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Autore: Lullaby_Esteimer    15/11/2013    3 recensioni
Dal capitolo 9 :
- Ti prego, Christian ascoltami. Io non volevo allontanarmi da te, ma sono stata obbligata... – gli parlavo con sincerità, ma lui non si degnava neanche di guardarmi negli occhi.
- Perché sei stata obbligata? - si era girato verso di me, ma ancora non mi guardava in faccia.
Ho incominciato a gironzolare lì intorno, cercando una spiegazione: - Perché...- non la riuscivo a trovare, l'unica cosa era dirgli la verità, anche se dopo mi avrebbe evitato per sempre, allora mi sono girata, dandogli le spalle e ho incominciato a parlare tutto d'un fiato – perché non riuscivo a sopportare l'idea che tu e Jane eravate fidanzati, anzi siete. Ero gelosa di lei, perché tu.... - mi sono voltata, ma nel farlo sono inciampata su una scarpa e gli sono finita addosso.
Ci siamo ritrovati tutti e due a terra, io sopra e lui sotto. Eravamo attaccati l'uno all'altra, i nostri visi si sfioravano, ma soprattutto le nostre labbra si sfioravano. Potevo sentire il suo profumo, il suo respiro.
-..perché mi piaci – gli ho detto a bassa voce, poi ho appoggiato le mie labbra sulle sue.
Storia d'amore tra una secchiona timida e insicura e.....
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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UNA NUOVA VITA

 

Aspettavo da tanto tempo, troppo tempo questo momento. Avevo trascorso giornate al cellulare o davanti ad una webcam, e avevo passato notti insonni quando lei si dimenticava di chiamarmi o aveva troppo da studiare per farlo. Non sentire la sua voce, soave, morbida e leggera, almeno una volta al giorno era straziante, la giornata non passava mai se lei in qualche modo non era presente.

Ad ogni rara video chiamata mi veniva da piangere, la vedevo ma non la potevo toccare. I suoi capelli soffici, le sue "guanciotte paffuttose e morbidose" (come diceva lei), i suoi occhi penetranti, sempre brillanti alla mia vista, che mi facevano sconfinare in un mondo magico e surreale, le sue labbra di fata, allo zucchero filato, che mi trasportavano in un'esistenza parallela, tutto di lei mi mancava.
La relazione a distanza era stata molto difficile, soprattutto per via degli amici diffidenti:- Ma ti fidi? Guarda che quella là ogni sera va in discoteca e poi si porta a casa qualcuno.
- Finiscila, non ti puoi fidare. Fa la faccia da angelo con te e poi se la spassa con tutto il mondo quando non ci sei.
Io non li ascoltavo, mi fidavo ciecamente di Lullaby. Leggevo nei suoi occhi che non mi mentiva. Lo so che la distanza era difficile da sopportare, ma il mio amore era così grande che sarebbe anche potuta andare sulla Luna per 10 anni senza telefono o mezzi di comunicazione vari. Io l'avrei aspettata comunque, anche se sarebbe stato molto difficile.
Quel giorno era speciale, anzi era IL giorno speciale: finalmente l'avrei rivista, l'avrei abbracciata e, consideratemi anche un po' superficiale, ma credo che è quello che tutti vogliono, l'avrei baciata dopo quel "Arrivederci" di tre anni prima.
Ero rimasto tutta la notte sveglio: l'agitazione aveva preso il controllo del mio corpo e non riuscivo a stare fermo, inoltre avevo paura, non so bene di cosa, forse di non trovare la reazione aspettata, oppure di vederla con un altro o, la peggiore, di non vederla proprio. Ci sarei rimasto malissimo se mi avesse detto un orario sbagliato per non incontrarmi, sarebbe stato ancora peggio di vederla fidanzata. La volevo vedere, anzi, la DOVEVO vedere a tutti i costi.

 

Il volo atterrava alle 11, a Bologna. Dopo essermi rigirato nel letto un miliardo di volte, ho deciso di alzarmi, anche se erano ancora le 7,30. Piano piano ho iniziato a prepararmi, ho sistemato la sorpresa, il regalo che le volevo dare e circa alle 9,30 sono uscito. Si meritava dei fiori, un bel mazzo di rose rosse, non gliene avevo mai regalate prima d'ora. Sarebbe di certo rimasta senza parole.

