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Autore: grandR    13/11/2013    3 recensioni
Al pensiero del suo sorriso, James sentì le labbra incurvarsi all’insù quasi di volontà propria. Se Lily Evans ti sorrideva era impossibile trattenersi dal fare altrettanto.
Lily e James. James e Lily. Mentre fuggono l'una dall'altro si ritrovano per caso insieme, sulla Torre di Astronomia, la sera di Halloween del loro ultimo anno a Hogwarts.
«Stai dicendo che potrei piacerti, Evans?»
«Sto dicendo che… in fondo non sei così male» disse lei con un mezzo sorriso, guardando le stelle.
«Non sono così male» ripeté James.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Her lovely smile







I corridoi della scuola erano scarsamente illuminati e quasi inquietanti mentre James li percorreva. Mancava poco al coprifuoco e si stava perdendo una delle solite grandi feste organizzate da Sirius nella sala comune, ma stranamente non gli importava.
Il banchetto di Halloween era stato fantastico, come al solito. Sirius e Peter avevano cercato di dirottare i pipistrelli svolazzanti della Sala Grande verso il tavolo dei Serpeverde, come al solito, e, come al solito, quelli avevano seminato il panico tra le ragazze della Casa avversaria, facendole fuggire. La McGranitt era subito accorsa, l’aria austera e le labbra serrate in una linea severa, come al solito, e aveva aspramente rimproverato i due Malandrini. James sorrise al ricordo. Ogni anno Grifondoro perdeva valanghe di punti, il giorno di Halloween, ma ogni anno tutti erano troppo distratti dagli scherzi dei Malandrini per prendersela con loro. James era stato l’artefice, la mente, l’organizzatore di centinaia di scherzi, beccandosi altrettante punizioni, ma quell’anno era cambiato. Era cambiato tutto. In modo graduale, silenzioso, senza che nessuno se ne accorgesse veramente, era cambiato. Remus diceva che stava maturando, crescendo, e ignorava la risata che Sirius si faceva ogni volta che sentiva quelle parole: secondo lui, Prongs stava attraversando solo una “fase” e tutto prima o poi sarebbe tornato come prima. Ed era sicuro che c’entrasse qualcuno con questa “fase”… o meglio, qualcuna. James sospirò. Padfoot lo conosceva troppo bene. Lo conosceva come si fa con un fratello, anzi, meglio.
Non sapeva di preciso dove stesse andando. Hogwarts era silenziosa e buia. Sembrava vuota. I ritratti sonnecchiavano o mormoravano al suo passaggio, a volte salutandolo, a volte rimproverandolo per essere in giro a quell’ora. Ah, se avessero saputo che cosa stava succedendo nella torre di Grifondoro! Le feste dei Malandrini erano famose. James, Sirius, Remus e Peter organizzavano i party migliori, questo lo sapevano tutti. Musica a tutto volume, fiumi di Burrobirra e di Whiskey Incendiario − che con l’Ogden Stravecchio creava un mix assolutamente grandioso −, cascate di cibo, incantesimi, divertimenti di ogni genere, ragazze. Ragazze sorridenti e civettuole, ma soprattutto molto disponibili. Lo erano in particolare con James e Sirius, gli studenti più popolari e brillanti della scuola.
La festa era iniziata da poco e Padfood era già quasi mezzo ubriaco quando James aveva deciso di uscire per prendere un po’ d’aria. L’amico lo aveva abbracciato come se stesse partendo per un lungo viaggio e aveva borbottato qualcosa a proposito Vermicoli assassini e draghi senza denti.
Sì, era decisamente andato.
James si ritrovò a salire le scale della Torre di Astronomia. Era uno dei suoi posti preferiti, sin dal primo anno: si appoggiava al parapetto, si godeva il vento fresco e leggero che gli scompigliava i già arruffati capelli neri, osservava il panorama e pensava. La Torre era il luogo più tranquillo del castello. E, soprattutto, non ci saliva mai nessuno la sera.
… o meglio, di solito non ci saliva mai nessuno.
James la riconobbe subito. Era di spalle, accostata alla ringhiera, i lunghi capelli rosso scuro sciolti sulla schiena. Non indossava l’uniforme, ma abiti da Babbani.
Esitò, un piede ancora appoggiato sull’ultimo gradino della scala, indeciso. Non aveva avuto alcun tipo di contatto con Lily Evans dalla fine del sesto anno, quando lei… quando lui… insomma, quando loro… trasse un respiro profondo. Come poteva un semplice ricordo scombussolargli il cervello, i pensieri, il presente? Non gli era mai accaduto niente di simile.
