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Autore: NeaFallenAngel    13/11/2013    3 recensioni
"Faceva male, fottutamente male.
Faceva male sapere che la persona a cui aveva dato tutto, l’aveva tradito.
Odiava il tradimento, che fosse per amore o meno.
Si sentiva abbandonato, ferito, confuso ,deluso, stanco e stupido.
Ora che era lì solo, gli passarono per la mente tante piccole cose che avrebbero potuto fargli capire che qualcosa non andava, ma che aveva ignorato, cieco come chi è perdutamente innamorato.
Eppure non riusciva ad odiarla, ora la sentiva del tutto indifferente.
In quel momento la porta del bar si aprì, facendo sì che la porta vecchia cigolasse.
Andy continuò a tener la testa china verso il basso, cercando di capire chi potesse essere."

Come stareste,se tutto quello che credavate fosse una realtà salda,si sbriciolasse?
Come stareste se veniste salvati da qualcuno che avete salvato inconsciamente?
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andy Biersack, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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This Is A Rebel Love Song

-2.Lost It All-

 

Camminavano da mezz’ora  più o meno.

Andy sentiva il vento gelido che gli remava contro,  ma non se ne curava più di tanto.

La prospettiva di morire assiderato,  dopo quello che era successo,  lo lasciava del tutto indifferente.

Non aveva aperto bocca,  si limitava a seguire le indicazioni che la ragazza che era con lui gli forniva poco prima che svoltasse o cambiasse strada.

Ashley camminava al suo fianco, guardando verso il basso, a passo svelto, tant’è che un paio di volte si era fermata per  aspettarlo, alzando lo sguardo verso di lui, che aveva risposto con un’alzata di spalle e un “devo smettere di fumare” che aveva provocato una risata alla ragazza.

-Sai, mi ricordi i miei compagni di scuola qualche anno fa- attaccò la mora, cercando di smettere di ridere.

-Perché scusa?- disse lui, senza capire se era un fatto positivo o negativo.

-Quando uscivamo di scuola caso vuole che i fumatori in questione fossero bellamente tranquilli a camminare e cominciassero a correre per non perdere l’autobus e se ne uscivano con “devo smettere di fumare” detta col fiatone- concluse, sorridendo.

-Questo mi fa dedurre che invece tu non fumassi, all’epoca-

-No, lo facevo, meno di loro certo…solo che diciamo, non mettevo i manifesti- gli fece un occhiolino di risposta.

Per un momento Andy si chiese quante cose avesse da raccontare quella ragazza bassina e incredibilmente strana.

Lo stava portando ai suoi ricordi, di quando andava a scuola, di quando suonare era un hobby e non un lavoro, di quando si chiedeva se un giorno sarebbe diventato qualcuno.

-Andy?-

La ragazza si era fermata ed era davanti ad un palazzo, probabilmente scuro, nonostante la notte ne alterasse i colori.

Dalla faccia che aveva si poteva dedurre che non fosse la prima volta che lo chiamava.

-Bè, siamo arrivati- fece un cenno lei, piegando la testa di lato una volta capito di aver attenuto la sua attenzione.

Detto questo frugò nella borsa e prese un enorme mazzo di chiavi, per poi inserire una di queste nella toppa e far scattare la serratura.

L’ingresso era illuminato a giorno, alla sua sinistra una rampa di scale proseguiva per 3 o 4 piani mentre alla sua destra c’era un ascensore dello stesso colore dei corrimani delle scale, nero opaco.

L’intero edificio era segnato dal contrasto di questi due colori, che facevano percepire che non fosse propriamente nuovo anche se lo sembrava.

-Ho pietà di te- disse ridendo Ashley, per poi incamminarsi verso l’ascensore e premere il tasto di chiamata.

Non passò molto che l’ascensore emise un segnale sonoro per indicare che era arrivato al piano terra.

Ashley si appresto ad entrare, appoggiandosi allo specchio sul fondo e aspettando che il suo ospite ci salisse, dopo di ché premette il tasto del secondo piano.

L’ascensore cominciò a salire e mentre la ragazza fissava la punta delle sue converse, Andy guardò il suo riflesso nello specchio.

Ringraziò una qualsiasi divinità esistente per non essersi truccato, anche se l’effetto non era tanto da meno.

Gli occhi erano spenti, persi di qualsiasi luce. Il volto stanco, come se non dormisse da giorni, anche se quella mattina stessa aveva dormito fino a tardi.

Un leggero sobbalzo indicò loro che avevano raggiunto il piano desiderato e lo distrasse dei suoi pensieri, nel medesimo momento in cui Ashley si spostò da dove si era appoggiata  e si portò davanti alla porta aperta

Svoltò  a sinistra e aprì la porta di casa.

Quello che Andy era convinto fosse un mazzo di chiavi gigante in realtà non era poi così grande: grande era il peluche attaccato ad esso, un pipistrello rosso, rovinato dal tempo probabilmente.

