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Autore: Clira    13/11/2013    2 recensioni
Dal testo:
"Tum tum tum tum tum". Era come se fosse un macabro battito cardiaco.
Possibile che quei sotterranei dovessero essere così inquietanti?
Era di nuovo quel rumore che, ormai da qualche sera, le faceva perdere il sonno.
Clary si alzò. Stare sotto terra non le era mai piaciuto e quando, finalmente, era quasi riuscita ad abituarsi a quel dormitorio, erano cominciati quei rumori.
"Tamburi?", aveva pensato la prima volta.
Ma quel che trovò, fu ben diverso. Davanti a sé non aveva tamburi, ma una scatola, una strana scatola con su scritto "Your Mortal Journey".
Il tuo viaggio mortale.
"Ma dove diavolo sono finita?!"
Spero di avervi incuriosito! :)
[Crossover Sahdowhunter/Harry Potter; prendo anche l'idea del gioco Jumanji dall'omonimo film!]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 6: VIAGGIO MORTALE

 

A Jace non era piaciuto ciò che era appena accaduto nella torre di Divinazione, e la professoressa Cooman, quando si era “risvegliata” da quell’anomalo stato di trance, non ricordava nulla di quello che aveva detto solo pochi istanti prima, come se non fosse stata lei a pronunciare quelle parole.

Non appena Jace aveva provato a chiederle spiegazioni, si era subito alterata negando tutto e lo aveva sbattuto fuori.

Avrebbe dovuto parlarne con Alec, Isabelle e Clary e subito.

Trovò i primi due a discutere mentre attraversavano la Sala d’Ingresso e, insieme, andarono a cercare Clary.

«Jace, si può sapere cosa succede? Hai proprio una brutta faccia», fece Isabelle.

Lui la fulminò con un’occhiataccia, ma non rispose.

«Dove diavolo si è cacciata quella ragazza?».

Isabelle ed Alec, alle sue spalle, si scambiarono uno sguardo di traverso, come se il fratello fosse improvvisamente impazzito.

«Eccola lì», disse Izzy ad un tratto, indicando un punto sopra di loro.

«Clary!», chiamò subito Jace cominciando a correre nella sua direzione.

La ragazza ebbe un sussulto e si voltò, vedendo arrivare i tre di gran carriera.

«Che succede?», chiese notando le loro espressioni.

«Non lo sappiamo, Jace fa il misterioso, ma è ora di avviarsi verso l’aula di rune, altrimenti arriveremo in ritardo e non è il caso, a meno che voi due non vogliate farvi un fama come “gli Shadowhunters che bidonano le lezioni”», rispose Isabelle rimirando con attenzione le unghie perfette della sua mano sinistra.

Jace emise una sorta di ringhio dal fondo della gola, guadagnandosi una strana occhiata da Clary.

«Allora ne parleremo dopo pranzo, ma la cosa non può aspettare oltre».

Gli altri tre annuirono, poi si avviarono tutti insieme verso l’aula di rune.

Quella lezione, a Jace parve infinita; continuava a muoversi nervosamente sulla sedia, disegnando con precisione ed estrema facilità tutte le rune che il professore spiegava.

Non gli andava proprio di stare lì a perdere tempo per imparare qualcosa che già sapeva benissimo fare da solo, ma non poteva semplicemente alzarsi, rapire Clary, Alec ed Isabelle dalla classe e portarseli via sotto braccio come se fossero dei pacchi postali.

Si accorse con sorpresa di stare stringendo lo stilo così forte da fargli sbiancare le nocche e rendere ancor più lucide le sue sottili cicatrici di Shadowhunter.

Mollò un po’ la presa sullo strumento e si rilassò contro lo schienale della sedia.

Clary, dietro di lui, diede un colpetto di tosse, che lo fece voltare.

«Vuoi piantarla di muoverti come se fossi in preda alle convulsioni? Che cavolo ti succede? Stai facendo venire il nervoso anche a me!».

Lui le rivolse un mezzo sorriso sarcastico.

«E da quando ti preoccupi per me?».

«Non mi preoccupo per te, mi preoccupo per… ».

«Sì?».

«La mia lucidità mentale. Sta’ fermo, altrimenti sì, che ti disegno addosso una bella runa di immobilizzazione».

Jace scosse la testa, voltandosi e rivolgendo nuovamente l’attenzione al foglio che gli stava davanti.

