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Autore: tortuga1    13/11/2013    1 recensioni
Gli uomini e le donne sono spesso lontani pur vivendo vicini, così tanto da avere difficoltà ad incontrarsi. Pensando a questo mi è venuta l'idea di SPLIT, una storia ambientata in un futuro possibile, nella quale uomini e donne sono stati separati per un esperimento che aveva il fine di salvare l'umanità dall'estinzione. Ma qualcosa non è andato per il verso giusto, e alla fine del viaggio uomini e donne non si sono più incontrati...
La storia comincia così, nella comunità di sole donne che ha colonizzato come previsto il pianeta Terra Due, e da secoli ormai ripete un rituale di clonazione.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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X.

 

Ester porta l’involucro sotto una lampada potente e lo apre usando le forbici. Contiene una scheda di memoria da videogioco e un minidisco ottico. Sulla plastica del disco c’è scritto “destinato esclusivamente all’ufficiale medico, da parte del dottor Sebastian Henssen”. Ester esita, dovrebbe riferire subito ad Eli cosa ha trovato, ma Eli sta morendo. È lei il secondo ufficiale, quella che prenderà il comando quando Eli non ci sarà più. Chiude bene la porta del laboratorio ed inserisce il minidisco in un lettore. Con stupore si vede chiedere il numero d’identificazione e il codice personale, sono dati che solo lei conosce. Li digita con attenzione e finalmente parte un filmato.

Cara collega – l’uomo pallido e magro ha l’espressione triste, è ripreso in una cabina abitativa con sullo sfondo una cycas molto grande – se stai vedendo questo filmato significa che mi hai asportato la scheda dal petto, e presumibilmente io sono morto. I nemici si sono infiltrati nel nostro equipaggio e forse anche nel vostro, il loro scopo è distruggere la missione. Tu sei il piano d’emergenza, l’ultima speranza che abbiamo. Ascolta bene, perché questo messaggio girerà una volta sola e poi si cancellerà. – cambia posizione e mostra la scheda di memoria. – nascondi questa scheda e non dire a nessuna, capisci, a nessuna della sua provenienza. Ora preparati ad agire in fretta, avrai tempo per pensare dopo. In un doppio fondo del serbatoio di ossigeno liquido della mia tuta c’è un contenitore di cellule staminali. Sono le mie, devi prenderle subito e conservarle. Le lascio a te insieme a questa scheda. Quando lo riterrai opportuno, tu o la tua doppia le seminerete. Ricordati che la scheda contiene il mio schema di addestramento e altre informazioni importanti, devi darla a quello… che nascerà. Per accedere ai dati gli basterà inserirla in una consolle da videogioco e mettere un dito sulla piastra d’identificazione. Ascolta e tieni l’informazione solo per te, hai capito, solo per te e la tua linea: la missione non è fallita, non ancora. Buona fortuna.” Allunga la mano e tocca qualcosa, il filmato s’interrompe.

Ester rimane immobile per un attimo, poi corre alle barelle, la tuta dell’uomo senza volto è tagliata sul davanti, il serbatoio piatto sta sulla schiena. Aiutandosi con un braccio meccanico gira il corpo su un fianco e apre l’alloggiamento del serbatoio. È vero, è stato modificato per mantenere un piccolo cilindro metallico alla temperatura dell’ossigeno liquido, sufficiente per conservare le cellule. Con gesti febbrili prepara un contenitore termico e vi trasferisce il cilindro afferrandolo con lunghe pinze di plastica, poi inserisce il contenitore in una fila di recipienti dello stesso tipo, la sua banca dei tessuti a duecentosettanta gradi sotto zero. La paratia scorre nascondendo tutto. Fatto, in meno di tre minuti. Fare sparire la scheda è più facile, basta metterla in tasca, è piatta e leggera.

Apre la porta di comunicazione tenendo in mano l’inutile striscia dell’analizzatore. Eli ha il viso sereno e muove lentamente una mano sul lenzuolo macchiato.

- Erano malati? O drogati? – dalla sua espressione si capisce che conosce la risposta.

