Serie TV > Violetta
Segui la storia  |      
Autore: FlyWithYoyi    16/11/2013    1 recensioni
Lei è Martina Stoessel, una giovane neolaureata che sta per iniziare il suo primo lavoro in un’importante agenzia pubblicitaria a Manhattan.
Lui è Jorge Blanco, carismatico e affascinante uomo d’affari, proprietario dell’agenzia e del lussuoso palazzo in cui entrambi lavorano.
Quando si incontrano, l’attrazione tra loro è istantanea e irresistibile,di quelle che non lasciano scampo.
Jorge desidera Tini sopra a ogni cosa, ma rifiuta qualunque coinvolgimento sentimentale perchè non vuole mescolare sesso e amore. Tini,dal canto suo è travolta da una passione che non pensava avrebbe mai provato, ma non accetta di farsi trattare come un semplice oggetto del desiderio o una trattativa d’affari da portare a termine rapidamente e con successo, cosa a cui lui è abituato da sempre.
Entrambi devono fare i conti con un passato difficile e tormentato, e quando inizia a farsi strada un sentimento più profondo,le barriere che hanno faticosamente costruito per proteggersi rischiano inevitabilmente di crollare.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Dovremmo uscire a festeggiare”

Non mi sorpresi della proposta del mio coinquilino. Per Diego Dominguez qualunque scusa era buona per festeggiare. L’ho sempre considerato parte del suo fascino.

“Bere la notte prima di cominciare un nuovo lavoro non mi pare una buona idea”

“E dai, Tini!” Diego si sedette sul pavimento del salotto del nostro nuovo appartamento, in mezzo agli scatoloni del recente trasloco e sfoderò il suo sorriso vincente. Stavamo disfacendo pacchi da giorni, eppure lui aveva comunque un aspetto fantastico. Fisico asciutto, capelli scuri e occhi color ghiaccio, Diego era il tipo di ragazzo che raramente risulta meno che stupendo. Lo avrei odiato,se non fosse stato la persona che mi era in assoluto la più cara.

“Non dico di sbronzarsi” insisté lui “Solo un bicchiere di vino o due. Possiamo farci un happy hour e rientrare per le otto”

“Non so se ce la faccio” obiettai, indicando la mia tenuta sportiva.

“Dopo che avrò sperimentato il percorso a piedi per andare al lavoro farò un salto in palestra”

“Più in fretta cammini, più velocemente ti alleni” commentò Diego con un’alzata di sopracciglia che mi fece sorridere. Ero assolutamente convinta che un giorno la sua faccia da un milione di dollari sarebbe comparsa ovunque sui cartelloni pubblicitari e sulle riviste di moda. Qualunque sua espressione mandava KO.

“Facciamo domani dopo il lavoro?” rilanciai “Se riuscirò ad arrivare a sera,allora si che varrà la pena di festeggiare”

“Affare fatto, preparo io la cena nella nuova cucina”

“Mmh…”

Cucinare era uno dei piaceri di Diego, ma non era tra le cose che gli riuscivano meglio.

“Ottimo”

Mi sorrise, soffiandosi via un ciuffo di capelli dal volto “Abbiamo una cucina che farebbe invidia a molti ristoranti. Non c’è modo di sbagliare là dentro”

Non troppo convinta lo salutai con un cenno della mano e uscii evitando con cura quell’argomento.

Scesi con l’ascensore al pianterreno e sorrisi al portiere, quando mi spalancò la porta d’ingresso con un gesto plateale.

Non appena misi piede in strada, fui avvolta dagli odori e dai suoni di Manhattan, che mi fecero venire voglia di andare in esplorazione.

Non solo ero dall’altra parte del paese rispetto a San Diego, dove abitavo prima, ma mi sembrava di essere in un’altra galassia. Due grandi metropoli : una inesorabilmente sobria e sensualmente pigra, l’altra brulicante di vita e energia. Nei miei sogni immaginavo di vivere in un palazzo di Brooklyn senza ascensore, ma poiché ero una figlia coscienziosa mi ero invece sistemata nell’Upper West Side.

