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Autore: Larry_Fearless    14/11/2013    8 recensioni
#Dal testo.
“Lou.. Scusami, mi spiace tantissimo.” Urla al vuoto. Non può credere che stia per succedere. Prega Dio di evitare tutto questo, lo prega addirittura di fermare il tempo affinché non arrivi mai l’alba ma non crede che sia incline ad ascoltarlo perché lui è un omosessuale e Dio odia gli omosessuali. O almeno così crede. Quello che poi non capisce è perché lui no.
Okay.. spero che vi piaccia. Leggere non costa nulla :)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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19 ottobre 1398
Louis camminava per le vie di York guardandosi attorno, il mondo gli sembrava così grande. Era scappato dall’orfanotrofio per qualche ora, ma sapeva che appena tornato avrebbe ricevuto un adeguata punizione corporale. A Louis però piaceva il rischio, e anche se gli avevano detto di non andare vicino al palazzo reale lui si incamminò per i vicoli stretti e raggiunse in poco tempo il ponte che collegava il maestoso palazzo con il borgo. La sua bocca fece la forma di una “o” quando vide quanto era bella la dimora dei re e per un momento invidiò da morire quel ragazzino che dicevano si chiamasse principino Harold. Poi però ci pensò… lui stava benissimo così, non aveva bisogno di ricchezza, gli bastava il suo libro preferito. Guardando verso l’alto vide che le gabbie contenente i preti puniti dalla giustizia erano state calate e un ragazzo stava dando un pezzo di pane morbido a un uomo vecchio, scavato, le lacrime a solcargli le guance cadaveriche. Si avvicinò curioso e affiancò il ragazzo guardando come imboccava gli ammanettati con pazienza.
“Perché li aiuti?” chiese dopo un po’. Il ragazzo si girò verso di lui rivelandogli due occhioni verdi e un sorriso contornato da due fossette tenere ai lati della bocca.
“Mi piace farlo. Insomma avranno anche sbagliato, ma nessuno di loro si merita di morire. Tutti meritano una seconda possibilità, sennò non si impara mai.” Finì di cibare il prete che lo ringraziava benedicendolo, poi si voltò nuovamente verso il castano che lo guardava. “Comunque piacere, io mi chiamo Harold, ma mia sorella Ginevra mi chiama sempre Harry quindi se vuoi puoi farlo anche tu.” Sorrise radioso. Louis spalancò gli occhi per la sorpresa e si affrettò ad inchinarsi ai piedi di sua maestà il principino Harold. Che stupido! Avrebbe dovuto riconoscerlo, nessuno poteva parlare con gli imprigionati, e poi il suo vestito era in tinta unita!
“Hugh, no. Su, per favore alzati.” Louis obbedì avvampando. “Odio quando la gente si inchina ai miei piedi. Preferisco avere un rapporto normale con le persone. Detesto la gente che si rivolge a me con devozione e sottomissione.
“Oh, scusi.”
“Scusa.” Lo corresse sorridendo. “Tu come ti chiami?”
“Louis ma mia mamma mi chiamava Lou, anche se non so quanto ti possa interessare.”
“Bene, Lou. Quanti anni hai?” chiese cercando di farlo sentire a suo agio.
“19… tu?”
“16. Ehi, ti va di entrare dentro?” indicò con il capo il palazzo.
“Oh, io non so se è il caso..” disse impacciato.
“Avanti, non fare complimenti.” Louis annuì e lasciò che Harry lo prendesse per mano –lì dove ancora bruciavano le cicatrici delle bacchettate di due sere prima –e lo portasse all’interno caldo del castello.
“Ci sono un po’ di scale strette.” Sorrise il riccio portandolo al centro di un salone con tutti i tavoli disposti a zoccolo di cavallo.

 Sopra e accanto il principe Harold “Harry”.
“Padre...” mormorò Harry inchinandosi davanti ad una porta oltre la quale Louis non riusciva a vedere.
“Harold, ora non ho tempo. Va’ da tua madre… o ti faccio chiudere infondo al pozzo.”
“Certo padre. Sono desolato.” Fece un altro inchino prima di chiudersi la porta alle spalle.
“Scusami, Louis. Mio padre è un po’ impegnato, magari te lo faccio conoscere un altro giorno.”
“Come vuoi.”  Sorrise e lo portò davanti ad una porta di legno grande e ben lavorata. Bussò e aspetto un “Avanti.” Femminile che lo fece sorridere. Aprì e corse fino ai piedi di un grande letto a baldacchino dove una bellissima donna lo attendeva con le braccia aperte, quella che doveva essere la regina Anne gli mise una mano sulla schiena e lasciò un bacio morbido sulla sua fronte.
“Ciao, amore mio.”
 Harry chiuse gli occhi a quel contatto, i baci di sua madre erano imperdibili, erano baci dolci e protettivi.
“Madre..”
“Mamma.” La corresse quella. Il riccio sorrise e mise la mano su quella della donna che lo aveva messo al mondo.
“Mamma. Lui è un mio nuovo amico. L’ho conosciuto qui fuori.” Lo sguardo tenero di Anne andò a finire sul ragazzetto troppo magro all’angolo della stanza con il viso rosso puntato verso il basso.
“Oh, non essere timido tesoro. Vieni qui..” sorrise benevola. Louis si avvicinò e si inchinò.
“Eh, no! Se Harold ha lasciato che ti inchinassi così a lui lo uccido.” Louis rabbrividì credendo di aver sbagliato. “Puoi anche abbracciarmi se vuoi, io non sono rigida come mio marito.” Il liscio alzò lo sguardo sorpreso e ricevette una carezza delicata sul capo come non ne riceveva da più di dieci anni. Harry tornò al suo fianco mettendogli una mano sul polso, quasi a infondergli coraggio.
“Allora, come ti chiami?”
“Louis.”
“Di dinastia?”
“Uhm... io non so molto su mio padre.. ehm, solo che è stato ucciso e che mia madre è stata portata via.” Fece un sorrisetto triste.
“Oh, non devi sentirti obbligato a parlare della tua famiglia se non ti va.” Gli accarezzò il braccio. “Beh, figliolo, non puoi fargli vedere tutto il castello ma potresti portarlo nella scuderia, nell’armeria o in biblioteca.” Il più piccolo annuì baciando la guancia a sua madre e sparendo con il suo nuovo amico fuori dalla porta.
                                         ***
“Ti piacciono le armi?” chiese Harry qualche minuto dopo mentre camminavano nei corridoi freddi di Palazzo.
“In realtà no. Preferisco i libri.”
“Davvero?” Harry si voltò con gli occhi che brillavano rivolgendogli un sorriso tutto fossette.
“Sì, anche se non ho letto molti libri leggo tutto. Le preghiere, le condanne dei carcerati e gli annunci del pane alla bacheca del paese.”
“Io invece leggo libri, tantissimi. Vieni, ti porto in biblioteca.”
Louis non aveva mai visto niente del genere, c’erano libri ovunque, tutte e quattro le pareti erano inondate di tomi.
“Oddio, ma… ma è bellissimo!” esclamò sorpreso.
“Già, passo la maggior parte del mio tempo qui. Ma tu dove hai imparato a leggere?”
“Mia madre me lo ha insegnato prima che il prete della chiesa vicino casa la portasse via.”
“Oh.. Beh, ti va di leggere qualcosa?”
“Sì, per piacere.”
“Cosa vuoi vedere? Ce ne sono di tutti i tipi: storici, d’amore, immaginari...”
“Uhm.. qual è il tuo preferito?”
“Questo.” Harry gli porse un tomo piuttosto consunto, sulla copertina di cuoio rosso c’era scritto: Eresia e delitto.
“Sembra bello.”
“Lo è. Questa è la mia copia ma...” si allungò su una sedia per prenderne uno un po’ meno rovinato con la copertina gialla. “questo puoi prenderlo tu. È lo stesso cambia la rilegatura, ma il contenuto è lo stesso.”
“N-No, io non posso accettarlo, sul serio.”
“Perché no? Cosa c’è di male?”
“No, scusami Harry. Ma non posso. Se io ritornassi all’orfanotrofio con quello mi ritroverei con la schiena piena di segnacci.”
“Oh… beh, allora posso tenerlo qui, così quando ti va vieni e leggi.”
“Sei gentilissimo ma..”
“No, niente ma è un ordine. Non mi piace dirlo alla gente ma voglio regalartelo.”
“Grazie.” Sorrise impacciato. Non aveva mai ringraziato nessuno, solo sua madre quando ancora c’era. Beh, lei la ringraziava per tutto. Una sera arrivò a sussurrare grazie per esistere mamma. Non mi lasciare. Lei aveva sorriso intenerita e gli aveva baciato la fronte. “Non ti lascerò mai Lou, buonanotte Boo Bear.” E poi –boom –e sua madre se n’era andata, non per sua scelta, ovvio. Ma comunque se l’aveva lasciato e Louis aveva pianto tutte le sere per 234 sere prima di rassegnarsi al fatto che la sua mamma non sarebbe tornata.
25 ottobre 1398
E così fu... l’amore che li univa non si spezzò. Anzi vissero insieme in quella casetta di campagna amandosi e sperando in niente che non fosse il bene dell’altro.” La voce candida di Anne riempiva la stanza mentre Harry e Louis, da bravi bambini, ascoltavano portando il segno, seduti uno alla destra e l’altro alla sinistra della regina.
“Che bello.” Commentarono i due ragazzi all’unisono. Si guardarono e scoppiarono a ridere.
“Ragazzi perché non ci provate anche da soli? Forza prendete il secondo volume per ordine di grandezza che c’è davanti ai vostri posti e leggete un po’.” Ubbidirono e si sedettero uno difronte all’altro, Harry cominciò a leggere ad alta voce e Louis rimase incantato dalle sue labbra rosee e carnose che si muovevano in simbiosi con la lingua e i denti creando una danza infinita che, ne era sicuro, avrebbe per sempre ricordato come la sua danza preferita. Spostò lo sguardo sulle gote rosse, da bambino, sui ricci morbidi che gli coprivano la fronte. Si concentrò poi sul suo collo immacolato e sulle mani un po’ scorticate, ma niente in confronto a quelle di Louis che aveva dovuto fasciarle per le bacchettate ricevute la sera della settimana prima. Tutto sommato Harry era proprio bello, e non se ne accorgeva nemmeno.
Quando Louis cominciò a leggere fu il turno di Harry di bearsi della sua immagine. Le labbra sottili erano meno incolori e più scorticate, visto che il ragazzo passava metà delle sue giornate all’aperto per svolgere dei lavoretti, ma ugualmente perfette. Gli zigomi pronunciati, da statua greca, il naso dritto, le palpebre sottili che nascondevano di tanto in tanto l’azzurro penetrante dei suoi occhi per qualche secondo. Eh sì. Louis era proprio bello, pensò Harry in quel momento.
“Che cosa stupida.” Commentò il più grande alzando lo sguardo dal libro. “Se due persone sono innamorate non credo che valga il fatto di essere promessi a qualcun altro o sbaglio?” spiegò le sue perplessità, fissando il suo sguardo in quello del riccio difronte a sé.
Lui si era accorto delle occhiate persistenti del minore quando stava leggendo e non poteva fare a meno di pensare di stuzzicarlo per vedere la sua reazione. Allungò un piede sotto il tavolo per poi raggiungere la caviglia di Harry e strofinarla con la pianta.
Il cuore di Harry perse un battito prima di correre più veloce che mai, il suo respirò accelerò, le sue pupille si dilatarono, le sue mani cominciarono a tremare. Quando gli sfregamenti di Louis divennero più frequenti Harry balzò in piedi e ancora con le guance imporporate e le mani tremanti si voltò e se ne andò mormorando un flebile scusate. Tutto questo non era sfuggito ad Anne che conosceva suo figlio meglio di sé stessa e poteva assicurare che Louis avesse portato il suo pargolo a godere della luce dell’infatuazione.
“Louis.”
“Senta, lo so che adesso si arrabbierà ma Harry è molto bello e.. se per caso se lo stesse chiedendo, sì, sono omosessuale. E sempre se per caso se lo stesse chiedendo, sì, mi sono accorto che anche Harry lo è.” Ridacchiò nervosamente. “E adesso ho una paura matta che lei mi farà giustiziare, ma dovevo sfogarmi. Non parlo di me a nessuno da quando mia madre... è andata via.”
“Non ti farò giustiziare. Perché con un figlio come il mio sarebbe controproducente e totalmente inutile. Devi però promettermi che non farai mai cenno con Harold della punizione che spetta agli omosessuali che vengono scoperti dalla legge. Vedi è molto sensibile e si impressionerebbe, non a caso le torture agli eretici vengono fatte sempre quando lui non c’è sotto mio ordine. Ti chiedo solo questo.”
“Certo, non si preoccupi.”
“Non ti preoccupare.” Lo corresse. Hm, ma era un vizio di famiglia, allora!
 