- No. Perfettamente efficienti. Sapevano quello che facevano.

- Lo… immaginavo. Senti, Ester, devo dati una serie di ordini. Il primo, fai andare subito una squadra nella… loro sezione e accertati che quello che ha detto quel… bastardo è vero. Le cellule distrutte, tutti gli uomini morti.

- Sì, Eli.

- E poi… – sorride pensando che ora è tutto più facile e non dovrà uccidere nessuno, una cosa che le ripugnava – devo dettarti una serie di direttive nuove. Dovranno essere applicate con la massima severità. Vedrai, vedrete che ci sarà un mondo migliore. Il nostro mondo.

- Cosa vuoi dire, Eli…

- Sì, un mondo fatto solo di donne. Perché non provarci? Facciamolo, questo mondo. Dammi un microfono, devo dettare le direttive finché ho voce.

- Certo, Eli. – Ester torna nel laboratorio per cercare un registratore, e non sente Elizabeth sussurrare: “Dio è grande”.

Appostata dietro un mucchio di neve, perfettamente immobile, Sarah aspetta con pazienza. Miko aveva ragione anche questa volta, è inutile illudersi, la storia si ripete sempre. Diffidare di Emily e della doppia di Ester, Paula, che sono capaci di ribellarsi. Chi si è ribellato una volta lo farà ancora, è una legge di natura. Emily ed Ester un tempo sono state punite, e forse bisognerà punirle di nuovo. E anche Anna, che finora l’ha fatta franca perché è troppo furba, è nella lista nera. Loro tre hanno accesso alle funzioni più importanti della comunità, la salute e la riproduzione, le macchine e le informazioni. Se si mettono d’accordo possono condizionare tutto il gruppo, indurlo a fare le scelte sbagliate. E invece l’unica via è seguire le direttive, perché il primo dovere è obbedire. Sarah stringe il fucile carico, Miko è stata categorica in proposito, e continua a sorvegliare l’uscita della grotta. Paula c’è entrata tre ore fa, non si capisce che cos’è andata a farci nel suo laboratorio. Non è proibito, ma è strano. Miko dice che anche Ester ad un certo punto ha cominciato a starci troppo nel laboratorio, e quando lei è andata a vedere ha trovato solo porte sbarrate. Ester ha risposto in malo modo a Miko che le chiedeva cosa faceva in laboratorio, chissà cosa dirà Paula. Sarah pensa all’assurdità di dover puntare la sua arma su Paula e magari su Giulia. Non l’avrebbe mai pensato possibile, però quando è cresciuta Miko le ha spiegato che è questo il compito dell’ufficiale della sicurezza, non guardare in faccia nessuno. L’ufficiale della sicurezza non è più una persona come le altre, non ha amiche e non ha sentimenti. Quando è necessario deve diventare indifferente ed efficiente come una macchina, una macchina capace di uccidere.

Paula finalmente esce dalla grotta, preceduta dalla sua lunga ombra. È tardissimo, le undici e quaranta. Non ha la faccia stupita quando Sarah le sbarra il passo, sembra solo stanca e dimagrita. Sarah vorrebbe dirle qualche parola gentile, ma nasconde il sorriso sotto una smorfia e parla a voce troppo alta.

- Che ci facevi lì dentro? Parla! – ha colpito nel segno, invece di rimbeccarla con qualche mala parola, di dirle magari che non sono fatti suoi, Paula è diventata ancora più pallida e stira le labbra, poi risponde con un filo di voce, senza guardarla negli occhi. È vero! Nasconde qualcosa!

- Avevo… avevo da lavorare. – si riprende e finalmente guarda Sarah, è più bassa di lei di almeno dieci centimetri, ma la sua faccia larga e inespressiva le sembra minacciosa. – e tu invece, che ci fai tu ancora in giro? Non sai che potresti raffreddarti?

- Questo non ti riguarda. Invece mi riguarda cosa facevi tu. Ricordati qual è il mio lavoro.

- Sì, andare in giro con un fucile scarico e sparare ai palloncini.

