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Autore: Shainareth    26/04/2008    7 recensioni
[Mai HiME - anime] Il cosiddetto HiME Sentai si era infatti riunito alla stazione ferroviaria, pronto per una trasferta, o per meglio dire, per una piccola gita di due giorni in un paesino di montagna. Insomma, cosa c’era di meglio di un weekend da passare tutte insieme alle terme per cementare la loro neonata amicizia?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Ed eccoci giunti all'epilogo. Spero di essere stata in grado di soddisfare le vostre aspettative, o quanto meno di essere riuscita a farvi divertire un po'. ^^
Cisca90: Sì, sì! Giuro che sono una fan di Takeda! Perché, non si vede? XD
Hinata_chan: Takeda sopravviverà, non temere! XD Ad ogni modo la penso come te: forzare una storia per poterne allungare il brodo non è una cosa saggia, anzi... ^^; E' anche per questo che mi attengo all'idea originale e metto la parola fine al termine di questo capitolo.
NicoDevil: Sulla Takeda/Natsuki sto facendoci più di un pensierino, ma le idee non sono ancora abbastanza mature da permettermi di scriverci su in maniera dettagliata come sulla Takumi/Akira, purtroppo. Intanto mi auguro di cuore di poterti risollevare il morale con l'epilogo della fanfiction. ^*^
AtlantisLux: Oddio, ti prego! Tutto ma NON Nagi che canta! Mi si accartocciano le orecchie tutte le volte che riguardo la puntata numero 16 dell'anime! XD Grazie infinite per gli auguri, cara! ^*^
Gufo_Tave: LOL! XD L'associazione Shizuru/Eva 01 è fantastica! XD Poi abbiamo comunque Miyu (che però non compare in questa fanfiction) che è adattissima per ricoprire il ruolo del First Children... e volendo Youko potrebbe farci da Ristuko, che ne dici?
Infine, per l'ultima volta in questa fanfiction, vi auguro una buona lettura! ^^





HiME Sentai

 

 

CAPITOLO SETTIMO

 

«Per l’ennesima volta: non sono gay!» sbottò, furiosa come mai lo era stata prima di allora.

   Seduta proprio di fronte a lei, Midori sghignazzò sotto i baffi, si portò la fiaschetta di sakè alle labbra e ne bevve un sorso. Quindi si passò il dorso della mano sulla bocca e domandò: «Ma ne sei proprio sicuro?» Akira sbuffò, alzando gli occhi al cielo con fare esasperato. «Sai, te lo chiedo perché ti si vede sempre e solo in compagnia di Takumi-kun» si giustificò l’altra, senza però avere un’aria mortificata in volto.

   «Midori-chan!» la riprese Mai, avvertita solo allora da Shiho che la donna stava torturando i nervi della povera Okuzaki, insinuando al contempo cose poco gentili su suo fratello. Ricadde in ginocchio accanto all’insegnante e la fissò con rimprovero. «Ti ho detto mille volte che non è come pensi!»

   «Dici?»

   Miss Ottantasette Centimetri la ignorò e si rivolse alla kunoichi. «Akira-kun, ti prego di perdonarla. E’ solo che Midori-chan è una gran casinista, e così…»

   «Veramente anch’io ho sentito voci strane su Takumi ed Akira» intervenne Mikoto, seduta poco distante, masticando degli yakitori che si era precedentemente fatta portare da una delle inservienti che stavano ancora servendo un pasto caldo ai poveri turisti scandinavi – i quali finalmente avevano trovato un punto d’accordo con la padrona di casa grazie anche all’arrivo di una guida turistica che abitava nei paraggi e che era in grado di parlare diverse lingue.

   Mai ed Akira drizzarono di colpo la schiena, il cuore che batteva a mille. «So-Sono solo voci infondate, ne sono sicura!» intervenne subito la maggiore, non sapendo neanche lei se credere alle proprie parole o meno.

