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Autore: kymyit    13/11/2013    1 recensioni
Grandi cose stanno per accadere alla WW Academy. La sorella del terribile Ivan Braginski, Natalia torna dai suoi fratelli... dall'oltre tomba! Chi l'ha uccisa? Riuscirà il russo a salvare la vita della sorella maggiore e a proteggere il suo "schiavetto" Toris? Ludwing riuscirà a vincere le elezioni e diventare il rappresentante degli studenti o Alfred e gli Alleati la spunteranno? Fine? Macché! Un altro fantasma torna a tormentare due ex studenti e il loro rapporto incrinato. Questo ed altro ancora in quest'assurda fan fiction!!
Genere: Drammatico, Comico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: Immensamente, vi chiedo perdono per il ritardo *inchino* e per la lunghezza del capitolo (ho battuto record migliori, comunque XD)
Avrei voluto concludere questa storia in tre capitoli, questo compreso, ma la vicenda era troppo complicata per essere compressa. Due capitoli in uno sarebbero stati disastrosi e poi sarebbe venuta una cosa molto più lunga. Perciò, personaggi assatanati permettendo, dopo questo dovrei concludere la storia in tre capitoli.
Fatemi sapere che ne pensate, consigliatemi se qualcosa non vi torna, in modo che possa porvi rimedio. Buona lettura. ^^


Capitolo 11: Torniamo a casa, Vanya



Ivan taceva, sottostando agli sguardi esterrefatti dei suoi compagni di scuola. Erano increduli e al tempo stesso affamati di sapere. E come si poteva dar loro torto, non sapevano nulla di lui eccetto che era un demonio e che aveva due sorelle, di cui una morta in un terribile incidente del quale non parlava mai.
A quel punto, dopo il caos che vi era scoppiato, l’androne dell’accademia era stato evacuato e Bella De Vries, insieme ai feriti che la furia di Natalia aveva coinvolto, era stata portata in ospedale.
Suo fratello Abel l’aveva accompagnata nell’ambulanza e le teneva la mano con un sorriso triste dipinto sul volto. Eppure, a vederli, Toris pensò che fra loro le cose si sarebbero sistemate.
Per qualcuno quell’esperienza aveva avuto del positivo.
Di contro però…
Guardò Ivan.
Il terrificante russo, Ivan il Terribile, il distruttore, era un fascio di nervi, l’ombra di se stesso. Sarebbe anche solo sopravvissuto a quell’esperienza orribile e frustrante?
Toris gli strinse la mano e, anche se gli costò molto coraggio, propose di fare qualcosa, di porre fine a tutto.
-Alfred, tu sai come ci si comporta in queste situazioni e anche tu, Arthur!- esclamò, memore della lunga esperienza filmica dell’americano, che, nonostante odiasse gli horror, non riusciva a farne a meno. Ne aveva una collezione invidiabile!
E Arthur, lui aveva grandi conoscenze in campo spiritico, anche se prediligeva creature meno terrificanti e graziose.
L’americano s’irrigidì sul divanetto.
Si erano riuniti nella sede degli Alleati. C’erano appunto: Alfred, Arthur, Francis, Yao (che era stato ferito di striscio alla tempia), Ivan, Toris, Kiku, Ludwig, Feliciano, Mathias e Lukas.
Anche Roderich era stato ricoverato in ospedale ed Elizaveta l’aveva seguito, non se la sentiva di lasciarlo solo, dopo che aveva rischiato la vita per lei.
Prima di andare, comunque, aveva preso Ivan Braginski da parte, perché voleva capire. Lui non si era mostrato molto disponibile a dirle ogni cosa, ma l’ungherese possedeva una forza di persuasione notevole. O forse era lui troppo stressato al momento, perché gli bastò vederle corrugare il viso in una smorfia furente e farsi prendere per il bavero per decidersi a vuotare il sacco, brevemente, davanti agli altri. D’altro canto, ormai non poteva più tenere nulla segreto.

-Io vorrei proprio sapere perché ogni volta che è con te, mio fratello finisce in situazioni assurde!- sbottò un certo intruso -Stupido mangia patate!!-
-Fratellone, per favore, calmati.- si lamentò Feliciano.
-Magari sparisci.- aggiunse Ludwig.
