14/11/2013
2 recensioniVentisei Agosto Duemila Dodici
Fu il primo tocco delle campane e risvergliarmi, a farmi credere che tutto quello fosse vero; realmente accaduto a mio malgrado, e ancora mi maledicevo mentalmente per la mia completa assenza nei mesi precedenti. La gente mi passava accanto indifferente, non essendo a conoscenza dell’uragano di emozioni che si scatenava in me. Ed in fondo era ciò che volevo, mai e poi mai gliel’avrei data vinta. Mai e poi mai avrei lasciato che gli altri mi vedessero vulnerabile, Abilene non avrebbe vinto questa volta. Le sarebbe bastato poco per farmi riflettere, e pentire. Qualunque cosa io facessi lei avrebbe gestito la situazione a suo favore, tutto doveva essere in funzione di lei. Non si sentiva bene finchè un paio di occhi non le si posavano addosso, ma dopotutto era impossibile non notarla. Forse era per quello che mi sottomisi sempre di più nel corso degli anni, costantemente ero in suo potere. Era tutto ciò che potevo fare, in cambio avevo lei, che mi voleva bene e mi restava accanto proteggendomi. Forse non l’avrebbe mai ammesso così a pelle, ma mi voleva più bene della sua stessa vita. Era sempre stata quell’esempio da cogliere dalla mattina alla sera per me, e io ogni giorno la osservavo ammirandola. Nulla è il bene che le ho dato in confronto a ciò che lei ha fatto per me. E di questo mi pento amaramente, perché so che con me Abilene non ha ancora finito, che non mi lascerà in pace così facilmente. Lei non lascerebbe mai un lavoro incompleto, ed è per questo che mi ha stupito vivamente il mezzo da lei scelto questa volta. La morte.
Ventisei agosto Duemila Tredici
Abilene Stevens
Cinque Marzo Mille novecento novantatré- Venticinque Agosto Duemila Dodici
Fu il primo tocco delle campane e risvergliarmi, a farmi credere che tutto quello fosse vero; realmente accaduto a mio malgrado, e ancora mi maledicevo mentalmente per la mia completa assenza nei mesi precedenti. La gente mi passava accanto indifferente, non essendo a conoscenza dell’uragano di emozioni che si scatenava in me. Ed in fondo era ciò che volevo, mai e poi mai gliel’avrei data vinta. Mai e poi mai avrei lasciato che gli altri mi vedessero vulnerabile, Abilene non avrebbe vinto questa volta. Le sarebbe bastato poco per farmi riflettere, e pentire. Qualunque cosa io facessi lei avrebbe gestito la situazione a suo favore, tutto doveva essere in funzione di lei. Non si sentiva bene finchè un paio di occhi non le si posavano addosso, ma dopotutto era impossibile non notarla. Forse era per quello che mi sottomisi sempre di più nel corso degli anni, costantemente ero in suo potere. Era tutto ciò che potevo fare, in cambio avevo lei, che mi voleva bene e mi restava accanto proteggendomi. Forse non l’avrebbe mai ammesso così a pelle, ma mi voleva più bene della sua stessa vita. Era sempre stata quell’esempio da cogliere dalla mattina alla sera per me, e io ogni giorno la osservavo ammirandola. Nulla è il bene che le ho dato in confronto a ciò che lei ha fatto per me. E di questo mi pento amaramente, perché so che con me Abilene non ha ancora finito, che non mi lascerà in pace così facilmente. Lei non lascerebbe mai un lavoro incompleto, ed è per questo che mi ha stupito vivamente il mezzo da lei scelto questa volta. La morte.
Ventisei agosto Duemila Tredici
Abilene Stevens
Cinque Marzo Mille novecento novantatré- Venticinque Agosto Duemila Dodici
Fissavo la sua lapide in silenzio, pensando a quanto potesse sembrare bella pur essendo tale. Poggiai un giglio bianco sulla sua tomba, sempre senza fiatare, pensando quasi a quel silenzio paragonato ad una preghiera. Avevo precedentemente contato i petali del fiore, erano cinque, Abbi adorava quel numero, non avrebbe potuto essere altrimenti.
Flashback
”Amo questa canzone.” Abbi alzò con precisione il volume della radio, continuando a cantare a squarcia gola i versi della canzone.
”Abbi, posso farti una domanda?” per un po’ non rispose, completamente immersa in quella musica, ma mi aveva sentito, ne ero certa. Si girò verso di me sorridente, con sguardo fin troppo sicuro.
”Perché questa precisione quasi maniacale nel volume della radio?” sorrise beffarda e una volta finita la canzone risistemò il volume a ‘35’.
”Vedi Mckenna, non potrebbe essere altrimenti.”
Sorrise ancora ritornando a guidare tranquillamente, ignorando l’accaduto. Ma io sapevo del riferimento al numero cinque, dovevano essere multipli.