 

10,45
Ero appena arrivato all'aeroporto ed ero molto molto agitato. Le mani mi sudavamo, le gambe riuscivano a malapena a sostenere il mio peso, il respiro aumentava sempre di più e la tensione non era da meno. Però anche le persone attorno a me erano nello stesso mio caso: andavano avanti e indietro per la sala, si sfregavano le mani molto frequentemente, c'era chi piangeva in silenzio, oppure chi si disperava. Ma c'era soprattutto un grande brusio, c'era una notizia che stava correndo da una persona all'altra e che portava la disperazione. Cosa stava succedendo? Cosa diceva questa notizia che correva?

Mi sono avvicinato ad uno dei tanti sconvolti e ho chiesto spiegazioni. Avrei dovuto non farlo.
- Oh, ragazzo, non puoi capire. Il mio amore, il mio unico amore. Era andata a trovare i genitori e guarda che disgrazia che è successa. E avevo appena scoperto che era incinta. Anche il nostro bambino. Perché Signore, perché?? Era una brava persona, aspettava un bambino, non si meritava questo. Perché non hai preso me al suo posto?!?! - il signore continuava a parlare, a piangere ed io non ero ancora riuscito a capire cosa era successo, ne ero del tutto ignaro, oppure volevo esserlo, volevo non capire per paura che la brutta ipotesi che mi era venuta in mente fosse una vera. Questa volta sono andata da una donna, seduta in disparte, una delle poche che non era diventata una fontana vivente.
- Mi scusi potrebbe dirmi cosa è successo?
- Perché non hai sentito?!!!?? A quanto pare un volo proveniente da Londra e che arrivava a Bologna alle 11 credo, non ne sono sicura, ha avuto un problema al carburante ed è, come posso dire, "scoppiato", anche se il termine non è molto appropriato. Si sono già registrati una cinquantina di morti, e tra questi c'erano quaranta dei sessanta italiani presenti su quel volo. Fortunatamente, se così si vuol dire, al momento dell'incidente il volo era appena partito, se no sarebbero morti tutti. Comunque è stata una tragedia, ragazzo mio, una tragedia - la signora continuava a parlare, anche se io avevo smesso di ascoltare tutto il discorso quando aveva detto che l'aereo della mia Lulu era "esploso", sono riuscito a capire poi solo che quaranta su sessanta italiani erano morti. Adesso capivo la disperazione degli altri, le lacrime, le urla, la paura, lo sconforto...perché tutte quelle cose le provavo anch'io. Sono caduto a terra, le gambe non reggevano più niente, le lacrime sono scese spontaneamente sul mio viso, senza che io me ne accorgessi. Non mi importava passare inosservato, tanto non ero l'unico che si comportava così.

 

Erano passate alcune ore ma non ci era arrivata neanche una minima informazione sull'accaduto. Ma forse era meglio così. Il dolore regnava, ma c'era ancora una piccola fetta di speranza nell'aria. C'erano ancora 20 italiani vivi e ogni persona sperava fosse colui o colei che aspettavano. Anch'io ero uno di quelli, mi vergogno ad ammetterlo: speravo che fosse morto qualcun altro al posto della mia Lullaby. Lo so, è brutto da pensare, ma ero distrutto, sconvolto e quello schifoso pensiero mi tratteneva dal finire la mia vita in quell'istante. Comunque si sarebbero scoperto tra qualche ora chi era sopravvissuto, io avrei aspettato quel momento con molta pazienza.

17.13
Ero da più di sei ore in quell'aeroporto e, se ci fossi stato per un'altra ora sarei scoppiato. L'aereo era atterrato, adesso bisogna aspettare di vedere i passeggeri. Intanto erano arrivati giornalisti, televisioni, anche importanti e questo aveva un po' scombussolato la tristezza in quella stanza. C'era chi piangeva e si confessava alle telecamere, chi piangeva ma non voleva essere registrato e poi chi, come me, soffriva in silenzio, in modo da sembrare esteriormente estraneo alla situazione circostante.