-Tu sparisci!- ruggì Lovino, furente.
-Ragazzi, cerchiamo di stare calmi e decidiamo il da farsi.- suggerì Kiku, tentando di fare da paciere, senza però essere ascoltato. Lovino continuò il suo battibecco-monologo e Ludwig tentò di non ascoltarlo.
Alfred continuava a esaltare le sue doti da eroe, perché se lui non avesse avuto l’idea del sale, ovviamente nessun fantasma sarebbe stato scacciato. A quel punto, Arthur, il fratellastro, gli ricordò che al momento cruciale se l’era quasi fatta addosso dalla paura e che se non fosse stato per lui, altro che buttare il sale. E Francis, e ti pareva, puntualizzò che anche lui aveva aiutato a trasportare e rovesciare quel pesantissimo sacco e che si meritava un regalino. Inutile dire, che si scatenarono battibecchi assurdi. Ivan, già sull’orlo di una crisi di nervi, rispolverò il suo amato tubo di rubinetto e fece per dare una bella ripassata a tutti, salvo essere placato da un supplice Toris.
-Ti prego, fermati!- gli fece -Dobbiamo discutere civilmente!-
Il russo gli indicò, senza dire nulla, il gruppetto petulante di comari assatanate, al che, il lituano non seppe proprio cosa rispondere. Per fortuna, e per il bene di tutti, Lukas intervenne.
-Scusa l’indelicatezza, dov’è stata sepolta tua sorella?-
Tutti tacquero, guardando prima il norvegese, poi il russo, che si ributtò a sedere sul divano.
-In questa città.- rispose Ivan -Io e Kat’ja abbiamo preferito che riposasse il più vicino possibile a noi. Ma forse è stato un errore.- aggiunse, stringendosi il setto nasale fra le dita.
-E’ stato meglio.- ribatté Lukas, per poi rivolgersi agli altri -Per far sì che uno spirito smetta di perseguitare qualcuno, bisognerebbe convincerlo con le buone oppure con le cattive.-
-Non mi sembra uno spirito che si lascia convincere davanti a una tazza di tè.- rispose, seccato Arthur.
-Perciò dovremo usare le cattive.- convenne il nordico.
-Ovvero?- domandò Ivan, armeggiando col suo telefono cellulare, non si era accorto che si era spento durante la confusione.
-Come in Supernatural!- saltò su Mathias, con l’ascia ancora in mano e uno Yao molto preoccupato per la propria incolumità a fianco.
-Sì, esatto.- fece Lukas, lanciandogli un’occhiataccia, seccato per essere stato interrotto -Bisogna bruciare il suo corpo, eliminare ciò che ancora lega lo spirito a questo mondo.-
-Aspetta.- fece Alfred, comprendendo ciò che avrebbe comportato la cosa -Questo significa che dobbiamo andare in un cimitero?-
-Esatto.-
-Di notte?!-
-Non abbiamo tempo di aspettare domani.- rispose Ludwig.
-La notte di Halloween?!-
-Se te la fai addosso, puoi anche non venire.- lo sbeffeggiò Arthur, ridendosela sotto i baffi. Il fratellastro era bianco come un cencio. Peccato che la natura eroica prevalse sulla codardia da spettri.
-Se non venissi- mugugnò quello, infatti -non sarei un eroe. Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare!- esclamò mettendosi in posa con un piede sul tavolino -E’ questo il mio credo eroico!-
-In realtà, è convinto che sarà più al sicuro con noi che qui da solo, nel caso la pazza tornasse.- bisbigliò Francis a Mathias, abbassando di molto la voce nel pronunciare la parola “pazza”.
-Molto bene.- fece Ludwig -Andiamo.-
-Scordatelo, scrofa mangia crauti!- protestò Lovino -Feliciano non verrà con te in un posto così pericoloso!-
Il diretto interessato, infatti, tremava come una foglia.
-N-n-no-non fa nu-nul-la… - balbettò, stringendosi al tedesco -C-c-c-ce la fa-fa-ccio… -
-Chi non se la sente,- fece Ludwig -è libero di non venire.-
Toris strinse i pugni. Lui non se la sentiva proprio, però doveva andare, doveva stare al fianco di Ivan in quel momento. Neppure Feliciano o Alfred si sottrarono al dovere che si erano sobbarcati nonostante poco li riguardasse, persino Lovino alla fine cedette, seppur borbottando. Diceva di non averci nulla a che vedere con quella storia, di non capire il perché Feliciano si sentisse in dovere di andare chissà dove a scacciare lo spettro di chissà chi.