Se Diego non avesse accettato di diventare mio coinquilino, sarei stata tristemente sola in quell’appartamento, che costava al mese più di quello che la maggior parte della gente guadagnava in un anno. Il portiere si rivolse a me togliendosi il berretto “Buonasera, Miss Stoessel. Ha bisogno di un Taxi?”

“No, grazie Paul” mi dondolai sulle scarpe da ginnastica “Andrò a piedi”

Lui sorrise “La temperatura è più fresca,da oggi pomeriggio. Si dovrebbe stare bene”

“Mi hanno detto di godermi il clima di giugno prima che diventi terribilmente caldo”

“E’ un ottimo consiglio, signorina Stoessel”

Uscendo da sotto la tettoia di vetro dell’entrata, che per quanto moderna non stonava con il palazzo d’epoca, mi incamminai, godendomi la relativa quiete della via alberata, prima di raggiungere il traffico di Broadway. Per ora continuavo a sentirmi una finta newyorkese, anche se speravo che, in un futuro non molto lontano, sarei riuscita ad ambientarmi meglio. Avevo una casa e un lavoro, ma diffidavo ancora dalla metropolitana e fermare un taxi con la mano mi creava qualche problema. Cercavo di non andarmene in giro con gli occhi sgranati e l’aria stupita ma era difficile. C’era così tanto da vedere e da provare!

L’impatto sensoriale era sbalorditivo : l’odore dei fumidi scarico delle auto mescolato a quello del cibo venduto nei chioschi ambulanti, le grida dei venditori miste alla musica degli artisti di strada,l’impressionante gamma di facce, stili e accenti, le meraviglie dell’architettura moderna.. E le macchine. Mio dio! Il flusso incessante delle auto incolonnate era qualcosa che non avevo mai visto. C’erano sempre un’ambulanza, un’auto della polizia o un’autopompa che, a sirene spiegate, cercavano di aprirsi un varco fra i taxi. Gli enormi camion della spazzatura che avanzavano nelle stradine a senso unico e i veicoli dei pony express che sfidavano il traffico per rispettare i tempi di consegna mi mettevano in soggezione.

I vari newyorkesi si muovevano con destrezza in mezzo a tutto ciò, sempre a proprio agio in quella città che amavano e che trovavano rassicurante e confortevole come il paio di scarpe preferite.

Non osservavano romanticamente deliziati il vapore che si levava a ondate dai tombini e dalle grate dei marciapiedi e non sbattevano le palpebre stupiti quando il suolo vibrava sotto i loro piedi al passaggio della metropolitana che ruggiva nelle profondità del suolo mentre io sorridevo come un’idiota e rattrappivo le dita dei piedi. New York era per me un nuovo amore. Ero una sognatrice e si vedeva.

Così dovetti fare un autentico sforzo per assumere un’aria disinvolta mentre mi dirigevo verso l’edificio nel quale avrei lavorato.

Per quando riguardava il lavoro,almeno,avevo fatto a modo mio. Volevo guadagnarmi da vivere grazie ai miei meriti, il che significava fare un po’ di gavetta. A partire dal giorno successivo sarei stata l’assistente di Kelo Rodriguez alla Waters, Field & Leaman, una delle più importanti agenzie pubblicitarie degli stati uniti. Il mio patrigno, Ricardo Suarez, era rimasto contrariato quando avevo accettato quell’impiego, facendomi notare che, se fossi stata meno orgogliosa avrei potuto lavorare per un suo amico e sfruttare le sue conoscenze.

“Sei testarda come tuo padre” mi aveva detto “Con il suo stipendio da poliziotto impiegherà una vita a rimborsare il debito contratto per pagarti gli studi!”

Quello era stato uno scontro duro, perchè mio padre si era rifiutato di cedere “Dovranno passare sul mio cadavere prima che un altro uomo possa pagare l’istruzione di mia figlia” aveva detto Rodolfo Stoessel, quando Suarez si era fatto avanti con la proposta. Rispettavo la sua decisione e sospettavo che la rispettasse pure Suarez ,anche se non l’avrebbe mai ammesso.

