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Autore: Patosangel32    14/11/2013    3 recensioni
E se Clary avesse sempre saputo di essere una Shadowhunter? Se Valentine l'avesse addestrata insieme a suo fratello Jonathan, il quale è solo un pupazzo tra le mani del padre? Avete mai provato ad immaginare cosa sarebbe successo se la rivolta non fosse mai scoppiata? Come avrebbero fatto Magnus e Alec ad incontrarsi? Ed Izzy e Simon? E possibile che due anime che siano fatte per stare insieme, si ritrovino sempre in qualunque circostanza?
Dal capitolo 15:
-“Potresti avere di meglio, Jace. Sono solo una ragazzina con problemi familiari che…” ha paura di amare.
-“Voglio te, e questo dovrebbe bastarti” mormorò Jace con voce soave. Riprese a baciarla ma poco dopo Clary si fermò. Di nuovo.
-“Hai aperto tu la finestra prima?” chiese Clary che aveva sentito un brivido di freddo accarezzarle la pelle laddove il corpo di Jace non la copriva.
-“No, sono stato io.” disse ad alta voce qualcun altro nella stanza.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Author's corner:
Bene, mi sembrava giusto pubblicare questo capitolo, perchè a dire il vero, l'ultimo è finito veramente male. Povera, povera Izzy!!
Ad ogni modo, ho solo poche cose da dire: innanzitutto la prima vera scena romanticata della storia non poteva che essere quella che è (quanta filosofia in una frase >.<) voglio solo aggiungere che non ho tentato di emulare o plagiare la Clare, anche perchè è impossibile raggiungere la sua perfezione, ma chi non ha amato la scena della serra in CoB? Anche Jamie e Lily (gli attori del film) hanno detto che è stata la loro preferita, quiiiindi benchè l'ambientazione e i discorsi siano diversi, ho pensato di riproporre la medianox :)
Sooo, Enjoy the reading
With love,
-A
P.S: Recensite Shadowhunters, recensite



 

Timeless

 
Cur mihi plus aequo flavi placuere capilli?
Perchè mi sono piaciuti più del giusto I capelli biondi?
Ovidio
 
La zona in cui i ragazzi erano capitati era insidiosa. Non c’erano posti che si potevano considerare ‘strategici’ come una collinetta, da cui Alec avrebbe potuto lanciare le sue frecce senza essere disturbato, né luoghi vicini in cui ripiegare in caso di attacco. Il terreno era fangoso e in lontananza di si distinguevano gli ululati dei lupi. Lo scenario non era del tutto tranquillizzante, pensò Clary che da quando l’aveva impugnato non aveva più riposto il suo pugnale. Lo teneva streto come se da un momento all’altro un demone sarebbe uscito ad assalirla.
Anche Jace dal canto suo, sembrava piuttosto preoccupato. Le sue sopracciglia formavano un’unica linea sottile e dorata e lo sguardo era rivolto a nessun punto in particolare. Alec, che era alla guida del trio, camminava con la testa alta ma si poteva notare la sua postura rigida e le spalle in tensione.
Come se qualcuno li avesse chiamati, da ogni lato uscirono quattro demoni.
I ragazzi si voltarono di scatto ognuno impugnando l’arma saldamente.
-“Nephilim” dissero in coro i demoni. Era orribile sentirli parlare, perché di umano non avevano niente. I ragazzi riconobbero subito la razza cui appartenevano.
-“Demoni Devrak” sussurrò Jace, mentre due lame angeliche si allungavano dal suo palmo. Alec e Clary annuirono come se avessero capito lo schema d’azione.
-“Il capo non sarà contento” sibilò uno di loro. Clary saltò all’indietro per evitare che il veleno che era schizzato fuori dalla bocca nera del demone la infettasse.
-“Quale capo?” chiese Jace come se stese chiedendo un’informazione in un bar. Uno stridio metallico che doveva somigliare ad un ghigno uscì dalle fauci dei quattro demoni.
Clary pensò che fossero davvero ripugnanti.
I tre ragazzi si separarono cercando di fare meno rumore possibile, per accerchiare i quattro mostri cechi. Nessuno di loro fiatò fino a quando la spada angelica di Jace non centrò il centro del torace del mostro a sinistra, che dopo un breve luccichio sparì nel posto da cui proveniva.
-“Valentine non sarà contento” sussurrò uno di loro girandosi verso Clary. A quel nome il sangue nelle vene si gelò. Clary rimase impalata per terra come se non sapesse più come fare. Poi una runa le attraversò la mente, il solito quadrato nero con linee ondulate che dipartivano dal centro. Ma prima che potesse afferrare lo stilo, Jace che stava continuando ad urlare di muoversi, la prese per un braccio e le fece fare un salto all’indietro di dieci metri buoni. Atterrando sul sedere, Clary si chiese che diamine avesse combinato. Si fermò a guardare i due parabatai che combattevano in modo complementare. Jace agiva e Alec come un’ombra dietro copriva lo spazio che il biondo gli lasciava. Poi senza dirsi niente, Jace fece leva sulle mani di Alec e spiccò letteralmente il volo. Clary si meravigliò quando non uscirono due ali bianche dalle sue spalle, poiché Jace somigliava davvero ad un angelo.
Poi con crudeltà e precisione infilò l’ultima spada angelica al centro del dorso del mostro che era stato colto di sorpresa.
Dopo aver toccato di nuovo terra, Jace la guardò come per chiederle cosa mai le fosse preso. Ma alla fine fu Alec ad avvicinarsi e aiutarla ad alzarsi per tornare nel loro riparo a tracciare qualche iratze.
 