-E’ per salvare la sorella di Ivan.- rispose quello candidamente -Anche Gilbert avrebbe voluto questo, vero Lud?-
Quello annuì, con un sorriso malinconico sulle labbra, commosso da quelle parole. Era in momenti come quelli che gli perdonava tutte le sbadataggini e le cavolate, era per quel suo candore che lo amava.
A quel punto, tutti erano convinti, non ci fosse più tempo da perdere. Solo…
Ivan era rimasto in silenzio, pallido, a fissare lo schermo del cellulare.
C’erano diverse chiamate perse dallo stesso utente.
L’ospedale.




Erano diversi minuti che camminavano in silenzio, trattenendo il fiato, sussultando a ogni fruscio, ogni crepitio, ogni alito di vento. Ludwig stava in testa al gruppo, con una torcia in mano. Dietro di lui, o meglio, abbracciato a lui, si trascinava un impaurito Feliciano. Pochi passi più indietro, c’era uno scazzato Lovino e, pochi passi dietro di lui Alfred, che trasportava una tanica di benzina, Yao, Francis e Arthur. Tutti avevano con sé delle pale e sacchetti di sale.
-Stando a quello che ha detto Braginski… - fece mente locale il tedesco -La tomba di sua sorella dovrebbe trovarsi alla fine del cimitero nuovo. Non manca molto. Feliciano, mi si sta bloccando la circolazione.-
-Dobbiamo fare in fretta.- disse Arthur accogliendo consensi, sia per paura che per il vero motivo dell’urgenza. Il loro operato non sarebbe stato gradito da Natalia ed era probabile che in quel momento fosse nuovamente tornata all’attacco contro Ivan e Toris. O forse, d’improvviso, se la sarebbero trovata davanti, pronta a scatenare contro di loro una furia neppure paragonabile all’apocalisse che aveva devastato l’Accademia.
-Ecco, siamo nella zona nuova.- fece Alfred, illuminando con la sua torcia il sentiero che divideva in due il cimitero. Proprio al limitare delle zone, fra tutte le tombe e le cripte più recenti e lavorate, dopo la statua di un angelo, vi era un tumulo semplice con su la foto di una ragazzina adorabile con un fiocchetto a ornarle il capo.
Il gruppo, quasi ricevendo un tacito segnale, trattenne il respiro.
Alfred mugolò qualcosa, se l’avessero punto o colpito, non avrebbe sanguinato, né provato dolore.
Feliciano si strinse ancora di più a Ludwig e Lovino non ebbe nulla da ridire, fissava nervosamente il terreno.
La tomba era stata già profanata.
Davanti alla lapide si apriva un buco profondo diversi metri e ciò che rendeva il tutto più spaventoso, era che le zolle di terra aprivano le loro creste polverose e brulicanti di vermi verso il cielo notturno. Al chiaro della torcia, si poteva intravvedere il coperchio del feretro spaccato e qualche brandello di stoffa impigliato nello squarcio.
-E adesso?- domandò Francis ad Arthur.
Ludwig afferrò il cellulare, per informare immediatamente Ivan. Gli altri iniziarono a guardarsi intorno con le torce, intimoriti, aspettandosi di secondo in secondo che Natalia li aggredisse, respingendo il razionale pensiero di non rientrare nei suoi immediati interessi.
Il tedesco rimase in attesa per qualche secondo, poi provò un altro numero e un altro ancora. Gli altri spostarono la loro attenzione sui movimenti frenetici delle sue dita. E quando chiuse l’ennesima chiamata sapevano già cosa avrebbe detto loro.
-Sembra abbiano i cellulari spenti.-




Toris non ne aveva voluto sapere di lasciare andare Ivan da solo all’ospedale, nonostante questi gli avesse mostrato la sua faccia più inquietante.
-Non è sicuro.- gli aveva detto.