29 ottobre 1398
“Tu ci credi nel paradiso?” chiese improvvisamente Harry. Si erano visti in camera sua quel pomeriggio, ma non avevano proferito parola. Il più piccolo era imbarazzatissimo nel parlare con Louis, quando questo lo sfiorava il suo cuore correva a mille all’ora e rischiava di rovesciare tutto quello che aveva in mano. Ora erano stesi sul letto a pancia in su e fissavano il “tetto” del letto a baldacchino un po’ consumato. Harry era stato a messa la sera prima e aveva tremato come una foglia quando aveva sentito il parroco di palazzo che urlava qualcosa tipo: temete, o voi che amate i vostri simili, l’inferno con le sue fiamme vi avvolgerà e inghiottirà. Il paradiso non è un posto per voi.
“Non lo so.” Rispose Louis dopo un momento che sembrò interminabile. Il riccio aggrottò le sopracciglia e si sollevò sui gomiti per poterlo guardare meglio.
“Come non lo sai?”
“Non lo so. È che penso che se Dio è tanto misericordioso non lascerebbe che le persone vadano all’inferno. Quindi se non manda nessuno all’inferno non c’è distinzione fra inferno e paradiso.”
Pausa di silenzio.
“Sì, ma Dio è anche giusto.”
“A maggior ragione. Lo pensi anche tu… che tutti si meritino una seconda possibilità.”
“Uff. Sono così confuso.” Sospirò Harry mettendosi nuovamente steso.
Pausa lunga di silenzio.
“Mio padre vuole che sposi la contessina di Fair.”
“E tu?”
“Io non voglio. È una viziatella, ochetta… e per di più dice che vorrebbe baciarmi. Ma te la immagini? Tutto il giorno con la bocca di quella sulla mia. Pft.”
Harry si sentiva così a disagio. Tentava di parlare ma Louis non sembrava voler collaborare. Quasi gli veniva da piangere se pensava che non volesse più essere suo amico. Riproviamo, si disse, se va male ne parleremo.
“Ehi… ti va di farmi vedere un po’ il borgo? Io non ci sono mai stato.” Louis si voltò per fissare quegli occhi che aveva evitato tutto il pomeriggio e ci si perse per un momento. Harry aveva senz’altro gli occhi più belli del mondo. All’esterno erano verde scuro, verso l’interno prendevano una sfumatura più chiara prima del verde selva e del giallo.
“Uhm.. Non so se ti piacerebbe.. Insomma, lì la gente urla e puzza. Un po’ come me, solo che io ho provato a lavarmi loro nemmeno ci pensano.” Abbozzò un sorriso. Il riccio allargò il suo e allungò una mano per stringere quella di Louis.
“Allora mi ci porti?”
“Come vuole sua maestà” scherzò sorridendogli nuovamente.


“Oddio, ma questa gente…”
“Sì, muore di fame.” Commentò sconsolato Louis. Si trovavano in una strada stretta piena di madri che cullavano i propri figli che piangevano di fame.
“Ma perché? Insomma… non mi sembra di aver mai sentito nulla riguardo alla loro situazione.”
“A corte queste cose vengono messe a tacere, per il bene del paese.” Harry abbassò lo sguardo, triste.
“Andiamo, Harry. Hai chiesto tu di vedere il borgo.”
“Sì ma.. io mi aspettavo qualcosa di più felice.”
“Cosa? Ti aspettavi che la gente ballasse e cantasse in mezzo alla strada come uno di quegli spettacoli che il giullare di corte allestisce per te?” la voce di Louis uscì involontariamente fredda.
“S-Scusa.” Balbettò il minore mortificato.
“Oh, scusami tu. Non so cosa mi sia preso, è che.. Scusa, mi spiace.”
“Non fa niente... alla fine sono io quello che si immaginava tutto rose e fiori. Come nelle favole.”
“Se.. mi piacerebbe essere come nelle favole, dove la gente si può permettere di mangiare anche se non ha nemmeno uno straccio.”
“Louis, posso farti una domanda?”
“Sì, certo.”
“Da quanto è che non mangi?” a quella frase si bloccò in mezzo alla strada come paralizzato con gli occhi fissi nel vuoto e il cervello ghiacciato.
“Lou?” Harry deglutì.
“Ehm... io, uhm, e.. Tre giorni.” Disse insicuro.
“Sul serio?” Quello annuì abbassando lo sguardo e vergognandosi.
“E non hai fame?”
“Io.. in effetti sì.”
“Perché non lo dici a qualcuno?”
“Perché se anche lo facessi non potrei chiedere del cibo a nessuno né tanto meno a madre Genoveffa. Mi riempirebbe di schiaffi.” Rimasero per un po’ in silenzio, poi Harry si fece coraggio e afferrò la mano di Louis, fredda, ghiacciata e gli fece segno di camminare verso il castello. In risposta lui accarezzò dolcemente il dorso della mano reale prima di lasciarla e guidarlo per le strade.
2 novembre 1398
“Mio Dio, quanto piove! Chissà Louis dove sarà.” Mormorò appoggiando la fronte alla finestra. La vista però gli fu oscurata da due mani screpolate che lo fecero sorridere.
“Qui.” Gli sussurrò il ragazzo all’orecchio.
“Pensavo ti fossi per..” cominciò a dire Harry col sorriso sulle labbra, che svanì appena vide le condizioni in cui era ridotto il suo amico. Il viso era molto più scavato, le gote evidenziate dal viola di un livido; le labbra di solito rosa erano viola anch’esse con una gocciolina di sangue che scorreva dal labbro inferiore fino al mento. Le mani erano fasciate con un panno stracciato ed erano macchiate di sangue sui palmi.
“C- Cos’hai?” chiese Harry con tanto d’occhi.
“Queste intendi?” alzò le mani fasciate. “Sono la mia punizione per essere andato via dall’orfanotrofio.” Fece un sorriso ribelle.
“Posso?” chiese il riccio senza osare sfiorare le mani dell’altro.
“Fa’ come credi.. Ormai.” Harry si morse le labbra e con cautela prese tra le sue le mani affusolate di Louis. Si assicurò di non fargli male mentre gli sfilava la bende e osservava sconvolto i suoi palmi martoriati.
“C-Come te li sei f-fatti?” chiese senza staccare gli occhi dalle sue mani. In realtà non aveva il coraggio di chiedere chi te li ha fatti e perché? In quel momento gli balenarono in mente milioni di domande come per esempio:
Ti fa male?
Perché non stai attento?
Vuoi che ti medichi?
Vorresti che ti baciassi le cicatrici?
Ti piacciono le donne o gli uomini?
Entrambi?
Ti mancherei se non potessimo più vederci?
Dove vivi?
Hai freddo?
Hai un letto?
Come ti sei fatto quel livido?
E perché sei sempre più magro?

