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Autore: Helmyra    13/11/2013    1 recensioni
[TES Morrowind] “Sarò chiaro sin da subito, donna. Se preferisci sentirti tale, dato che indossi abiti maschili... ti tocca fare il callo a molte cose, il tuo nome sarà il male minore. Capisci cosa intendo?”
“Sì.” Rispose, con le mani che le prudevano per la rabbia.
“Purtroppo, ti ritrovi a pagare gli errori di un'altra persona. Ed io ho una reputazione da mantenere, giochiamo a carte scoperte, in modo da venirci incontro. Il nome è un male minore: dovrai mentire, rubare, uccidere. Fare il lavoro sporco, ciò che i tuoi superiori definiscono gavetta. Il labirinto in cui ti stai addentrando ti potrebbe portar via il senno. Sei un'elfa spensierata, anche se hai l'età per metter su famiglia: ti fingi adulta, ti fingi uomo. Sai mentire, bene. È un passo avanti.”
Aryon, il più giovane consigliere Telvanni, si ritrova contro l'intero concilio e una nuova, maldestra assistente da addestrare. Ma non tutto il male viene per nuocere...
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Galos era sceso a patti con se stesso, accettando di segregarsi tra le quattro mura della sala del Concilio finché non avesse trovato un degno sostituto. Batteva i piedi dall'alta loggia, incurante dei colleghi infastiditi da tanta insofferenza. Condivideva il punto di vista di Aryon: rimanere inerti per ore, sperando in una visita improvvisa, era solo uno spreco di tempo ed energie. I consiglieri più tradizionalisti erano convinti che disporre di un portavoce li rendesse degli eletti, immuni alle seccature e, soprattutto, esenti da compiti di poco conto che amavano delegare con sommo piacere.

Aryon era uno dei pochi ad occuparsi personalmente della burocrazia e a fissare incontri privati con chiunque desiderasse visitarlo: non come Therana, ovvio... quella pazza furiosa, che trattava i visitatori di Tel Branora alla stregua di ladri o spie, pronti a trucidarla a sangue freddo per portarle via le sue preziose uova di kwama.

Ci era passato anche lui: aveva fornito un'accurata dichiarazione, dimostrato di trovarsi lì per incontrare una cara amica e non sotto mandato del maestro. Tuttavia, la maga non fu contenta: trovò pace solo dopo aver ordinato ad un manipolo di dieci guardie di sorvegliarlo a vista. Una scorta numerosa era appannaggio esclusivo dei membri più insigni della casata, dunque accettò la cosa come se fosse un vanto: mai si era sentito così protetto in vita sua.

Sbuffò, preso da mille preoccupazioni. Frugò nelle tasche dell'ampio vestito per scoprire se vi fosse ancora del sujamma sul fondo della fiaschetta. Bere un goccetto gli avrebbe migliorato l'umore, all'inferno il resto.

“Se hai bisogno di una pozione per curare la febbre delle paludi, posso esserti d'aiuto. Tremi e non stai un attimo fermo, lascia che ti dia una mano.”

Arara Uvulas, per sua sfortuna, occupava il seggio accanto... trascorrendo gran parte del tempo a ricoprire di sarcasmo chiunque non le andasse a genio. Galos ci era abituato, qualsiasi parola gentile sulle sue labbra acquistava la vivacità di una litania per i defunti.

Tanto meglio, se si svagava nel rimbeccare le offese a suon di arguzie.

“Ti ringrazio, mia signora. Ma credo che Padron Neloth non ne avrà a piacere, soprattutto quando può sfruttare i talenti e le mani della sua diligente allieva per faccende di personale importanza.”

Non replicò, sdegnata. Che fosse una sporca allusione, questo era certo... che corrispondesse più o meno a verità, non molto. Peggio per lei, sarebbe stata capace di strappare una serie di improperi persino ad un cadavere.

Giusto un diversivo per passare il tempo. Negli ultimi giorni, a parte qualche mago ed un illusionista giunti a chiedere informazioni, aveva aspettato invano che si palesassero nuovi candidati.