Capivo la posizione di entrambi, perchè anch’io avevo combattuto la mia battaglia per ripagarmi senza l’aiuto di nessuno il prestito studentesco…e l’avevo persa. Mio padre ne faceva una questione di orgoglio. Mia madre si era rifiutata di sposarlo, ma lui era stato sempre determinato a ricoprire il ruolo di padre in tutti i modi. Adesso, comunque, non aveva senso rimuginare su vecchie questioni per cui mi concentrai su come arrivare velocemente al lavoro. Fui contenta quando raggiunsi il Blancoice – dove aveva sede la Waters, Field & Leaman – in meno di trenta minuti.

Alzai la testa e seguii il profilo dell’edificio fino al sottile nastro di cielo che ne coronava la sommità. Il Blancoice era davvero impressionante : una guglia slanciata di zaffiro scintillante che bucava le nuvole. Sapevo dai colloqui che avevo avuto lì in precedenza che gli ambienti interni al di là della porta girevole profilata di rame erano altrettanto impressionanti : pavimenti e pareti di marmo dalle venature argento, banco della reception e tornelli di alluminio luccicante.

Estrassi il mio nuovo badge dalla tasca dei pantaloni e lo mostrai ai due addetti alla sicurezza in completo all’ingresso. Mi fermarono ugualmente – senza dubbio a causa del mio abbigliamento eccessivamente informale – ma alla fine mi lasciarono passare. Una volta arrivata al ventesimo piano avrei avuto un’idea precisa del tempo necessario a compiere l’intero percorso casa-ufficio.

Stavo raggiungendo gli ascensori quando la borsa di una brunetta snella e magnificamente curata si impigliò in un tornello capovolgendosi e rovesciando sul pavimento di marmo un diluvio di monete che rotolarono via. Vidi la gente scansarle e proseguire come se nulla fosse.

Feci una smorfia di solidarietà e aiutai la donna a raccattare il denaro, insieme a uno dei due addetti alla sicurezza.

“Grazie”mi disse lei scoccando un sorriso.

Le sorrisi a mia volta “Nessun problema,ci sono passata anche io”

Mi ero accovacciata per recuperare una monetina accanto all’ingresso quando mi imbattei in un lussuoso paio di Oxford nere che spuntavano da un paio di pantaloni impeccabili anch’essi neri.

Aspettai un attimo che il loro proprietario si spostasse di lato e poiché non lo fece, alzai lo sguardo.

L’abito a tre pezzi su misura colpì più d’uno dei miei punti sensibili, ma era il corpo alto e straordinariamente in forma che lo indossava a renderlo sensazionale. Eppure, per quanto sexy e virile fosse quel magnifico esemplare di maschio, fusole quando arrivai al suo volto che andai letteralmente al tappeto. Wow. Cioè… wow.

Lui si accucciò elegantemente davanti a me, all’altezza degli occhi. Ipnotizzata, non potei fare a meno di fissare sbalordita quel fulgido esempio di virilità. Ero pietrificata.

Poi qualcosa nell’atmosfera fra noi cambiò.

Mentre lui contraccambiava il mio sguardo, la sua espressione mutò…come se un velo fosse caduto dai suoi occhi, rivelando una forza di volontà rovente, che mi tolse il fiato.

Il forte magnetismo che emanava crebbe d’intensità, diventando un’espressione quasi tangibile di vibrante e inesorabile potere. Istintivamente mi ritrassi,perdendo l’equilibrio. E caddi.

I gomiti mi pulsavano per l’impatto violento con il pavimento ma avvertii a malapena il dolore.

Ero troppo occupata a fissare l’uomo che mi stava di fronte. Capelli castano scuro incorniciavano un volto mozzafiato. I suoi lineamenti avrebbero reso felice qualunque scultore con la sua bocca ben sagomata e un paio di intensi occhi color smeraldo rendevano quell’uomo selvaggiamente bello. Le sue palpebre si socchiusero appena, mentre il resto del viso rimaneva studiatamente impassibile. Il suo sguardo acuto, indagatore e impassibile mi trapassò. Sentii il cuore accelerare i battiti e schiusi le labbra per respirare più velocemente. Avevo un odore dalle sollecitazioni peccaminose. Non di acqua di colonia. Di bagnoschiuma, forse, o di shampoo. Qualunque cosa fosse, faceva venire l’acquolina in bocca,come lui.