- Non vuoi rispondermi? – la voce di Sarah è perfettamente calma e controllata, ma Paula rabbrividisce lo stesso. Miko le ha fatto sempre paura, e ora succede lo stesso con questa, che era stata fino a pochi giorni fa la sua compagna di banco a scuola.

- Non ho niente da dirti! – Paula è stanca e irritata, e la rabbia prevale sulla prudenza. – Ora fammi passare e lasciami in pace! – spinge bruscamente da parte Sarah e si dirige con decisione verso il sentiero.

- Allora l’hai voluto tu. – Sarah con un gesto rapido mette il fucile a tracolla, poi con il taglio della mano colpisce fulmineamente Paula alla radice della spalla destra. Paula cade in ginocchio, senza fiato e senza forze, e sente che Sarah le sta legando le mani, però le sembra che stia succedendo ad un’altra, non a lei. Poi, incurante dei suoi gemiti, la costringe ad alzarsi in piedi e la trascina lungo il viottolo deserto, fino alla prima casa del villaggio. Non c’è bisogno di bussare, Miko apre la porta senza una parola, con il viso impenetrabile. La porta di quercia si chiude senza rumore, e viene passato il catenaccio.

- Che… – Paula cerca di respirare, è ancora difficile, ha gli occhi pieni di lacrime. – che ti… è saltato in testa… Miko, diglielo tu, mi ha fatto male…

- Vuoi che Sarah ti liberi, vero?

- Sì… perché l’ha fatto? Io… – ha caldo, ancora coperta dal mantello, sente di essere rossa in viso e comincia a sudare. – per favore, Miko… sento troppo caldo, dille di sciogliermi.

- Perché l’hai presa, Sarah?

- La sorvegliavo come hai detto tu, stava chiusa dentro e quando l’ho interrogata non ha voluto rispondermi, anzi mi ha aggredita. Nasconde qualcosa, ne sono sicura!

- Hai fatto bene.

- Ti prego, Miko! – Paula si rivolge a Sarah, che la guarda inespressiva – Ti ho dato solo una spinta! Vi prego…

- Stai tranquilla, fra poco non sentirai caldo.

- Che… che vuoi dire?

- Che ora ti spoglieremo.

- No! – Paula fa un passo indietro, ma sente intorno alle braccia le mani di Sarah, sembrano di ferro. – non voglio…

- Di cosa hai paura? Siamo donne come te. – Miko le passa alle spalle e scioglie il laccio che le legava i polsi, ma la tiene ferma lo stesso. Paula è furiosa, non può muovere le braccia di un millimetro, e intanto Sarah le sfila prima il mantello, poi la parte superiore della tuta, lasciandola nuda. Ora le legano di nuovo le braccia orizzontali dietro la schiena, con una corda sottile passata molte volte intorno al petto, e nemmeno tanto stretta. Paula pensa che più tardi sarà facile liberarsi. Cerca di scalciare mentre le tolgono stivali e pantaloni, ma è inutile, loro fanno di lei quello che vogliono. La lasciano legata sul pavimento e perquisiscono attentamente il mantello e la tuta.

- Cos’ha al collo? – Sarah si avvicina e le toglie la scheda, l’unica cosa che le era rimasta addosso.

- Ve la farò pagare! Avete sentito? Parlo con voi!

- Falla stare zitta.

- Certo, Miko. – Sarah si avvicina di nuovo con la faccia inespressiva e le infila in bocca uno straccio che puzza di lavatura di piatti. Paula reprime la nausea e respira piano con il naso, mentre le due continuano a studiare tutto quello che aveva addosso.

- Questa è una cosa mai vista – Miko guarda la scheda avvicinandola alla lampada. – sembra un pezzo di computer – Paula cerca disperatamente di mugolare qualcosa, e Sarah le assesta rapidamente uno schiaffo dolorosissimo.

