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Autore: chocobones    13/11/2013    1 recensioni
Harry ha un regno da governare, sudditi da guidare, eserciti da dirigere e comandare. Ma come può riuscire a farlo quando non riesce neppure a governare la sua di vita, i suoi istinti? Come può guidare un popolo quando non sa come guidare sé stesso, e come può comandare se si sente costantemente schiacciato dal peso del Re – di suo padre?
AU Prince Harry; Harry/Eleanor – Harry/Louis; Kingdoms of England and France.
Genere: Angst, Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Kingdom

Ed una nuova e triste giornata uggiosa fece il suo arrivo trionfante sul cielo francese.
Harry – il principe Harry era troppo impegnato a tentare di domare il suo cavallo per prestare attenzione a quelle piccole gocce di pioggia che continuavano imperterrite a bagnare il suo giovane viso, inumidendo i suoi ricci capelli e inzuppando i vestiti di qualche seta pregiata.
Come da programma il giovane era immerso nel verde dei boschi, la sua figura si confondeva fra le fitte fronde degli alberi e i lunghi fusti di abeti. Era il suo habitat – il principe si trovava incredibilmente a suo agio fra quelle estese distese di verde, lontano dal caos e i mormorii del castello, o dal continuo vociare delle cucine.
La natura lo rilassava, lo aiutava a scollegare il cervello e a riposarsi. E lì, seduto su una roccia – non poi così tanto comoda, il ragazzo teneva con entrambe le mani le redini del suo cavallo, energico e attivo come al solito. Con il suo sguardo verde, verde come quegli alberi, Harry scrutava la natura intorno a sé, come se volesse memorizzare ogni dettaglio di quello spettacolo quando invece conosceva ogni singolo particolare di quel bosco.
Lo stesso bosco che lo aveva ospitato sin dalla tenera età, lo stesso bosco che lo accoglieva ogni qual volta si ritirava da un allenamento, lo stesso bosco che aveva visto le sue fughe d'amore e i suoi primi baci con la dama di compagnia della Regina.
E il giovane principe non badò neppure alla sensazione di bagnato che stava iniziando ad impossessarsi del suo corpo. Il punto era solo uno: Harry non voleva ritornare a Corte, non voleva – seppure fosse moralmente e politicamente sbagliato, acconsentire ad ogni legge ed obbligo che il Re, nonché suo padre, gli imponeva. Ed Harry era come il suo cavallo: libero, sempre con la voglia di viaggiare, di esplorare nuovi mondi, un po' come faceva suo fratello pardon, fratellastro Niall. Eppure non poteva, non poteva lasciarsi andare al rischio eccessivo, non si poteva permettere il piacere di montare sul suo cavallo e lasciarsi alle spalle tutti i doveri, tutti gli obblighi e le pressioni che il suo titolo aveva, perchè per Dio lui era il prossimo erede al trono.
Le spalle di Harry si alzavano e si abbassavano in modo lento, quasi doloroso, come se la sua ansia e il fardello della sua carica gravasse sulle spalle dell'intero mondo e non solo sulle sue: Harry aveva ben chiaro il concetto di “sovrano”, di “Re”. Conosceva tutte le responsabilità, tutte le difficoltà, ma anche i lati positivi e gli aspetti che potavano giovarlo.
Ma questo non cambiava le cose, questo non cambiava il suo umore né tanto meno il suo pensiero. Ed oggi era anche peggiore, oggi si sentiva anche peggio – oggi era il giorno in cui purtroppo o per fortuna, avrebbe conosciuto la sua futura moglie.
In realtà il verbo “conoscere” in sé stesso era proprio sbagliato – il Principe Harry conosceva bene Lady Eleanor, ricordava alla perfezione i pomeriggi trascorsi insieme nel palazzo della sua casata Inglese, ricordava il viso dolce della ragazza che, a quei tempi, poteva avere sì e no 7 anni. Ma non era pronto, non era proprio pronto a prendere in moglie una ragazza che non vedeva da tempo, una ragazza che non condivideva nessun interesse lontanamente simile o comune ai suoi.