“Te l’ho detto.”
“Voglio sapere come.” Harry si avvicinò di un passo prima di spingerlo a sedere sul morbido letto di piume d’oca.
“Mi.. ehm, hanno frustato le mani.” Abbozzò un sorriso. Il riccio immaginò la scena e poi vide un Louis spavaldo che continuava ad infrangere le regole pur sapendo che sarebbe stato peggio.
“E’ per colpa mia?”
“Colpa tua? No. Mia caso mai.” Sorrise.
“Non fare l’idiota. È perché vieni da me? Perché ti dico di venire qui?”
“Harry smettila.”
“No, rispondimi. È per colpa mia?”
“No.”
“E allora perché?”
“Perché non mi piace stare lì.”
“Ma le tue mani…”
“Le mie mani stanno benissimo. Comunque se non le vuoi sulla coscienza me ne vado.” Si alzò e spostò Harry di lato per poi sorpassarlo e raggiungere la porta. Sentì una mano morbida, insicura, che gli stringeva delicatamente il polso, si girò verso il suo amico che gli disse: “Rimani.” Louis non proferì parola, lasciò solo che il ragazzo lo portasse sul letto e gli facesse voltare i palmi verso l’alto. Con calma e pazienza si armò di alcool e garza e cominciò a ripulire le ferite. Si mordeva le labbra quando sfiorava un punto delicato e si scusava subito quando vedeva Louis sussultare; le sue mani erano calde, quasi una casa per lui che non ce l’aveva più da quando aveva sei anni; i suoi ricci così magnificamente morbidi alla vista.
“Finito. Spero di non averti fatto troppo male.” Sorrise timido il principe appena avvolta l’ultima fascetta intorno alla mano del maggiore.
“No, affatto.” Si stese sulla coperta pesante che rivestiva il letto.
“E questi?” chiese Harry aggrottando le sopracciglia ed indicando i segni rossi sul dorso delle sue braccia.
“Oh.. sono del mese scorso. Con il ferro. Stesso identico motivo.”
“Perché lo fai se dopo ti fanno sempre male?”
“Perché preferisco farmi del male che stare alle regole di quella pazza sclerotica.”
“Tanto male non dev’essere.”
“Tu non la conosci.” Scosse la testa. Harry intanto passava le dita morbide sui tagli, lo guardò per un secondo negli occhi prima di sedersi più vicino a lui e portare il suo braccio alle labbra. Gli occhi di Louis divennero un po’ più grandi per la sorpresa, intanto Harry assaporava il profumo e il sapore della sua pelle. Gli sembrava la cosa più buona del mondo. Cosparse tutte e due le braccia di piccoli baci teneri. Non era una cosa esattamente normale fare questo ad un ragazzo, ma non aveva resistito.
“Harry…” disse quando quest’ultimo finì.
“Sì?”
“Grazie.” Harry sorrise di più e si sentì... felice, appagato.


 
5 novembre 1398
“Ma ciao, principino Harry.” Lo prese in giro Louis.
“E smettila!” quello scoppiò a ridere.
“Oddio, sei vestito in modo ridicolo!” era vero. Harry si era messo un vestito di velluto verde smeraldo, che faceva un enorme contrasto con la blusa stracciata e rattoppata di Louis, i suoi mocassini blu erano oro colato comparati agli scarponcini con un buco sulla punta di Louis.
“Non è colpa mia! È che fa freddo!”
“Già..” commentò Louis improvvisamente serio. In quel momento realizzò di aver detto una cosa così stupida! Lui si lamentava del freddo, ma cosa avrebbe dovuto dire il povero Lou che aveva il ghiaccio al posto delle mani e nemmeno uno straccio per coprirsi?
“Vuoi venire dentro?” chiese gentile porgendogli una mano.
“Magari..” sorrise. Nel parlare gli era uscita una nuvoletta di vapore dalla bocca. Brr.
“Mettiti sul letto, io intanto prendo una cosa.” Disse Harry scavando nei vestiti puliti del suo guardaroba.
“Eccola.” Mormorò quando, vittorioso, estrasse una mantella di lana di montone. Si voltò e camminò verso il letto dove Louis lo aspettava a gambe incrociate e denti che battevano; si abbassò e gli poggiò la mantella sulle spalle.
“Va meglio?”
“Molto, grazie.”
“Di niente, ti va qualcosa da mangiare?”
“No, no. Ieri sera quando mi hai fatto mangiare quella fettina di pollo mi sono saziato. A proposito, grazie ancora. Avevo una fame tremenda.”
“E ci credo, non mangiavi da quasi 9 giorni.” Louis sorrise e si accoccolò meglio nel soprabito caldo.
“Avevi freddo ma non lo dici mai.”
“Non sono abituato a farlo.” Abbozzò un sorriso.
“Hai un bel sorriso.” Rifletté ad alta voce Harry. Il maggiore abbassò lo sguardo imbarazzato e mormorò qualcosa di incomprensibile.
“Sai, da piccolo mi piaceva giocare mezzo spogliato nella neve.” Ridacchiò Harry. “Poi però mia sorella arrivava e mi sgridava dicendo Harry, se non ti metti subito il mantello ti giuro che stasera non vengo in camera tua! Mi accorsi solo qualche anno dopo che teneva le dita incrociate dietro la schiena, perciò anche se disobbedivo lei mi veniva a dare ugualmente la buonanotte.”
“E tu ci tenevi? A questa cosa della buonanotte?”
“Tantissimo. In realtà..” avvampò “Ci tengo anche ora.” Borbottò imbarazzato.
“Vuoi dire che tua sorella viene a darti la buonanotte?”
“Sì, solo che non è che si fa mezzo castello solo per venirmi a dare la buonanotte e quindi resta un po’ e parliamo.”
“Di cosa?” chiese Lou interessato.
“Di tutto.” Disse scrollando le spalle.
“Quindi le hai parlato anche di me.” dedusse.
“Sì.. le ho parlato molto di te.”
Fuori dalla camera Ginevra stava ascoltando tutto intenerita. Suo fratello era un pacioccone, a volte sembrava un bimbo piccolo per come si comportava. Gli aveva parlato fino allo sfinimento di quel Louis e quando aveva visto come batteva i denti aveva deciso di preparargli un tè caldo.
Bussò alla porta rendendosi più presentabile per l’ospite.
“Un minuto Rosaline!” esclamò Harry, credeva che fosse la cameriera, decise di assecondarlo e si diede l’aria da civettuola che aveva la domestica.
“Entra.” Lo fece.
“Oh, Buongiorno principino Harold.” Disse con la voce vezzosa. “Uh, vedo che ha messo il vestito verde, le sta un a –mo’- re.” Si complimentò marcando la erre francese. Harry si girò verso di lei e scoppiò in una fragorosa risata.
“Oh Numi, ma la fai uguale!” rise ancora.
“Uguale a cosa, principe? Uguale a quella prostituta della principessa Ginevra?” rise ancora più forte. Louis non capiva cosa diamine ci fosse di divertente, insomma, stava insultando sua sorella. Se fosse stato lui al posto suo l’avrebbe già uccisa.
“Gin, sei magnifica.” La ragazza, che aveva intanto posato il vassoio sul comodino, lasciò che il principe le avvolgesse una mano intorno alla vita e la abbracciasse da seduto, poggiando la testa sul suo petto e lasciando un bacio sul seno sinistro.
“Harry.. non si fa. Non è da bravi principini.” Gli accarezzò la testa riccioluta.  
“Scusate...?” chiese stranito Louis.
“Gin, lui è...”
“Il famoso Louis?”
“Sì, è lui. E Lou, lei è mia sorella Ginevra.”
“Sono onoratissimo di conoscerla sua maestà.” Fece per inchinarsi, ma lei lo bloccò.
“L’unico membro della famiglia a cui devi inchinarti è nostro padre, poi puoi anche darmi un bacio sulla guancia.”
“Okay..”
“Louis, ho visto che avevi freddo prima e ho pensato che ti andasse un po’ di tè caldo. Tieni.” Gli porse una tazza di coccio riccamente decorato con lo stemma della famiglia reale.
“Grazie mille, davvero.”
“E di che? Ok, io vi lasciò soli, ciao-ciao.” Disse uscendo.
“E’ così carina tua sorella.” Louis sorrise.
Già.. tutti pensavano che lei fosse carina. Non che non lo fosse è che Harry si era accorto che.. beh, sì, Louis gli piaceva e non solo come amico. Lui gli piaceva come a Ginevra piaceva Zayn. Gli piaceva tutto di lui, perfino le cicatrici delle bacchettate sui suoi palmi. Ma probabilmente a lui non piacevano i maschi. Insomma, non era normale. Ecco appunto, Harry non era normale, ad Harry piacevano i maschi, ed era sbagliato. A Louis piacevano le ragazze come è giusto che sia, e per questo motivo Harry si sforzò di sorridere e comportarsi normalmente mentre dentro stava morendo.
“Beh, è tardi, stasera forse riesco a cavarmela con i lavori di casa per tre giorni.” Sorrise Louis. “Ci vediamo?”
“Sabato?”
“Fra una settimana? Così tanto?”
“Sì, sono impegnato. Scusa.” Disse abbastanza freddo.
“Oh… ok. Ci vediamo sabato allora. Tieni.” Si tolse il mantello e lo posò in grembo al suo amico, strano da quando sua sorella se n’era andata.
“Ciao.”
“N-Non mi accompagni?”
“Preferirei di no.”
“Oh, ok. Ciao.” Si alzò un po’ scosso e si avvicinò alla porta. Nessun Harry che lo abbracciava a lungo, nessun sorriso dispiaciuto che se ne stesse andando, niente fossette tenere ad ornargli le guance, niente mi mancherai, niente ciao Lou, niente cerca di non prendere troppi schiaffi. Niente. Uscì convinto di aver sbagliato qualcosa. Cercò nelle loro conversazioni qualcosa che avesse potuto farlo arrabbiare, ma nulla. Tornò a casa pensando a nient’altro che non fossero quegli enormi occhi verdi che gli sorridevano radiosi.
Cara mamma,
so che non dovrei scriverti e poi bruciare il foglio sperando che gli angeli ti portino il mio messaggio ma non ce la faccio.
Credo di essere innamorato. Sì, non è una cosa magnifica? Eppure ho voglia di piangere. Sono innamorato di un ragazzo. So perfettamente che non è quello che ti aspettavi da me, ma non posso cambiare la mia natura. Si chiama Harry, sì, il principe Harold. E’ stupendo e gli piacciono i ragazzi come a me, cioè non me lo ha detto ma si vede, e poi sua mamma me lo ha confermato. Era tutto magnifico finché oggi non si è comportato in modo freddo, non so.. era stranissimo. Dio mamma, aiuto. Mi hai detto che l’amore è bellissimo, ma io ho una paura tremenda di essere giustiziato; e poi ho paura che Harry adesso mi odi anche se non so perché, il che è anche peggio se possibile. Ti prego mamma, patirei tutte le pene dell’inferno per poter vivere felice con Harry come vivevate tu e papà prima che lui morisse. Mi mancate. A volte mi chiedo dove siate tu e Charlotte, e anche Felicity, e anche le nuove arrivate Daisy e Phoebe che io non conosco ma di cui mi ha parlato Padre George. Scommetto che sono bellissime. Mamma, perché mi hai lasciato? Non ce la faccio da solo. Ti prego, salvami. Ecco adesso piango anche come quando te n’eri andata. Salvami. Portami con te, lascia che lavori e che mi prenda cura di te, lascia che giochi con Phoebe e Daisy e lascia che canti la buonanotte a tutte e quattro come facevi tu con me. Lascia che sia il tuo ometto ancora per qualche anno. Come sempre ti affido al vento. Ti amo, mamma.
Tuo per sempre Boo.