   «Eppure in classe nostra girano parecchi pettegolezzi in merito» le informò svogliatamente Nao, stesa sul tatami a pancia in giù, una mano sotto al mento, ed intenta a giocherellare con uno degli spiedini gettati via da Mikoto. Sorrise perfidamente ed alzò gli occhi verdi sulla loro vittima.

   Questa cercò in tutti i modi di non arrossire e replicò: «Non so che tipo di idiozie si dicano in giro per la scuola, ma posso giurarvi che né io né tantomeno Takumi siamo gay!»

   «Bravo! Ben detto, Akira-kun!» affermò decisa Mai, i pugni alzati all’altezza del petto per dare enfasi alla propria frase.

   «Stai dicendo che fra te e Takumi-kun non c’è niente, quindi?» volle sapere ancora Midori, rovesciando a mezz’aria la fiaschetta per assicurarsi che fosse realmente vuota. «Ma lui ti piace, vero?»

   Il cuore di Akira fece un balzo anomalo, costringendo la sua proprietaria a concedersi un attimo di silenzio prima di ribattere forse per la decima volta da che quelle matte l’avevano costretta a seguirle con la forza: «Non sono gay.»

   Notando come lei evitasse gli occhi delle altre, Nao rise. «Bel modo di sfuggire alla domanda…»

   «Insomma, lasciatelo in pace!» si intromise di nuovo Mai, timorosa che le sue compagne scavassero troppo a fondo ed arrivassero così a verità troppo crudeli da accettare. In realtà lei stessa aveva notato un attaccamento di tipo quasi morboso fra suo fratello ed il di lui compagno di stanza, ma aveva voluto convincere se stessa che la cosa era dovuta esclusivamente al fatto che i due avevano stretto un’amicizia bella e profonda, un po’ come quella che la legava a Mikoto – ovviamente da questo suo paragone aveva scartato a priori l’idea che anche Takumi ed Akira condividessero lo stesso letto.

   «Non sei curiosa di sapere se è vero che tuo fratello si è trovato un fidanzatino?» la provocò la bella Yuuki, fingendo di non provare alcun diletto dal tormentarla psicologicamente.

   «Piantatela una buona volta con questa storia!» urlarono all’unisono Mai ed Akira, esasperate.

 

Tate gettò uno sguardo al ragazzino che gli sedeva di fianco e che se ne stava rannicchiato con le ginocchia al petto, rosso in viso come mai l’aveva visto prima di allora. «Certo che fra il Complesso della Sorella e quello per il tuo compagno di stanza, non stai messo molto bene, agli occhi degli altri…»

   «Yu-Yuuichi-san!» esclamò indispettito Takumi, a metà fra il volergli spiegare la situazione ed il non sapere dove nascondere la faccia. «Io non ho alcun complesso, chiaro?!» aggiunse poi, stizzendosi ulteriormente quando il giovane iniziò a ridere per via della sua reazione.

   In attesa che Masashi fosse di nuovo in grado di camminare – e quindi non solo di strisciare sui gomiti – i due ragazzi si erano accovacciati in corridoio, e sebbene non fosse loro intenzione origliare le conversazioni che si tenevano all’interno della camera di Sugiura-sensei, le HiME schiamazzavano talmente forte che era impossibile non cogliere almeno parte dei loro deliri.

   Ad un tratto, infatti, si levò un fragoroso: «Se non sei gay, allora datti alla pazza gioia con noi!»

   «Beato Okuzaki…» sospirò allora Yuuichi, rilassando la schiena contro la parete ed incrociando le braccia dietro la testa a mo’ di cuscino, gli occhi alla porta chiusa. «Avessero trascinato me, lì dentro…»

   «Ehm… non credo che Akira-kun si stia divertendo…» provò a fargli notare un preoccupato Takumi, a cui gli ululati di risposta dell’amica a quel geniale proposito di Midori non erano affatto sfuggiti.

   «E’ perché è ancora un bambino» affermò il biondo, atteggiandosi a grande saggio. «Non credi anche tu, capitano?»