Li aveva analizzati con attenzione: in essi traspariva ambizione, individualismo, voglia di emergere. Peccato che avesse notato anche slealtà ed opportunismo: avrebbero sfruttato il maestro, al solo scopo di attendere un'offerta migliore.

Dov'era un allievo che gli somigliasse? Un tipo paziente, riflessivo. Un mistico, piuttosto che un mago guerriero. Il ministro avrebbe dormito sonni tranquilli, in assenza di qualcuno a tenergli fiato sul collo...

Bisognava affrettarsi, prima che gli altri consiglieri scoprissero le sue intenzioni.

E mentre manteneva il segreto, si tramutava nella nemesi di se stesso, cedendo all'impulsività.

Di male in peggio...

La lastra di pietra scricchiolò, sotto le mani dell'ennesimo ospite. Poco più che un ragazzo dall'aspetto comune, gli occhi obliqui color lava a donargli un po' di carattere. I capelli, lunghi e ondulati, non facevano altro che sottolineare le guance alte ed il mento affilato.

Raggiunse il centro della sala, interdetto. Sia lui che le altre Bocche soppesarono la sua incertezza, in attesa della prima mossa.

No, non cerca me. Si mise l'anima in pace, ormai aveva smesso di crederci.

Si fece coraggio, riprendendo la marcia a passi cadenzati; uno scandire lento che seguiva il battito del proprio cuore.

“A quanto pare, oggi è il tuo giorno fortunato.” Quando celava disappunto, la voce di Arara assumeva un tono insopportabilmente mieloso, soprattutto se le toccava accettare il successo di un concorrente. Galos sospirò, rinfrancato: la situazione stava volgendo a suo vantaggio.

 

“Raldas Odrano. Vivevo a Balmora da ragazzino, i miei genitori erano comuni cittadini, dediti a lavori saltuari. Neanche l'influenza imperiale ha cambiato molto le cose... Tutto sommato, la città è rimasta la stessa di sempre: noiosa, a parte il gozzovigliare dei soliti ubriaconi e i funzionari Hlaalu a tenerli in qualche modo a freno. Unirmi alla Gilda dei Maghi mi avrebbe costretto ad accettare inutili limitazioni: non sono contro le alleanze di comodo, ma... i magister non amano molto chi prende l'iniziativa, ed io avevo bisogno di maggiore libertà. La mia frustrazione aumentava di giorno in giorno, dicevo a me stesso che stavo sprecando tempo: per questo ho abbandonato la gilda per dedicarmi totalmente alla causa Telvanni.

A Sadrith Mora non sono un volto conosciuto... studio presso Daris Adram di Vas, nelle isole Sheogorad. Di tanto in tanto, col benestare del maestro, svolgo qualche lavoro per i consiglieri... è lui che mi invoglia ad avanzare di rango, ad allargare il cerchio delle conoscenze. Se fosse per me incanterei oggetti per ore, o le trascorrerei esplorando gli isolotti più lontani. Ah, mi sono lasciato andare... scusate, signore.”

“Non preoccuparti.” Galos esaminava le vesti dimesse, i gambali sporchi di fango ed erba, i capelli incrostati di sale. Di sicuro reduce da un viaggio a piedi, e lunghe notti trascorse in compagnia di un fuoco da campo. Il suo modo di fare semplice e schietto lo incuriosiva.

“Adram non ha una bella fama tra coloro che non comprendono gli usi dei Telvanni. A me non importa, sono chiacchiere, alla fin fine. Magari girano maldicenze persino sul mio conto, ed io sono uno dei pochi a non accorgermene.”

“Sì, ne sparlano in continuazione, come un sordido negromante... anche se non vive in maniera differente da altri stregoni. È l'unico punto di riferimento di cui dispongo, se ciò crea problemi...”

“Niente affatto,” lo interruppe, alzando la voce, “se Adram è in pericolo, può contare su di noi. Basta chiedere, i rinforzi non tarderanno ad arrivare. E dimmi, perché sei qui, a colloquio con me?”

Il giovane dunmer prese a giocherellare con l'amuleto appeso al collo, l'unico oggetto di valore che avesse con sé. Riprese la discussione, a voce incerta.