-“Ci vediamo fra un po’, Magnus” disse Simon voltandogli le spalle. Lo stregone lo guardò con un sopracciglio alzato.
-“Stai andando a cacciare, Sean? Potrei insegnarti a colpire uno scoiattolo se vuoi! Rientrerebbe nello spirito del campeggio, sai..” Simon si grattò la testa per evitare di mandare al diavolo lo stregone.
-“Stare con te è pesante dopo un po’. Senza offesa eh! Ma sentirti parlare tutto il tempo dei tuoi ex-fidanzati non è per niente interessante”
-“Bastava dirlo prima che te li elencassi uno ad uno. Avremmo risparmiato tempo e fiato” brontolò lo stregone accavallando le gambe.
Simon si sollevò il cappuccio della felpa, affondando le mani in tasca.
-“Forse dovremmo parlare, vampiro” disse Magnus alla fine.
-“Può aspettare?” chiese Simon che non aveva più intenzione di rimanere lì un minuto di più.
-“Riguarda tuo padre”
Simon si fermò come per dire allo stregone di continuare.
-“Si sta muovendo verso la Russia. Dici che va a trovare Dracula?” chiese Magnus.
Simon si voltò a guardare occhi-di-gatto, nascondendo le zanne che ogni tanto quando era arrabbiato scendevano giù, come a ricordargli chi era davvero.
-“Dracula sta in Romania, Magnus” disse e poi si camuffò nella notte.
 