 

[…]

 

Per tutta la lezione di rune, Clary non fece altro che fissare la schiena e le spalle larghe di Jace, che continuava a muoversi come se fosse appena stato punto da un insetto particolarmente velenoso, cosa che, per altro, non era decisamente da lui, che di solito manteneva il controllo in ogni situazione.

Quando l’ora trascorse, lo vide saettare in piedi ad una tale velocità che quasi non se ne accorse. Un attimo prima era seduto davanti a lei ed il momento dopo in piedi al suo fianco.

«Andiamo», disse solo.

Lo seguì senza fare domande, sapeva che sarebbe stato inutile e così fecero anche Izzy e Alec.

«Oggi non pranzeremo, vero?» gli chiese ad un tratto Isabelle, spazientita dall’atteggiamento scostante di suo fratello.

«No. Il pranzo è il momento più adatto per parlarne; non c’è gente in giro che si mette ad origliare».

Clary sospirò, con lo stomaco che brontolava e gli rimase dietro, seguendolo lungo svariate rampe di scale.

Non sapeva dove Jace li stesse conducendo, ma, ad un certo punto, arrivarono in una stanza grande e circolare, sporca per terra e quando guardò in alto ne capì il motivo: centinaia di gufi se ne stavano appollaiati sulle travi del soffitto, senza fare troppo caso ai nuovi venuti.

«Jace, dove diavolo mi hai portata?!», chiese Isabelle, piuttosto inorridita da quel luogo.

«Siamo sulla torre ovest, nella Guferia. Difficile che qualcuno venga a cercarci qui a quest’ora».

«Beh, almeno adesso parla, è tutta la mattina che sei strano».

E così, il ragazzo raccontò cos’era accaduto con la professoressa Cooman solo poche ore prima.

«E tu ci credi?», chiese Isabelle inarcando elegantemente un sopracciglio.

Inutile, per quanto Clary si fosse sforzata, non avrebbe mai potuto farlo bene come Izzy.

«Vorrei ignorarla, tu mi conosci e sai che in genere non mi faccio impressionare troppo da queste cose, ma sento che c’è qualcosa di sbagliato, che non torna», disse il ragazzo, a braccia incrociate, le anche poggiate contro il muro e il torace leggermente piegato in avanti.

Alec sospirò pesantemente.

«Non ha accennato a quale possa essere questo fantomatico pericolo?».

«Niente di niente, non una parola».

«Pensi che Valentine e Sebastian potrebbero… sì, insomma… essere qui vicino?», prese parola Clary.

«Loro qui? No, lo escludo. Ma non riesco nemmeno ad immaginare cosa potrebbe essere, a questo punto».

Clary riusciva a vedere la tensione in ogni singolo particolare del corpo di Jace, anche se il suo atteggiamento era calmo.

I pugni stretti, i muscoli che guizzavano a scatti sotto la pelle pallida del ragazzo e la mascella serrata.

«Quindi cosa pensi di fare?».

«Non lo so, Izzy. Quello che so è che noi non staremo separati stanotte».

«Non si può fare, Jace, e tu lo sai. Io sono in Serpeverde; la mia sala comune è in tutt’altro posto rispetto alla vostra».

«Clary… non mi interessa». Scandì bene le parole, come se avesse a che fare con una bambina piccola.

«Allora illuminami: qual è il tuo grande piano?».

«Nessun grande piano, se non il solito: tenerci vivi come abbiamo sempre fatto e tu ne hai avuto un assaggio mesi fa. Clary, ti sei allenata con Luke, è vero e ora sei qui e sei brava, molto meglio di quanto mi aspettassi dato che fino a sei mesi fa vivevi insieme ai mondani pensando di essere una di loro e ignorando completamente la realtà delle cose. Ora però la conosci questa realtà e sei una Shadowhunter, ma a differenza di te, noi abbiamo vissuto con questa consapevolezza per tutta la vita e ci siamo allenati, conosciamo i demoni e i nostri nemici. Tu sei più… vulnerabile».

Clary lo guardò a bocca aperta; sembrava davvero preoccupato.

«Questo non cambia il fatto che non posso sgattaiolare nella vostra sala comune, ormai dopo l’incidente con Malfoy, tutta la scuola mi conosce».

Jace sbuffò, in un misto tra lo spazientito e l’irritato.

«Le rune devono pur servire a qualcosa, usa quella dell’invisibilità e vieni davanti al ritratto della signora grassa a mezzanotte. Io mi farò trovare fuori».

