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Autore: Matt94Black    12/11/2013    2 recensioni
Kasuna Chujitsai è un giovane di 24 anni. Egli vive in Giappone e, durante una sua giornata di lavoro nella polizia, scopre di poter manovrare il fuoco con il pensiero, anche se non ha ancora preso la totale dimestichezza con la sua abilità. Immediatamente, viene convocato dalla Tokushu Keisatsu Butai, una ristretta cerchia di agenti e altre persone con abilità innate, la quale si occupa delle richieste legate al paranormale e alle creature misteriose che risiedono nel mondo. Kasuna inizierà qui la sua nuova vita, intrisa di azione, felicità e sorrisi, ma anche di tristezza, rabbia e lacrime.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao mamma, come stai?
Volevo dirti che oggi è il mio primo giorno alla TKB, sono elettrizzato! Al momento sono in viaggio per Isehara, nella prefettura di Kanagawa.
Ti saluto, baci. Saluta anche papà.


Kasuna inviò il messaggio. Kasuna Chujitsai era un ragazzo di 24 anni, con i capelli corti, color biondo platino, ma con un'evidente e spiccante ricrescita nera. I suoi occhi erano neri e molto profondi, accompagnati da dei lineamenti non troppo mascolini. Era vestito con una T-shirt gialla dei Sex Pistols, dei jeans neri strappati e un paio di scarpe da ginnastica nere. Aveva con sé un grosso zaino verde oliva, con tutto l’occorrente per il suo soggiorno alla TKB e il suo fedele Ipod, che al momento stava usando per ascoltare l’ultimo album dei The Gazette con degli auricolari bianchi. La musica lo distraeva dal calore estivo che vi era sul treno, mentre stava seduto tranquillamente al suo posto. Kasuna si trovava lì perché doveva andare a Isehara, nella prefettura di Kangawa, sulla costa sud-ovest del Giappone; lì vi era la TKB, la Tokushu Keisatsu Butai, una cerchia di illustri figure della polizia giapponese che spiccano per le loro particolari abilità. Il suo trasferimento è dovuto dal fatto che, pochi giorni prima, un ufficiale scoprì che Kasuna aveva l’abilità innata della manipolazione del fuoco, anche se non era molto sviluppata. La sua città natale era Okayama, nell’omonima prefettura, leggermente più a sud della sua destinazione, dove viveva assieme ai suoi genitori; egli avrebbe dovuto attraversare le regioni di Kansai e Chubu, quindi in suo viaggio sarebbe stato tutt’altro che corto.
Kasuna, guardando fuori dal finestrino, penso: “Chissà chi incontrerò alla Tokushu Keisatsu Butai”. Iniziò a fantasticare così tanto sulle persone che avrebbe visto che il viaggio parve davvero corto. Quando un altoparlante annunciò la fermata “Isehara”, Kasuna mise in spalla il suo pesante zaino e scese dal treno. Anche se era un posto completamente nuovo, riuscì a trovare quasi subito la TKB, grazie ad alcuni passanti che gli diedero le informazioni che gli servirono: era un edificio di 4 piani, color giallo paglierino e piuttosto grande. Kasuna entrò e vide una piccola stanza, con le pareti color giallo appassito e una porta di legno di fronte all’entrata. In quel momento, un omaccione gli si parò davanti: quest’ultimo era alto almeno una ventina di centimetri in più di lui ed era rasato; indossava un completo nero e un paio di occhiali da sole scuri. Con tono cupo, gli chiese: -Cosa vuoi?-. Kasuna rispose: -Mi avevano chiamato pochi giorni fa per entrare alla Tokushu Keisatsu Butai-. L’omone gli rispose: -Non mi fido-. Kasuna, come risposta, iniziò a schioccargli le dita vicino alla faccia, con entrambe le mani: ogni volta che lo faceva, si poteva vedere una piccola fiammata. L’omone gli bloccò le braccia e gli disse: -Mi stai prendendo per il culo? Non mi pagano mica per far entrare dei…-. Una voce alle sue spalle disse: -Hisumo, lascialo entrare-. Dietro di lui, vi era un uomo ancora più imponente: superava abbondantemente i due metri, muscoloso, abbronzato e completamente pelato. Gli occhi erano neri e aveva una cicatrice da ustione che gli copriva una parte della guancia destra. Indossava una canotta bianca, con il simbolo della TKB in alto a destra, dei pantaloni neri in tuta e degli anfibi dello stesso colore. Ai polsi aveva due grossi bracciali argentei, sembravano piuttosto pesanti.