“Il maestro Aryon ha sempre bisogno di qualcuno che sbrighi commissioni per lui, mi è stato riferito... corrieri per le missive, cacciatori di tesori. Andare incontro al pericolo è un rischio accettabile, se ciò può servire a diffondere il mio nome... la fama del ministro. Sono qui per questo, qualsiasi mansione andrà bene. Affidatemi un compito, farò in modo che le vostre non rimangano semplici parole.”

Il rubino scintillava, catturando il riflesso del suo volto e parte della stanza come una sfera di cristallo. Galos faticò a non rimanerne soggiogato, mentre formulava nella mente la prossima domanda, i requisiti di cui accertarsi, e... che altro? Non ricordava.

“Ah, sì... certo.” Non appena interruppe il contatto visivo, gli parve di riacquistare di nuovo la sua individualità. La stanchezza si faceva sentire: doveva darci un taglio coi liquori, rinvigorire l'intelletto con una buona pozione. “Qual è il tuo rango attuale? Ti manderò in missione, non voglio però che tu sia impreparato.”

“Sono un Ufficiale, adesso. È il massimo che ho guadagnato, non credo proprio che otterrò altre promozioni.”

Per essere arrivato così lontano, vista l'età, avrà di certo delle ottime carte da giocare; pensò. Gli sembrava troppo bello per essere vero... valeva la pena tentare, non si sarebbe presentata un'occasione altrettanto propizia.

“Non sarei così disfattista, rammenta che un passo fiducioso in avanti è un passo verso la vittoria. Ascolta: negli ultimi tempi Aryon è impegnato ad espandere il museo privato di Tel Vos. La sua collezione è una delle più raffinate, i pezzi che possiede si distinguono per rarità e stato di conservazione. Tuttavia... la lotta è dura, pochi membri della fazione ignorano il prestigio che può derivare da un'esaltante scoperta. Non ti sto domandando di rinvenire l'artefatto che cambierà le sorti di Vvardenfell, ma... siccome conosci bene le Sheogorad, sarai di certo in grado di identificare delle rovine Dwemer mai violate da mago o esploratore. Porterai con te questa mappa, segnando con un punto quelle che intravedi durante il viaggio. Non esitare a varcarne i cancelli, quando l'istinto ti invoglia a scoprire i reperti al loro interno. Aryon apprezzerà l'idea di ampliare la ricerca fino al profondo nord. Di solito, pochi hanno il coraggio di addentrarsi nelle paludi infestate dai cliffracer, dove i servizi al viandante sono un'opinione.”

“Partirò seduta a stante, se è necessario. In caso non faccia ritorno entro tre mesi, molto probabilmente sarò morto tentando. Non importa, la strada verso la conoscenza, a volte, non è così diversa da quella dei guerrieri... insidiosa e cosparsa di sangue.”

“Prendi queste pozioni, ti aiuteranno a restare in vita ancora per un po'.” Scherzò Galos, prelevando alcune misture curative e distillati d'invisibilità tra quelli in bella vista sulla mensola. Era un azzardo, ma aveva le spalle al muro e il ragazzo gli sembrava promettente. Di solito non abbassava mai la guardia, però... gli ispirava una fiducia istintiva. Non seppe spiegarsi perché.

Raldas strinse le ampolle al petto, per evitare che cadessero. Adagiò le braccia sul tavolo della stanza dei servizi, e le boccette tintinnarono allegre nel momento in cui rilasciò la presa.

“Questa è una prova importante,” continuò Galos, “per ora non mi sbilancerò, ma ne terrò conto. Alcuni Telvanni si dimenticano di rendere i favori, ma ti assicuro che Aryon non la pensa allo stesso modo. E ora va', torna presto e portami buone notizie.”

Abbassò la testa, rimirando ancora un po' il seducente luccichio della gemma contro il bianco stinto della blusa di lino. Fu tentato, istigato a scrivere al maestro per liberarsi del suo scomodo compito e raggiungere Adrusa, la piccola casa di Tel Branora, il dolce profumo di spezie nella cucina e quello di lei, sulle lenzuola... in attesa che fosse notte.