   Quello si rimise a sedere a fatica, una mano sul pavimento, l’altra al muro in cerca di sostegno. «Se solo avessi la certezza di avere libero accesso alle grazie di Kuga…» rispose quindi, dovendo mettere a tacere il proprio senso dell’onore dinanzi alle oscenità che al momento alcune delle fanciulle urlavano spensieratamente in direzione di una povera, povera Akira, attualmente impegnata a difendersi dagli attacchi assassini dei prosperosi seni di Midori e Yukariko.

   «Cosa ci fate qui seduti per terra?» domandò la voce di Reito. Avendo avvertito anche lui un certo fracasso provenire dalle stanze delle loro compagne, alla lunga non aveva potuto fare a meno di preoccuparsi ed era uscito in corridoio.

   «Le ragazze stanno attentando alla verginità di Okuzaki» spiegò Tate con un ghigno, facendo cenno verso la porta della camera delle torture – dalla quale al momento proveniva uno strepito che alle loro orecchie suonò più o meno: “Toglimi quella cosa dalla faccia, cretina!”.

   «Oh, interessante» commentò il suo senpai, senza dare segno di scomporsi minimamente.

   Takumi invece scattò all’istante. «Yuuichi-san!» e nel dirlo la sua voce si fece più dura di quanto avesse voluto, segno che la cosa, se fosse stata vera, gli avrebbe roso non poco il fegato. «Non dovresti scherzare in questo modo!»

   L’altro rise di nuovo. «Scusa, scusa, ma è una vera ingiustizia che sia solo lui a divertirsi con tutte quelle belle ragazze» si difese, grattandosi il capo con fare nervoso.

   Ma il giovane non poteva assolutamente immaginare che proprio Akira fosse l’unica, forse insieme a Natsuki, a non godere di quella notte di baldoria…

 

   «Shizuru…»

   «Natsuki…»

   «Hai bevuto anche tu, per caso?»

   «Perché me lo chiedi, Natsuki?»

   «Perché altrimenti non saprei spiegare il motivo per cui ti sei avvinghiata a me peggio di come fa quella bestiaccia selvaggia lì,» e, nel dirlo, Kuga fece cenno con la testa verso Mikoto, ora alle prese con una montagna di onigiri, «con la povera Mai.»

   Shizuru sorrise con fare birichino. «Ti do così tanto fastidio, Natsuki?»

   L’altra le scoccò uno sguardo stralunato e rassegnato al contempo, non sapendo da dove cominciare a spiegarle che sì, avere un qualcuno dietro la schiena che ti schiacciava verso il pavimento e che a tratti ti sfiorava con le mani e con le labbra dove non avrebbe dovuto, impedendoti per di più di mangiare e/o bere qualcosa, le dava non poco fastidio. Roba che, se solo Takeda avesse assistito, avrebbe sfidato la Presidentessa del Consiglio Studentesco a singolar tenzone, rimanendone probabilmente ucciso nel qual caso una delle teste di Kiyohime, il Child di Shizuru, lo avesse azzannato al collo, staccandogli il capo di netto – probabilmente, però, alla fine del duello/massacro la ragazza si sarebbe giustificata con un serafico: “Kiyohime stava solo giocando”.

   «Beh…» osò impacciatamente Natsuki, decidendo che quello era forse il momento di liberarsi dall’abbraccio opprimente dell’amica.

   «Sister! Per favore, si rivesta!» l’urlo pudico di Shiho la interruppe, ed entrambe rivolsero la loro attenzione ad una scenetta del tutto simile a quella a cui Natsuki aveva già assistito alle terme.