Con un sospiro Louis si asciugò le lacrime che gli rigavano le guance prima di prendere la sua candela e –con le mani intirizzite dal freddo –bruciare fuori dalla finestra la lettera più importante per sua madre.
12 novembre 1398
“Ciao, Lou!” Harry gli saltò al collo. Era stato uno stupido a trattarlo male, gli era mancato da impazzire e aveva passato tutta la settimana solo ad aspettare che arrivasse quel santissimo momento.
“Ehi.” Sorrise timido.
“Vieni. Devo farti vedere una cosa.” Gli prese una mano e lo condusse all’interno del castello fino alla biblioteca.
“Garda!” aprì una pagina di un volume piccolo e dalla copertina blu. C’era scritto un titolo in grassetto: Louis & Edward.  
“C’è il mio nome.” Osservò Louis perplesso.
“Hm-hm, e anche il mio.” Il maggiore si corrucciò.
“Scusami, ma o non mi hai detto il tuo vero nome o io non ti conosco.”
“Scemo, il mio secondo nome è Edward.”
“Oh, capisco.” Ridacchiò piano prima di dare un buffetto ad Harry sulla guancia.
“Dai, Lou! Un po’ di entusiasmo!”
“Scusami, Harry, è che ieri sera sono andato a letto tardi e ho dovuto lavare il vomito di una bambina.”
“Povero.” Sorrise Harry.
“Hai mai visto un cannone?”
“Sì. E tu?”
“Solo su una locandina. Non dal vivo.”
“Ti va di vederne uno?”
“Hm-hm.”
“Wow, ma è enorme.” Mormorò Louis accarezzando la pietra del cannone.
“Già. Dentro ci sono delle palle così grosse.” E con le mani imitò le dimensioni di un gatto. Louis ridacchiò per l’espressione esterrefatta che Harry aveva assunto.
“Che hai da ridere?”
“Nulla, scusa.” Si avvicinò e, mettendosi sulle punte, lasciò  un piccolo bacio sulla guancia morbida del riccio. A quel contatto il suo cuore prese ad accelerare e il suo stomaco fece le capriole. Il sorriso che gli rivolse il suo amico lo fece arrossire violentemente, era questo che si provava –si chiese –quando si era innamorati? Il verde quasi grigio dei suoi occhi in quel momento incontrò il celeste di quelli di Louis, e in quel momento lo capì. Capì che era quello ciò che si provava ad essere innamorati. Aveva una voglia straziante di baciarlo, ma non poteva, e poi a Louis molto probabilmente piacevano le femmine e l’avrebbe perso anche come amico se lo avesse fatto.
“Ehi, bell’addormentato, a cosa pensi?”
“Ai tuoi occhi.” Rispose sorridendo. Beh.. era una mezza verità. Stava –in un certo senso –pensando agli occhi di Louis.
“E cosa pensavi precisamente dei miei occhi?” lo provocò.
“Pensavo che sono bellissimi.”
“Aw, Harold, così mi fai arrossire!” scherzò. Ma scherzando, scherzando Louis era arrossito sul serio e aveva pensato che alla fine, forse, il fatto che lui piacesse ad Harry non era poi tanto impossibile.
“Guardiamo il tramonto dalla torretta ovest?” chiese esaltato come lo era lui quando suo padre tornava da lavoro con un fagotto di pane.
“Sei buffissimo!” ridacchiò Louis strizzandogli la guancia. Harry arrossì violentemente, ma cosa gli prendeva? Sentì il cuore andare a mille all’ora e l’impulso di baciare ogni parte del viso del suo –ormai –migliore amico.
Ora, seduti sul parapetto discutevano su questioni che Louis amava definire deprimenti.
“Pensi che il suicidio sia una cosa intelligente? Mi chiedono. A volte mi viene da dire sì. Insomma, solo perché sono il principe dello Yorkshire non significa che io sia felice.” Louis voltò piano lo sguardo sui lineamenti fini del ragazzo che amava. Le mani incrociate appoggiate sulle gambe penzoloni, gli occhi verdi abbastanza lucidi da riflettere l’arancione, l’azzurro, il rosa e il giallo del tramonto, i ricci scomposti dal vento, le spalle curve, la lingua rossa che accarezzava il labbro inferiore.
“E’ normale sai? Tutti, almeno una volta, in situazioni difficili abbiamo pensato al suicidio.” Anche Harry si girò a guardare Louis e quasi gli veniva da piangere se pensava che il suo motivo di suicidio era proprio il fatto di amarlo.
“E tu? Hai mai pensato al suicidio una volta?”
“Una? Migliaia.” Sorrise triste.
“Se non sono troppo indiscreto.. perché?”
“Perché.. beh, un po’ anche perché mi sentivo solo, senza amici, senza famiglia.” Non era tutta la verità ed Harry lo sapeva, ma preferiva non infierire. L’animo di Louis gli sembrava già troppo tormentato senza che dovesse anche disturbarsi ad aprirsi con lui.
“Mi spiace.. per la tua infanzia, intendo.” Mormorò dopo qualche minuto.
“Anche a me. Tanto.”
Silenzio. C’era solo il cinguettare di fine giornata degli uccellini a riempire le orecchie del principe e a rassicurarlo del fatto che sebbene fosse lì con un angelo non significava che fosse morto.
“Stasera Ginevra e le sue amiche danno un piccolo concertino a palazzo. Ti va di rimanere? Gin ha detto che voleva che ci fossi anche tu.”
“Io..”
“Dopo rimarresti anche qui a cena e dormiresti qui. Per una volta mangerai talmente tanto da credere di star scoppiando.” Sorrise timido Harry. Louis ringraziò con una risata.
 
“No! Non esiste Rosaline! Non indosserò quel.. coso!
“Ma.. principino Harold! È l’ultima moda italiana, non può rifiutarla!”
“Sì che posso! Con quello addosso sembrerò un pagliaccio!”
“Principe, questo vestito è stato fatto a mano dal miglior sarto italiano ed è costato un sacco d’oro.”
“Non mi importa, lo metterà un ragazzo meno fortunato di me.” a quelle parole Rosaline sembrò scandalizzata, non era usanza a quel tempo regalare i vestiti dei reali ai poveri.
“E poi oggi viene anche Lou e non ho intenzione di sembrare uno stupido ragazzino viziato.”
“Come vuole sua maestà.” Sorrise sussiegosa.
“Ehm... dov’è a proposito?”
“Chi? La principessa Ginevra?”
“No, Louis, il mio amico.”
“Oh, è nello spogliatoio. Lo stanno lavando ed aggiustando i capelli troppo lunghi!” disse con un certo disgusto.
“Lou non sarà molto pulito ma è mille volte meglio di altre persone.” Disse nascondendo un sorriso fiero.
“Ma certo!” si scusò con lo sguardo.
Oh, amore, sarai bellissimo stasera e tutte le amiche di Gin ti correranno dietro e diranno che sei un Dio greco e io potrò   dire che sei il mio migliore amico, anche se mi piacerebbe    dire che sei il mio fidanzato.
“Oh, Cristo! Puzzo di camomilla!” si lamentò un ragazzo entrando in camera da letto e tossendo. Se non avesse parlato Harry avrebbe stentato a riconoscerlo, i capelli erano tirati all’insù in un ciuffo ribelle e il velo di barba che gli era cresciuta rivestiva perfettamente la mascella spigolosa. Era perfetto.