 

Ecco, era arrivato, il momento che mi avrebbe reso enormemente felice o triste, era un rischio che dovevo correre, per non avere il rimorso per tutta la vita. I "sopravvissuti", così li chiamavano i media, stavano uscendo da quel corridoio: volti sconvolti, tristi, stanchi, in lacrime, ma per me erano tutti volti sconosciuti. Guardavo il gruppo di persone con molta attenzione, cercando di trovare lei, la sola e unica. Più le persone aumentavano, più l'agitazione cresceva e la speranza diminuiva. Alla fine, dopo aver tanto aspettato, dopo aver passato una notte insonne, dopo aver pianto per 6 ore consecutive, ecco, il gruppo era finito, non usciva più nessuno da quel corridoio. Mi sono guardato in giro, forse non avevo osservato abbastanza attentamente, forse lei era tra quella gente, ma non l'avevo vista. Attorno a me c'era la dura verità: alcune persone ridevano, scherzavano piangevano per la gioia di aver riabbracciato i loro cari e poi c'era chi, come me, incredulo, stordito e sconvolto, si guardavano intorno per cercare colui o colei che in realtà non c'era più. Mi sono appoggiato un attimo al muro, ho tirato fuori il cellulare cliccando vari punti sullo schermo, cercando di sembrare indifferente. Non lo guardavo neanche, anzi, fissavo chi era felice, almeno in questa tragedia c'era qualcuno che l'aveva scampata. Ho abbassato un attimo lo sguardo, non volevo apparire debole, e ho visto che c'era un nuovo messaggio. L'ho aperto. Era di Lullaby.

15-07-16
ore 10.40
“TI AMO CHRISTIAN, SPERO SOLO CHE NON SIA TROPPO TARDI PER DIRTELO”

La mia Lulu, la mia Lullaby, la mia Ylenia, la mia vita era morta su quell'aereo. Le lacrime cominciarono a scendere, forsennatamente, coprendo tutto il viso. Non riuscivo a fermarle, non ne avevo la forza. Non aveva più senso vivere, non più, senza di lei. Quella sorpresa che avevo in serbo per lei, quell'anello, quella promessa, non avrei più l'occasione di chiederlo, di chiederle di sposarmi. Mi sono accovacciato a terra, con la testa tra le gambe. Pensavo. Pensavo a ciò che avrei fatto adesso e ciò che non avrei potuto più fare, quando una mano mi ha scompigliato i capelli. Non avevo voglia di parlare con qualcuno, almeno non adesso.
- Perché piangi? - era una voce soave, pacata, dolce e familiare. Mi ridava vitalità, mi faceva sentire a casa. Ho alzato gli occhi e l'ho vista. Nulla era cambiato, forse un po' di occhiaie in più, ma non mi interessava. Lo stesso sorriso, lo stesso profumo, la stessa voglia di vivere, la stessa Lullaby. Era davanti a me e non riuscivo a crederci.


 

 

"Questa maledetta fila non ci voleva, adesso rischio di perdere il volo" ero arrivata in ritardo al check-in e stavo aspettando da una mezz'oretta buona. Questa proprio non ci voleva, era già un miracolo se riuscivo a salire sull'aereo. La fila scorreva velocemente, ma c'era così tanta gente che anche se fosse andata a 200 km all'ora, ci avrei messo non ore, ma secoli. La mia solita fortuna.
Passato il check-in, dovevo trovare il mio volo, cosa impossibile per una sola persone nell'aeroporto immenso di Londra, già mi ero persa all'andata, non volevo farlo anche al ritorno. Ho girato un po' in giro, seguendo la grande massa di persone e fortunatamente sono arrivata prima che chiudessero le porte.

C'era abbastanza gente sulla navetta che portava all'aereo, ma nessuna di loro è scesa con me, forse ero veramente l'ultima, chissà che posto mi sarebbe capitato.
Appena accomodata al mio posto, mi sono messa a fissare fuori dal finestrino, guardavo le formiche che non si vedevano più, le persone che diventavano formiche, le case che diventavano formiche e le nuvole coprivano tutte queste formiche fortunatamente, non mi piacciono molto le formiche.
Le persone attorno a me incominciavano a bisbigliare molto rumorosamente, per quel che ho capito sentivano puzza di bruciato, il che era vero. Quando l'altoparlante ci ha invitato alla calma perché c'era solo un piccolo guasto tecnico, si sono messi ad urlare, disperarsi e le parole dolci delle hostess non miglioravano la situazione. Anch'io mi sentivo agitata, preoccupata, quasi in pericolo, allora ho preso il cellulare e ho mandato un messaggio a Christian.

