“Sì, ma il ritiro comincia domani” rispose sicuro il giocatore.

“Va bene! Allora non mi resta altro da fare se non darti la prova che non intendo muovermi da qui!” rispose Mito stendendosi sulla sabbia a braccia incrociate dietro la testa e assumendo una posizione di assoluto relax, confermando così le sue parole.

“Voglio fidarmi” scherzò ancora Sendoh stendendosi a sua volta su un fianco e poggiando la testa sulla mano in modo da poter osservare il volto di Mito.

“Solo una cosa” domandò Yohei incuriosito.

“Quando prima hai affermato che ritieni che Hanamichi non sia giapponese” cominciò facendo capire all’altro cosa intendesse.

“Si?” domandò l’altro incitandolo a continuare.

“Perché, come prima cosa a favore della tua tesi, non hai nominato il suo colore di capelli?” domandò con vero interesse nella voce.

“Beh” rispose Sendoh inarcando un sopracciglio, “Perché mi avresti immediatamente smontato dicendo che tutti i teppisti si tingono i capelli” concluse con ovvietà riferendosi, in maniera sottintesa, all’altro componente del gruppo tinto di biondo.

Sentì Yohei ridacchiare piano.

“È vero” confermò. “Ti avrei risposto proprio questo” disse colpito, ancora una volta, dalla perspicacia del giocatore.

“È stata la tua prima ipotesi?” domandò ancora Mito con tono rilassato.

“In realtà, no!” rispose Sendoh guadagnandosi l’occhiata interessata di Yohei.

“Ho pensato a tante cose!”.

“Tipo?” lo incitò a parlare Mito.

“Tipo che tu fossi stato molto tempo all’estero” gli rivelò Sendoh.

“E perché non lo hai detto come prima ipotesi?” domandò Yohei sempre più incuriosito, poggiandosi a sua volta su un gomito.

“Perché eri troppo schivo!” gli rispose ancora il giocatore con ovvietà.

“Mh?” mugugnò l’altro in segno di domanda.

“Eri troppo riservato per essere una cosa che riguardava soltanto te” si spiegò meglio il giocatore.

“Non avevi l’aria di chi non vuole far sapere qualcosa di se, quanto più l’atteggiamento di chi difende gli interessi di qualcuno. Lo stesso atteggiamento che hai assunto durante i nostri primi incontri” continuò a spiegare.

“Se fosse riguardato solo te, mi avresti mandato al diavolo” riprese dopo un istante di pausa.

“Invece, mi hai invitato a dire ciò che pensavo. Suppongo fosse per vedere quanto io avessi capito e quindi smontarmi ad ogni passo. E, visto il legame che hai con Hanamichi, è stato immediato capire quale fosse il soggetto” terminò con un sorriso.

“Capisco!” disse solamente Yohei ritornando a stendersi.

Oramai, era inutile continuare a sorprendersi sull’intuito dell’altro.

Aveva capito il suo modo di fare in poche ore e questo non lo infastidiva più.

“E non ti interessa sapere se hai fatto centro?” domandò a quel punto.

“Mi interessa di più continuare a frequentarti” rispose sicuro il giocatore.

Yohei lo guardò inarcando un sopracciglio con fare scettico.

“Non l’hai ancora capito?” domandò nuovamente il giocatore.

“Capito cosa?” chiese Mito di rimando.

Sendoh gli indicò, con un cenno del capo, il peluche posato accanto a loro.

Mito seguì il suo sguardo non riuscendo però a indovinarne i pensieri.

“Mi ricordava la tua espressione. I suoi occhi, mi richiamavano alla mente i tuoi” cominciò il giocatore fissando il pupazzo.

“Per questo ho fatto una clamorosa figuraccia” aggiunse ridendo.

“Per questo mi ero così incaponito su quest’oggetto” continuò, ritornando serio.

Mito lo ascoltava attento, non interrompendo quel discorso che, lo sentiva, era il preambolo per qualcosa di più importante.

“Lo volevo a tutti i costi” rivelò Sendoh.

“Volevo quel pupazzo a tutti i costi” gli confermò ancora, rimarcando le sue parole.

“Questo perché voglio, a tutti i costi, te” disse piano Sendoh marcando l’ultima parola e voltandosi a osservare Yohei.

Mito si ritrovò a deglutire senza riuscire a parlare.

“Perché?” disse solamente.

Lui non poteva saperlo ma anche qualcun altro, mesi addietro, aveva rivolto la stessa domanda.

Una domanda composta da una semplice parola, che però racchiudeva un significato ben più grande.

Perché Mito, proprio come quella persona, era fondamentalmente insicuro ma nascondeva con efficacia questo suo lato mascherandolo con la freddezza.

Proprio come quella persona, che nascondeva questa caratteristica con le sue pagliacciate.

Peccato che però non tutti si lasciassero ingannare da questa maschera.

Era stato così per Hanamichi mesi addietro.

Era così per Yohei, in quel preciso istante.

“Perché, mi dici?” domandò Sendoh, con sguardo terribilmente serio.

“Perché non c’è cosa che non mi piaccia di te!” disse solamente.

Non sentiva il bisogno di aggiungere altro.

Sapeva che l’altro avrebbe perfettamente capito il significato delle sue parole.
 

Continua…

Note:

In questo capitolo, richiamo alcune scene de “Il tuo vero volto”.

Le situazioni sono analoghe e la cosa è voluta dato che mi ripropongo, in questa fic, di raccontare il passato di Mito dando così spessore al personaggio.

Le situazioni, più avanti, ricorderanno molto quelle che ci sono state nella mia prima fic solo che si avranno i protagonisti invertiti.

La storia sarà, infatti, costruita in questo modo dato che cercherò di spiegare la vera e propria nascita del rapporto fra Mito e Sakuragi, non basandomi solo sulle vicende del numero dieci.

In questo modo cercherò di riempire i “vuoti” del passato di Mito, così come ho fatto per Sakuragi, dando al personaggio una consistenza più concreta.

Spero di aver fatto un buon lavoro.

Come il solito, aspetto i vostri commenti!

Nel frattempo, ringrazio tutti quelli che sono giunti fin qui.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Pandora86

 
  
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