Gli occhi azzurri e penetranti di Louis cercarono quelli di Harry che sorrideva imbambolato al centro della stanza.
“Harry! È vero o no che puzzo di camomilla?!” chiese avvicinandosi e sbattendo il braccio davanti al naso dell’amico.
“No, non puzzi di camomilla. Odori di camomilla.”
“Ma.. è disgustoso! Cioè potrei svenire con tutta questo profumo addosso.”
“Dai, per una sera non fa niente. Allora, vuoi essere il mio cavaliere?”
“Con vero piacere.” Gli porse scherzosamente il braccio che Harry accolse con un inchino e si diressero fino alla porta così prima di scoppiare a ridere come due cretini.
“Uh! Posso morire!” Harry diede un pugno alla porta di legno per le risate. Intanto il cuore di Louis si era fermato, non credeva che ci fosse un suono migliore di quello della voce roca di Harry, ma evidentemente non aveva ancora valutato la risata di quel ragazzo.
“Oh Santo Principe di Pippo!” sentirono i due ragazzi. “Ma chi abbiamo qui?” Ginevra si avvicinò a loro e Louis si sentì avvampare per lo sguardo di Harry puntato sul suo profilo.
“Primo, siete bellissimi. Secondo, dov’è Louis?” chiese ironicamente.
“Eccolo.” Sentì due braccia forti circondargli la vita da dietro e un mento sulla sua spalla. “E’ solo un po’ più bello.” Ecco, Louis credette di essere morto, il suo cuore batteva velocissimo, tanto che pensò che Harry potesse sentirlo, e poi.. non era legale che lo abbracciasse così e dicesse quelle cose, no? Insomma quello si chiamava omicidio! Ginevra sorrise addolcita e si chinò per baciare la guancia ad entrambi.
“Siete bellissimi. Tutti e due.” Sorrise riconoscente e abbassò lo sguardo sulle mani del principe che si congiungevano sulla sua pancia.
“E tu, Gin? Non sei bellissima. No. Sei perfetta.” Si complimentò Harry.
“E tu sei esagerato, sciocchino.”
 
Okay, doveva ammettere che quando era arrivato aveva pensato che sarebbe stata una giornata di lirica noiosa, invece dopo la parte pallosa Ginevra e le sue amiche avevano cantato un pezzo che Harry definiva country.
“Mi piace.” Commentò mentre Ginevra cantava in un assolo.
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese ad Harry accanto a lui che guardava sua sorella come incantato.
 

“Nah.. tu vuoi un po’ di vino?”
“Vino?”
“Beh, ci sarebbe anche del whisky se lo preferisci.”
“Mai assaggiato.” Disse senza sapere neanche cosa diamine fosse quel Willy.. WISSY… WIMMY o come cavolo si chiamava.
“Vieni.” Harry gli porse un bicchiere pieno di un liquido chiaro che sembrava acqua, Louis bevve tutto d’un fiato e sentì la gola bruciare, la testa girare.
“Wow, è… stupefacente.” Mormorò. “Provalo.” Gli ficcò in mano un altro di quei bicchieri e anche Harry se lo scolò in un attimo. Paradiso. Vedeva due Louis davanti a lui, di bene in meglio. Probabilmente, se non avesse bevuto quel bicchiere di Whisky non avrebbe avuto il coraggio di fare nulla di quello che stava per fare. Non avrebbe preso Louis per mano, non l’avrebbe mai portato in camera sua, non avrebbe mai chiuso la porta a chiave e chiuso le tende, non avrebbe mai preso le mani del ragazzo che amava, non avrebbe mai sussurrato un dolce “Lou.. io.. ti amo.”, non avrebbe avuto il coraggio di poggiare le labbra sulle sue e non avrebbe mai avuto il coraggio di non staccarsi subito chiedergli scusa. Ma comunque era abbastanza lucido da capire che quello che Louis stava facendo era ricambiare il bacio con uno ancora più intenso.
“Oddio, cosa sto..” Harry si prese la testa fra le mani e deglutì.
“Harry?”
“Scusa, scusa, scusa, scusa, scusa, scusa, scusa, scusa, scusa. Dimenticalo, fa’ ciò che vuoi, ma non andartene.” Scivolò sulle ginocchia “Sei il mio unico amico.. l’unica persona che io..” non fece in tempo a finire che un dito di Louis era sulle sue labbra e i suoi occhi lo fissavano teneri.
“Stai calmo.. E poi.. ti amo anch’io.” Ammiccò prima di baciarlo ancora.
“Piccolo pestifero.” Lo apostrofò baciandogli il naso “Lo sai cosa succede ai maschietti che baciano gli altri maschietti?””
“Sì. Anche se mamma ha fatto di tutto per impedirmi di saperlo. E non me ne importa, io ti amo.”
“Anche io, principessa.” Sorrise “Beh… detto così sembra una cavolata, una cosa stupida però..” fu il turno di Harry di faro tacere ma scelse un modo molto più bello. In un secondo le sue labbra furono su quelle di Louis in un bacio tutto loro. Era un bacio sporco, fatto di labbra, denti, lingue che si cercavano, si trovavano e lottavano, giocavano. Louis ringhiò giocosamente e si ritrovò con il labbro inferiore bloccato tra i denti di Harry. Ridacchiarono sommessamente prima di baciarsi ancora e ancora.
15 novembre 1398
“Eccolo.” Disse teso Harry, aveva paura che le cose che aveva detto Louis qualche giorno prima fossero solo colpa dell’alcool e che se ne fosse già pentito.
“Ciao, principessa.” Lo prese in giro il ragazzo appena arrivato davanti a lui. Gli piaceva da impazzire quel nomignolo anche se faceva finta di detestarlo, si sporse per baciargli la guancia e a quel tocco Louis spalancò gli occhi e si guardò intorno terrorizzato.
“C’è qualcosa che non va, Lou?”
“Niente, muoviti, entriamo.” Non gli diede nemmeno il tempo di pensare che lo stava trascinando su per le scale fino alla camera da letto che avevano condiviso due sere prima. Quando ebbe chiuso a chiave e assicurato che non ci fosse quella pettegola di Rosaline scoppiò: “Ma sei cretino?!?” Harry sussultò a quell’aumento di voce. “Cavolo ne abbiamo parlato ieri, ma tu no. Non so tu ma io non voglio morire a 19 anni e mi piacerebbe continuare ad amarti.”
“A-Anche io voglio continuare ad amarti.” Biascicò Harry.
“A me non sembra.” Urlò ancora, poi vedendo il viso terrorizzato del suo ormai ragazzo si avvicinò e gli accarezzò la guancia con l’indice. “Non possiamo, ok? Lo dico per te, per me e per noi.. non possiamo fare queste cose all’aperto. Solo qui, in questa stanza. Me lo prometti piccolo Sunshine?”
“Te lo prometto.”
“Brava la mia principessa.” Disse giocosamente e poi lo baciò.
“Ma tu non ti stanchi mai di baciarmi?”
“Mai.” Ridacchiò.
Ginevra dietro la porta stava facendo il ballo della vittoria. Sì! Lo sa-pe-vo. Quei due stanno insieme! Ah-ha! Oddio quanto sono teneri. No, ma dico: “Piccolo Sunshine”? Oh, Santissimo Serbatoio!
Quando capì di star esagerando si ricompose e bussò alla porta.
Il panico intanto attraverso gli occhi di Louis che vedeva già la sua condanna scritta su una pergamena in bella calligrafia.
“Dici che ci hanno sentiti?”
“Stai tranquillo, Lou. Non permetterò a nessuno di farti del male.” Lasciò un piccolo bacio all’angolo della bocca del maggiore prima di aprire la porta.
“Oops. Ho interrotto qualcosa?” chiese Ginevra ridendo piano.
“N-No.”
“Perfetto. No, perché c’è di sotto la mia amica Nicole che voleva conoscere il tipo bellissimo di ieri.” Ammiccò in direzione di Louis.
“Ma gliel’hai detto che sono povero?”
“No.”
“Beh, allora diglielo così si leva dalla testa di vedermi.”
“Guarda che Nicky non è così. Comunque è un'altra cosa se sei già innamorato.”
“Beh.. è che..”
“Louis è già innamorato, Gin. Vero Lou?” Harry, spazientito e geloso, si girò verso Louis in cerca di conferma.
“Ovvio.” Sorrise riconoscente.
“Okay.. vi lascio ai vostri affari da maschi.” Sparì dietro la porta. Che bugiarda nata che era.  Cioè.. Nicole esisteva sul serio ma non era lì quel giorno ed era stato divertente vedere suo fratello geloso marcio del suo ragazzo. Oh, Gesù. Prese a scendere le scale e si ritrovò davanti alle prigionie, il soldato che faceva da guardia sussurrò un..
“Dio, Gin, sei ancora più bella oggi.”
“Zayn, sei un romantico inguaribile.” Si gettò tra le sue braccia e tracciò il profilo delle labbra carnose lasciate -per il momento- scoperte dall’elmo.
“Ho fatto tutto quello che la mia principessa mi chiedeva.” Disse indicando tutti i prigionieri con un pezzo di pane in mano.
“Grazie amore mio. Lo farei anche io, ma ho lezioni di musica tutti i giorni. Il clarinetto non è una cosa che amo e lo sai.”
“Sei brava con le corde tu.”
“Forse, ma mio padre non mi permette di suonare quelle cose.”
“Vuoi smetterla di parlare e baciarmi? Sto aspettando che tu lo faccia da quando sei arrivata.” Ginevra sorrise arrossendo e lo baciò. Zayn la prese in braccio e accarezzo il suo fianco con la mano guantata.
“Ti aspetto stasera che non hai nessun turno in camera mia. Ti amo. Ora vado.” Gli lasciò un ultimo bacio sulle labbra prima di correre via senza smettere di salutare con la mano.