“TI AMO CHRISTIAN, SPERO SOLO CHE NON SIA TROPPO TARDI PER DIRTELO”

Doveva saperlo e se mi fosse successo qualcosa, non mi sarei mai perdonata il fatto di non averglielo mai detto.
Poi una luce a incominciato a lampeggiare, sono scese delle mascherine dall'alto e all'improvviso è scoppiato un incendio. Il cellulare mi è caduto a terra per lo spavento. Tutti i passeggeri si sono messi ad urlare, a piangere. Io guardavo allibita il tutto. C'erano delle persone che stavano andando a fuoco, tra questi c'era chi rimaneva fermo e sarebbe rimasto così per sempre, altri si diramavano e urlavano per il dolore. Io fissavo una donna incinta, ferma, immobile nel suo posto a fianco al finestrino. Anche lei mi fissava e sorrideva. Poteva sembrare che si fosse arresa perché non cercava di spegnere il fuoco come gli altri, in realtà era felice e vittoriosa, lo vedevo nei suoi occhi, come se in quel momento avesse capito cos'era la vera felicità. Mi ha detto qualcosa, ma non ho mai capito bene il labiale. Sono riuscita a comprendere soltanto "Dici a......questa....sua figlia......sono felice". Io ho sorriso e ho annuito, anche se non sapevo di quale bambina stava parlando.
Ho provato a pensare se fossi stata io nel suo caso, se fossi stata io in quel posto, sarei riuscita a trovare felicità come lei, o avrei rimpianto di non aver vissuto una vita soddisfacente.

Si pensa a queste cose, solamente quando non le si ha più. Potrai fare una vita fantastica, piena di amore, amici e fama, ma dirai sempre che non è abbastanza, che è brutta, ma quando sei arrivato al momento che tutti temono, solo in quell'istante penserai che in realtà è stato tutto fantastico, che era ciò che volevi.

Ho ripensato al messaggio che avevo appena inviato: si, l'avrei trovata anch'io la felicità, anzi l'avevo trovata adesso. Avrei vissuto ogni singolo secondo, ogni attimo, per tutte le persone che non ce l'avevano fatta, in ricordo loro.
Intanto le fiamme si diramavano per l'aereo. Le persone si alzavano in piedi, cercavano di scappare, anch'io ero tra loro. Intanto le hostess, sedute nei primi posti, ci invitavano alla calma, anche se non funzionava molto. Il panico regnava e se ero riuscita a sentire bene dalle chiacchiere attorno a me, l'aereo stava atterrando.

Tutti i passeggeri si erano accalcati nella parte iniziale dell'aereo: non si riusciva più a respirare, sia per la folla che per il fumo e in più a complicare la situazione, c'erano anche alcune turbolenze.

Avevo paura, ma non ero tanto terrorizzata, perlomeno non per me, ero più preoccupata per gli altri: c'erano anche alcuni bambini e dei giovani sul mio volo e secondo me, avevano più diritto loro di continuare a vivere che io. Mi scoppiava la testa, mi veniva quasi da piangere per la disperazione: non riuscivo a vedere così tanta gente soffrire, scrutare quelle persone immobili sui sedili travolti dalle fiamme, fissare i loro occhi chiusi e le loro espressioni doloranti, che non sarebbero mai più cambiate.
 