«Harry!» il ragazzo si ritrovò a sobbalzare, perso com'era nei suoi pensieri e nelle sue inutili proteste interiori che, alla fine, non lo portavano mai ad alcuna conclusione: Harry rimuginava spesso, su tutto quello che non lo soddisfaceva o che andava contro la sua morale ma, in ogni caso, regolarmente, finiva per abbassare il capo, acconsentendo ad ogni ordine del Re.
E non erano certo poche le volte in cui Harry si dava dello stupido, dell'incoerente e tanti altri complimenti che non giovavano di sicuro alla sua immagine, o alla sua stessa autostima come persona e non come Principe o erede al trono di Francia.
«Dimmi Niall» rispose il ragazzo, senza neppure degnarsi di guardare in faccia il fratello
«Devi tornare a Corte, Harry. Ti stanno cercando tutti. Tua madre ti sta cercando ovunque e la notizia è già arrivata alle orecchie del Re. Lady E sta per arrivare» fece con tono meccanico, quasi apatico il ragazzo, come avesse provato quel breve discorso per tutto il tragitto che separava il castello dal bosco non molto distante. Questa volta Harry si permise di guardarlo, a lungo, studiando quegli occhi azzurro/blu e lanciando un'occhiata verso i capelli biondi bagnati dalla pioggia e l'ampia coperta che teneva sulle spalle interamente inzuppata d'acqua.
La visione del fratello – così mal di ridotto e decisamente infreddolito, bastò per impietosirlo e anche per farlo sentire in colpa. Niall il preferito del Re, ma non il successore al Trono solo per un assurdo legame di sangue interrotto. Ed Harry non capiva, passavano gli anni e non riusciva ancora a capire tutti questi meccanismi, tutti questi ragionamenti e la rilevanza che il sangue poteva avere nella vita di tutti i giorni: Niall era suo fratello, ad Harry non importavano altre etichette.
«Quanto tempo ho?»
«Il Re ha già inviato un paio di guardie per cercarti intorno al castello, e alcune sono sparpagliate per il castello. Sono riuscito a venire da te per primo, ma temo che si spingeranno anche più oltre se non riusciranno a trovarti entro le mura e tu non vuoi che scoprano il tuo piccolo e “segreto” angolo di Paradiso, vero Harry?» fece retorico Niall, sapendo bene dove andare a puntare. Per il giovane quel piccolo bosco era davvero il suo piccolo angolo di Paradiso, Harry era comunque consapevole che molti erano a conoscenza di questo luogo ma lui era l'unico che si era avventurato, l'unico che riusciva sempre a ritornare e l'unico che sapeva come trattattare quel posto. Perchè Harry ne era sicuro – era sicuro che quel bosco avesse vita propria, che quel bosco parlasse, che quel bosco sentisse tutto e punisse ogni peccato.
Molti uomini che si erano avventurati di rado facevano ritorno. Scomparsi, morti, uccisi... Harry non sapeva bene come definire il tutto, sapeva solo che quella natura era viva, attiva e reagiva ai soprusi e si vendicava se era necessario. Forse era anche per quello che Harry amava quel posto: era lo specchio di quello che non era la sua anima – silenzioso, pacifico ma anche vendicativo.
«Torna al Castello, James»
«E tu?»
«Tu vai, io poi ti seguo» rispose Harry, alzando lo sguardo verso il cielo constatando che ormai aveva smesso di piovere. Sentì il leggero sospiro da parte di Niall, successivamente seguiti dai suoi passi lenti ma decisi, accompagnati dal fastidioso rumore che la cinghia che teneva stretta la spada intorno alla vita, procurava scontrandosi contro la gamba del ragazzo.
E di nuovo tutto cadde nel silenzio, spezzato solo dal respiro del suo cavallo – ora decisamente più calmo. Il ragazzo si alzò, montando sul suo cavallo, iniziò a camminare e concedendosi un ultimo sguardo alla natura alle sue spalle, volse tutta la sua attenzione di fronte a sé.