-Non sarò mai al sicuro.- rispose il lituano, infilando il cappotto -Andiamo, non perdere tempo a discutere con me.-
Il russo rimaneva sempre più meravigliato della sua audacia. Forse aveva perso troppo il mordente con lui, d’altro canto, non gli dispiaceva per nulla. Ma non era buona cosa che s’impuntasse in un’occasione del genere!
Fece altre storie, ma alla fine dovette cedere quando Alfred, il maledetto quattrocchi, prese in mano la situazione.
-Un gruppo andrà al cimitero e un gruppo accompagnerà Ivan all’ospedale. Non permetteremo a quel fantasma di fare i suoi comodi!-
-Sì!- esclamò Feliciano.
-Tsk.- schioccò la lingua il russo.
Non poteva farci nulla, quando quello decideva di fare una cosa, era quella e basta. Alla fine, Kiku, Lukas e Mathias lo accompagnarono in ospedale, insieme a Toris.
Ovviamente, armati di sale.
In più, Mathias portava ancora l’ascia con sé e Kiku aveva la sua katana, quella che teneva esposta nella propria, ordinatissima, stanza.
-Mi raccomando!- esclamò l’americano, pala alla mano -Mettetecela tutta!-
Che rabbia che gli faceva, aveva proprio voglia di spaccargli gli occhiali sul naso, Ivan. Quel maledetto era bravo a dare ordini, ma poi si era messo nel gruppo che correva meno pericoli.

Una volta superato il parcheggio, il gruppetto entrò nell’edificio, silenziosamente, persino Mathias Køhler taceva. Lukas, dal canto suo, parve inquietarsi non appena varcò la soglia.
Si guardò intorno, cercando di individuare da dove provenisse di preciso quella percezione, ma non riusciva a determinare un punto certo. L’intera struttura era permeata di rabbia e follia.
C’erano poche persone, il personale ospedaliero, che transitava per i corridoi. Chi per i soliti giri di routine, chi per particolari controlli, chi per noia. Forse era la situazione a rendere il tutto così terribile, ma l’angoscia che si respirava fra quelle quattro mura era palpabile, quasi claustrofobica.
Ivan si avvicinò all’infermiera alla reception.
-Braginski. Ho ricevuto diverse chiamate.- fece una pausa -E’ successo qualcosa a mia sorella?- domandò infine, sapendo benissimo che, sì, era successo qualcosa. L’infermiera fece scorrere lo sguardo da lui ai suoi compagni. Grazie al cielo faceva freddo, avevano potuto nascondere alla bell’e meglio armi e sale nei cappotti, anche se trovarsi davanti ad un gruppetto di ragazzi truccati per Halloween, era di certo una cosa curiosa. Davano parecchio nell’occhio.
-Solo un attimo.- disse, digitando un numero. -Strano, il dottore non risponde... - disse, fra sé e sé, mentre i ragazzi s’irrigidirono.
L’infermiera prese a digitare un secondo numero.
-Sono Scarlett, sto cercando di contattare il dottor Mc Gregor è… ehi, aspettate!- esclamò, mentre Ivan e gli altri liquidavano la reception per dirigersi verso le scale.
Il russo in testa. Sudava freddo, era terrorizzato, però era anche l’unico a sapere dove fosse la stanza di Kat’ja. Sperando fosse ancora lì. Sperando che stesse bene.
Purtroppo non era troppo bravo a sperare.

Giunti al piano in cui si trovava la stanza di Katyusha, Lukas indietreggiò, stringendo i denti e sudando freddo.
Mathias gli lanciò un’occhiata preoccupata.
-E’ qui… - spiegò, stringendosi nelle spalle.
Il danese, per tutta risposta, estrasse dalla tasca della giacca scura l’ascia, mentre Kiku liberava la sua katana dalla custodia e si preparò a sguainarla dal fodero.
Nessuno fiatò, mentre si dirigevano verso la stanza. Ivan rallentava l’andatura a ogni passo, sempre più intimorito, perdendo sempre più velocemente il coraggio che era riuscito a riconquistare faticosamente.
Toris gli si portò al fianco, senza dire nulla.