Aveva parlato con tono deciso. Un tono che non ammetteva repliche.

«Come vuoi», si arrese infine.

«Bene. E Clary… se mancherai, per me vorrà dire che ti è successo qualcosa e verrò a cercarti. Ovunque tu sia».

La ragazza lo guardò con occhi sgranati.

Da quando Jace Wayland o Lightwood o Herondale, parlava in un modo del genere?

«Ok», disse più perché il suo discorso l’aveva lasciata senza parole che per altro.

A quel punto, i quattro ragazzi si avviarono nuovamente verso la Sala Grande.

Magari il pranzo non era ancora finito…

 

[…]

 

Harry si guardò intorno. Ormai tutti erano a pranzo, compresi gli Shadowhunters, eppure Jace, Alec ed Isabelle mancavano.

Lanciò un’occhiata alle sue spalle, constatando che anche Clary era assente.

Chissà cosa stavano combinando quei quattro; era ormai da un paio di giorni che i Cacciatori si comportavano in modo strano.

I suoi pensieri furono interrotti da una dolorosa gomitata di Ron.

«Ehi! Ma che ti prende?».

«Tu lo hai sentito?».

Il suo amico aveva una faccia piuttosto stranita, così come anche Hermione.

«Sentito cosa?», fece il moro.

«Quel rumore!».

«No, Ron, non ho sentito nessun rumore».

Ma non finì nemmeno la frase che si irrigidì.

Ora aveva sentito qualcosa.

Una specie di rumore basso e sinistro.

«Adesso l’hai sentito!», esclamò Ron.

«Che accidenti è stato?».

Hermione si sporse dietro le spalle di Ron per guardarlo e disse: «Venite, c’è una cosa che devo dirvi».

 

[…]

 

Clary e gli altri stavano scendendo le scale che portavano dal terzo al secondo piano quando udirono due voci familiari: erano di nuovo Magnus e Silente; Jace li aveva già trovati a parlare una volta mentre non c’erano studenti in giro per i corridoi.

I quattro si appiattirono lungo un muro, ma le voci si avvicinavano, così, Alec aprì la porta più vicina e li fece entrare tutti.

Purtroppo, la stanza in realtà si rivelò essere uno sgabuzzino e loro dovettero stiparsi dentro.

Jace ed Isabelle dovettero piegarsi notevolmente per starci data la loro statura, mentre Clary si limitò a chinarsi leggermente in avanti.

Ad un tratto, sentì due mani affusolate stringersi attorno ai suoi fianchi e subito si irrigidì.

Jace, alle sue spalle, la stava trascinando contro il suo corpo per toglierla dallo spiraglio di luce che tagliava il pavimento proprio nel punto in cui lei si trovava fino ad un attimo prima.

Le voci del preside e dello Stregone si fecero più vicine, ma stranamente, Clary riusciva a sentire solo il suo corpo aderire perfettamente a quello di Jace.

Poi però, la sua attenzione fu catturata da uno stralcio di conversazione.

«Non sarà così semplice risvegliare Jocelyn Fairchild, professor Silente. Vede… la pozione è complicata. Fattibile, ma complicata. Mi ci vorrà tempo per trovare tutto l’occorrente e con la minaccia imminente che adesso incombe sulla scuola, non so se posso rischiare di distrarmi anche con la situazione di Jocelyn, per quanto questo mi dispiaccia».

Clary in quel momento sentì come se il terreno si stesse aprendo sotto i suoi piedi e, se non fosse stato per le braccia salde di Jace che la stringevano, forse sarebbe finita sul pavimento.

Gli occhi le si riempirono di lacrime e tremò leggermente nell’abbraccio di lui, che rafforzò la presa.

«A tal proposito, signor Bane… si hanno novità?».

«Nessuna. La scatola non è stata ancora reperita; non si può localizzare con un semplice incantesimo».

Dal loro nascondiglio, i quattro ragazzi udirono il preside sospirare.

«Mi tenga informato».

«Certamente».

 Detto questo, i due si allontanarono.

Isabelle si sporse oltre la porta per controllare se si vedessero ancora, ma disse: «Via libera»; così gli altri tre poterono uscire, senza più doversi piegare in quel ripostiglio.

«Clary?».

La ragazza sentì come un’eco la voce di Jace che la chiamava e si girò lentamente, con gli occhi inondati di lacrime che non aveva nessuna intenzione di versare.

«Non riavrò mai più mia madre», sussurrò in tono appena percettibile.