Tornò di nuovo in sé, guardandosi attorno... una manciata di secondi perduti in svagatezze, ma sembravano ore. Si diresse nuovamente verso la mensola, risoluto.

“A noi due...” Disse ad alta voce, svitando il tappo dall'ampolla. Buttò giù lo sciroppo in un unico sorso, incurante del sapore amaro. Si gettò sulla sedia, sfinito, mentre la mistura gli ardeva in gola. Chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta, o no...

Adesso va meglio, gli suggeriva l'amata in un caldo sussurro, un richiamo che lui soltanto avvertiva. Incrociò le braccia sul tavolo e crollò, sfinito.

 

Si svegliò nella stessa stanza, a notte fonda. Un sonno confuso, privo di interruzioni... quasi innaturale. Una serie di negligenze fastidiose: materializzarsi in tardo orario avrebbe di sicuro indisposto il maestro. Non poteva certo negargli il riposo, dato che aveva dormito a lungo, senza curarsi di fare rapporto.

Strinse i denti. Preferiva essere rimproverato, piuttosto: lanciò l'incantesimo e si augurò che tutto andasse per il verso giusto.

Le guardie non si allarmarono a vederlo apparire così tardi. Dopo essere stato annunciato, Aryon apparve sulla soglia dello studio in veste da camera, guardandolo con gli occhi lucidi di stanchezza.

“Spero sia importante.” Non scandì duramente quella frase, bensì attese con pazienza che Galos enunciasse il motivo di una visita alquanto inaspettata. Il portavoce si inchinò, più di quanto fosse uso fare.

“Un dunmer... ha chiesto di me, oggi, di fronte al Concilio.” Un discorso diretto, nonostante i preamboli, i giri di parole, la confusione regnante nei suoi pensieri. “Desiderava andare in missione per voi, io ho richiesto una mappa dettagliata delle rovine nelle Sheogorad. Si chiama Raldas Odrano, sostiene di lavorare al servizio di Daris Adram. Sono spiacente per il ritardo... adesso il suo rango è quello di Ufficiale...”

“Hai trovato il candidato, eh? È proprio vero che i tesori inestimabili vengono sepolti nei luoghi più remoti.” Tornò alla scrivania per contemplare una cornice di foglietti appuntati su una mappa Dwemer, ancora in fase di studio. “Non conosco bene Adram. È un eremita... un misantropo scontroso. Persino Baladas scrive qualche lettera, ma lui... non capisco come il ragazzo sia riuscito ad attirare la sua attenzione. Difficile assicurarsi che ne sia realmente l'allievo, finché non avremo delle prove lasceremo che gli eventi facciano il loro corso. Se la caverà? Chissà. Hai con te delle credenziali?”

“Ecco, io...” Ancora una dimenticanza, perché continuava a comportarsi da imbecille? Aryon scosse la testa.

Imperdonabile, un errore dopo l'altro. Stava mettendo a dura prova la sopportazione del ministro... tutta colpa di quel chiarore ormai sbiadito, acido e metallico quanto un grumo di sangue essiccato.

“La gemma...” blaterò, frugando alla rinfusa nelle tasche dell'abito. Qualcosa sfuggì via, un medaglione cesellato, che si aprì non appena toccò terra. Aryon lo raccolse e mirò gli occhi obliqui di un'attraente dunmer. Uno sguardo severo che celava un invito...

“È lei, vero? Hai sempre avuto gusti sopraffini, Galos. Complimenti.” Sorrise, porgendogli il prezioso monile. “A cosa ti stavi riferendo, prima?”

“Che ho detto?”

“Hai parlato di una gemma. Descrivila, dimmi di cosa si tratta.”

“Era... un rubino. Scuro, brunito. Lucido come carne viva, screziato come ruggine. Sarà la stanchezza, ma non ne sopportavo la vista. Se Adram è realmente il creatore di oggetti maledetti, allora esso ne è la prova...”

Aryon strinse gli occhi. “Attendiamo il ritorno dell'allievo. Nel frattempo, occupati della corrispondenza e segna un promemoria su carta. Con cura, mi raccomando: nulla è superfluo, in questo caso.”

“Come comandate, maestro.” Si inchinò ancora, prima di congedarsi... e svanì dalla torre, in una nebbia argentata.