 

Tutt'intorno i mormorii erano sempre più insistenti, sempre più pesanti da tollerare, ed Harry non capiva proprio come facesse suo padre a tollerare quel vociare insistente, o come sua madre potesse semplicemente ignorare il tutto, guardando la servitù con sguardo annoiato, come se anche la loro sola presenza disturbasse la sua vista.
Harry distolse lo sguardo, cercando qualcosa di interessante da osservare o qualcuno con cui parlare, ma suo fratello era dalla parte opposta della sala, fatto appositamente allontanare dalla Regina perchè “Questa è una cerimonia dedicata alla vera famiglia reale, non ad usurpatori come Voi e vostra madre”, e nessuno oserebbe mai mettersi contro la Regina.
Lo sguardo di Harry vaga per tutta la sala, analizzando i volti dei cuochi, delle dame di compagnia, delle amanti e della varia servitù, ma sono sempre gli stessi volti apatici questa volta confusi dall'emozione di conoscere la loro futura Regina, e probabilmente in quella stanza loro sono gli unici ad esserne emozionati o in qualche modo impazienti. Harry vorrebbe solo che tutto questo finisse il più presto e veloce possibile. Il vestiti bagnati sono stati sostituiti da una camicia bianca immacolata e un pantalone nero, la fibbia della cinta d'oro risplende nell'ambiente, ed Harry non può fare altro che sentirsi ancor più a disagio e ancor più sotto-pressione.
Fa che finisca presto.
Si ritrova a pensare il giovane principe, arrischiando un'occhiata al Re, immancabilmente seduto al suo trono: rigido, fiero e serio come solo un Re sa essere, ed Harry si sente inferiore ad una figura talmente autoritaria, si sente ingenuo e decisamente ancor più stupido del previsto. Suo padre emana una tale autorità da renderlo temibile ai capi militari più capaci.
E la sua fierezza è difficilmente nascosta ed Harry non può dargli certamente torto: con questo matrimonio, con questo fidanzamento ufficiale, Francia ed Inghilterra saranno due alleate, unite contro il resto del mondo, due potenze forti singolarmente e invincibili se sono unite.
I mormorii si fanno più forti ed insistenti quando l'inconfondibile rumore della tromba spezza e supera le voci. L'aria è tesa, trepidante e decisamente irrespirabile per Harry, il ragazzo tiene le mani unite dietro la schiena, fa qualche passo avanti, portandosi al centro della sala, sotto gli occhi di tutti ed in particolare quelli del padre.
Harry si ritrova a deglutire quando la sua vista viene completamente occupata da diverse figure alte e slanciate: guardie Reali inglesi.
Queste ultime, nell'arco di pochi minuti, si andarono disperdendo, dando modo, ad Harry, di incontrare lo sguardo castano della sua promessa sposa: era identica a quando erano piccoli, gli stessi occhioni dolci, grandi e marroni – che spesso Harry accomunava a quelli di una cerbiatta, il fisico alto e slanciato, con le forme e le curve al punto giusto. I capelli castani le ricadevano lisci lungo le piccole spalle, e il corpo era fasciato da un vistoso vestito a balze.
La ragazza gli sorrise, e anche il sorriso era lo stesso: bonario, dolce ma qualcosa di diverso c'era, i suoi sorrisi trapelavano nuove emozioni, lasciavano trasparire un aspetto sbarazzino quasi smaliziato nella ragazza. Ed Harry ricambiò il sorriso, quasi in modo automatico, come se volesse metterla a suo agio – cosa del tutto stupida dato che Lady E. si trovava perfettamente a suo agio con tutti gli sguardi curiosi puntati su di lei, la giovane donna amava trovarsi al centro dell'attenzione, e questo era noto a tutti, peccato che Harry avesse questa strana indole a voler, sempre, confortare il prossimo, come volesse introdurlo in una famiglia tutta sua.