- Stai zitta, capito? Posso dartene cento, come questo, senza farti nessun danno. Solo dolore. Starai zitta? Fai segno di sì o continuo. – Paula annuisce con gli occhi pieni di lacrime. Ha capito che la corda sottile sembrava lenta e invece la immobilizza senza scampo, sono i suoi stessi muscoli a tenerla stretta. Non si libererà mai da sola. Sarah la lascia stare e torna alla tavola di legno grezzo. – Perché tiene al collo un pezzo di computer? Forse per… ornamento?

- Stupida! Paula non fa mai niente di superfluo, dovresti saperlo!

- È… vero. – Sarah abbassa gli occhi, Miko l’ha colta in fallo. – basta guardare come va vestita.

- Però non mi fido della sua linea. Le sorvegliamo da tanto di quel tempo, dev’esserci un motivo. Eravamo ancora in viaggio, e poi siamo entrati in orbita ed è passato altro tempo, l’atmosfera si stava arricchendo di ossigeno ed erano scesi i primi moduli di semina. Sapevo che i miei occhi non avrebbero mai visto la superficie, e sapevo che invece l’avrebbero vista. Non mi fa paura questo mistero, mi piace. È il cuore della direttiva.

- Il cuore della direttiva. Tutto proseguirà per sempre, uguale. Piace anche a me... – Sarah s’interrompe, Paula scalcia sul pavimento mugolando. Si sente un po’ in colpa, forse è stata troppo dura con lei. – Miko, che ne facciamo di lei? Forse sarebbe meglio liberarla, che male c’è a portare un pezzo di computer al collo…

- Aspetta. Questo cos’è? – Miko esamina il dischetto colorato.

- Un disco ottico, un comune disco ottico di quelli che usiamo noi.

- Prima di liberarla guardiamo cosa c’è dentro. – Sarah inserisce il disco nel lettore e lancia un grido di sorpresa.

- Guarda! È una cosa… mai vista.

- Cos’è, secondo te? – Miko guarda con diffidenza le prime scene di una registrazione ambientata in una cittadina fatta di pietra, con le strade strette e acciottolate. Non c’è niente che Miko riconosca, la strana architettura di una piazza circondata da palazzi guarniti di drappi con disegni incomprensibili, le figure asciutte degli uomini, vestiti con abiti coloratissimi, morbidi cappelli piumati e armati di spada. Sarah guarda affascinata lo schermo e ascolta gli strani discorsi, in una lingua comprensibile ma piena di parole oscure.

- Guarda! Ci sono… gli uomini! Guarda come sono brutti, e come sono isolenti, che voce sgradevole hanno! E ora che fanno, si battono! – dal pavimento Paula intravede una parte dello schermo, anche lei guarda stupita e per un attimo non pensa al dolore e all’umiliazione, la scena è troppo interessante. Agilmente si attaccano incrociando le spade e parando i colpi, uno degli uomini con un nome mai sentito, Mercuzio, maneggia benissimo la sua spada, e intanto ha il tempo di ridere e scherzare.

- Qualunque cosa sia, contravviene alle direttive. – Con un gesto deciso Miko interrompe il filmato. Si para davanti a Paula e le strappa lo strofinaccio dalla bocca facendole male.

- Parla! Dove hai preso questa… cosa?

- Io… io non sapevo cos’era. La sto vedendo anch’io per la prima volta!

- Bugiarda! Come tutte quelle della tua linea! – le afferra il mento e la costringe a guardarla. – non t’illudere! Ti farò parlare anche se non vuoi! Ti farò dire anche quello che non sai!

- Ma io…

- Risponderai alle mie domande?

- No! – Paula sputa, ma non riesce a raggiungerla. Miko ride senza allegria e le allunga un leggero calcio alla base del torace, poi torna verso il tavolo senza fare caso a lei che si contorce a terra tossendo.

- La terremo con noi. Sarah, vai ad avvisare le altre. Ci servono rinforzi.

- Certo, Miko. – Sarah esce di corsa senza degnare d’uno sguardo la ragazza rannicchiata sul pavimento. Miko slega le caviglie di Paula e la costringe a mettersi in piedi, poi le infila i vestiti. Quando le scioglie le braccia Paula cerca di colpirla e graffiarla ma è inutile, la maneggia come una bambola. In pochi attimi si ritrova di nuovo legata e furiosa. Almeno l’ha rivestita, si vergognava sotto i loro sguardi freddi, come se fosse un animale.