Perché aiutare chi ti danneggia? Per fortuna, non era cinico quanto Divayth Fyr. Il ritiro di Galos stava diventando una faccenda sfibrante, persino per lui. Talmente innamorato da consolarsi con un'immagine dipinta. Che sciocchezza! Gli stava causando un'infinità di grattacapi, ma si sentiva in dovere di assisterlo.

Scostò di malavoglia il foglio del progetto Dwemer, tornando alla corrispondenza. Avrebbe scritto tre missive... due da spedire via terra, tramite corrieri differenti; l'ultima l'avrebbe serbata per sé, in attesa di farne buon uso. Ah, c'era anche Neloth; ovviamente aveva saputo del suo passaggio a Sadrith Mora. E con sommo disappunto, della mancata visita.

L'incipit era essenziale: limpido ed altisonante, evitando che apparisse come una sfacciata ammissione d'inferiorità o un blando panegirico. Aryon immerse la penna nell'inchiostro, vergando in una calligrafia elegante ed articolata.

Onorabile Maestro, sì... gli sembrava adeguato. Gran cosa quando ispirazione ed ironia si muovevano di pari passo. Già immaginava la scena, e il volto truce e smagrito del vecchio stregone rilassarsi in un trionfante autocompiacimento. Non era difficile, bastava immedesimarsi nell'individuo: in questo caso, facile da rallegrare quanto da indisporre.

Si fermò a riflettere, a valutare la situazione. Un po' di lusinghe a destra e a manca avrebbero sortito il giusto effetto, soprattutto quando si trattava di tenere a bada un branco di rabbiosi segugi Nix come gli anziani ministri Telvanni...

E sapeva bene che bestie selvagge ed iracondi si domavano allo stesso modo: con una ghiotta manciata di zucchero, e a ciascuno il suo.

 

Come sempre, Aryon si affaticò nel volare in alto, fino alla sommità di Tel Naga, per poi destreggiarsi nella folle ricerca dello studio di Neloth tra i numerosi corridoi della torre. Faceva parte del gioco, alla fine: superare gli ostacoli equivaleva ad esser degni della sua considerazione. Ammesso che ne valesse la pena. Un atleta che si definisse realmente tale avrebbe dovuto abbracciare la sfida almeno una volta nella vita. Perché no? Magari, in futuro, colloquiare con il ministro nella sua labirintica residenza sarebbe diventato uno sport nazionale.

Si godeva la vita, il vecchio sibarita. Amava lamentarsi più del dovuto, quando imputava ai dolori articolari la causa del proprio malumore. Soprattutto se non perdeva mai l'occasione di farsi coccolare dalla diligente portavoce, Arara Uvulas.

“No, non lì... più su, ho detto! La fonte del dolore arriva fin dentro le cosce. Sforza di più quelle mani, cos'hai al posto delle dita, pezzi di sughero? E attenzione a quelle unghie! Se avessi voluto farmi graffiare a sangue, mi sarei fatto massaggiare da uno schiavo Khajiit. Piano, piano!”

L'unguento scivolava sulla pelle e Arara penava parecchio ad assecondarlo, mentre reclinava la testa sullo schienale della sedia e fissava il soffitto, con espressione vacua.

Ah, so dove vuoi che metta le mani; pensò, ma si schiarì la voce per richiamare l'attenzione dell'elfo oscuro verso di sé.

“Oh, guarda chi è venuto a trovarmi, finalmente... Sbarbatello! Potrei piangere dalla commozione.”

Ne invidiava il portamento altezzoso e il fascino, benché non lo definisse un elfo prestante. Era vecchio per sua stessa ammissione, molti Telvanni lo descrivevano in maniera simile. Nei suoi occhi indagatori, brillanti ed obliqui, vibrava però un fuoco giovanile: essi riflettevano intrighi, passione, amore per i tesori preziosi, la bellezza delle forme. La durezza del volto era accentuata dalla barba brizzolata, tagliata in un artefatto disordine. Indossava una vestaglia di squisita manifattura; il taglio era all'antica, ma la ricchezza delle stoffe... ah, quella compensava la semplicità del modello.