25 novembre 1398. Ore 23:56.
Harry e Louis avevano appena fatto l’amore. Tentavano di riprendere fiato perché non si erano fermati dalle otto di sera.
“Ti ho già detto che ti amo?” chiese per la quinta volta Lou.
“Sì, lo hai già detto.” Ridacchiò il riccio stringendosi di più nel fianco di Louis e appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Bene, perché ti amo da impazzire.” Disse circondando le spalle del suo amante con un braccio. Spostò i ricci sconvolti dalla fronte del suo ragazzo e lasciò un bacio timido dove cominciavano a crescere un paio di brufoli adolescenziali.
“Anche io ti amo, Louis. Ma mi sa che ce lo diciamo troppo spesso.” Rise.
“Mi pare di averti già detto che non mi stancherò mai di dirtelo.”
“Giusto..” pausa “Pensa se ci hanno sentito Gin e Zayn un paio di camera più a sinistra.”
“Oddio, no. Che figura.” Scherzò, in realtà se la stava facendo sotto dalla paura. Insomma lei era la principessa poteva fare tutto di lui. E anche se gli aveva detto che era bellissimo questo non voleva dire che non lo odiasse.
“Zayn e Ginevra stanno insieme da più o meno 4 anni. Non hanno mai litigato e non sono mai stati beccati.”
“Se abbiamo la stessa fortuna ci riusciamo anche noi, che dici?”
“Ma riesci a stare cinque minuti serio?” chiese sorridendo Harry mettendosi a cavalcioni sul bacino di Louis e bloccandogli i polsi sulla testa.
“Nah.. Non è da me.” sorrise ancora. Harry scosse la testa rinunciando e mettendosi con la testa sull’addome di Louis –solleticandogli anche il petto con i capelli –e fissando l’ombelico di Louis.
“Come chiameresti il tuo ombelico se potessi dargli un nome?”
“E poi sono io quello poco serio. Ma per piacere!”
“Dai, rispondi e basta.”
“Hazza.”
“Perché?” chiese alzando la testa per guardarlo negli occhi.
“Perché mi ricorda il tuo nome. E tu come lo chiameresti?”
“Tommo.”  
“Perché?”
“Se te lo dico non mi picchiare, ok?”
“Non lo farò.”
“Mi sono permesso di fare una piccola indagine su tuo padre e ho scoperto che si chiamava Tomlinson di cognome e quindi è anche il tuo. E Tommo è un abbreviazione del tuo cognome.”
“Che dolce.” Sorrise “Sei solo mio, Piccolo Sunshine.” Gli baciò il naso.
“Sì, solo tuo.” Improvvisamente si alzò e frugò –ancora nudo –nel cassetto dello scrittoio qualcosa che evidentemente trovò perché due minuti dopo alzò una mano dove teneva una boccetta piena di liquido rosso.
“Cos’è?”
“Pittura.” Aprì la boccetta e immerse un dito dentro, quando lo ricacciò tracciò delle linee sul petto piatto di Louis. Quello che c’era scritto fece scappare una lacrima dall’occhio destro di quel romanticone irreparabile di Louis.
Hazza e Tommo. Per sempre.
28 novembre 1398
“Lou! Ciao!” Harry era seduto sul letto e aspettava il suo ragazzo a braccia aperte. Quello chiuse la porta a chiave e si gettò sul suo ragazzo, quasi lo schiacciò.
“Ciao, piccolo Sunshine.”
“Hm.. Adoro quando mi chiami così.” Louis si abbassò a baciargli il collo scoperto.
“Che si fa oggi, amore?”
“Si fa una festa.”
“Come l’altra volta?” chiese baciandogli le labbra.
“Sì.”
“E intanto?”
“E intanto io e te facciamo le coccole.”
“E-E-E-E-E-E-E-E-E-E-E-E-E! Coccole!”
“Vieni qui, Tommo.” Harry gli fece spazio in mezzo alle sue gambe e quando furono schiena contro petto cominciò a fare “le fusa” sull’orecchio di Louis.
“Oh, Cristo Harry!” imprecò quando quello, senza preavviso, gli aveva morso il collo.
“Hazza, facciamo una pazzia?”
“Sì?”
“Voglio provare a portarti sulle spalle per tutto il palazzo.”
“No, non esiste.”
“Perché no?”
“No. Punto, fine della storia.”
“Ma dai, non è niente di pericoloso.”
“Sì, invece! Ma hai visto quanto sono strette alcune rampe?!”
“Sì, e allora?”
“E allora… Hugh!” Harry si alzò e si mise seduto sul davanzale.
“E dai... su, ti prometto che poi starò tutta la notte con te e ti farò le coccole.” Non rispose.
“Su, ti prego.” {…}
“Harry ti giuro..” incrociò le dita dietro la schiena “che se non accetti subito non ti do nemmeno uno straccio di bacio fino al mese prossimo!” {…}
“Andiamo.. Ti amo tanto, tanto, tanto, tanto, piccolo Sunshine!”
“E va bene!” Louis esultò. “Ma non provare mai più a ricattarmi sui baci!”
“Te lo prometto.” La verità era che Harry si era convinto solo quando Louis lo aveva chiamato piccolo Sunshine.
Perché ad Harry piace da impazzire quel nomignolo e perché sì, lui era il suo piccolo raggio di sole.


“Uh-uh!” Harry era ubriaco marcio e Louis lo era solo la metà.
“Harry calmati!”
“Chi sei?” strizzò gli occhi per metterlo a fuoco. “Ah, tu sei Lou! Ciao, luce dei miei occhi.” Il re guardava suo figlio scioccato.
“Harry andiamo, ci stanno guardando tutti. Perché non andiamo a farci una dormita, uh?”
“E mi fai anche le coccole? Me lo hai promesso. E mi chiami anche piccolo Sunshine?”
“Ha-Harry.” Fece saettare lo sguardo dal re al principe, non si assomigliavano per niente.
“Su, Tommo, dammi un bacio. Hai detto che non ti saresti stancato mai.” Così dicendo non ha nemmeno il tempo di guardare meglio quei pozzi verdi dei quali si è innamorato che Harry gli ha preso il viso tra le mani e lo ha baciato. E lui –cretino –non ha saputo resistere e ha chiuso gli occhi e ha risposto al bacio. Quando si staccano capisce della cazzata che ha fatto. Un paio di guardie lo trascinano lontano dal suo Harry, tutto diviene sfocato per via delle lacrime, sente il re che urla e il suo Harry che non capisce niente e si guarda intorno gridando “Lou, andiamo, dove sei? Tommo.”


Scusate, c’è un cambio di tempo dal passato al presente, ma è necessario per capire lo stato d’animo di Harry.
Ed Harry piange, piange tanto, piange tantissimo mentre guarda fuori dalla finestra. La sentenza è stata data. Il suo ragazzo dovrà essere giustiziato come tutti gli omosessuali, non sa bene come si chiami quella pena ma dovrà essere messo a testa in giù e poi segato a partire da in mezzo alle gambe fino alla testa. Se solo ci pensa piange ancora più forte.
“Lou.. Scusami, mi spiace tantissimo.” Urla al vuoto. Non può credere che stia per succedere. Prega Dio di evitare tutto questo, lo prega addirittura di fermare il tempo affinché non arrivi mai l’alba ma non crede che sia incline ad ascoltarlo perché lui è un omosessuale e Dio odia gli omosessuali. O almeno così crede. Quello che poi non capisce è perché lui no. Certo lui è il principino Harold, ma questo non giustifica il fatto che anche a lui piacciono gli uomini. Louis. Il suo Louis, non può, non vuole e non deve credere che di lì a qualche ora non potrà più vedere l’azzurro cielo dei suoi occhi, non potrà più sentire la sua risata magnifica e non potrà dirgli che gli dispiace, non potrà dirgli che lo ama più di ogni altra cosa al mondo. Ora che sta per andarsene gli vengono in mente tante cose che non gli ha mai detto, o chiesto. Come si chiama tua madre? Hai una sorella? Un fratello? Ti amo come non ho mai amato nessuno. Hai un coraggio immenso, e anche una forza strabiliante. Hai un cuore infinito.
Vorrebbe dirgli tutte queste cose ma non può. Perché Louis è chiuso in una delle celle più anguste del palazzo e il loro più valoroso soldato è lì ad assicurarsi che Harry non vada da lui. Non può farcela. Senza Louis non è niente, non si sente vivo.. ha aspettato tutta la vita per incontrarlo ed ora che lo ha trovato, stanno per strapparglielo via. Singhiozza senza preoccuparsi nemmeno di farsi sentire, né di asciugare le lacrime che scorrono imperterrite sulle sue guance.
“Louis..” è tutta colpa sua, non avrebbe dovuto bere così tanto. Non avrebbe mai dovuto fare quelle cose, non avrebbe mai dovuto parlare. Vorrebbe essere ucciso per quello che sta facendo al suo ragazzo. Si sente così.. male. Louis.. vita mia, non mi lasciare. O almeno vivi, voglio che tu stia sempre bene. Crede di aver svegliato almeno mezzo castello con le sue urla e con i suoi singhiozzi ma non gli importa. Cavolo, l’amore della sua vita sta per essere giustiziato. Non gli sembra proprio il momento di pensare a non svegliare sua madre o suo padre. Già, suo padre. Come ha potuto lasciare che sentenziassero quelle cose a Louis quando lo aveva pregato in ginocchio con le lacrime a rigargli le guance di non farlo. Che avrebbe fatto di tutto, avrebbe anche dato la vita per risparmiare la sua.
“Ti amo, Lou. Mi dispiace!! Mi spiace da morire!” urla con tutto il fiato che ha in corpo. “Ti prego… Non lasciarmi!” sente dei passi insicuri in corridoio e pensa che davvero abbia svegliato tutto il castello. La porta cigola, lui piange forte. Non gli importa, nemmeno se è Rosaline. Una mano fredda gli asciuga la guancia e pensa alle mani affusolate di Loueh e piange ancora di più.
“Shh. Piccolo. Ho una bella cosa da dirti.” Si gira improvvisamente verso Ginevra e le lancia un occhiata di fuoco. Cosa può dirgli di bello quando Louis sta per morire?!