   Yukariko, difatti, mollata Akira fra le grinfie di Midori, si era avventata subito sulle due più indifese del gruppo: Shiho, appunto, e Yukino. Quest’ultima, colpevole di aver timidamente affermato di voler andare a controllare se Haruka fosse viva o meno, dal momento che non si vedeva da un pezzo, era stata placcata alle gambe a pochi metri dalla porta. La suora, poi, le si era seduta a cavalcioni sulla schiena ed aveva scippato il microfono dalla tasca di Mai – in quel mentre intenta a proteggere l’amica del fratello da una respirazione artificiale non necessaria e, soprattutto, non voluta. E così Sister aveva improvvisato un’allegra canzoncina in un inglese maccheronico sulle note della Marsigliese e, non contenta, fra una strofa e l’altra, aveva preso a togliersi pian piano gli indumenti, gettandoli alla rinfusa per la stanza come la migliore delle spogliarelliste di night-club. Fu a quel punto che gli occhi di Shiho scorsero nuovamente una macchiolina rossa sul collo della donna, esattamente come era accaduto durante il loro bagno insieme; ma proprio come allora, anche stavolta la sua attenzione fu del tutto sviata dagli attacchi sbaciucchiosi di Yukariko, tornata a tuffarsi su di lei a volo d’angelo. Se la povera Munakata, infatti, non fosse stata impegnata a difendere se stessa dall’audacia di quella che fino a poche ore prima era forse stata la creatura più casta esistente sulla faccia del pianeta, si sarebbe senz’altro accorta, durante il bagno, che anche lei, Natsuki, Midori e Yukino avevano sul corpo lo stesso simbolo che ella già aveva visto tempo addietro sul seno destro di Mai e sul braccio destro di Mikoto.

 

Doveva essere quasi l’alba quando la porta scivolò lungo la cornice, consentendo all’inquilina della stanza di entrare. Il rumore strascicato dei suoi passi stanchi, attutito dal tatami che ricopriva il pavimento, si avvicinò all’orecchio del ragazzo che subito riaprì gli occhi. Fu allora che un colpo di vento, provocato dalla caduta a peso morto del corpo di Akira sul futon accanto al suo, gli investì il viso, scompigliandogli i capelli castani sulla fronte.

   Takumi si alzò a sedere. «Tutto bene?» sussurrò, preoccupato dal fatto che l’amica non dava più alcun segno di vita. Quando infine udì il suo mugugnare, si sentì in diritto di tirare un sospiro di sollievo.

   «Io…» iniziò la ragazzina, con voce cavernosa, «…mi vergogno di essere nata donna…» Il giovane trattenne a stento una risata. Akira lo fulminò con lo sguardo. «Quelle sono matte! Matte, ti dico! Non ce n’è una sana di mente!» iniziò allora a piagnucolare, puntellandosi sui gomiti e battendo i pugni sul futon. «Se ripenso a quello che hanno tentato di farmi…!» ed i brividi che la scossero da capo a piedi le impedirono di continuare la frase. «Maledetto il giorno in cui ho dato la mia adesione a questa gita!»

 

«Maledetto il giorno in cui ho proposto questa gita!» ruggì ferocemente Haruka, aprendo con molta meno discrezione della sua assalitrice la porta della stanza che condivideva con Yukino. «Prima mi ritrovo quella maledetta bubuzuke fra i piedi, poi scopro che quel Sawataru di Nagoya non mi ha avvertita del malinteso, poi arrivano quei tizi stranieri, e, ciliegina sulla torta, quando finalmente riesco a trovare un attimo per rilassarmi in bagno, qualcuno mi aggredisce!» Finita la sfuriata, durante la quale era corsa ad accanirsi contro il proprio cuscino, finalmente la giunonica fanciulla si rese conto dell’assenza della compagna. «Yukino?» chiamò, come se il solo pronunciare il suo nome servisse a farla comparire magicamente dal nulla.

   Quel che infatti Haruka non poteva sapere, era che Yukino e le altre HiME erano crollate da poco sul pavimento della camera di Midori, giusto un attimo dopo che Akira, messa alle strette dalle circostanze, dopo esser stata legata per i polsi con un reggiseno appartenente non si sa bene a chi, era stata costretta a ricorrere alle proprie capacità ninja per potersi guadagnare una volta per tutte la libertà: tramite la Kawarimi no Jutsu – altrimenti detta “Tecnica della Sostituzione”, la più facile da eseguire con le mani legate – la ragazzina era riuscita a sostituire se stessa con una dormiente Mikoto proprio poco prima che Yukariko potesse scoccarle un bacio sul viso. Così facendo era poi sgattaiolata via dalla stanza in tutta fretta, raggiungendo la tanto agognata meta del proprio futon – e mai si sarebbe aspettata di dover ringraziare il tè che la Presidentessa del Consiglio Studentesco le aveva fatto bere la sera prima, visto che la mancanza di sonno le aveva concesso di rimanere sveglia e lucida abbastanza da potersi ricordare subito di posizionare le mani nel sigillo giusto durante la Kawarimi no Jutsu.