La portavoce abbassò lo sguardo ed avvampò, imbarazzata. Neloth non sembrò farci caso e attese che il ministro più giovane gli porgesse i saluti, rimanendo fisso dov'era.

“Mi spiace disturbarvi. So che avete chiesto di me, eccomi qui. È un piacere farvi visita.”

“Non mentirmi,” sbottò lui, seccato. “se fosse stato un piacere, saresti giunto qui appena dopo lo sbarco a Sadrith Mora. Uno zombie privo di cervello inventerebbe una scusa migliore. Ma veniamo al dunque: ti ho convocato perché ho bisogno di scendere a patti. Una cosa tra vecchi amici, ci s'intende.”

“L'unico ad esser vecchio qui siete voi.” Scherzò Aryon, ma Neloth non apprezzò l'interruzione.

“Dicevo... mi hanno informato del tuo rinnovato interesse per il museo di Tel Vos. Anche io adoro collezionare, come ben sai... E sono giunto alla conclusione che dovremmo dividerci le sfere d'influenza. A me la costa d'Azura e l'est... a te l'ovest e le isole a nord. Con Gnisis, Ald Velothi e Khuul come territori neutrali.”

“Non è più una proposta, quando avete già deciso i termini dell'accordo.” Si lamentò, ben cosciente che lo stregone avesse reclamato per sé le terre migliori. “In tutto questo, non avete considerato Baladas: anche lui studia gli antichi Dwemer, e a quanto pare, da molto tempo addietro.”

“Parla per te, giovinastro!” Continuò Neloth, risentito. “Baladas di rado esce dalla sua torre, e avendo vissuto a lungo, si sarà accaparrato di sicuro i pezzi migliori. Non starei neanche a rimuginarci su. Prendere o lasciare. Avanti, voglio una risposta.”

“Se insistete tanto, sarò diretto. Credo che sia meglio che le cose rimangano così come stanno. Anche Gothren è sceso in campo, intraprendendo tutt'altra strada. È interessato alle ragioni storiche, ai fattori linguistici e alle vestigia documentarie, piuttosto che a gingilli di poco conto. Ognuno per se stesso, è quello che penso, ed io...”

“Gothren è indietro, molto indietro. Neanche sa da che parte cominciare, si limita ad immolare nuovi adepti alla sua ricerca. Sbagli, se ritieni che io condanni un atteggiamento simile, anzi! Per un alto obiettivo, vi è sempre un alto prezzo da pagare. Io intendo uscirne integro, procurandomi meno fastidi possibili. Che si diverta con le sue traduzioni, finora di questa fantomatica lingua non è stato rinvenuto neanche un misero testo di raffronto.”

“Perché nessuno si è sforzato... abbiamo messo in disparte l'entusiasmo, troppo presto... chiudendoci nello scetticismo accademico di chi non considera teorie e studi comparativi esterni alla materia. Se analizzassimo...”

“Sono in là con gli anni, Sbarbatello. Tu ne hai parecchi ancora innanzi, sai che dico? Se insisti, portala avanti tu, la dannatissima ricerca. Trovati un assistente disposto a rischiare il culo perlustrando rovine infestate da spettri ed aracnoidi metallici. E ah, aggiungerei, uno leale; che non ti lasci le briciole dopo aver venduto il resto al mercato nero. Avvisami se tutto fila liscio... potrei commissionargli qualche lavoretto anch'io. Il buon vecchio Galos non ha le palle, eh?”

Aveva superato la linea di confine: Aryon non riuscì a trattenersi; schiumava di rabbia dopo l'ennesimo, sfacciato oltraggio. Moriva dalla voglia di insultare quel fetido scarafaggio in tutte le lingue vive e morte che conosceva: gli sfuggì un sorriso storto, sollevò il petto e osò guardarlo dritto negli occhi.