Clary era seduta con le gambe rannicchiate contro il petto, fuori dal loro nascondiglio. In realtà non era proprio un nascondiglio, perché ci dormivano e basta, ma Clary lo considerava un rifugio dove sperava che Valentine non arrivasse mai. Durante la battaglia le era tornata in mente la runa che aveva disegnato sul Codice, come se quello fosse il migliore momento per disegnarla, ma Jace l’aveva scaraventata dall’altra parte del campo giusto perché un demone la stava per divorare. Non aveva ancora parlato da sola con Jace dopo quell’accaduto, non sapeva perché nel bel mezzo della battaglia si fosse fermata. Era rimasta completamente paralizzata perché la runa l’aveva sconvolta dall’interno. Che le stava succedendo?
Jace sembrava furioso quando l’aveva afferrata per un braccio e l’aveva letteralmente catapultata a dieci metri di distanza.
Ne era uscita indenne, con qualche graffio in via di guarigione.
In quel momento si trovava lontano dei ragazzi, ancora impegnati a tracciarsi rune a vicenda. Sapeva che le rune fatte dal proprio parabatai sono più forti, e si ritrovò ad essere gelosa di Alec. Perché lui poteva disegnare rune sulla pelle abbronzata di Jace, poteva sentirlo vicino come nessuno avrebbe mai fatto, poteva condividere con lui una parte della sua anima. Jace avrebbe sempre preferito il suo parabatai a chiunque.
-“Vado a fare due passi” disse Alec uscendo e  passandole accanto. Clary alzò lo sguardo, ma il Nephilim era già corso via con le lunghe gambe simili a quelle di Isabelle. La ragazza si chiese come facesse Alec a non voler riposare. Erano tre giorni che non dormiva. Mentre la notte Clary e Jace riposavano un po’ , Alec continuava ad uscire nella speranza che Isabelle saltasse fuori dal nulla.
-“Hai freddo?” chiese Jace sedendosi al suo fianco. La luna gli illuminava il viso e faceva brillare i suoi occhi dorati. Mentre Clary scuoteva la testa, Jace si sfilava la giacca per posarla sulle spalle della ragazza. Clary notò la mascella serrata del ragazzo, come se cercasse di trattenersi nel dire qualcosa.
-“Avanti, dillo!” disse Clary girandosi completamente verso di lui. Jace, invece guardava fisso qualcosa davanti a lui.
-“Dire cosa?”
-“Che sono un’incosciente” disse Clary stringendosi ancora di più le ginocchia al petto. Giocherellava con la punta delle dita con i lacci delle scarpe nere.
-“Tu… mi sono spaventato a morte. Non puoi capire tutte le cose che mi sono passate in quel momento, Clary. E’ stato uno degli attimi peggiori della mia vita. Io non ho paura per me stesso, è quello che faccio. Sono un cacciatore e vivo per combattere i demoni. Alec mi copre le spalle e si assicura che non lasci la pelle ogni santa notte, sul campo di battaglia. Ma quando tu eri lì, io…” Jace si passò una mano tra i capelli. Quando soffiò un alito di vento freddo, un ciuffo gli scivolò sulla fronte.
-“Tu cosa?” gli chiese allungando una mano per spostarglieli. Jace la fissò incredulo per un istante e poi le sorrise.
-“Tua madre mi avrebbe ucciso. Insomma, hai visto il suo sguardo quando abbiamo annunciato che saremmo partiti? Non so tu, ma io ho sentito tutte le parole cattive  che ha pensato e non ha detto. E’ stato… eccitante”
Clary alzò gli occhi al cielo.
-“Stai dicendo che mia madre ti eccita?” chiese sorridendogli di rimando. Jace buttò la testa all’indietro e scoppiò a ridere. La linea del collo formava un arco perfetto e Clary si ritrovò a desiderare baciarlo, morderlo e baciarlo ancora.
-“Vieni ti mostro una cosa” sussurrò al suo orecchio prendendola per mano. La portò a qualche passo dalla grotta e poco dopo la strattonò per farla accovacciare. Le loro ginocchia si sfioravano. Jace allungò un braccio per mostrare un fiore alla base di un albero. Fra le radici che sbucavano dal terreno, Clary notò un mazzo di fiori che si stavano aprendo.
-“Si chiama medianox. Si apre e poi perde i petali nel giro di un minuto. E’ la cosa più romantica che mi sia venuta in mente”
Clary conosceva la pianta, ma ad Alicante non ci aveva mai fatto caso se non altro perché sua madre le impediva di tornare a casa prima di mezzanotte. Ed ora eccola lì, con il ragazzo più bello che avesse mai visto e un fiore sul punto di morire.
-“E’ un po’ triste” disse la ragazza. Jace assunse un’aria ferita, ma Clary sapeva che non lo era davvero.
-“Non pensavo esistesse qualcuno più acido di me, invece devo ricredermi” disse Jace tornando a guardare il fiore. Clary si chiese se non si fosse offeso davvero. Però poi fu coinvolta totalmente dalla pianta che iniziava a perdere tutti i petali. Raggiungevano terra con una delicatezza inconsueta, come se fossero consapevoli del fatto che una volta toccato terra, sarebbero morti per sempre.
Non riusciva a capacitarsi di dover pensare che si vive per morire. Eppure non poteva pensare di amare qualcuno. A meno che quel qualcuno non fosse Jace Herondale.
Quando il fiore ebbe perso tutti i petali, Clary riportò lo sguardo su Jace e per la prima volta notò i suoi occhi guardarla davvero. Era così vicino che Clary distingueva le venature dentro l’iride. Sapeva che Jace avesse degli occhi meravigliosi, ma a quella distanza erano indescrivibili. Jace era indescrivibile.
Come se non avessero più tempo, un secondo dopo, Clary era già distesa per terra, sull’erba bagnata, con Jace sopra di lei. Le sue labbra morbide si schiusero. Il cuore di Clary le salì in gola.
Aveva il battito accelerato o del tutto fermo? Era un sogno o la realtà?
Jace rotolò sull’erba fino a quando non riuscì ad afferrare la nuca di Clary e infilare le mani tra i suoi capelli. Clary circondò il bacino di Jace con le proprie gambe, come se non volesse farlo scappare. Come se non potesse pensare che quel momento finisse. Fece scivolare le mani tra i suoi capelli biondi, che aveva sempre desiderato toccare e si abbandonò alla sensazione di sentirsi leggera come quei petali, ma con la consapevolezza che non si sentiva morire. Si sentiva più viva che mai.
-“Ma cosa diavolo…?” la domanda rimase in sospeso. Jace scattò in piedi, liberandosi facilmente dalla presa di Clary. La ragazza si passò un mano sulle labbra perché non riusciva a crederci.
-“Alec, noi… io…” Jace si avvicinò al parabatai che lo guardava con rabbia.
-“Mia sorella è dispersa chissà dove, abbiamo solo una notte di tempo per trovarla e voi la passate a baciarvi al chiaro di luna? Devo dire che è piuttosto romantico. Magari in un altro momento, in un’altra vita avrei persino potuto accettarlo.” Il cacciatore si voltò per entrare nella grotta con qualche passo , Clary non lo vedeva più. Jace si voltò a guardarla, negli occhi un residuo di desiderio, poi si voltò e corse dietro al suo amico nella speranza di placarlo.
 