Il tempo non passava più: le fiamme si avvicinavano sempre di più e l'aereo non era ancora atterrato, forse se partivamo dalla Luna, saremmo stati più veloci. Era un'agonia, avrei voluto soltanto chiudere gli occhi per non vedere più niente, basta tristezza e basta dolore; tapparmi le orecchie, per non sentire più urla, pianti e quelle stupide frasi fatte delle hostess e, infine, non respirare più dal naso, l'odore di fumo, di 'bruciato', quello acre del sangue, non li volevo più percepire. Volevo teletrasportarmi in un'altra situazione, in un altro luogo, forse anche per egoismo, perché non volevo morire adesso, ma più che altro perché avevo la morte a pochi passi da me ed era uno strazio continuare a vederla.
All'improvviso l'aereo si è mosso violentemente, eravamo a terra, ora bastava solo uscire, la parte più difficile. L'unica uscita libera dalle fiamme era la porta iniziale, ma il fuoco stava per arrivare, avevamo pochi minuti per scappare. Lo sportello si è aperto e tutti vi si sono precipitati, spintonando, calciando, tirando a i capelli, fregandosene degli altri passeggeri e pensando solo a sé. Io non ero riuscita a cogliere l'attimo e mi ero ritrovata in fondo alla fine, c'era solo una bambina dietro di me. Lei non si muoveva e, guardando la donna che mi aveva sorriso, piangeva.
- Hey, non fare così. Non è ancora detta l'ultima, può succedere di tutto. Dai andiamo.
- No - disse tra i singhiozzi - voglio rimanere qui con lei.
- Ma avrebbe voluto che almeno tu ti fossi salvata, dai, vieni. Non farlo per me, fallo per lei - mi ha guardato con io viso rigato dalle lacrime. I suoi occhi erano gonfi e le guance tutte rosse. Io ho cercato di fare il sorriso più dolce che potevo e c'ero riuscita perché poi mi ha dato la mano e ci siamo dirette verso l'uscita.

C'erano ancora abbastanza persone prima di noi: a quanto pare la loro fretta, cattiveria e egoismo non avevano portato a nulla, anzi, eravamo ancora più in pericolo.
Persona dopo persona, un nuovo sopravvissuto da buttare in pasto ai media e alla fine era arrivato il nostro turno quando la bambina urlò:- Il mio zaino, è lì, lo devo andare a prendere, ci sono tutte le cose di mia mamma.
- Tu vai avanti, lo prendo io - lei mi ha sorriso ed è uscita. Non potevo mandarla, rischiare che perdesse la vita, no, la dovevo presentare a suo padre, l'avevo promesso.
Ero rimasta solo io su quell'aereo. Il rumore del fuoco rimbombava nella mia testa, l'odore di sangue mi pizzicava il naso e le anime dei defunti mi colpivano al cuore. Lo zaino era su un sedile in una delle prime file. Era quasi ricoperto dalle fiamme, ma l'ho preso lo stesso, non potevo uscire fuori senza averlo. Ho stretto i denti, non pensando al dolore e non guardando il mio braccio. L'ho afferrato e sono corsa subito via, rischiando anche di scivolare.
Quando ho visto il cielo, gli edifici, la terra sotto i miei piedi, ho capito che ce l'avevo fatta.