Il grosso uomo fece cenno a Kasuna di seguirlo, procedendo oltre la porta di legno, arrivando così ad una rampa di scale. Appena quest’ultimo chiuse la porta, gli porse la mano e gli disse: -Il mio nome è Tsudi Boyoi, ma tutti qui mi conoscono come "Capitano Boyoi". Lieto di averti qui, Kasuna Chujitsai-. Kasuna, stringendogli la mano, rispose: -Piacere mio-. Il Capitano aveva una stretta a dir poco fortissima. Subito dopo, iniziò a salire le scale e, assicurandosi di avere Kasuna alle sue spalle, disse: -Adesso ti porto dagli altri, così ti assegnerò una guida-. Dopo essere arrivato al primo piano di dell’edificio, Boyoi aprì una porta in legno,entrando così in una grande stanza, nella quale Kasuna lo seguì: in essa vi erano cinque persone, che svolgevano diverse attività. Un ragazzo di quasi vent’anni, con i capelli lunghi e neri, tirava delle freccette contro un bersaglio. L’occhio destro era coperto da un ciuffo, mentre il sinistro si poteva vedere chiaramente: era di un color marrone chiaro ed inespressivo, proprio come l’espressione generale del ragazzo. Indossava una larga T-shirt blu, dei pantaloncini dello stesso colore, anch’essi larghi, e delle scarpe nere basse. Aveva un paio di cuffie a padiglione gialle, con il simbolo del distintivo della TKB in nero da entrambi i lati. Assieme a lui, intento nel centrare il bersaglio, vi era un ragazzo che sembrava un ninja: aveva un passamontagna nero, una tuta mimetica militare, degli anfibi neri e una cintura dello stesso colore. Legata al braccio sinistro, vi era una fascia nera, su sui era pinzato il distintivo della TKB. Gli avambracci e i polsi erano ricoperti da delle bende nere. Kasuna si chiedeva come facesse a stare con tutti quei vestiti addosso: lì dentro faceva piuttosto caldo e le uniche parti scoperte di quell'individuo erano i polpastrelli delle dita e gli occhi; si poteva notare, in mezzo ad essi, una cicatrice che, presumibilmente, prendeva tutta la faccia in diagonale. Dall’altra parte della stanza, seduto su una panca, vi era un uomo sulla trentina, con gli occhi scuri e i capelli brizzolati, nonostante l’età. Vestiva con una T-shirt bianca e dei blue jeans strappati, ma era privo di calzature. Quest’ultimo stava facendo esercizi fisici, sollevando un pesante bilanciere, reggendolo solo con l’indice e il medio della mano destra. Vicino al muro che vi era di fronte alla porta da cui erano entrati, vi era un ragazzo intento a fare meditazione ad occhi chiusi. Questo ragazzo, che sembrava avere la sua età, aveva i capelli neri e mossi, mediamente lunghi. Indossava un paio di pantaloni blu con sfumature nere e una lunga sciarpa blu che gli copriva la bocca , avvolta più volte attorno al collo. Inoltre, aveva delle polsiere e delle cavigliere, entrambe blu, dotate di robuste placche lucide. I pantaloni erano tenuti con una cintura nera, che presentava il distintivo dei TKB come fibbia. Egli era a torso nudo e si poteva vedere quanto fossero allenati gli addominali e i pettorali. Al suo fianco, seduta su una sedia di legno, vi era una ragazza bellissima, intenta a leggere un libro. Anche lei, che sembrava avere la sua età, aveva i capelli neri e mossi come il ragazzo affianco, ma i suoi erano parecchio lunghi e arrivavano oltre la metà della schiena. Indossava degli stivali neri e un lungo vestito blu, dello stesso colore dei suoi occhi, come il berretto di lana che aveva in testa. Su di esso, vi era ricamato il distintivo della TKB.
