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Autore: aliasNLH    13/11/2013    2 recensioni
«Tu lo sai, vero, che quando un uomo compra dei vestiti alla propria ragazza, lo fa perché vuole toglierglieli personalmente?» mormorò, rispondendo finalmente all’interrogativo.
Max deglutì, improvvisamente accaldato per via del contatto di quella mano – per non dire altro, considerato il fatto che si trovava tra decine di corpi sudati e uno in particolare felicemente spalmato su di lui.
Molto felicemente, in effetti. Avvampò.
«M-ma… io non sono la tua ragazza» cercò di erigere una – blanda – difesa a quello che sembrava qualcosa di inevitabile.
«Questo è vero» gli sussurrò in risposta, sfiorandogli il lobo con le labbra «non sei una donna».
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Come sempre, tutto il mio affetto e il mio ringraziamento a 3ragon che ha caritatevolmente acconsentito a farmi da Beta.
 
 
I’m not a Murderer


04
 
 
Non ne aveva alcuna intenzione – però poi l’ha fatto lo stesso…
 
    «Max?» Lionel era rimasto a bocca aperta di fronte all’amico.
    «What?» ribatté questi, guardandosi intorno infastidito.
    «Max!»
    «Cosa?»
    «Maximillian?»
    «Che cazzo hai da urlare, si può sapere?» alzò la voce irritato, guardandolo dritto negli occhi.
    «No, niente. Volevo essere sicuro si trattasse di te» affermò soddisfatto, tornando a sedersi sul divanetto e scolandosi il resto della birra «sai, non potevo essere sicuro al cento per cento da sotto quel cappello».
    Max arrossì e si affrettò a sedersi a propria volta, cercando di ignorare alcuni sguardi troppo lascivi per i suoi gusti e puntati in alcuni punti… come quella tizia che fissava assatanata il suo fondoschiena. Rabbrividì nello scorgerla leccarsi le labbra.
    Ma chi glielo aveva fatto fare?
    Si mosse a disagio sul divanetto dove si era scaraventato non appena era riuscito a districarsi dalla folla danzante e appiccicosa che era stato costretto ad affrontare per trovare gli amici.
    Ma non avrebbero potuto aspettarlo fuori, come al solito?
    Se non altro gli avrebbero risparmiato palpatine affatto ben accette durante il percorso.
    E adesso quello.
    Domande imbarazzanti e occhiate indagatorie persino da parte dei suoi amici!
    «Ciao»
    Rischiando un infarto, per aver sentito un sussurro tanto vicino e non aver notato l’avvicinarsi di nessuno, Max si voltò per vedere chi fosse la persona che aveva battuto una mano sul suo braccio.
    La ragazza era mora, con i tacchi alti e stranamente familiare.
    «Ci siamo incontrati l’altra sera» gli fece presente lei «mi hai detto che ti vesti come un barbone».
    In un attimo collegò il suo volto a quello della tizia che aveva dato origine a tutta quella assurda serata, e non riuscì a dire niente.
    Quando era rientrato a casa, quella mattina, reggendosi sulle gambe solo grazie all’aiuto congiunto di Brook e Bach, aveva gettato a terra la felpa e cantato a squarciagola le ultime strofe di una canzonaccia di strada – eredità del suo paese d’origine – era scoppiato in un riso irrefrenabile.
    Si era a mala pena accorto delle occhiate preoccupare degli amici, nascoste alla sua vista dal velo di lacrime che avevano iniziato a scendere subito dopo.
    Ricordava vagamente quanto fosse successo poi – c’era una macchia sospetta sulla moquette dell’ingresso – ma era certo di aver pensato che una scena del genere non sarebbe mai accaduta. Che mai più una ragazza lo avrebbe messo nella posizione di sentirsi a disagio o fuori luogo.
    Che avrebbe rificcato in gola a tutte le signorinelle che contavano il loro fottuto senso estetico.
    Poi c’era stata la chiamata di Lionel – all’alba delle tre del pomeriggio, quando era riuscito a raggiungere il telefono con un mal di testa lancinante – che lo informava che quella sera si sarebbero trovati al Boulaire.
    Al momento di prepararsi lo sguardo era corso alla borsa firmata O’Connell e agli abiti ancora con i cartellini attaccati.
    Alla fine, indugiando fino all’ultimo e ricordandosi dell’imbarazzo della sera prima, aveva smesso di tenere in mano quei vestiti e li aveva indossati.