Jace l’abbracciò, percorrendo con le dita la linea della sua colonna vertebrale e lei si abbandonò contro il suo corpo caldo e rassicurante.

«Magnus ha detto che un modo c’è. Magari ci vorrà del tempo, ma vedrai, lo farà».

La ragazza si staccò da Jace perché, con sua grande sorpresa, quelle parole erano provenute da Alec.

Annuì appena, accennando ad un sorriso.

«Su, ora andiamo».

 

 

[…]

 

«E non sai a cosa potrebbe essere dovuto?».

Harry e Ron guardavano stupiti Hermione, che aveva appena raccontato loro che, ormai da qualche giorno, sentiva degli strani rumori, come di tamburi, specialmente la notte.

«Hermione, perché non ce ne hai parlato prima?», chiese Ron.

«Io… io non lo so», confessò lei.

«Scopriremo di cosa si tratta, vedrai. Ora lo abbiamo sentito anche noi».

Il tono di Harry era rassicurante, la sua amica era palesemente spaventata.

Lei gli rivolse un sorriso grato e poi, uscirono dalla biblioteca nella quale si erano rintanati.

Harry aveva cercato di tranquillizzare la ragazza, ma la realtà era che non aveva la minima idea di cosa potesse trattarsi.

Non aveva mai sentito parlare di una cosa del genere ed ora che anche lui aveva sentito quel rumore, la cosa non prometteva nulla di buono.

Non sapeva che pensare, come neanche Ron e Hermione.

Sospirò. Sapendo già che si stava preparando ad un periodo molto lungo e problematico.

 

[…]

 

Tum tum tum tum tum.

Era come se fosse un macabro battito cardiaco.

Erano le undici passate quando Clary si tirò su dal letto spazientita.

Sentiva i tamburi sempre più spesso e la stavano mandando fuori di testa.

Possibile che quei sotterranei fossero tanto inquietanti? Stare sotto terra non le era mai piaciuto, ed essere smistata nella Casa di Serpeverde, la cui sala comune si trovava proprio nei sotterranei, per lei non era stata esattamente una gran cosa.

E quando poi era quasi riuscita ad abituarsi, erano iniziati quei rumori.

Clary sgusciò fuori dal letto e indossò la divisa da battaglia. Non sapeva perché, ma in qualche modo era rassicurante. Mancava ancora un po’ all’appuntamento con Jace davanti al ritratto della Signora Grassa, quindi decise di provare a seguire quel rumore.

Come al solito, pareva provenire dall’alto, quindi lasciò i dormitori e la sala comune, cominciando a salire lungo la rampa di scale.

Ad un tratto, sentì una voce sprezzante dietro di sé, che la fece voltare di scatto.

«Vai da qualche parte, Morgenstern?».

«Malfoy?! Che diavolo ci fai qui?».

«E tu?».

Clary lo guardò diffidente.

«Senti quei rumori, vero?», le chiese ad un tratto Malfoy, pallido come un lenzuolo.

«Li senti anche tu?».

Lui annuì.

«Io lo sto seguendo; se tu vuoi venire vieni, altrimenti lasciami in pace e torna a letto», disse Clary in tono duro.

«Bene. Andiamo allora».

I due ragazzi camminarono lentamente e facendo attenzione.

Non era di certo Malfoy che Clary si aspettava di avere al suo fianco.

La ragazza stringeva lo stilo di sua madre nella mano sinistra e teneva un pugnale infilato nello stivale.

Il rumore, come s’immaginava, li portò nel bagno delle ragazze al secondo piano.

Questa volta però, Clary s’irrigidì non appena varcata la soglia.

Il suono esplose come una bomba e, sia lei che Malfoy, si portarono le mani alle orecchie.

Poi, qualcosa sul pavimento di nuovo allagato, vicino al lavandino, attirò la sua attenzione.

Qualcosa di ben diverso da ciò che si sarebbe immaginata. Davanti a sé non aveva tamburi, ma una scatola. Una strana scatola con su scritto: “Your Mortal Journey”.

Il tuo viaggio mortale.

“Ma dove sono finita?!”.

 

NOTE:

 

Ed eccoci qui con il sesto capitolo! Spero che sia venuto in modo decente, io non ne sono molto convinta; voi che dite?

Comunque, finalmente abbiamo scoperto cosa fossero quei famosi tamburi e, dal prossimo capitolo… comincia la partita!

A presto!

  
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