Di nuovo un cambio di tempo verbale. Adesso non è più necessario il presente ma il passato remoto.
“Ho.. Ho chiesto al generale dove fosse Zayn e mi ha detto che era di guardia all’omosessuale e ho pensato che volessi dare un.. ecco.. ultimo saluto a Louis.”
“Ma.. ma tu… pensavo fossi come papà.”
“Omofoba? Nah.. con un fratellino come te, mai. Vieni? Non ce la faccio più a sentirti piangere, mi distrugge.” Si asciugò le guance prima di prendere la mano che Ginevra gli porgeva e seguirla giù per le scale. Raggiunsero il piano più infimo della fortezza, lì Ginevra si abbandonò tra le braccia di Zayn che lasciò Harry scendere le scale da solo. Era ormai a metà rampa quando si voltò a guardare sua sorella, le mani congiunte in grembo e una corona fra le dita bianche. Fece di corsa quei gradini che lo separavano da lei e la strinse tra le braccia.
“Grazie.. ti voglio bene, Gin.”
“Di niente, piccolo. Ora vai da Louis, mancano solo tre ore all’alba.” Harry annuì e si precipitò giù per le scale. Il suo cuore prese ad accelerare quando vide una candela tremare sul pavimento della terza cella sulla sinistra.
“L-Louis?” Il viso del ragazzo si girò e i suoi occhi azzurri pieni di lacrimoni non tirati fuori incontrarono quelli verdi bagnati di Harry.
“Harry.. c-cosa ci fai qui?” si alzò e si avvicinò alle sbarre che lo separavano dal suo amore. Piangeva forte e singhiozzava, Harry, mentre guardava le caviglie del suo ragazzo segnate dai cerchi di ferro.
“Dovevo vederti, no? E poi… mi avevi promesso che mi facevi le coccole.” Provò a non piangere, ma fallì miseramente lasciando che quelle sante goccioline salate scendessero libere. Louis mandò giù il groppo che aveva in gola e si avvicinò ad Harry. Gli prese il viso tra le mani come aveva fatto lui qualche ora prima e con i pollici asciugò le lacrime.
“Ehi.. cosa sono queste? Non devi piangere. Capito? Le lacrime non servono a nulla, le lacrime sono per le persone deboli e tu sei forte. Mi hai sentito? Sei forte. E devi superare tutto questo.
“Louis... mi dispiace. Mi dispiace… m-i-i-i dispiace.”
“No, no. Non devi piangere.”
“Mi spiace, scusa.” Singhiozzava e Louis non sapeva come calmarlo. “Shh. No. Non devi scusarti.”
Harry cadde sulle ginocchia e prese a baciare i piedi di Louis. “Scusami è tutta colpa mia! Scusa. Per favore perdonami.”
“Harry.. io non ti perdono..” gli occhi di Harry videro per un momento la loro morte “…perché non c’è nulla di cui perdonarti. Perché io ti amo, Perché non mi importa… sarebbe stato peggio se non ti avessi mai baciato e fossi morto con il rimpianto di non averti mai detto che ti amavo.”
“Sei uno stupido. Perché?! Perché mi stai consolando invece di dirmi che è colpa mia e che mi odi?!”
“Perché sei così masochista, Harry? Io ti amo. E se questo vuol dire morire lo farò.”
“Louis..” Harry corse a cercare le sue mani e le baciò con devozione. “Ti amo tanto, Lou.”
“Anche io ti amo tanto, baby.” Si abbassò alla sua altezza e gli baciò la fronte.
“E’ che se penso solo che domani mattina non sarai nel mio letto a darmi il buongiorno o solo che non vedrò mai più i tuoi occhi mi fa diventare pazzo. Non posso vivere senza di te.” Sussurrò l’ultima parte per non singhiozzare.
“Ehi, amore mio. Non ti ho mai chiamato così.. e avrei dovuto. Perché sei davvero la persona in cui ho scoperto l’amore e sei mio. Sei la persona che io amo e sei la persona che continuerò ad amare anche da morto. E sei tanto forte.. e…” si lasciò scappare un singhiozzo “tu ce la farai.” Harry scosse la testa piangendo.
“Non ce la faccio.”
“Sì che ce la fai..” gli asciugò ancora le guance. “Ehi, piccolo Sunshine. Io ti amo. Non dimenticarlo.”
“Come farò, Lou? Come farò quando non ci sarai più tu a dirmi che mi ami?”
“Harry.” Cercò di calmarlo. “Io continuerò a vivere.. qui dentro.” E puntò un dito sul petto del suo ragazzo. “E non voglio che nessuno permetta di distruggere il mio prezioso riparo, quindi tieni il tuo cuore al sicuro.”
“Louis.. ho pensato una cosa.”
“Cosa, piccolo Sunshine?”
“Voglio farlo.”
“Cosa, amore?”
“Voglio suicidarmi.. così potrò stare con te.”
“Non ti permettere!” urlò Louis.
“Perché?” sussurrò piano Harry, cercando di non piangere.
“Non osare nemmeno distruggere la tua vita per me. Se un giorno deciderai di morire, voglio che sia perché hai trovato la tua pace e l’unico passo che ti manca per raggiungerla completamente è quello.”
“Tommo… Dammi un bacio. So che non me lo merito, ma… uno solo.” scongiurò.
“Tutto quello che vuole la mia principessa.” Sorrise triste Louis prendendo le mani di Harry e portandoli entrambi ad alzarsi. E si baciarono. Beh.. più che un bacio era uno sfioramento di labbra. Le labbra fredde di Louis erano quasi viola, ma Harry non voleva che si staccassero dalle sue. Lo amava troppo.
“V-Vuoi fare l’amore con me un ultima volta?” non voleva farlo lui, voleva che Louis vivesse al meglio le sue ultime ore di vita così prese a sbottonare con mani tremanti la cintura di cuoio.
“No. Harry. Harry, no.” Louis bloccò le mani del riccio stringendole fra le sue. “Non ho bisogno di fare l’amore con te per sapere che mi ami.”
“Cosa c’è? Non sono più abbastanza per il tuo corpo?”
“Ma che dici, amore? Tu sei tutto quello che io abbia mai desiderato, solo che voglio che il tuo corpicino perfetto si stanchi.. e poi perché voglio passare..” deglutì “le mie ultime ore abbracciandoti stretto e dicendoti che ti amo.”
“Come fai?”
“A fare cosa amore?”
“Ad amarmi dopo che sono io la causa della tua morte.” Non ebbe il tempo di rispondere che sentirono dei passi, tentò di allontanarsi da Harry, ma quello, in tutta risposta strinse di più le loro mani incrociate.
“Non mi importa. Che ci trovino così.. male che vada moriremo insieme.”
“Non osare nemmeno pensarlo.” Lo rimproverò Louis.
“Harry?” vide che Ginevra li stava raggiungendo. “Le chiavi. Così potete stare le ultime due ore più vicini.” Lanciò le chiavi in grembo ad Harry che non smetteva di piangere.
“Sbrigatevi… due ore sono poche.” Harry si affrettò ad aprire..
“Lou, scappa con me! Ti prego, ora che abbiamo le chiavi possiamo..”
“Hai visto che il boia è già qui fuori? E hai visto che il castello è tappezzato di guardie? Harry.. io non so se ne vale la pena.” Aprì il cancelletto e provò a sollevare Louis da terra prendendolo in braccio ma il suo piede destro era troppo pesante.
“Ma che cosa…?” guardò verso il basso prima di riportare lo sguardo su Louis che sorrise triste..
“Lascia stare, amore.” Una lacrima gli sfuggì. Harry lo mise a terra e cominciò a baciargli il collo.
“Erano così grandi le palle dentro al cannone Piccolo Sunshine?”
“Eh?”
“Le palle di cannone. Erano così?” indicò quella attaccata alla sua caviglia. Harry trovò la forza di ridere piano.
“Sì, come questa.” Gli lasciò un bacio bagnato sulle labbra.
29 ottobre 1398
Harry lasciò che le dita del suo amato scivolassero via dalle sue mentre si sforzava di rassicurare Louis gridando: “Lou, io non ti lascio morire!” Sua sorella lo trattenne con le braccia e gli accarezzò i capelli nel tentativo di calmarlo.
“Su, Harry...”
“Voglio stare in camera mia, non voglio vedere quando succede.”
“Harry.. papà vuole che tu guardi.”
“Altrimenti? Mi fa uccidere?!”
“No, ti costringe con le sue mani.. Senti, Harry, io non voglio che tu e papà litighiate, perderai Louis non voglio che tu perda anche tuo padre.”
“Io non perderò Louis! Lui rimarrà sempre con me! Me lo ha promesso!”
“Sì, Harry, sì. Ma adesso dobbiamo andare sulla… pedana con papà.”
“Lou può vedermi da lì?”
“Sì.”
“Cavolo.”
“Mi dispiace.”