“Naturale. Qualsiasi persona gentile che non sia un prevaricatore, un traffichino, una sordida sgualdrina... è indegna di considerazione. Non mi mischio a certa gente, Neloth. Voi utilizzate l'imbroglio, io prediligo l'ingegno. Controllate i cassetti in cui tenete serbati gli amuleti; contateli, ogni sera... ah, non sapete a quanto ammontano? Gli altri consiglieri si divertiranno di più a soffiarvi i vostri tesori da sotto al naso. In effetti, non ne uscite proprio integro. E ancora una cosa... non chiamatemi sbarbatello. Sono adulto, ormai... e casomai ve lo foste dimenticato, anche un vostro pari. Quel progetto tecnico di cui cantavate le lodi non è altro che carta per i tarli: un errore da principiante, e in questo campo lo siete. Dedicatevi ai bastoni, agli amuleti... ai libri, agli artefatti daedrici. Ma la storia dei Dwemer è perseveranza e, soprattutto, pazienza: ciò che vi manca! Insultate gli altri per nascondere le vostre debolezze. Perché è facile denigrare qualcuno, affinché l'altro venga distolto dal proposito di fare lo stesso.”

Furono attimi di prolungato silenzio; il volto del ministro prima impallidì, poi divenne una maschera di vene e rughe fremente d'ira. Neloth sfilò via il grosso pendente che sfoggiava al collo e cominciò a farlo vorticare in aria, come se fosse un cappio per legare una bestia.

“Sai qual è il bastone più prezioso, i gioielli che sono l'invidia di ogni mago di Morrowind?” Domandò incollerito, brandendo quell'arma di fortuna. “Quelli con cui sono nato, quelli che ho in mezzo alle gambe. Sei tutta accademia e sapienza, sbarbatello... non hai ancora imparato a dominare. Le elfe? Sfiancale col bastone. Gli elfi? Dimostra che sei tu quello che ce l'ha più grosso. Un dunmer che evita di imporsi e non usa i suoi gioielli è un perdente. Sei solo, Aryon. Persino le puttane in mezzo alla strada si farebbero pregare, in tua presenza. Non hai neanche un filo di barba sul mento, ragazzino... solo una moltitudine di ridicole lentiggini. Un topo da biblioteca non è fatto per comandare. Vai via, prima che te la faccia pagare.”

Aryon non si fece intimidire: alzò le mani, stando sulla difensiva... ma riuscì comunque a sorprenderlo.

“Vai via, ho detto!” Un meteorite verde smeraldo gli piombò addosso, la pietra bruciava come roccia fusa prima di raffreddarsi. Laddove l'aveva colpito, l'amuleto lasciò un alone nero sulle vesti, simile al cratere di un vulcano. Si tastò la spalla, colto da un'improvvisa fitta di dolore... e digrignava i denti, sentendosi avvilito.

Neanche lo salutò: mentre svaniva per raggiungere Tel Vos, le urla di Neloth si attutivano, simili alle voci dei suoi incubi, che svanivano al sorger del sole.

“Carta per i tarli, eh? E vorresti farla a me, che ho tre volte la tua età? Sei tu che devi smetterla di vantarti, ragazzino. Tu, ingenuo. Ti tollerano per il rispetto che portano al tuo maestro... perché è lui che temono. Taci, taci e vai via. Osa ancora inveire contro di me e giuro che ti riduco in cenere!”


 


Sono andata avanti con la storia, quindi ho aggiunto anche il secondo capitolo. Prima di pubblicare qualcosa di nuovo, mi assicuro di aver scritto un numero di pagine che mi faccia sentire "tranquilla". Sì, è strano... ma mi permette di fare le cose senza troppa ansia. Ho ritmi di narrazione un po' lenti, rispetto alla norma delle altre storie... quindi, prima di arrivare alla risoluzione di un evento, aspettatevi dialoghi e spiegazioni. Mi dispiace se per qualcuno non è il massimo, però...
...Ho presentato Neloth in questo capitolo. Magari per molti non è un nome nuovo, soprattutto se avete giocato Dragonborn. Ecco, Neloth era ministro dei Telvanni a Morrowind, prima che decidesse di trasferirsi a Solstheim. Nel corso degli anni, però, non è cambiato molto: sempre sarcastico, sfacciato e "grumpy" come suo solito. ;) Mi sono divertita molto a scrivere i dialoghi finali, giustificano il rating che ho scelto per la storia. :D
A presto! :)

 

  
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