Erano passate alcune ore dall'accaduto e finalmente, dopo quella sosta interminabili nell'aeroporto dove eravamo atterrati e per trovare un volo dove farci salire, eravamo arrivati a Bologna. Io e Natasha, così si chiamava la bambina, ci eravamo un po' staccati dal gruppo perché l'ustione di primo grado al braccio mi causava alcuni problemi, ma niente di allarmante, infatti, dopo la medicazione, mi avevano subito lasciato stare, avevo problemi più grossi del mio.
Quando gli altri hanno girato l'angolo, si è sentito un boato, forse c'era molta gente ad aspettarci, chissà se c'era ancora Christian.
Dopo alcuni minuti siamo entrati anche noi nella grande stanza. C'erano giornalisti, telecamere, persone su persone, sembravano migliaia. Mi guardavo attorno alla ricerca del mio fidanzato, ma era praticamente impossibile trovarlo tra tutta quella gente. Poi ho visto davanti a me, accovacciato vicino al muro, c'era una persona che gli somigliava. Gli sono andata vicino e ho visto che stava piangendo.
- Perché piangi?
Lui ha alzato la testa e, appena mi ha riconosciuto, mi si è buttato addosso ed è scoppiato di nuovo a piangere.
- Io ero venuto tranquillo e spensierato...poi mi hanno detto che l'aereo era scoppiato...poi tutta questa negatività...tutti che piangono...e quando sono passati gli altri tu non c'eri...pensavo...pensavo... - diceva frasi sconnesse e riuscivo a capire la metà delle parole perché parlava con le lacrima agli occhi, ma comunque sapevo cosa dire.
- Pensavi male, stai tranquillo. Adesso sono qui e ci resterò per sempre - lui si è avvicinato per baciarmi ma io ho girato la testa, rivolgendola verso Natasha, era pur sempre una bambina.
- Lei è Natasha, era sul mio stesso volo. Noi dovremmo cercare suo padre, ma lui non sa di esserlo perché è complicato, te lo spiegherò più tardi. So solo che lui è venuto qua per sua moglie che era incinta e adesso lei...- mi sono fermata, Christian aveva capito - hai qualche idea su chi sia?
Io non sapevo niente e tranne che aveva anche questa figlia 'nascosta', ma lui non ne era a conoscenza, quindi non mi sarebbe servito a niente per trovarlo.
- Si, credo di sì - si è asciugato il volto con il palmo della mano e si è alzato - seguitemi.
Ci ha portate da un uomo, con la testa chinata verso il basso. Piangeva. Ok, speravo fosse lui, adesso bisognava soltanto spiegargli l'accaduto nel più dolce modo possibile.
- Ciao, scusa il disturbo. Tu non ci conosci, ma noi si. Eravamo su quel volo e io ho fatto una promessa a tua moglie. Questa è Natasha, non so se lei te ne abbia mai parlato. Lei...lei...è tua figlia - il suo volto era incredulo, ma io sono andata avanti - quando tu e tua moglie vi siete lasciati 6 anni fa, lei era incinta, ma non ha detto niente, poi, quando vi siete rimessi insieme, l'ha lasciata da sua sorella. Te l'avrebbe voluta far conoscere - è scoppiato a piangere, non avrei dovuto usare il condizionale, ormai era fatta, l'aveva capito - mi ha detto che avrebbe voluto che tu l'accettassi della tua famiglia per quello che è, tua figlia - in realtà non mi aveva detto niente del genere, ma era l'unico modo per convincerlo e più o meno ci ero riuscita: lui continuava a piangere e lei lo abbracciava, sempre piangendo. Comunque, se l'avrebbe trattata male, Natasha mi avrebbe contattato in qualche modo, le avevo promesso che l'avrei aiutata.
- Un'ultima cosa. Sappi solo che era felice, che finalmente era felice - mi sono girata verso Christian che mi abbracciava e sorrideva. Anch'io ero felice.

Eravamo nel parcheggio e ci stavamo incamminando verso l'auto, quando Christian si è fermato davanti a me, bloccandomi la strada.
- É da mesi che penso a questa cosa. Avrei voluto farla lì dentro, ma la bambina, i giornalisti, voglio che sia speciali e in quella situazione non lo sarebbe stato, ma adesso...- era molto agitato: guardava a terra, si sfregava le mani, balbettava un po'. Cosa voleva fare? Poi si è inginocchiato, a preso una scatolina dalla tasca e ho capito - Lullaby, mi vuoi sposare?
É una sensazione difficile da descrivere, è un'emozione fortissima, non ci sono parole per spiegarlo.
Quando me lo ha detto gli sono saltata addosso, rischiando di far cadere l'anello e ho annuito.
Il mio sogno era stato realizzato.