Kasuna era rimasto paralizzato a fissare la ragazza, quando il Capitano Boyoi gridò: -Adunata!-. Le cinque persone che si trovavano lì smisero di fare quello che stavano facendo e si misero in riga davanti al Capitano, anche se non erano rigidi come delle reclute ad un addestramento militare. Il ragazzo che prima faceva meditazione stava guardando male Kasuna: i suoi occhi erano blu e piuttosto minacciosi. Il Capitano Boyoi disse: -Ragazzi, lui è Kasuna Chujitsai, manipolatore del fuoco in erba, giusto per fare un gioco di parole. Mi servirà che uno di voi gli faccia da guida-. Studiò il gruppo per pochi secondi ed esclamò: -Samui, ti andrebbe?-. Il ragazzo con la sciarpa gli rispose freddamente: -No-. Boyoi, che non sembrava per nulla infastidito, gli chiese: -No? E per qual motivo?-. Samui, sempre in modo freddo, gli rispose: -Perché non mi piace la sua faccia, mi dà fastidio -. Così dicendo, ritornò nello stesso posto di prima, camminando lentamente, con quella sciarpa blu che gli arrivava fino ai polpacci. Boyoi scosse la testa e, fissando il ragazzo con le cuffie a padiglione, chiese: -Jutoken, ti andrebbe?-. Il ragazzo, in totale apatia, rispose: -Va bene-. Kasuna si stava chiedendo: “Erano davvero quelli i membri della Tokushu Keisatsu Butai? Sembrano degli individui a caso presi per la strada, non sembrano affatto delle persone che lavorano per la polizia”. Mentre lui si stava ancora ponendo queste domande, Jutoken, porgendogli la mano destra, gli disse: -Il mio nome è Jutoken Ongaku, piacere di conoscerti-. Kasuna gli strinse la mano, moscia e quasi priva di forza, che, accompagnata dall’espressione apatica del ragazzo, gli faceva quasi passare la voglia di essere lì. L’uomo che si stava allenando con il bilanciere si avvicinò e, dopo avergli dato una stretta di mano forte e decisa, gli disse: -Io invece mi chiamo Shiru Irinda, lascia che ti porti quello zaino nella tua stanza-. Prima che Kasuna potesse dire qualcosa, Shiru prese lo zaino dalle sue spalle e uscì, passando dalla porta da cui lui e il Capitano Boyoi erano entrati. Egli notò che quell’uomo reggeva il suo zaino unicamente con la mano sinistra, quando lui riusciva a fatica a portarlo con sulle spalle: doveva essere parecchio forte. Quando Shiru uscì, il tizio vestito come un ninja si rivolse a Kasuna, dicendo: -Io mi faccio chiamare Alex, piacere-. Stavano per stringersi la mano, quando dal polso di Alex uscì di scatto una lama di circa 20 centimetri, cosa che fece balzare indietro Kasuna. Alex si scusò: -Oh, scusa. Ho dimenticato di togliere la lama celata. Forse è meglio evitare la stretta di mano-. A quel punto, la ragazza con i lunghi capelli neri gli disse: -Invece io sono Sekietsu Mizu, ma puoi chiamarmi Seky-. La mano della ragazza era liscia e delicata e Kasuna evitò di stringerla troppo, come se avesse paura di poterla rompere. Seky, indicando il ragazzo con la sciarpa blu, gli disse: -Invece lui è Samui Mizu, il mio fratello gemello. Non è molto socievole, però non riesco a capire perché tu gli stia così antipatico senza nemmeno averti conosciuto-. Effettivamente, anche se erano di sesso opposto, avevano gli stessi occhi e lo stesso colore di capelli; anche i vestiti erano simili.