Jace non poteva credere a due cose. La prima era che aveva appena baciato Clary, la seconda era che Alec li aveva sorpresi e si era infuriato.
A volte Jace pensava che si comportava come una ragazzina in preda a ‘quel periodo del mese’. Doveva assolutamente chiarire la situazione.
Quando fu dentro la grotta, il suo parabatai camminava avanti e indietro respirando profondamente. Jace non voleva disturbarlo nel momento in cui stava cercando di calmarsi, però sapeva anzi sentiva che Alec avesse bisogno di lui.
-“Potevi rimanere con lei” disse in tono sprezzante. Alec non lo guardava in faccia e la cosa stava per ferire a morte Jace.
-“No.” Disse semplicemente. Alec non si fermò. Sapeva che quando Jace si metteva in testa una cosa, avrebbe fatto di tutto pur di riuscirci.
-“Era il modo meno brutto per dirti che ho bisogno di stare da solo, Jace” disse Alec voltandosi di spalle. Jace notava che respirava come se avesse l’affanno. Non poteva pensare che stesse per piangere.
-“Alec, non c’è persona al mondo che possa capire questo momento meglio di me. Sento cosa provi, Alexander Gideon  Lightwood.” Al nome completo Alec si voltò a guardare l’amico. Non era più arrabbiato, era solo sconfortato e triste. E ancora triste.
-“Non riesco a pensare che non la troveremo, Jace. Ho bisogno di sapere che andrà tutto bene. Ho bisogno che tu me lo dica” Alec guardò Jace negli occhi e come sempre il blu profondo degli occhi di Alec si fuse con l’oro colato negli occhi di Jace.
Il biondo si avvicinò ad un passo dal suo parabatai. Quando erano così vicini, potevano sentire le loro anime prendersi per mano e stringersi forte. Ma ad un certo punto, Jace fece caso alla runa parabatai che aveva sul braccio. La sentiva bruciare. Alec soffriva e non era un dolore comune. Non era fisico, ma puntava dritto al cuore.
Jace si sentì in colpa per il bacio dato a Clary, anche se l’avrebbe rifatto altre cento volte.
Poi circondò il corpo dell’amico con entrambe le braccia. Alec si attaccò a lui, neanche ne ricavasse ossigeno vitale.
-“Andrà tutto bene” sussurrò più volte all’orecchio di Alec scosso dai singhiozzi. Jace non sapeva se facesse più male sentire il suo cuore andare a pezzi o essere partecipe del dolore dell’amico. In quel momento non avrebbe desiderato essere altrove. Per Alec ci sarebbe sempre stato.
 