- Non l’ho fatto per farti un favore.

- Allora perché l’hai fatto, brutta carogna?

- Per non farti divertire. Non è venuto ancora il momento.

- Che… vuoi dire?

- Lo capirai, oh se lo capirai. – con calma ripone gli oggetti personali di Paula in una scatola e la chiude in un armadio a muro.

- Cosa vuoi farmi, stronza? Non la passerai liscia, quando le altre se ne accorgeranno…

- Non faranno niente, nemmeno le altre volte hanno fatto niente.

- Le altre… volte? Vuoi dire che anche questo… schifo si è ripetuto? Come ha fatto Ester a guardarti in faccia, a curarti quando eri malata, dopo che tu…

- Non c’è mai niente di nuovo. Senti, ti do un’ultima possibilità. Io non ce l’ho con te, tu sei solo un problema di sicurezza, contravvieni alle direttive. Parla e ti libero, te ne torni a casa.

- Ester ha… parlato? E tu l’hai lasciata andare?

- Sì. È successo tanto tempo fa, Ester si è ribellata alle direttive, ma poi si è convinta che sono una buona cosa, sono fatte per il bene della comunità. Senti, Sarah non c’è, io sono vecchia ormai, ho più esperienza di lei. Le direttive vanno rispettate, capisci, è inutile opporsi. Gli… uomini non ci sono più. Non ne è rimasto nemmeno uno. Dimmi dove hai preso quel disco e ti libero.

- L’ho… preso nel laboratorio. Credo che sia… una commedia.

- Cos’è una commedia?

- Una… rappresentazione.

- Rappresentazione! Non capisco. Spiegati meglio, non cercare d’imbrogliarmi!

- Non voglio imbrogliarti! – cerca di cambiare posizione, impossibile, le braccia sono segate dalla corda sottile e le fanno male. – per favore, liberami. Perché mi tieni legata? È inutile, sei più forte.

- Cominci a sentire dolore. Bene.

- Tu… mi stai torturando. È questo che stai facendo, vero?

- Rispondi alle domande e finirà presto. Spiegati, non farmi perdere la pazienza!

- Una rappresentazione non è come un filmato che riprende la realtà. È una finzione.

- Che stupidaggini! – tira bruscamente una delle corde che legano le braccia di Paula, e il dolore aumenta. – non ci credo! A cosa servirebbe una finzione!

- Mi fa male… – Paula si morde le labbra, è inutile dirglielo, lo sa ed è questo che vuole. Si raddrizza e la guarda con aria di sfida. – e tu non crederci! È questo e basta. Serve… per divertirsi. O forse per… pensare, ecco forse è così.

- E questa cos’è? – le mostra la scheda e Paula arrossisce. – Perché la tenevi al collo?

- È… una cosa che aveva Ester. Gliel’ho presa quando lei…

- Non ci credo! Perché ti ostini, lo capisco benissimo che mi stai nascondendo qualcosa!

- Ester, la teneva sempre al collo. Volevo… fare come lei. Per ricordarla.

- Che stupida sono ad ascoltarti! – le passa una mano leggera fra i capelli e glieli tira all’improvviso, facendole inarcare il collo. – ma tu parlerai, ti assicuro che mi pregherai di ascoltarti. La lascia bruscamente, Paula respira affannosamente, con il viso coperto dai capelli. Scrolla con rabbia la testa e cerca di controllare la voce.

- Senti, Miko, puoi anche uccidermi, ma non posso dirti di più. La commedia l’ho trovata questa notte e l’ho copiata sul disco. Chissà da quanto tempo c’era, in quel computer.

- Impossibile! Loro hanno distrutto tutte le memorie, non è rimasto nulla del passato. La nostra linea lo sa bene.

- Siete… state voi a cancellare tutti i dati?

- Noi abbiamo seguito le direttive. Le direttive sono la cosa più importante, più della nostra vita.

  
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