 

Ed era infine giunto il momento della ripartenza.

   Mentre Reito, Yuuichi, Takumi, un malconcio Masashi ed i membri della squadra di kendo mostravano di essere arzilli e riposati, le ragazze – ad eccezione di Haruka, i cui nervi erano come sempre provati da questa o quella sfortuna – apparivano tutte mezze addormentate per via delle ore piccole fatte la notte precedente, e si aggiravano con le proprie borse da viaggio per i corridoi e l’ingresso della villa in perfetto stile zombie.

   «Mai-san,» esordì Reito, incrociando la fanciulla in cima alle scale che stava per scendere con suo fratello ed Akira, «ti vedo stanca.» Per questa sua osservazione, il giovane avrebbe senz’altro meritato un applauso all’acume più sviluppato di tutto il Giappone, ma dal momento che Mai era una persona gentile, si limitò a rivolgergli un sorriso di circostanza. «Lascia che ti aiuti a portare la borsa» si propose galantemente il Vicepresidente del Consiglio Studentesco.

   «Oh, grazie, ma non ce n’è bisogno» rispose l’assonnata ragazza, sul punto di scendere il primo gradino. Se non che vi scivolò sopra e fu costretta ad aggrapparsi alla nuca del suo senpai per non cadere di sotto; cosa che tuttavia fece Takumi, involontariamente spinto dal movimento brusco che sua sorella fece per salvarsi l’osso del collo. «Takumi!» urlò allora Mai, svegliandosi di colpo per lo spavento, mentre il ragazzino finiva col cozzare contro l’amica che lo precedeva, e per ruzzolare con lei fino al piano di sotto. La maggiore dei Tokiha discese le scale due a due per accertarsi che suo fratello ed il suo compagno di stanza fossero ancora interi, o per lo meno vivi. «Takumi?! Akira-kun?! State bene?!»

   «S-Sì… credo…» farfugliò il primo, intontito per la botta, mentre sotto di lui Akira si portava le mani al naso, battuto violentemente contro il pavimento, ed imprecava contro l’imbranataggine dei due fratelli. «Ti sei fatto male, Akira-kun?» si sentì poi domandare.

   Ma prima ancora che la kunoichi potesse proporre di passare la palma del più sveglio dell’universo da Reito a Takumi, una voce divertita indusse lei e gli altri ad alzare gli occhi su Nao, la quale, ferma all’ingresso in attesa degli altri, torreggiava su di loro a braccia conserte e li fissava con una scintilla diabolica nello sguardo. «Allora sei tu l’uke…» concluse in direzione di Akira, stesa a pancia in giù con Takumi che la costringeva a terra in una posizione terribilmente equivoca – specie per due maschi. «Che strano, avrei giurato il contrario…»

   «FALLA FINITA, PER LA MISERIA!» strillarono ad una sola voce la kunoichi e quella che ormai agli occhi di tutti era destinata a diventare sua cognata, in un modo o nell’altro. Fu a quel punto, per lo meno, che a Takumi venne il dubbio che forse era saggio liberare l’amica del suo peso affinché potesse alzarsi.

 

Quando infine tutto fu pronto per la partenza, ed i taxi caricati fino allo stremo con viaggiatori e bagagli, Haruka sospirò nervosamente: «Era ora che questa tortura finisse!» Pensiero che fra l’altro sfiorò anche la mente di Akira e Takeda. L’autista della sua autovettura girò la chiave nel quadrante ed il motore iniziò ad azionarsi, facendo vibrare così tutto il veicolo.