Dopo le presentazioni, Jutoken gli disse: -Il Capitano mi ha detto di portarti a fare un giro, quindi partiamo da qui: questa è la nostra stanza di svago, dove possiamo fare varie cose-. In quella stanza, oltre alla panca con il bilanciere e alle freccette, vi erano una porta in legno, sulla parte opposta, un televisore piatto, un tavolo da ping pong, diverse sedie e, affianco alla porta di entrata, una bacheca, su cui venivano appese le diverse richieste “anomale”, quelle di cui i membri della Tokushu Keisatsu Butai dovevano occuparsi. Jutoken fece cenno di seguirlo e, dopo aver oltrepassato una porta sulla parete destra, che Kasuna non aveva nemmeno notato, entrarono in una mensa. Al momento, vi erano poche persone, dato che erano quasi le quattro del pomeriggio. Jutoken gli disse: -Questa è la mensa, aperta anche ai normali poliziotti-. Kasuna gli chiese: -E come fanno ad entrare qua? Quell’omone all’entrata sembra che non faccia entrare nessuno…-. Jutoken gli rispose: -Semplice, gli mostrano il distintivo. A proposito, il tuo sarà pronto domani mattina. Adesso vieni, ti faccio vedere com’è qua fuori-. Così dicendo, i due andarono verso una porta che si trovava alla loro sinistra, uscendo su un poggiolo molto largo. Guardando in basso, Kasuna vide un grande cortile, munito di un campetto da pallacanestro, una rete da pallavolo e diverse panchine. In quel cortile vi erano uomini e donne, che passavano il tempo chiacchierando, fumando o divertendosi a pallacanestro o a pallavolo. Jutoken gli disse: -Loro sono alcuni agenti della polizia di Isehara. Il loro edificio è proprio questo che abbiamo di fronte e condividiamo lo stesso cortile-. Lui gli indicò il palazzo di fronte: era molto più alto rispetto a quella Tokushu Keisatsu Butai ed era color azzurro chiaro. Kasuna gli chiese: -Ma quindi gli agenti comuni possono entrare da entrambi gli edifici? -. Jutoken gli rispose: -Esatto, e possono passare da un’ edificio all’altro tramite una porta che c’è proprio qui sotto. Adesso ti faccio vedere il piano di sopra, dove ci sono i nostri laboratori-. Kasuna lo seguì e, aprendo una porta che si trovava dall’altra parte del poggiolo, ritornarono nella sala dello svago, dove tutti erano ritornati ai posti di prima a fare le stesse cose, persino Shiru, che aveva già posato lo zaino del nuovo arrivato al piano di sopra. Seky smise per un attimo di leggere il suo libro e salutò Kasuna, sorridendo. Lui ricambiò, sorridendo a sua volta.
Jutoken lo condusse alla rampa di scale da dove era arrivato prima assieme al Capitano Boyoi e iniziarono a salire. Aprendo la porta del pianerottolo al secondo piano, Jutoken gli disse: -Dal secondo piano in su, è tutta roba unicamente nostra-. Dietro quella porta, vi erano degli uomini con dei camici bianchi che lavoravano ai diversi computer di quella stanza e discutevano. Kasuna, guardando in un angolo di quella stanza, vide una grossa gabbia con dentro una cosa che non si sarebbe mai aspettato: uno zombie! Jutoken, guardandolo, gli disse: -Immagino che tu sia perplesso riguardo allo zombie. È normale: queste creature, come molte altre, sono riservate a noi e disfarcene o studiarle è un nostro compito, ora ti conduco dalla mente della Tokushu Keisatsu Butai -. Andarono dall’altra parte della stanza, dove si trovava una porta in vetro con un sensore di movimento. Quando si aprì, entrarono in una stanza con un grosso computer, il cui schermo occupava tutta la parete frontale, con una tastiera semicircolare, piena di pulsanti di diverse forme e colori. Al centro di essa, vi era un uomo dai capelli e dagli occhi nerissimi, con un paio di occhiali spessi, dalla montatura metallica. Indossava un camice bianco, dei pantaloni neri e delle scarpe dello stesso colore. Egli era intento a lavorare a quel grosso computer, seduto su una sedia girevole. Jutoken gli disse: - Professor Kinsai, è arrivato Kasuna Chujitsai, il ragazzo nuovo-. L’uomo