Comunque, lui e Lily non avevano più parlato, non si erano nemmeno più guardati negli occhi, neanche il primo settembre quando si erano scontrati sull’Hogwarts Express. Un silenzio imbarazzato e sguardi che si evitavano avevano fatto da testimoni al loro primo incontro di quel nuovo e ultimo anno scolastico. “Evans”, aveva mormorato a mo’ di saluto, guardando un punto imprecisato davanti a sé. “Potter” aveva risposto lei, qualcosa nascosto nel solito tono pungente. Lui aveva sentito una miriade di sensazioni dentro di sé. Aveva abbassato lo sguardo ed era tornato nel suo scompartimento, dove Peter gli aveva timidamente chiesto se qualcosa non andava, perché sembrava arrossito.
E James Potter non arrossiva mai. Per non parlare dello sguardo basso che aveva tenuto! Sbuffò internamente e scosse la testa, ma quando rialzò gli occhi si rese conto che Lily Evans si era accorta di lui e lo stava fissando.
«Potter» disse soltanto, dopo parecchi secondi di silenzio teso.
Lui salì l’ultimo scalino e tentò di apparire rilassato mentre la raggiungeva. Appoggiò le braccia sul parapetto, a pochi centimetri da quelle di lei. «Allora» disse «che ci fa la perfetta Caposcuola Lily Evans qui fuori tutta sola? Non dovresti vigilare i corridoi o qualcosa del genere?».
Lei si lasciò sfuggire un sorriso. Sorrise anche lui, di riflesso.
«Dimentichi forse che siamo entrambi Caposcuola, credo» lo corresse.
Già. Caposcuola. Sua madre era quasi impazzita dall’orgoglio quando era arrivata la lettera, quell’estate. James semplicemente non riusciva a capacitarsene… come aveva potuto Silente conferire quella carica a lui? A James Potter, maestro di scherzi e di punizioni, che per anni si era divertito a lanciare incantesimi ai coetanei e a fare il bulletto arrogante con tutti? Doveva essere completamente fuori di testa, anche se la McGranitt sosteneva che il Preside fosse ancora perfettamente sano di mente, quando James era andato a cercarla il primo giorno.
Ora doveva partecipare a infinite riunioni, aveva mille responsabilità, e in più aveva anche la squadra di Quidditch a cui badare. E quello era l’anno dei M.A.G.O., l’ultimo.
«Qualcosa non va?» gli chiese. Guardava dritto davanti a sé, gli occhi puntati sul cielo, ma la sua voce tradiva qualcosa. Preoccupazione? Indifferenza? Non lo sapeva.
«No, io… devo ancora abituarmi a tutto questo. Ad essere Caposcuola, intendo» rispose James, tentando di riordinare i propri pensieri confusi. «È strano, sai, avere tante responsabilità, tra questo, la squadra, gli esami che si avvicinano e…» prese fiato «e il resto».
«E il resto» ripeté lei a bassa voce.
Calò il silenzio, di nuovo, e James si permise di osservarla, cercando di non farsi notare. Non poteva farne a meno, perché Lily Evans era così… straordinariamente bella, che non potevi non incantarti a guardarla. Capelli rossi, carnagione pallida, occhi di un verde incredibile, lineamenti dolci, sorriso gentile. Al pensiero del suo sorriso James sentì le labbra incurvarsi all’insù quasi di volontà propria. Se Lily Evans ti sorrideva era impossibile trattenersi dal fare altrettanto. Cercò di non fissare troppo la sua bocca senza grande successo.
«Non mi hai risposto» disse. Si schiarì la voce. «Che ci fai qui? Ti stai perdendo una gran festa, nel dormitorio».
Lei scrollò le spalle. «Volevo starmene un po’ da sola, sai… in un posto tranquillo» gli angoli delle sue labbra si piegarono «Mary dice che quest’anno sono più malinconica del solito».
James si passò una mano tra i capelli, nervoso. Non sapeva cosa dire perché sembravano passati secoli dall’ultima volta in cui avevano parlato civilmente, come due amici, senza le solite battute o frecciatine. E si sentiva così fortunato a essere lì in quel momento, con lei, completamente soli. Non riusciva a capacitarsi di ciò che gli stava succedendo.
