Capricciosi, egoisti e cinici.
Erano queste le qualità che i mezzosangue attribuivano alle loro madri e ai loro padri immortali.
Infedeli, meschini e crudeli.
Erano questi gli aggettivi con i quali gli antichi ritraevano le divinità olimpiche nel narrare delle crudeltà da queste perpetuate contro il genere umano.
Menzogne, falsità e un più ovvio e umano desiderio di credere in quello che si vuole vedere, piuttosto che in quello che realmente è.
Questo era ciò che i mortali avevano sempre fatto.
Sopravvalutare gli dei immaginando le figure eteree e splendide delle divinità come vasi di pandora nei quali poter rinchiudere gli orrori più terribili e agghiaccianti.
Ma se gli umani, che avevano sempre avuto la sciocca e pericolosa tendenza di dimenticare le cose, si fossero ricordati che era sul fondo, che si doveva guardare, sarebbero rimasti sorpresi da ciò che avrebbero trovato.
Un cuore capace di soffrire e amare come quello di un comune essere umano.
E capace, altrettanto facilmente, di spezzarsi come il loro.