si girò con la sua sedia girevole e si alzò: era alto e magro, con un’espressione quasi divertita. Il professor Kinsai, stringendogli la mano, gli disse: -Chujitsai! È un piacere incontrarla! Io sono Tenzoku Kinsai, ma per tutti sono il “Professor Kinsai”. Non ha idea da quanto aspettavo il suo arrivo qui alla Tokushu Keisatsu Butai. Da quando mi hanno riferito del suo imminente arrivo, io…-. In quel momento, si interruppe e scaraventò Kasuna su una sedia di metallo alla sua sinistra, bloccandogli le braccia grazie a delle stringhe di cuoio, con una velocità tale che il povero novellino non ebbe neanche il tempo di capire cosa stava succedendo. Gli mise un casco metallico, collegato a dei cavi, e gli disse: -Non sentirà nulla, promesso-. In quel momento, un macchinario dietro di lui iniziò a tremare, come se fosse una lavatrice in centrifuga. A quel punto, il professor Kinsai, lo liberò, lo fece alzare e gli disse: -Buona giornata-. Così dicendo, si rimise a lavorare a quel grosso computer. Uscendo da quella stanza, Kasuna disse: -Ma che diavolo di problemi ha?-. Jutoken gli rispose: -Ah non ti preoccupare, anche a me è successa la stessa cosa qualche mese fa, quando sono arrivato. Voleva solo creare la tua arma ideale “plasmando la tua aura”, come direbbe lui; penso che sarà pronta tra qualche ora. Da quando sono qui, ho capito che il professor Kinsai è quel tipo di persona che non chiede mai nulla a nessuno e fa sempre quello che gli passa per la testa. È per questo che cerco di parlarci il meno possibile, è un uomo piuttosto inquietante-. Mentre stavano parlando, i due ragazzi ritornarono alla rampa di scale e andarono al terzo piano.
Jutoken gli disse: -Al piano di sopra vi è la soffitta, che non ti farò vedere perché non è molto rilevante. Qui, invece, ci sono le nostre camere-. Aprendo la porta, Kasuna vide un lungo corridoio, abbastanza largo per far passare quattro persone contemporaneamente. Vi erano, in tutto, quindici porte: sette per ogni lato e una al fondo. Jutoken, indicandogli la porta in fondo, disse: -Quella è la stanza del Capitano Boyoi, mentre la tua è la terza sulla destra. La chiave la troverai già nella serratura-. Kasuna, sorridendo, disse: -Grazie mille. Hai idea di chi siano i miei vicini di stanza? -. Jutoken, prontamente, disse: -Nella quarta non c’è nessuno, ma nella seconda c’è Samui, il ragazzo con la sciarpa blu. La mia, invece, è proprio di fronte alla tua-. La presenza di Jutoken non gli dispiaceva per niente, dato che era molto cortese e disposto, tralasciando la perenne apatia; il problema era il ragazzo della stanza accanto: da quando Kasuna è arrivato, Samui lo ha solo guardato male e si è persino rifiutato di fargli vedere l’edificio. Jutoken gli disse: -Adesso devo andare: avevo promesso ad Alex di fare un’altra partita con le freccette. Tu, nel mentre, sistema pure la tua roba. Ci vediamo dopo-. Così dicendo, se ne andò, lasciandolo da solo in quel corridoio. Kasuna si diresse alla terza porta sulla destra, girò la chiave ed entrò: la sua stanza era un bilocale, munito di camera e bagno. Sembrava che non mancasse nulla ed era tutto pulito. E proprio lì, sul letto singolo, vi era il suo zaino. Iniziò a disfarlo e a mettere i suoi vestiti nei diversi cassetti del comodino affianco al letto, mentre scriveva un messaggio a suo padre:
 
Ciao papà, la mamma ti ha avvisato del messaggio che le ho mandato prima? Io mi sono sistemato adesso alla TKB, è davvero un bel posto e sono molto gentili.
Appena finisci di lavorare, rispondi. Saluta mamma.

 
Premette invio. Subito dopo, si sdraiò sul letto e si immerse in mille domande: “Come sarà il mio soggiorno alla Tokushu Keisatsu Butai? Riuscirò a integrarmi con qualcuno? Come sarà la prima missione?”. Kasuna era elettrizzato, sentiva che quel giorno sarebbe stato l’inizio dell’avventura più grande  di tutta la sua vita.
  
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