Il russo deglutì, con la mano sulla maniglia. Non ci voleva un sensitivo per capirlo, poteva sentirlo pure lui: Natalia era dietro quella porta. Improvvisamente, gli parve che la maniglia bruciasse, non voleva aprire, voleva tagliare la corda e nascondersi! E dire che molte volte aveva riso di Alfred Jones e delle sue scenate da cacasotto.
Sospirò diverse volte.
A ogni respiro credeva di riuscire, di poter aprire quella porta, ma aveva bisogno di ritrovare il coraggio ancora e ancora.
Toris gli prese la mano, per infondergli sicurezza.
-Fratellino, sei tu?- domandò una voce dolce dalla stanza facendo rizzare i capelli in testa a tutti, nessuno escluso.
Gli occhi di Ivan si spalancarono per lo stupore.
-Kat’ja?-


-Merda, merda, merda!- si lasciò sfuggire Lovino -Ma che razza di situazione schifosa! Cercare uno zombie che se ne va a spasso in un cimitero!-
-Ti prego non ricordarmelo… - rispose Alfred, sconsolato.
Yao camminava davanti a loro, mormorando qualcosa, evidentemente agitato.
-E tu cos’hai da mugugnare?!- sbottò l’italiano furioso.
-Sto recitando una preghiera per tenere a bada i morti.- rispose quello, nervoso.
Lovino non ebbe nulla da ridire. Anzi, si unì a lui in vari riti scaramantici.
-Volete stare un po’ zitti?- li redarguì Arthur, illuminando una cripta vuota. Si voltò poi verso i due chiassosi individui con un’espressione malefica, illuminandosi il viso da sotto -Non sprecate il fiato, i morti sentono i vostri respiri. Attirerete la loro attenzione così, uhuhu.-
Inutile dire che l’americano quasi collassò per il terrore, la sua faccia contorta nel celeberrimo urlo di Munch, senza lasciar trapelare alcun suono.
“Ecco, sistemati, così almeno cercheranno in silenzio.” pensò, per poi rimettersi a frugare ogni angolo, ad ascoltare ogni sensazione. Se c’era un motivo per cui non sopportava il fratellastro e Francis (la maggior parte delle volte) era che ritenevano che la sua passione per le creature fantastiche fosse solo una stupida fissa. Per l’americano, poi, seppure fosse terrorizzato da mostri e fantasmi, quelle creature erano assolutamente finte.
Erano, appunto. Non poteva più pensarla così.
L’inglese però non era solo appassionato di fate, folletti e simili, come Lukas, poteva sentirli tutt’intorno. Nessuno gli credeva quando ne parlava, perciò finiva per ammettere che si trattasse solo di uno scherzo. In quel momento, poteva finalmente dimostrare di non essere un idiota molto fantasioso.
Facendosi accompagnare dalle percezioni, individuò immediatamente una piccola luce fra gli alberi.



La porta si aprì senza che nessuno la toccasse. Nessuno dall’esterno, almeno.
Sulla soglia, Kat’ja salutò col sorriso fra le labbra il fratello minore, che era rimasto immobile, meravigliato.
-Ciao, Ivan.-
-Tu… tu…. Come… - non riuscì a formulare bene il concetto.
Solo fino a quella mattina era in coma, in lotta fra la vita e la morte. E quelle chiamate… era sicuramente accaduto qualcosa, eppure la ragazza si reggeva sulle sue gambe, anche se appariva fisicamente provata.
-Ho chiesto di te.- spiegò Kat’ja, aggrappandosi alla flebo e facendo spazio sulla porta perché l’altro entrasse nella stanza. -Ma non riuscivano a contattarti. Per un attimo ho temuto di essere rimasta sola… - disse, con un filo di voce.
Avrebbe voluto dirle che non aveva mai smesso di preoccuparsi per lei, Ivan, ma si limitò a smentire quell’ultima frase scuotendo il capo e appoggiando la mano sulla spalla della sorella maggiore, sollevato, prima di seguirla nella stanza. Gli altri, attoniti, seguivano i due a breve distanza.
Tutto appariva in ordine alla fredda luce dei neon, eccetto per il letto sfatto e le lenzuola ripiegate disordinatamente sul materasso. I macchinari erano stati spenti e il loro angosciante ronzio era fortunatamente cessato. Kat’ja si appoggiò al corpo massiccio del fratello e si risedette sul letto.