   Fu a quel punto, però, che una voce esagitata arrivò alle orecchie della padrona di casa. «Haruka Oujo-sama!»

   Come colta da un sesto senso, la ragazza si sporse verso l’autista e lo incitò a partire. «Ingrani la quinta, presto!»

   «Se gli altri davanti a noi non partono, non posso certo passarci sopra» le fece notare l’uomo, perplesso.

   «Haruka Oujo-sama!»

   «Si sbrighi!» insisteva Haruka, iniziando a battere il pugno contro lo schienale del sedile del guidatore.

   «Haruka Oujo-sama, mi sente?!»

   A quel punto, il Direttore del Consiglio Studentesco non poté più ignorare la propria inserviente, intenta a correre verso l’auto. Haruka masticò un’imprecazione e si affacciò dal finestrino. «Cosa c’è?!» domandò con un’evidentissima punta di nervosismo nel tono della voce.

   L’anziana donna, la stessa che li aveva accolti il giorno prima, si fermò a pochi passi dal taxi; pareva preoccupata per qualcosa. «Ecco… I turisti che abbiamo accolto qui ieri sera devono aver frainteso la nostra usanza di fare il bagno alle terme…»

   L’altra aggrottò le sopracciglia bionde. «In che senso?»

   «Hanno versato del bagnoschiuma nelle sorgenti» fu la risposta che per poco non le procurò una sincope. Di sicuro, però, le procurò un ennesimo esaurimento nervoso.

   Così, mentre tutti gli altri suoi compagni di scuola, professoressa di Storia Giapponese e Sister Sanada compresa, erano ben liberi di tornarsene al Gakuen senza ulteriori ritardi, la povera Haruka, sostenuta per lo meno dalla presenza dell’amica Yukino, tornava a combattere contro la lingua scandinava ed il dissacrare del patrimonio nazionale giapponese – e della famiglia Suzushiro in particolare – ad opera di gente che non si era presa la briga di leggere neanche un misero depliant informativo sulle terme del Sol Levante prima di mettervi piede.

 

«Però, ci siamo proprio divertite, eh?» affermò Midori, stiracchiandosi quando lei e gli altri membri dell’HiME Sentai con cui era partita il giorno prima scesero dal treno.

   «Parla per te…» grugnì Natsuki, completamente rintronata dalla notte di baldoria, dalla mancanza di sonno e dal viaggio di ritorno.

   «Oh, Dio… Com’è che io non ricordo più nulla di quello che è successo la scorsa notte?» si chiedeva frattanto Yukariko, agitata, una mano sul viso.

   «Mi dia retta, Sister: è meglio così» le assicurò Mai, sottoposta a sforzo per via del peso di Mikoto, addormentatasi addosso a lei in treno, che adesso se ne stava bel bella a sbavare sulle sue spalle.

   «Se vuoi ti aggiorno io…» si offrì volontaria Nao, al termine di un grazioso sbadiglio. Anche da assonnata non riusciva a soffocare la voglia di far uscire il suo lato maligno.

   «Nao-chan!»

   Midori mise mano alla tasca del proprio giubbino jeans e ne tirò fuori una piccola agenda. L’aprì, scorse le pagine e sorrise. «Chissà se anche il prossimo fine settimana i Suzushiro saranno disposti a prestarci la casa…»








HiME Sentai finisce qui. Probabilmente quest'epilogo avrà deluso buona parte di voi, che di sicuro vi aspettavate molto di più... Ma io vi avevo avvertiti ad inizio fanfiction: è una storia scritta unicamente per svago. XP
Che dire? Ringrazio tutti coloro che hanno mostrato anche solo un minimo di entusiasmo nei confronti di questa sciocchezza, ringrazio i lettori anonimi, i miei recensori e, per finire, coloro che hanno avuto il fegato di aggiungere questa fanfiction fra le storie preferite.
Siete stati tutti meravigliosi, davvero.
A presto con altre mie shot (ebbene sì, vi toccano),
Shainareth





  
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