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Autore: Sisko31    14/11/2013    0 recensioni
Una ragazza innocente. Un fratello possessivo. Un ragazzo misterioso. Sono legati da un segreto.. Un segreto che, se svelato, porterà solo guai..
Prima storia che scrivo.. Qualsiasi recensione è gradita.
Genere: Dark, Erotico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

L’odore pungente dei pini impregnava l’aria.
Non vi era nessun rumore se non il canto degli uccelli in lontananza. La rugiada m’inumidiva le ciglia.
Un momento.. Rugiada? Dischiusi leggermente gli occhi. Non era possibile. Era la seconda volta che mi succedeva.
Mi addormentavo nel mio letto e mi risvegliavo nella foresta. Ero ancora stesa a terra.
Ero stanca. Non avevo la forza di alzarmi. Mi mossi e sentii l’erba bagnata scivolare sotto di me. Erba?
Questa volta spalancai gli occhi e mi guardai. Ero nuda. Come la volta scorsa. La brezza fresca del mattino mi fece rabbrividire.
Tutto ciò era inquietante. Mi alzai e cominciai ad incamminarmi verso casa.
Che avrebbe detto Johannes questa volta? Nulla, se non mi avesse vista.

Arrivai a casa. Non era molto grande ma per de persone era perfetta.
Notai che la porta che dava sul retro era socchiusa. “Strano” pensai. L’aprii piano, senza far rumore.
Salii cautamente le scale e mi fiondai in bagno. Feci una lunga doccia. L’acqua calda a contatto con la mia pelle gelata bruciava.
Mi lasciai trasportare dal picchiettio delle gocce sul vetro.
Finito il bagno mi vestii e andai in cucina. Mi accorsi che Johannes non era a casa. “Sono stata fortunata” dissi tra me e me felice. “Non credo proprio”. Quella voce, bassa e beffarda mi sorprese.
Era Johannes. “E’ successo di nuovo, vero?” mi chiese rimanendo sulla porta. “Si” dissi senza nemmeno voltarmi a guardarlo.
“Eril, sono preoccupato. Tutto questo non è normale”.
“Forse sono solo sonnambula” ipotizzai prendendo dalla credenza la scatola dei biscotti.
“I sonnambuli non si guardano attorno con circospezione e corrono nudi nella foresta fino a mattina” ribatté. Mi girai a guardarlo. Indossava solo i soliti jeans da lavoro strappati. Aveva degli addominali da sballo. E quello sguardo.
Le uniche volte che lo avevo visto era stato quando mi raccontò per la prima volta che mamma e papà ci avevano abbandonato e quando, per la prima volta, mi aveva trovata nella foresta. Ovviamente nuda.
I suoi occhi mi facevano paura. Neri come la notte con sfumature dorate. Abbassai lo sguardo e borbottai “Non ero nuda. Avevo addosso la maglietta che uso come pigiama”. Avvicinandosi lentamente disse “Allora ricordi qualcosa”.
Stetti zitta. “Eril dannazione! Ricordi qualcosa di stanotte?!” Mi prese il braccio. La sua stretta era di ferro.
Non aveva intenzione di lasciarmi. “Ricordo solo che sono uscita dalla porta in pigiama” mi affrettai a dire.
“Non è vero! Tu ricordi cos’è successo. Solo che non vuoi dirmelo. Cos’è successo stanotte?!” urlò.
I nostri corpi erano quasi appiccicati. Potevo sentire i battiti violenti del suo cuore e il calore del suo corpo.
“Non ricordo niente Janne! Sai che non sto mentendo. Non ti ho mai mentito. E ora lasciami andare. Mi fai male!” gli urlai in faccia.
I nostri sguardi emanavano pure scintille. Lui era impassibile. Torreggiava su di me e mi osservava con occhio severo.
Allentò la presa ma non mi lasciò. Scoppiai in lacrime. Perché Johannes non mi credeva? Perché mi stava facendo male?

Tutt’ad un tratto qualcosa attirò la sua attenzione. Mi lasciò lentamente e cominciò ad avvicinarsi alla finestra.
La paura mi attanagliò le budella. Qualcosa, fuori casa, ci stava osservando.
“Janne non.. Non avvicinarti alla finestra. Ti prego” mormorai terrorizzata. Non mi ascoltò. Continuò ad avvicinarsi alla finestra. Cominciai a tremare. Era troppo vicino. Doveva allontanarsi da lì. La foschia del mattino rendeva ancora più inquietante la situazione. “Fermati” dissi con voce strozzata. Ora era così vicino al vetro che il suo respiro lo appannava.
Osservò i margini della foresta. Stava per succedere qualcosa di brutto.
“Eril, và di sopra. Subito” mi ordinò con tono calmo e piatto.
Le mie gambe erano due blocchi di cemento. Non potevo muovermi. Non volevo. “Vai!” urlò, senza nemmeno guardarmi.
Chiusi gli occhi dallo spavento e mi accasciai atterra.
Sentii solo il vetro infrangersi in mille pezzi. Quando li riaprii, mio fratello non c’era più. Il silenzio incombeva su tutto.  
“Johannes?” mormorai. Mi avvicinai alla finestra. Le schegge di vetro erano sporche di sangue. Guardai oltre, verso la foresta.
C’era qualcosa. Una figura alta e corpulenta mi osservava. Mi si gelò il sangue nelle vene. Sbattei le ciglia. Era sparita.
Un urlo squarciò il silenzio. Riconobbi immediatamente quella voce.
“Johannes!” gridai. Cominciai a correre in direzione dell’urlo.
  
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