-Che succede?- gli domandò, guardando prima lui, poi gli altri ragazzi, nella fattispecie Kiku e Mathias che, imbarazzati, abbassarono le armi.
-Niente.- mentì Ivan. -Eravamo ad una festa, ecco. Oggi è Halloween.- spiegò, colpevole, senza togliere gli occhi da quelli stanchi di sua sorella, senza smettere di studiare i suoi lineamenti delicati sciupati dalla lunga degenza. Lui era a una festa e sua sorella rischiava la vita…
-Capisco.- sorrise lei, con le mani giunte posate sulle gambe.
Ivan provava gioia, grande gioia, e sollievo però… c’era dentro di sé una vocina che gli suggeriva di stare in guardia, che lo rendeva nervoso. Come se già non bastasse il fatto di dover mostrare il suo lato tenero a gente che di lui conosceva solo il solito lato psicotico.
Infatti, il danese lo fissava come se fosse una bestia rara, senza neppure tentare di nasconderlo (Kiku almeno tentava di non darlo a vedere).
Lukas, invece, era disinteressato, anzi, continuava a scrutare la stanza come se ci fosse qualcuno o qualcosa appostato in agguato e camminava qua e là, per accertarsi la provenienza di quella percezione. Per qualche secondo fissò la ragazza, poi il suo sguardo cadde sui macchinari. Era stata staccata la spina.
-Che sollievo.- disse Toris, avvicinandosi lentamente al letto, con un sorriso sincero dipinto in volto
-Grazie al cielo stai bene.-
Katyusha gli rivolse un’occhiata in tralice, prima di annuire e stringersi al fratellino.
-Non vedo l’ora di tornare a casa!- esclamò, premendo il seno prosperoso contro il corpo di Ivan che arrossì e si scostò appena.
-Che c’è?- domandò Kat’ja, con un sopraciglio inarcato.
-Nulla… - mentì quello, a disagio -Pensavo… che dovrei parlare col medico per sapere cosa fare adesso, ecco.- aggiunse, infine.
-Il dottore ha detto che potevo tornare a casa stasera stessa.- affermò la ragazza, con gli occhi che le brillavano infantilmente.
-Ah, sì?- chiese ancora il russo, nervoso, mentre lei si stringeva nuovamente a lui con più foga.
-E’ una bella notizia!- esclamò Toris, con una mano sul petto, mentre Lukas focalizzava il separé accanto alla finestra, oltre il letto di Katyusha.
-Bisognerà avvisare il dottor Mc Gregor, comunque.- ribadì Ivan, deciso, alzandosi in piedi. La sorella rimase abbarbicata al suo braccio.
-Lo chiameremo quando saremo a casa, fratellino.-
-Non funziona così… - le spiegò lui, in evidente ansia -Lo sai, bisogna fare accertamenti, deciderà lui quando dimetterti.-
Toris si era accorto del suo disagio e perciò tentò di andargli incontro.
-Sarà il caso di andarlo a cercare, allora. Prima lo troviamo, meglio sarà.-
Katyusha gli rivolse un’occhiata seccata e stavolta non fu solo il diretto interessato ad accorgersene, ma anche gli altri due.
-C’è… c’è qualche problema?-domandò il castano, impacciato.
-No, niente.- rispose serafica la ragazza, per poi lanciare un’occhiata nervosa al norvegese che guardava con troppo interesse ora il separé, ora i macchinari -Allora, cercate il medico, per favore, non vedo l’ora di tornare a casa col mio Vanya!-
-Bene!- esclamò il lituano e fece per uscire dalla stanza quando -Non c’è bisogno di chiamare il medico.- lo fermò Lukas, immobile.
Aveva superato il separé ed era rimasto immobile a fissare qualcosa con aria disgustata e, strano vederlo così, spaventata.
Katyusha schioccò la lingua e storse le labbra, stringendosi con più forza a suo fratello.
-Che cos- le parole morirono in bocca a Mathias, che si era avvicinato al suo ragazzo per controllare cosa l’avesse lasciato senza parole.
Lukas spostò il paravento con un calcio, rivelando l’agghiacciante scoperta.
Il dottor Mc Gregor giaceva morto sul pavimento, con sul viso un’espressione agghiacciante.
   
 
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