”Abbi, posso farti una domanda?” per un po’ non rispose, completamente immersa in quella musica, ma mi aveva sentito, ne ero certa. Si girò verso di me sorridente, con sguardo fin troppo sicuro.
”Perché questa precisione quasi maniacale nel volume della radio?” sorrise beffarda e una volta finita la canzone risistemò il volume a ‘35’.
”Vedi Mckenna, non potrebbe essere altrimenti.”
Sorrise ancora ritornando a guidare tranquillamente, ignorando l’accaduto. Ma io sapevo del riferimento al numero cinque, dovevano essere multipli.
Fine Flashback
Sentii una presenza affiancarsi a me, mi voltai incuriosita. Quel ragazzo che era stato seduto accanto a me al funerale di Abilene in prima fila, con la sua foto sorridente davanti. E pensare che c’ero anch’io in quella foto. L’avevamo scattata vicino ad un fiume, con una vecchia macchina fotografica in bianco e nero che avevamo trovato nella mia vecchia soffitta. Mia zia aveva tanto insistito, e la verità è che non puoi negare nulla ad una madre che ha appena perso un figlio. Per un anno mi ero portata dentro il dubbio su chi fosse quell’individuo. Ed era ora di scoprire, o meglio indagare, su uno dei tanti misteri di Abilene.
“Certe volte mi chiedo che sia successo” Rimasi spiazzata. Non mi aspettavo parlasse, tantomeno mi precedesse, e invece lo aveva fatto, riportando a galla quella domanda che tanto mi aveva torturato.
“E’ successo, credo sia quella la parte significativa.” Sorrise sospirando ragionando sulla mia risposta pronta, ancora guardando verso la lapide di marmo bianco. Ero stata io a scegliere le decorazioni, o almeno quello splendido colore, che mi ricordava tanto la libertà e la purezza. E non c’era persona più libera che io conoscessi di Abilene.
“Davvero non vorresti sapere la verità?” questa volta il ragazzo si girò verso di me, fissando i suoi occhi nei miei. Ero solita a pensare prima di dare una risposta concreta, quindi, anche questa volta, ci riflettei sopra.
“Più di qualsiasi altra cosa.” Sorrisi debolmente dando un’ultima occhiata al giglio posato lì, soffice, leggero, e terribilmente candido. Feci per andarmene, ma il ragazzo mi bloccò sfiorandomi. Sentii come un piccola scossa e i brividi percorrermi la schiena. Subito ritrasse la mano, con uno sguardo strano, era come se sapesse di aver commesso un errore fatale.
“Harold Edward Styles.” Sorrise cercando di rimediare a qualunque cosa avesse fatto poco prima.
“Mckenna Peterson.” Suonava molto strano quel cognome, sembrava aver perso significato ora che Abbi non c’era più, ora che il vero motivo per cui mi chiamavo così era morto.
Camminai tra le altre tome, con la ghiaia che si sfregava sotto i miei piedi.
“Certe volte mi chiedo che sia successo” Rimasi spiazzata. Non mi aspettavo parlasse, tantomeno mi precedesse, e invece lo aveva fatto, riportando a galla quella domanda che tanto mi aveva torturato.
“E’ successo, credo sia quella la parte significativa.” Sorrise sospirando ragionando sulla mia risposta pronta, ancora guardando verso la lapide di marmo bianco. Ero stata io a scegliere le decorazioni, o almeno quello splendido colore, che mi ricordava tanto la libertà e la purezza. E non c’era persona più libera che io conoscessi di Abilene.
“Davvero non vorresti sapere la verità?” questa volta il ragazzo si girò verso di me, fissando i suoi occhi nei miei. Ero solita a pensare prima di dare una risposta concreta, quindi, anche questa volta, ci riflettei sopra.
“Più di qualsiasi altra cosa.” Sorrisi debolmente dando un’ultima occhiata al giglio posato lì, soffice, leggero, e terribilmente candido. Feci per andarmene, ma il ragazzo mi bloccò sfiorandomi. Sentii come un piccola scossa e i brividi percorrermi la schiena. Subito ritrasse la mano, con uno sguardo strano, era come se sapesse di aver commesso un errore fatale.
“Harold Edward Styles.” Sorrise cercando di rimediare a qualunque cosa avesse fatto poco prima.
“Mckenna Peterson.” Suonava molto strano quel cognome, sembrava aver perso significato ora che Abbi non c’era più, ora che il vero motivo per cui mi chiamavo così era morto.
Camminai tra le altre tome, con la ghiaia che si sfregava sotto i miei piedi.
Angolo autore:
Ciao a tutte! Questa è la prima fan fiction che pubblico su efp
Spero vi piaccia, avanti con le recensioni
-Gre xx