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Autore: Akarai92    26/04/2008    1 recensioni
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Rinoa81, assistente amministratrice.

[Capitolo 2 : Passion after the Battle] "Una lacrima solitaria percorse mestamente la guancia liscia del minore, lasciando una traccia lucente di dolore. Dayel non si sprecò ad asciugarla, inutile dato che, lo sentiva negli occhi, molte altre presto l’avrebbero seguita. Non c’era nessuno a vederlo, se lo sarebbe anche potuto permettere. Con la mano di Durin ancora stretta tra le sue, cadde in ginocchio a terra, il pianto ormai incontrollabile, i singhiozzi silenziosi a stento trattenuti."{Durin/Dayel}
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siori e siore, ho finito la trilogia!!! XD E’ stata un’ardua lotta, ma l’ho spuntata! Speravo almeno nell’ultimo libro un qualcosa per tirare fuori una slash decente, ma niente. Brooks ma ha però regalato tanti bei figoni *ç*
E, ritornata l’ispiratio, sono tornata sulle ficcine sui fratelli elfi, con una fic stavolta non one-shot, ma credo intorno ai due capitoli (grande progresso XDXD), uno dal punto di vista di Durin, cioè questo, e l’altro dal punto di vista di Dayel.
Questo in particolare è ambientato dopo il loro arrivo nel villaggio degli Gnomi Guaritori di Storlock con Dayel ferito.
Un grazie gigantesco a tutti quelli che commentano le mie cosucce, immenso soprattutto a Taila che ha commentato entrambe le mie one-shot su Shannara e spero gradirà anche questa X3
Au revoir e buona lettura!!










La notte era scesa lentamente, come un velo di pace e riposo, sulle Quattro Terre, donando ai suoi abitanti, sfiniti dopo la lunga giornata, un po’ di meritato riposo. Si sarebbero accesi i focolari, i boccali si sarebbero riempiti nelle taverne, i paioli avrebbero mandato il loro gustoso odore di cibo, le risate calde sarebbero iniziate. Tutto come al solito.
Eppure per qualcuno nulla di tutto ciò sarebbe successo.
Durin, i lunghi capelli neri spettinati sciolti sulle spalle, se ne stava accasciato su una sedia, le mani in grembo, gli occhi verdi persi nel vuoto.
Da quel pomeriggio non si era riposato, né cambiato dai logori abiti da viaggio, aveva soltanto lavato via il sangue dalla pelle. Aveva questioni decisamente più impellenti di cui preoccuparsi.
Il viso contratto dal dolore di Dayel continuava ad affacciarsi nei suoi pensieri, la ferita sanguinante sul petto, la mascella contratta dallo sforzo. E lui aveva potuto soltanto trascinarlo, sostenerlo, fino a Storlock.
Un bussare improvviso alla porta lo fece sobbalzare, mormorando un “avanti” pieno di aspettativa. Sulla porta della sua stanza fece capolino uno gnomo, fasciato da una veste bianca, simbolo dei Guaritori.
Senza parlare, gli fece cenno di seguirlo. Lo scatto dalla sedia fu immediato, l’Elfo saltò su come una molla, la speranza accesa e visibile negli occhi luminosi. Camminarono per un tratto nel villaggio immerso nella sera, solo alcune torce illuminavano il cammino. Guardandosi attorno, Durin notò delle piccole figure che si aggiravano accanto alle finestre, tutte affaccendate attorno a letti e brandine: gli Gnomi Guaritori erano attivi e pronti anche a quell’ora della sera.
Presto giunsero ad una piccola costruzione che, come molte altre nell’abitato, fungeva da piccolo ospedale; lo Gnomo lo condusse, sempre senza una parola, lungo i corridoi, fino a fermarsi davanti ad una porta.
Lo guardò, rivolgendogli uno sguardo penetrante, e si fece da parte, invitandolo ad entrare.
Durin non se lo fece ripetere due volte. Entrò nella stanza fiocamente illuminata da una lampada ad olio in punta di piedi, tentando di ridurre al minimo il rumore dei suoi stivali sul legno lucido.
Su un letto accanto alla parete era sdraiata una figura, i capelli neri sparsi sul cuscino, gli occhi chiusi. Si avvicinò maggiormente, fino alla sponda del letto, accanto al quale era posta una sedia molto simile a quella dove era seduto prima.
La ignorò deliberatamente e si sedette sulle soffici coperte, accanto al corpo.
Dayel pareva addormentato. Il respiro regolare rompeva il silenzio, allacciandosi con quello leggermente alterato dalla preoccupazione del fratello.
La ferita sembrava guarita, o almeno sotto controllo. Le bende erano state cambiate di fresco, e non sembrava ci fosse nulla di strano. Solo, avrebbe preferito che Dayel si svegliasse.