La casa era tremendamente calda, in confronto al gelido vento notturno, il che lo rassicurò di quel poco per convincersi che accettare di passare la notte a casa di una sconosciuta non era stata proprio una pessima idea.

L’ingresso era ampio e sul fondo c’era la cucina, separata dall’ingresso da  un muretto basso color marmo a cui era accostato un divano di pelle rossa a due posti e dalla parte opposta  ve ne era uno da tre.

Alla sua destra c’era un corridoio che portava a una rampa di scale.

-E questo è il famoso divano-letto- disse con enfasi teatrale alludendo a ciò che gli aveva detto al bar, cominciando ad aprire il divano, che in meno di  5 minuti fu pronto.

-Bè, io sto al piano di sopra…se ti serve qualcosa… il bagno è la prima porta a sinistra-disse indicando il corridoio

Fece per andarsene, ma Andy la chiamò.

-Ashley- disse, ma si corresse subito una volta ricordatosi che la ragazza gli aveva chiesto di usare il suo sopranome -Ashy, grazie….-

-Non c’è di che- sorrise la mora di rimando, incamminandosi verso il piano superiore.

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Tre e venticinque del mattino.

Erano tre ore che fissava quel dannato soffitto, quando senti qualcosa di peloso sfiorargli il braccio.

Normalmente non sarebbe saltato via, sapendo che poteva tranquillamente essere uno dei suoi gatti.

Ma il punto sostanziale era  che non era a casa sua e quindi non poteva essere uno dei suoi gatti.

Saltò via, per lo stupore più che per lo spavento, poi abbassò lo sguardo e vide una palla di pelo nera con gli occhi azzurri, che spiccavano nel buio della notte.

-E tu..?-

Di risposta il gatto gli si sdraio vicino, incurante di averlo fatto saltare via in quel modo, come se stesse rivendicando il suo posto.

Continuava a sentirsi stanco, ma era altrettanto stanco di stare li fermo a fissare il soffitto.

Si alzò e si frugò nelle tasche, sperando di trovare ancora qualche sigaretta in quel dannato pacchetto.

Mentre le cercava trovò anche il suo cellulare.

Lo guardò con un certo timore quando si accorse che aveva un messaggio  e si chiese se non potesse fingere di averlo perso.

Era combattuto, non sapeva se leggerlo o meno.

Ma alla fine la parte più infantile di lui cedette e si avviò con l’unica sigaretta rimasta e il cellulare verso il balcone, da cui si accedeva dalla cucina che aveva visto appena entrato in quella casa.

La notte era stellata, il cielo tremendamente limpido. Odiosamente  limpido.

Non doveva essere così. Parte del  suo mondo era appena crollato, si aspettava come minino una tempesta o un tornado.

Invece tutto il resto del pianeta continuava la sua esistenza come se fosse niente.

Si avvicinò al parapetto e si accese la sigaretta, aspirando profondamente per cercare di farsi coraggio.

Sblocco lo schermo, leggendo il nome del mittente

Juliet.

Un tonfo al cuore.

Sollievo.

Paura.

Gioa.

Dolore.

Il messaggio era di due ore prima.

“Se mi avessi lasciato spiegare.

Che poi non dovrei spiegarti niente, te ne sarai accorto anche tu no?

Ormai le cose stavano andando a scatafascio…..Ormai era come se non stessimo nemmeno più assieme, eravamo diventati come fratello e sorella….

Ogni volta che cercavo di parlartene tu cambiavi discorso, quasi come se non ti accorgessi di niente….

Io non so che fare….Non ti amo più ed è meglio per entrambi se la chiudiamo qui.

Non vediamoci più. È la cosa migliore per entrambi.

Domani parto. Vieniti a prendere le tue cose.

Scusami per non averti obbligato a ascoltarmi prima.”

Si girò e scivolò sul parapetto, cercando di non cadere a peso morto.

Era finita. Finita.

Gli vennero alla mente tutti i ricordi: la prima volta che si erano incontrati, i baci, la prima volta che erano stati insieme.

Il declino. Si sentì mancare il respiro.

La sigaretta bruciò fino a scottargli le dita, ma non ci fece caso.

Rimase così fino al mattino, appoggiato al muro,  in un angolo del balcone, con il cellulare tra le mani.

Il gatto che dopo un po’ gli si era avvicinato, come se avesse sentito il suo disagio, gli si era acciambellato sulle gambe e lui lo accarezzava di tanto in tanto, cercando di confortare se stesso più che l’animale.

Aveva perso parte delle sue certezze e delle sue sicurezze, ma si sentiva come se avesse perso tutto.

 

Cuz I lost it all 
Dead and broken 
My back's against the wall 
Cut me open 
I'm just trying to breathe 
Just trying to figure it out 
Because I built this monster 
Watching crumbling down 
I said 
Then I lost it all “
[Lost It All-Black Veil Brides]

 

   
 
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