    Quelli che Castor aveva scelto per lui.
    Accidenti, era sempre colpa sua!
    «Cos’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» soffiò lei, avvicinandosi ancora, sussurrandogli direttamente nell’orecchio «Vuol dire che stasera non potrò usufruirne?»
    Max arrossì come un’aragosta. Le orecchie avrebbero cominciato a fumare – o almeno così riteneva – se una seconda voce non si fosse intromessa.
    «Tu non la userai di certo. Né avrai occasione di vederla, non so se mi spiego».
    Accanto al divanetto dove Max era seduto e dove la mora lo aveva placcato, avvolgendogli le braccia attorno al collo, si era improvvisamente materializzato un uomo sottile dai folti capelli rossi, che gli cadevano in ciocche disordinate attorno al viso.
    Max lo riconobbe, rischiando di strozzarsi nel pronunciare il suo nome.
    «Cosa vuoi?» fece lei, la voce dolce usata fino a poco prima nascosta da un tono ben seccato.
    «Che giri al largo Candy, lui è proprietà privata» sillabò lui cordiale, solo un pizzico di fastidio – ben celato – dietro le iridi azzurre.
    «Non scassare Castor, l’ho visto prima io» sibilò lei in risposta, rafforzando la presa su Max e facendo scorrere il proprio petto sul suo «sei tu quello che deve andare a prendere aria altrove».
    «Su questo avrei qualcosa da ridire» Bach – stramaledetto lui, era rimasto lì accanto per tutto il tempo e non aveva fatto niente – distolse lo sguardo dal cocktail che stava centellinando per puntare i suoi occhi in quelli socchiusi di Castor «se non sbaglio sei stato tu a vestirlo»
    «Proprio così» il rosso fece un cenno di assenso con il capo, prima di tornare a Candy «quindi ora te lo chiedo per l’ultima volta: togligli le mani di dosso».
    «Come sarebbe a dire?» fece lei sorpresa, guardando Max «È stato Castor a scegliere questi vestiti per te?»
    «Beh, ecco…» esitò lui, colto impreparato. Diamine, già ci stava capendo ben poco, se poi lo tiravano in mezzo a conversazione iniziata…
    «Risposta esatta dolcezza» assentì Castor deliziato «non hai notato il gusto perfetto degli abbinamenti?»
    «Potevi dirlo prima» borbottò lei contrariata, alzandosi dal divanetto – rilasciando la morsa su Max – allontanandosi ancheggiando, lanciando un’ultima occhiata obliqua a Castor e mischiandosi alla folla - probabilmente alla ricerca di qualcun altro da irretire.
    Max non era sicuro su cosa dire – aprì e chiuse la bocca un paio di volte – ma ogni sua protesta, domanda o affermazione venne bloccata sul nascere da una mano prepotente (indovinate appartenente chi?) che gli afferrò il gomito costringendolo ad alzarsi e guidandolo lontano dai divanetti e dagli amici. Sebbene l’unico amico ancora inchiodato in quell’angolo fosse Bach, che non fece il minimo cenno in segno di protesta per il suo rapimento.
    Ancora stupito dall’apparizione e improvvisamente consapevole del fatto che una certa mano gli stava stringendo fermamente il braccio, si lasciò trascinare nella folla, fino alla pista da ballo.
    «Ehi!» si riscosse finalmente, quando un altro ragazzo lo urtò nel movimento «Cosa pensi di fare?»
    «Farti ballare» fu la risposta chiara che ricevette – all’orecchio, per sovrastare la baraonda della musica.
    «E chi ti dice che io ne abbia voglia?» ribatté polemico, nel guardare scettico le coppiette avvinghiate tutto intorno a lui.
    «E cosa ti fa credere che questo mi interessi?» chiese retorico Castor, sorridendo appena, seducente.
    Max arrossì. Forse poteva sbagliarsi, ma sembrava quasi che fosse appena stato trascinato dentro all’affascinante e pericoloso gioco della seduzione. Una partita in cui partiva svantaggiato. Era stato a fare tappezzeria per troppo tempo.
    Cosa diavolo si aspettava avrebbe dovuto fare?
    «Cosa voleva dire…» il ragazzo fece una pausa imbarazzata, mentre il rosso lo tirava maggiormente a sé per evitare che entrasse in contatto con altri ballerini «che significa il fatto che hai scelto questi vestiti?»
    Facendolo ruotare sulla pista, Castor lisciò delle pieghe invisibili sugli abiti di Max.