«Vostra Maestà» si affrettò a salutarla Harry, avvicinandosi di qualche passo, e tentennando sul da farsi: prenderle la mano o mantenersi a distanza. Troppo formale, troppo rigido.
La risata cristallina di Eleanor riempì subito la sala, e gli sguardi si fecero più insistenti e i mormorii al contrario cessarono: le orecchie di tutti i presenti erano tese, impazienti di poter sentire la voce della loro futura Sovrana.
«Per favore, Harry. Chiamatemi Eleanor, non è necessaria tale formalità. Giocavamo in questo castello, non sono passati poi tanti anni» ed Harry si ritrovò a rilasciare il fiato che, fino a quel momento, non era neppure reso conto di trattenere. Era inutile nascondere quanto si sentisse rincuorato dalla risposta di Eleanor.
E i due continuarono a guardarsi e sorridersi, a farlo in modo bonario – Harry suggerì quasi in modo fraterno, e contro ogni logica si sentiva a suo agio con quella ragazza. La voce del Re risuonava forte in quelle pareti mentre si apprestava a salutare l'intera Corte Inglese, porgendo i giusti omaggi e discutendo delle varie mosse da eseguire. E la sala cominciò a svuotarsi, con un inchino la servitù si ritirò nelle proprie stanze o si dedicò ai vari lavori che dovevano eseguire, le Dame di Compagnie corsero, gioiose ed eccitate, verso i campi verdi che circondavano il castello mentre le guardie inglesi si affiancavano a quelle francesi, emanando forza e solennità, unione e distruzione. Come fuoco e fiamme unite in un unico insieme. Invincibilità, ecco cosa esprimeva quell'alleanza.
E, mentre la Sala andava svuotandosi, solo in quel momento lo sguardo di Harry volò oltre la figura di Eleanor, puntandosi verso la parte finale della stanza, e lì Harry lo vide, li vide.
«Chi è – chi sono?» si ritrovò a domandare ingenuamente Harry,
«Lei? L'amante di mio padre, Johanna» rispose seccata la mora, come se si fosse resa conto solo adesso della presenza di quei due individui. Ed Harry non riusciva a distogliere lo sguardo, come se fosse attirato, come se vi fosse una qualche forza divina che, in quel preciso istante, lo stava spingendo verso quei due sconosciuti.
«E lui?» domandò con un filo di voce.
E questa volta Lady E non usò un tono seccato, né tanto meno bonario. Dal suo tono si leggeva disgusto, semplicemente disgusto. Come se stesse parlando di un problema, di un qualcosa che era necessario eliminare. Perchè «E' il figlio bastardo di mio padre – non è neppure figlio della sua amante, è semplicemente un errore di percorso, che grava sulle spalle del mio Regno.» rispose, con una scrollata di spalle la giovane, facendo scivolare i poco il manto che teneva sulle spalle.
Un fulmine squarciò il cielo, e tutti in quella stanza si ritrovarono a sobbalzare ma Harry si curò solo di una persona, quella stessa persona che all'udire il suono del tuono si era girata, frettolosa, spaventata, come un topo in trappola, e in quel momento Harry li vide, vide quella cosa che non faceva altro che attirarlo: i suoi occhi. Azzurri chiari, chiarissimi. Azzurri come l'acqua cristallina che scorreva lungo una piccola sorgente nascosta nel bosco.
E per la seconda volta nella giornata Harry si ritrovò a trattenere il respiro, e «Qual'è il suo nome?» domandò, questa volta voltandosi del tutto verso Eleanor che, con sguardo attento, seguiva tutti i movimenti del padre e ascoltava i discorsi dei due Re. Harry era sul punto di riporle la domanda quando «William, si chiama William. Ma il bastardo si ostina a farsi chiamare Louis» finalmente rispose.
Louis.
Così francese, così principesco. Così Louis. Harry annuì, annuì a sé stesso, e dando le spalle ai due membri esterni della famiglia Inglese, si limitò a prestare attenzione al discorso dei due Re, o almeno provando a prestare attenzione, ma sarà una missione già persa in partenza; Harry ne è consapevole.

  
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