9 mesi dopo
Percorrevo la navata con un sorriso a 32 denti stampato in faccia e già le lacrime agli occhi, mentre guardavo il mio futuro marito con gli occhi dell'amore.
La nostra battaglia, anzi la mia battaglia era stata lunga e dura, piena di peripezie, momenti di sconforto, paura, terrore e anche felicità. Il mio miglio verde, la prima presa di coraggio contro Morena e Taylor e la successiva ora in palestra con Christian, il giorno di Halloween e quel bacio tra lui e Jane. Poi la litigata per i posti e quel successivo primo bacio in palestra, non scorderò mai quel momento. Dopo è arrivata Ylenia, la coppia con Michael nella realtà e con Christian su facebook. Poi le vacanze di Natale a casa sua, indimenticabili e quel 31 dicembre, anche questo indimenticabile, ma in senso negativo. Lì, è stata la prima volta in cui ho visto David e non l'ultima: dopo alcune settimane dal litigio con Michael per non avergli detto della nuova sistemazione nelle vacanze natalizie, ci eravamo messi insieme. Lui era speciale, gentile e dolce, forse troppo dolce. In realtà erano tutte scuse, io volevo Christian dal principio ed anche dopo la confessione di Ylenia, la caduta dal top flip, Morena e Taylor che si mettevano in mezzo, nonostante tutto io ero riuscito ad averlo, ad avere la mia vittoria. Quel cartellone appeso all'ingresso della scuola ne era la prova. E da allora niente e nessuno ci ha separato, il viaggio, quei tre anni di lontananza, quel volo di nove mesi fa. Il destino, il fato ci aveva messo alla prova con mille sfide, ma non per farci lasciare, servivano a capire i nostri veri sentimenti l'uno per l'altra perché eravamo riusciti a superare tutto, a sconfiggere anche la morte.

Io lo amavo e lui mi amava grazie a tutto ciò che era successo, forse, se le cose non fossero andate così, ora non saremmo insieme, non ci saluteremmo neanche, ma (solo ed esclusivamente in questo caso, adoro il 'ma') era accaduto tutto ciò che serviva per rendere il mio presente reale, per rendere noi due reali.
I miei pensieri si erano divulgati così a lungo che era quasi finita la cerimonia, mancava solo il fatidico "Lo voglio".
- Vuoi tu, Lullaby Rossi, prendere il cui presente Christian Blue come tuo legittimo sposo per...- il prete continuava ma io sapevo già cosa rispondere e non vedevo l'ora di farlo.
- Lo voglio - ho risposto appena finito con tutta quella moltitudine di parole.
Dopo aver sentito il suo 'Lo voglio' sono scoppiata a piangere, le avevo trattenute troppo a lungo.
- Vi dichiaro ufficialmente marito e moglie. Può baciare la sposa.
Quel bacio di certo non era il più appassionato, il più rovente, il più movimentato, ma è stato il più bello ed emozionante della mia vita, così fantastico che non me lo ricordo neppure. Mi ricordava il vuoto, però era pieno di felicità e amore questo vuoto.
Questa era la mia vittoria! Con un semplice contatto, senza movimenti complessi, senza mosse strane, era stato indimenticabile.

Dall'infelicità, dalla tristezza, dal dolore, dalla solitudine, da quel quasi suicidio, il tintinnio del coltello non rimbombava più nella mia testa: ero finalmente felice, non per aver un fidanzato, anzi un marito, degli amici o robe simili. Ero felice perché avevo ritrovato me stessa, l'unica e vera Lullaby, che si era persa tra timidezza e sconforto. Ora ero di nuovo io e non avevo paura ad ammetterlo.
 

Questa è stata la mia più grande vittoria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SPAZIO DELLA SCRITTRICE

Allora, questa è l'ultima volta, ragazzi l'ultimo capitolo, l'ultimo spazio della scrittrice, mi viene quasi da piangere. Grazie, grazie a tutti per aver letto la mia storia, per averla messa nelle seguite, nelle ricordate, nelle preferite e per averla recensita. Grazie a tutti, siete stati sempre con me, anche dopo quella lunga pausa in estate, anche dopo le promesse non mantenute, anche quando scrivevo quei capitoli senza emozioni e striminziti. Volevo premiarvi un capitolo bello lungo, più del solito e ci ho messo tanto tempo perché volevo scrivere tutto perfettamente. Vi ridico ancora grazie, non mi stancherò mai di ripeterlo. Siete stati importantissimi e per chi volesse scrivere una ff, ma ha paura di farlo, io vi consiglio di farlo, mandare a quel paese la paura e pubblicare i vostri pensieri. Questa è un'esperienza stupenda, la consiglio a tutti. Comunque ritornando alla storia, vi è piaciuta? Qual è stata la vostra parte preferita in assoluto? Quella che vi è piaciuta di meno. Ancora grazie, grazie, grazie. Vi adoro.

L'ultimo Baci baci

L'ultima More <3

  
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