    Passò leggero sul maglioncino nero attillato, indugiando sulle cuciture ai fianchi e sulla fantasia metallica su una spalla, per poi continuare altrettanto delicato sulle braccia, toccandolo solo con la punta delle dita - impercettibile come un soffio di vento e bruciante con un ferro arroventato.
    Max fece fatica a trattenere un gemito, ma strinse i denti e non si lasciò sfuggire neanche un ansito.
    Non sapeva come fosse possibile – per la miseria, a lui non erano mai piaciuti gli uomini! – ma un solo tocco, anche casuale - e quelli non lo erano di certo -, di Castor e si sentiva sciogliere. Una carezza e le gambe iniziavano a tremare. Un’occhiata e il suo stomaco si trovava a fare un salto carpiato nella trachea.
    Il rosso sorrise compiaciuto dal rossore che colorava le guance del ragazzo e bloccò il suo movimento su di lui solo quando infilò due dita in uno dei passanti dei jeans e posò il palmo sullo spicchio di pelle scoperta della schiena.
    «Tu lo sai, vero, che quando un uomo compra dei vestiti alla propria ragazza, lo fa perché vuole toglierglieli personalmente?» mormorò, rispondendo finalmente all’interrogativo.
    Max deglutì, improvvisamente accaldato per via del contatto di quella mano – per non dire altro, considerato il fatto che si trovava tra decine di corpi sudati e uno in particolare felicemente spalmato su di lui.
    Molto felicemente, in effetti.
    Avvampò.
    «M-ma… io non sono la tua ragazza» cercò di erigere una – blanda – difesa verso quello che sembrava qualcosa di inevitabile.
    «Questo è vero» gli sussurrò in risposta, sfiorandogli il lobo con le labbra «non sei una donna».
    Dal modo in cui Max sentì cedere le proprie gambe, forse non era del tutto certo. Non fosse stato per il braccio che Castor gli teneva attorno alla vita, probabilmente sarebbe finito a terra.
    Si sentiva ubriaco.
    «Ma sei comunque mio» soffiò sulla sua pelle, lasciando che la mano scivolasse dalla curva della schiena fin dentro i jeans, sfiorando il solco tra le natiche.
    Un mugolio e il respiro iniziò a farsi più pesante.
    «Cosa mi stai facendo?» gli chiese ebbro come non si era mai sentito. Non come se avesse bevuto, si accorse improvvisamente debole, mentre sentiva le braccia diventare pesanti ed essere accompagnate – sempre da quelle mani – attorno al suo collo. Inconsciamente – o forse troppo consciamente – Max si strinse a lui, sfregando la guancia contro la pelle scoperta del collo del rosso.
    Castor gli passò la mano libera sulla linea curva della nuca. Non ci aveva mai provato con un ragazzo più alto di lui, rifletté concentrato sul contatto dei loro corpi.
    Con un pressione maggiore lo costrinse a raddrizzarsi e gli fece scivolare le braccia attorno alla propria vita, mentre lui allacciava le proprie al collo del nuotatore, intrecciando maliziosamente le dita tra i capelli corti della nuca.
    Aveva sempre pensato che i ragazzi alti fossero goffi e tutt’altro che attraenti.
    Studiando le orecchie arrossate, le guancie lucide e gli occhi sgranati di Max, tuttavia, non poté che essere più felice di essersi sbagliato.
    Quel ragazzo gli stava chiaramente dicendo di saltargli addosso.
    Max assecondò il cambiamento di posizione con un brivido di aspettativa. Maledizione, e dire che si era ripromesso di detestarlo per tutta la vita.
    Si sentiva la gola secca e la lingua incollata al palato: quei movimenti lenti lo stavano facendo impazzire.
    «Posso offrirti da bere?» chiese l’altro lentamente, non incontrando altro se non uno sguardo opaco e un vago assenso.
    Ghignando soddisfatto, Castor tornò a passargli le braccia attorno alla vita e se lo tirò addosso, petto contro petto, mentre faceva un cenno al barman.
    «Due Mojito» fece segno, prima alzarsi sulle punte e baciare quelle labbra, come avrebbe voluto fare dal giorno prima, quando lo aveva visto muoversi impacciato nella felpa sportiva tra i corpi tirati a lucido dell’Hellsing.
 
 
Okay, lo ammetto, non l'ho fatto particolarmente lungo… ma è stata una scelta ben ponderata! Il prossimo capitolo… no, non faccio spoiler! Insomma, capirete perché questo è corto XD
 
Baci (non come quelli di Castor, mi dispiace)
 
NLH
  
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