Ricordava perfettamente quando, poche ore prima, erano arrivati, stanchi e feriti, al villaggio degli Gnomi. Lui sosteneva difficoltosamente il fratello, ormai completamente senza forze, e tentava in qualunque maniera di tenerlo cosciente, rivolgendogli morbosamente la parola.
Era riuscito nel suo intento fino alla fine, quando oramai allo stremo, Dayel gli era svenuto tra le braccia, ed era stato prontamente portato via dai vigili Guaritori.
Non lo aveva visto fino a quel momento. E anelava con tutto il cuore di rivedere i suoi brillanti occhi smeraldo, così simili e così diversi dai suoi.
Lentamente, come se temesse di romperlo, si piegò su di lui sostenendosi con le braccia, e gli sfiorò la fronte appena scottante di una ormai passata febbre con le labbra fresche.
Quando fece per rimettersi nella sua originaria posizione, si ritrovò a fissare quel suddetto paio di occhi, che lo scrutavano assonnati.
-Durin…?-
Lo mormorò appena con voce impastata dal lungo riposo, strofinandosi gli occhi con fare infantile. Era sempre uguale, il suo Dayel.
-Ben svegliato, dormiglione-
Sorrise il maggiore tornando seduto, studiando ogni azione del fratello.
Pian piano, Dayel si mise a sedere appoggiato ai cuscini, gemendo appena per il dolore alla ferita ancora non rimarginata del tutto.
-Quanto ho dormito?-
-Non preoccuparti, siamo arrivati soltanto stamattina…-
Esitò per un attimo, guardandolo.
-…mi hai fatto morire di paura, Dayel –
Un’ombra colpevole passò sugli occhi dell’Elfo, ombra che esprimeva tutto quello che sentiva nel cuore.
Il dispiacere per aver fatto spaventare Durin.
Il senso di colpa per essersi fatto ferire.
La delusione, per aver fatto una figura da debole agli occhi del fratello maggiore.
-Sono stato uno stupido… dovevo fare più attenzione in battaglia, seguire i tuoi consigli invece di buttarmi a capofitto, e invece guarda…-
Si indicò mestamente.
-…costretto a letto, da una stupida ferita –
Abbassò gli occhi, rattristato dalle sue stesse riflessioni.
Aveva espresso soltanto l’ultimo dei suoi pensieri, ma intanto era qualcosa. Più che altro aveva paura della risposta di Durin, che poteva confermare o meno ciò che aveva detto.
Aspettò, timoroso. Silenzio. Nessuna reazione da parte dell’altro. Arrischiò un’occhiata.
Si scontrò con un paio di occhi furenti, le sopracciglia sottili aggrottate in un’espressione severa. Con cipiglio deciso, si alzò e si andò a sedere ancora più vicino a lui.
Dayel fece per parlare ma il fratello lo ignorò e gli prese bruscamente il viso tra le mani.
-Primo: non ci trovo davvero niente di stupido nell’essere ferito in uno scontro, soprattutto in quelle condizioni. Secondo: non penso assolutamente che tu sia un debole-
Il minore spalancò gli occhi. Come al solito, e comunque non riusciva mai a farci l’abitudine, Durin aveva capito tutto senza nemmeno che ne parlasse.
-E terzo: fai bene a sentirti in colpa per avermi fatto spaventare, perché davvero ho rischiato di restarci secco quando mi sei svenuto davanti.-
In quelle ultime parole c’era un velo di ironia, che fece ridacchiare il malato, sdrammatizzando la situazione. Lui sapeva sempre trovare le parole giuste, pensò.
-Però non provarci mai più…-
Aveva appoggiato dolcemente la fronte su quella di Dayel, sussurrando a mezza bocca tutta la sua preoccupazione, in cinque semplici parole.
-Sei ci sei tu non credo che mi succederà niente –
Un respiro soltanto anche il suo, un soffio di voce che Durin sentì sul viso, caldo e dolce.
Entrambi avevano gli occhi chiusi, godevano di quel piccolo momento di intimità che di quei tempi pareva tanto difficile ottenere. Stettero così per un tempo che parve infinito, ognuno ascoltando il respirare dell’altro, assaporando ogni secondo di calore che le loro pelli in contatto emanavano.
Poi, ad un certo punto, gli occhi magnetici di Durin si spalancarono, fissando il volto perfetto del fratello minore. Erano praticamente uguali, qualcuno, come spesso succedeva, li avrebbe potuti benissimo scambiare per gemelli. Eppure… eppure lui vedeva sempre quella sottile e impercettibile differenza, che percepiva nelle espressioni, negli sguardi, nei sorrisi.
C’era sempre qualcosa di diverso tra lui e Dayel, una diversità che andava oltre quella caratteriale, profonda e marcata.