Izzy fissava il buio oltre la finestra. Aveva smesso di piangere da un paio di minuti e ancora sentiva le guance e gi occhi impastati di lacrime. Avrebbe giurato di non avere più voce tanto aveva urlato, ma nessuno poteva sentirla. Sperava di svegliarsi da quell’incubo prima o poi. Sperava che guardando il Sole avrebbe scoperto di essere nel letto di casa sua avvolta nel suo piumone viola.
Peccato che fuori la Luna regnava da padrona nel cielo, anche se oscurata da piccole nuvole grigie. Ironia della sorte, proprio per chiarire che tutta quella situazione facesse schifo, non c’erano neanche le stelle.
Isabelle si accoccolò tra le sue stesse braccia, percorsa continuamente da brividi di freddo. Aveva indosso gli stessi abiti oramai sgualciti e sporchi di quando tre giorni e mezzo prima, era stata rapita. Si sentiva i capelli appiccicati al collo, benché profumassero del solito odore femminile. L’unica cosa che ancora non l’aveva fatta impazzire del tutto, a parte non vedere Jonathan dal giorni prima, era stata intrecciarsi i capelli e poi scioglierli. E via così per ore intere. Jonathan le aveva tolto le manette di ferro perché aveva notato il sangue intorno ai polsi, ma questo non era servito a calmare Izzy. Era ancora intimorita da tutto ciò che la circondava e l’ambiente intorno oramai puzzava di marcio. Inoltre, pur mentendo davanti a Jonathan, iniziava ad avere fame. Sentiva le labbra secche ed asciutte e lo stomaco brontolava come se stesse per organizzare una rivolta tra gli intestini.
Fuori Isabelle non distingueva bene le figure, un po’ per la stanchezza un po’ per il buio, ma era sicura di aver sentito un fruscio. Qualcuno si avvicinava con calma, come se fuori il tempo non dovesse correre. Si dilatavano i secondi e Isabelle avrebbe voluto urlare per farsi sentire.
Ma non aveva più voce e non sarebbe servito. Sarebbe scoppiata a piangere, ma si era promessa di non farlo mai più.
Socchiuse gli occhi e affinò lo sguardo, sforzandosi di distinguere i dettagli. Un ragazzo con le mani affondate nelle tasche fischiettava un melodia che Isabelle non conosceva. Aveva il cappuccio alzato ma Izzy riuscì a distinguere qualche ricciolo che sfuggiva sulla fronte.
Come se avesse sentito la sua presenza, il ragazzo si avvicinò fino a che Isabelle riuscì a vedere solo le scarpe. La ragazza trattenne il fiato e sgranò gli occhi scuri. Nessuno si era avvicinato così tanto, né mai nessuno era passato da quelle parti.
Poi due occhi carini e svegli spuntarono da un paio di occhiali scuri e squadrati.
Senza parole Isabelle ricambiò lo sguardo.
-“Presumo che tu abbia bisogno d’aiuto” disse. Isabelle lo guardò male, ma a quelle parole, a quella voce il suo cuore fece le capriole.
   
 
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