“No! Non voglio vedere!” pianse forte prima che una mano forte, guantata di velluto, gli stringesse la mascella e lo costringesse a guardare. L’amore della sua vita era a testa in giù, corde strette gli tenevano i polsi e le caviglie distanti e agli angoli di un rettangolo.
“Loueh..” sussurrò piangendo.
Louis lì, a testa in sotto, riusciva a vedere il suo piccolo Sunshine piangere costretto a guardare. Una lacrima scappò dal suo occhio e scivolò sulla fronte fino ai capelli. Il mento gli tremò e vide Harry singhiozzare e allungare una mano verso di lui, purtroppo lontana cento metri perché lui potesse bearsi ancora del suo tocco. Imitò un bacio per rassicurarlo e sorrise triste prima di sospirare vedendo Ginevra cercare di coprire gli occhi ad Harry. Anche lei piangeva. Sentì le trombe annunciare l’arrivo imminente dei due boia. Chiuse gli occhi, sapeva cosa dire, gliel’aveva detto sua madre:
Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il mio cuore dei miei peccati perché peccando ho meritato i tuoi castighi. Ma che stronzata era?!? Lui non si meritava quel castigo. Era proprio Dio che diceva di amare. Cosa cambiava se era una donna o un uomo?! Così, invece di dire quella stupidaggine, che tanto stupidaggine non era, ma lui non si pentiva, mormorò un semplice: “Ti amerò per sempre, Piccolo Sunshine.” Vide i due uomini in nero posizionarsi con la sega ai due lati del suo corpo. Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi su qualcos’altro. Ecco, il tocco delicato dei baci di Harry mentre facevano l’amore. Baci che non avrebbe mai più ricevuto. Aprì gli occhi per lasciare una lacrima scappare dalla presa del sue ciglia.
No, no. Stavano per tagliare a metà la sua vita, non ce la faceva, doveva salvarlo, ci doveva provare, glielo aveva promesso. Levò con un pugno la presa ferrea di suo padre sulla sua mascella e prese a scostare la gente riunita con poca eleganza.
“Loueh!” corse sulla pedana vicino a Louis e spinse di lato il tipo che stava per uccidere il suo ragazzo.
“Lascialo in pace.”
“Harry… dimmi che non lo stai facendo davvero.”
“Loueh..” si accovacciò vicino al viso scavato di Louis. “Ti ho promesso che ti avrei salvato. E l’ho fatto.” A Louis venne in mente sua madre, capì che Harry non era altro che un angelo mandato da Johanna.
“Oddio, mamma, grazie.”
“Lou..” biascicò Harry tentando di rompere le corde, e ci riuscì liberando le gambe e le braccia di Louis, lo fece alzare e lo strinse al suo petto baciando la testa del suo amato.
“Harry sei uno stupido.”
“Shh.” Non smetteva di carezzargli i capelli.
“Harold! Lascia immediatamente il prigioniero!”
“Mai!” il re si avvicinò a grandi falcate verso di lui.
“Harry… per favore, lascia stare.” Sussurrò pianissimo Louis.
“No, Louis, non ti lascio andare.”
“Ebbene? Hai intenzione di essere spostato con la forza?!”
“Perché? Lasciate morire me al mio posto, padre. Vi prego… risparmiatelo. Per favore.. non vi ho mai chiesto niente.” Aveva ripreso a piangere.
“Harry, spostati, consegnami. Fra qualche anno mi dimenticherai e sarà meglio per tutti.” Quello scosse la testa.
“Non ho intenzione di sprecare oltre il mio tempo. Boia! Sbrigatevi. Rincatenate l’ omosessuale.”
“Lo dite come se fosse una bestemmia, ma vi ricordo che anche vostro figlio è così.” Gridò Harry in preda ai singhiozzi.
“Taci, Harold.” Uno dei due uomini in nero prese Harry per le spalle e gli tenne le braccia ferme mentre un altro cominciò a legare di nuovo i polsi di Louis.
“No! Ti prego.. Mamma! Per favore salvalo tu…” gridò ancora cercando di aiutare fino all’ultimo la luce dei suoi occhi.
“Mamma, mamma per favore aiutalo.” La incitò Ginevra. Piangevano entrambe, incapaci di fare altro.
“Mamma, avanti cosa faresti se lì ci fosse tuo figlio?!” A quelle parole la regina Anne sotto lo sguardo sorpreso di tutti marciò fino alla pedana.
“Prima che il condannato sia giustiziato..”
“Come puoi mamma?!” gridò esasperato Harry scalciando senza risultati.
“..voglio fare un discorso alla popolazione.. specialmente alle donne che amano in questa città. Siete tutti qui, nel nome del Signore, per vedere la morte di un ragazzo. Come si chiama? Louis. Quanti anni ha? Solo diciannove. Ma questo non ha importanza” continuò con celata ironia. “Deve morire.. perché ha commesso un crimine che ci ha insegnato il nostro Signore.” Bisbigli si diffusero. “Amare. Lui ha amato ed è per questo che è stato castigato, ha amato la persona –che secondo la legge- non avrebbe dovuto amare. Ha amato un uomo, beh.. un ragazzino. Mio figlio. Si sono amati entrambi e ora chiedo a tutti voi.. Chi ama il suo compagno, alzi le mani.” Più di metà piazza compresa Ginevra e uno dei due boia alzò il braccio. “E ora chiedo, vi sembrerebbe giusto uccidere tutte le persone che si amano? Non credo. Allora perché siamo qui? Perché stiamo per uccidere un povero ragazzo? Perché siamo convinti che l’amore fra due sessi diversi sia sbagliato. Sia A-NORMALE. Ma dipende dai punti di vista… cosa è Normale? Amare o uccidere? Amare. Allora credo che qui.. la persona a dover essere giustiziata sia chi giustizia. Sta a voi adesso decidere se uccidere o meno la persona che ha portato il sorriso –per la prima volta dopo dieci anni –sul viso del vostro futuro re.” Pausa d’effetto. “Chi vota per l’assoluzione dell’imputato alzi il braccio.” Tre quarti della piazza alzò la mano, commosso dal discorso della regina. “Beh.. a occhio credo che non ci sia bisogno di contare chi è contrario. E quindi… Caro Louis, sei libero.” Quando i polsi gli furono slegati il primo boia lasciò le spalle di Harry che corse a prendere in braccio il suo Louis. Lacrime, per la prima volta in sette ore di felicità, rigarono i volti di entrambi.
“Ce l’abbiamo fatta! Lou, ti amo da impazzire!”  strillò baciandolo.
“Oddio, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie! Ti amo piccolo Sunshine!”
Beh.. ed immagino che la storia sia finita.
Harry e Louis determinarono il primo matrimonio gay in tutta la storia nel 1410, anche se non lo troverete mai nei libri di storia.
Harold Edward Styles, principe di York, non divenne mai re come suo padre, re di York e dello Yorkshire, ma lo divenne un certo Zayn Javaad Malik sposatosi lo stesso anno con la principessa Ginevra Taylor Styles.
Harry e Louis divennero la coppia più popolare d’Inghilterra baciandosi continuamente in pubblico per esortare i giovani omosessuali a non avere paura.
Louis rincontrò sua madre e le sue quattro sorelle che vennero a vivere a palazzo con loro.
I due neosposi adottarono una bambina abbandonata in un letamaio e la chiamarono Darcy Anne Tomlinson Styles.
Harry morì nel 1456 alla veneranda età di 74 anni, esattamente due anni dopo, due settimane dopo il matrimonio di Darcy, lo seguì Louis a 79 anni.
Ginevra e Zayn furono i primi ed ultimi sovrani ad appoggiare gli omosessuali, poiché il loro primogenito Samuel –in rivolta contro i genitori –istituì nuovamente la persecuzione contro gli omosessuali.

Ringraziamenti:
Vorrei ringraziare innanzitutto Francesca Daniele, perché mi ha incoraggiato e perché gliel’avevo promesso.
Simona, perché c’è quando nessuno c’è. E perché lei crede in me.
Silvia e Giusy, le mie Larry Shipper preferite.
Milly e Daniela (D).
I miei genitori che mi sopportano sempre quando parlo in continuazione dei One Direction.
Mia sorella Martina, che faccio spesso esasperare ma alla quale voglio molto bene.
Mia sorella Simona, che è la mia guida e la mia ispirazione sebbene sia lontana da me.
Mia Nonna, che ormai è defunta ma a cui chiedo perdono per l’insulto all’atto di dolore.
Mia cugina Claudia, la mia pestifera preferita.
Paolino, che urla in continuazione ma che io adoro.
I miei cugini (per un certo senso) Valerio, Federica, Alessandra e Daniele.
E i miei cugini più “grandi” che mi hanno sempre ispirata e incoraggiata a scrivere.
Ma soprattutto vorrei rivolgere un grazie immenso a chi ha ispirato questa storia, a chi ha illuminato le mie giornate, a chi mi ha fatta sentire bella, a chi mi ha fatta sentire accettata, a chi mi ha supportato senza mai nemmeno sapere della mia esistenza. Ringrazio i miei idoli. Ringrazio la ragione della mia vita: I One Direction. E mi scuso con Liam e Niall per la loro assenza nella storia.
Giulia Panico.
P.S. Grazie anche alla professoressa Alfieri e alla professoressa Di Sante. In un certo senso anche loro mi hanno incoraggiato.

IL CARATTERE E GLI ATTEGGIAMENTI DEI PERSONAGGI NON CORRISPONDONO ALLA REALTA’.
QUALSIASI RIFERIMENTO A ELEMENTI REALI (OLTRE AI PERSONAGGI) E’ PURAMENTE CASUALE.
  
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