Ad esempio, non avrebbe mai detto che i suoi occhi, nonostante fossero grandi e verdi come quelli dei fratello, riuscissero a dare quel senso di innocenza e malizia allo stesso tempo, scaldando il cuore e accendendo l’animo, quando le sottili palpebre li mostravano al mondo.
Come in quel momento.
Un dolce sorriso si aprì sulle labbra di Dayel quando incrociò il suo sguardo, restando appositamente a fissarlo.
Durin sentì l’impellente bisogno di dire qualcosa; non sapeva cosa, una frase qualsiasi, una parola, un qualcosa che esprimesse i suoi sentimenti.
Cosa che a quanto pareva non rientrava nelle cose che riusciva a fare meglio.
-Dayel… io…-
Emanò un profondo e depresso sospiro. No, proprio no.
Fece per tentare di nuovo, ma l’altro fu più veloce.
Gli chiuse la bocca con uno dei baci più dolci e maliziosi che gli avesse mai regalato, sfiorandogli sfuggente le labbra con la lingua.
-Non c’è bisogno che tu dica niente… davvero, Durin. Va bene così. –
Quest’ultimo non era proprio convinto della cosa, ma un secondo bacio di Dayel lo mise definitivamente a tacere, solo che stavolta fu lui a reclamare il suo ruolo di fratello maggiore.
Rendendo il bacio più profondo, spinse delicatamente il fratello contro il muro, in una posizione tutto meno che comoda.
Se ne dovette accorgere presto visto che, incurante dei gemiti di protesta del fratello e senza mai staccare le labbra dalle sue, salì sul letto e gli si mise a cavalcioni. Restando però pacificamente sopra le coperte.
-Ti ricordo che sono ancora convalescente…-
Gli disse Dayel, in una pausa atta a non morire asfissiati, alludendo alla pericolosa posizione del fratello.
-Oh, non approfitterei mai e poi mai di un ferito –
Peccato che la sua espressione dicesse tutto il contrario. Soprattutto la sua mano affilata, che era già partita ad esplorare la liscia pelle sotto la tunica, lo contraddiceva pesantemente.
Ogni obiezione fu soppressa dalle labbra prepotenti di Durin, labbra che si incastravano perfettamente con quelle del fratello. Le quali non sembravano, a differenza delle parole del proprietario, molto riottose nei suoi confronti.
-Durin, ti giuro che se le tue attenzioni faranno riaprire la ferita saprò come vendicarmi!-
A quelle parole il maggiore si fermò di colpo, guardandolo sospettoso.
Non ci aveva pensato. Cautamente, come se avesse perso tutta l’irruenza e l’impulsività di poco prima, fece scorrere una mano lungo tutto il petto del fratello minore, fino ad arrivare alle bende morbide che fasciavano la ferita. Passò ritmicamente le dita sottili sui pezzi di stoffa bianca, leggermente impregnati di sangue.
Poi, di botto, si tolse da sopra Dayel e si abbandonò su un lato del letto, accanto a lui, con un’espressione corrucciata. Incrociò le braccia e si distese meglio, accomodandosi sui cuscini.
Intanto il minore lo fissava con un sopracciglio alzato, nonostante fosse ormai abituato a quegli strani scatti di umore; Durin era notoriamente lunatico.
Cercando di non fare sforzi si accomodò anche lui sui morbidi cuscini, appoggiando la testa accanto a quella del fratello. Senza una parola quest’ultimo si voltò e affondò il viso nei suoi capelli neri e lisci.
-Tanto prima o poi la ferita si rimarginerà…-
La frase lasciata in sospeso aveva un inquietante sapore di minaccia, ma Dayel la assorbì in parte compiaciuto da tutto quell’attaccamento da parte della sua affascinante metà.
Pian piano, tentando di trattenere qualsivoglia smorfia di dolore, si voltò verso l’altro occupante del letto, poggiandosi sul fianco sano.
Il fratello gli rivolse uno sguardo preoccupato.
-Sicuro che puoi stare in questa posizione?-
Dayel sorrise teneramente alla sua ansia, e gli posò la mano sulla guancia in una dolce carezza. Senza rispondergli, gli si avvicinò e lo abbracciò stretto, poggiando la testa sulla sua spalla. Non gli importava della ferita, finché poteva averlo vicino anche solo per quella notte.
Sarebbe bastato stringerlo a sé per dimenticare il dolore.
Sentire le sue labbra accanto all’orecchio per lasciarsi tutto alle spalle.
Percepire il suo respiro sulla pelle per chiudere la missione e il resto del mondo fuori da quella porta.
Sarebbe semplicemente bastato il suo amato fratello per sentirsi in pace.

-Se tenti di farmi qualcosa nel sonno, sarai tu quello convalescente!-
  
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