Lily voltò il viso verso di lui, incontrando il suo sguardo. Sì, i suoi occhi erano più malinconici del solito. Il verde era più intenso, come se custodisse tanti segreti, tanti pensieri, tanti interrogativi ancora senza risposta. Glielo disse.
Lei sospirò di nuovo, ma quando parlò ancora lo sorprese. Sorprendere James Potter era ciò che Lily Evans sapeva fare meglio.
«Sei mai stato alla festa del Complemorte di Nick?»
«Terzo anno, con Sirius. Non siamo riusciti a evitarlo» Sorrise al ricordo di quella serata. «Perché me lo chiedi?».
Lily parlò lentamente, come soppesando le parole. «Tu… faresti mai una cosa del genere? Festeggeresti mai la tua morte?»
«No» rispose senza esitare. «A parte il fatto che non vorrei mai diventare un fantasma e vivere a metà strada per sempre… no. È questo a cui pensi quando cerchi di addormentarti? Alla morte?» domandò scherzosamente. «Perché se è così, Evans, Mary si sbaglia: credo che tu sia più depressa che malinconica».
Riuscì a strapparle una risata. «Divertente come al solito, Potter. Di questi tempi non dovresti sorprenderti se faccio questo tipo di pensieri. Con quello che sta succedendo là fuori…»
«Nel mondo reale»
«Già. Hogwarts sembra essere immersa in una specie di bolla. Siamo lontani da tutto e da tutti. È come se fossimo in un altro mondo, protetti, quasi invulnerabili»
«E intanto ogni giorno leggiamo di nuove morti, stragi, torture…»
«Vorresti poter fare qualcosa, eh?» lo stuzzicò lei, dandogli il gomito.
Lui sorrise. «Oh, non sai quanto. Agire, combattere».
«È così che vuoi morire? Combattendo per la giustizia, guardando in faccia il tuo nemico?»
«Meglio morire affrontando chi ti vuole uccidere che morire cercando di fuggire, o non facendo nulla per fermare tutto questo» borbottò. «Non sei d’accordo?».
«Certo che lo sono. Morirei per proteggere le persone che amo» ribatté Lily.
James sospirò. «Sai, Evans, credo che dopotutto siamo più simili di quanto crediamo».
«Me ne sono accorta» mormorò lei. «Siamo cambiati così tanto in questi anni… James. Entrambi. In meglio».
James. Anche quella sera lo aveva chiamato per nome. James. Lo aveva sussurrato prima di baciarlo. James. Prima di sconvolgere completamente il suo universo. James.
Lui sorrise. Sorrise davvero, apertamente, liberamente. Il ricordo delle labbra di Lily Evans sulle sue, del suo profumo, dei suoi capelli morbidi tra le dita… era stato… indimenticabile. Inaspettato, improvviso, bellissimo. Talmente bello da lasciarlo confuso e senza fiato per ore, con pensieri da ragazzina innamorata che gli vorticavano nella mente annebbiata.
«Stai dicendo che potrei piacerti, Evans?»
«Sto dicendo che… in fondo non sei così male» disse lei con un mezzo sorriso, guardando le stelle.
«Non sono così male» ripeté James. Continuò a sorridere, le sue labbra erano come paralizzate dall’incredulità. Dall’incredulità e dalla soddisfazione, si corresse. Dall’incredulità, dalla soddisfazione e dalla felicità, si corresse di nuovo. Il suo sorriso, se era possibile, si allargò maggiormente.
«Oh, togliti quello sguardo compiaciuto dalla faccia, Potter» sbuffò Lily, ma stava ridendo. Si coprì la bocca con la mano e continuò a ridere, e la sua risata contagiò anche James. Se qualcuno li avesse visti in quel momento, avrebbe senza dubbio pensato che il mondo fosse impazzito.
«Beh, Evans» James si fece serio «sai che per me non sei così male da parecchio tempo».
Lily si sistemò i capelli rossi dietro le orecchie, indietreggiando verso le scale. I suoi occhi verdi brillavano alla pallida luce della luna. Gli puntò un dito contro, come per ammonirlo, ma non era seria. Sembrava felice. Spensierata. «La strada è ancora lunga, Potter». Poi gli regalò un altro sorriso, di quelli che lui cercava di meritarsi da anni, e prese a scendere le scale. «A domani!».
Rimasto solo, James fissò a lungo il punto in cui era scomparsa. Sì, la strada era ancora lunga… ma lui intendeva percorrerla di corsa.



   
 
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