Mi tese a mano mettendo in mostra dei gemelli di onice e un orologio dall’aria molto costosa.

Con un sospiro misi la mano nella sua. Le mie pulsazioni accelerarono bruscamente, quando lui serrò la mia presa. Il suo tocco era elettrico e mi trasmise lungo il braccio una scossa che mi fece venire la pelle d’oca. Per un momento, lui non si mosse, la fronte aggrottata tra le sopracciglia dal taglio arrogante.

“Tutto bene?”

Il suo accento era colto e privo di inflessione e la sua voce aveva un sottofondo roco che mi causò una stretta allo stomaco e addirittura mi eccitò. Avrebbe potuto portarmi all’orgasmo solo parlandomi. Mi passai la lingua sulle labbra secche prima di rispondere “Sto bene”

Lui si rialzò con facilità e naturalezza, facendo rialzare anche me. Continuammo a guardarci, anche perchè io ero incapace di distogliere lo sguardo. Lui sembrava più giovane rispetto alla mia primissima impressione. Non doveva neppure avere venticinque anni.

Mi sentivo attratta da quell’uomo, come se avessi una corda legata alla vita e lui la stesse lentamente tirando.

Sbattei la palpebre per uscire dallo stato di stordimento e lasciai la sua mano. Non era solo bello, era affascinante : il tipo di uomo che fa desiderare a una donna di strappargli di dosso la camicia e osservare i bottoni che saltano via insieme alle proprie inibizioni. Lo ammirai nel suo completo costoso immaginandomi una scopata selvaggia e primitiva. Si chinò per raccogliere il mio badge che avevo fatto cadere e mi liberò dal suo sguardo.

Perchè? Perchè io così in imbarazzo mentre lui sembrava padrone di sé?

Mi lanciò una occhiata che mi destabilizzò di nuovo.

“E’ sicura di stare bene? Dovrebbe sedersi un attimo”

“Ho solo perso l’equilibrio,sto bene”

Mi girai verso la brunetta porgendole le monete cadute ma a quanto pare anche lei rimase abbagliata dal dio in giacca e cravatta così feci cadere le monetine nella sua borsa e mi voltai scoprendo che l’uomo mi stava guardando.

La brunetta iniziò a parlare con l’uomo profondendo ringraziamenti: a lui, naturalmente, non certo a me,la persona che si dava il caso l’avesse aiutata davvero.

Mi intromisi “Posso avere il mio badge?”

Lui me lo porse facendo sfiorare le nostre dita e mi sentii di nuovo percorrere da quella scossa.

“Grazie”mormorai prima di dribblarlo e precipitarmi in strada. Mi fermai sul marciapiede e feci un profondo respiro.

Colsi il mio riflesso nei finestrini di un elegante SUV Bentley nero parcheggiate davanti all’edificio : avevo il volto ancora arrossato e gli occhi luccicanti.

Avevo già visto quello sguardo. Era il mio sguardo “ho voglia di scopare” e non andava bene che si fosse dipinto sulla mia faccia proprio in quel momento.

“Maledizione,controllati!”

Sentivo ancora l’attrazione che quell’uomo esercitava su di me e ebbi l’impulso di ritornare da lui.

Mi sarei potuta inventare la scusa che non avevo finito di fare ciò per cui ero andata al Blancoice ma sapevo che mi sarei presa a calci se l’avessi fatto. Quante volte mi sarei resa ridicola quel giorno?

 

 

Spazio autrice:

Salve a tutti, questo è un libro che ho letto che mi è piaciuto molto e l’ho immaginato interamente con i Jortini *-*

Questo libro non è stato scritto da me infatti ho soltanto riportato le caratteristiche degli attori J

E’ il primo giorno di lavoro per Tini e si ritrova questo bel ragazzo davanti agli occhi u.u

Fatemi sapere cosa ne pensate, recensite 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: FlyWithYoyi