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Autore: J_Ari    16/11/2013    3 recensioni
Jaejoong stava aspettando alla fermata l'arrivo dell'autobus. Era seduto su una panchina, e aveva le mani in tasca, irrigidito dal freddo che quella mattina era più pungente del solito. [...]
«Freddo oggi, vero?»
Jaejoong fu colto di sorpresa. Guardò il ragazzo in viso, gli stava sorridendo.
«Vero», rispose abbozzando un sorriso a propria volta. «La temperatura si sarà abbassata di almeno cinque gradi rispetto ad ieri.»
«E dicono che domani sarà ancora peggio. Quanto mi manca la primavera!»
«A chi lo dici», replicò Jaejoong tornando a guardare dritto davanti a sé.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jaejoong, Junsu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La sottoscritta aveva bisogno di un po' di dolcezza, e visto che la cioccolata non può mangiarla, ci ha pensato qualcun altro...
Buona lettura!!!

 

 

Jaejoong stava aspettando alla fermata l'arrivo dell'autobus. Era seduto su una panchina, e aveva le mani in tasca, irrigidito dal freddo che quella mattina era più pungente del solito. Si era pentito di essersi vestito leggero, avrebbe voluto avere con sé almeno una sciarpa; non che non avesse pensato di metterla, ma sbadato com'era l'aveva dimenticata in cima al letto. Rabbrividì quando una folata di vento lo investì scompigliandogli i capelli.

Si sporse verso la strada sperando di scorgere l'autobus, almeno al suo interno avrebbe trovato un po' di calore, ma dell'autoveicolo, nemmeno l'ombra.

Sospirò alzando lo sguardo al cielo. L'autunno era arrivato da un pezzo, e nonostante le piogge si fossero susseguite fastidiosamente nelle ultime settimane, si preannunciava una giornata serena. Da lì a qualche minuto il sole avrebbe fatto capolino dalle alte fronde dei bambù che si stagliavano in lontananza.

Perso ad ammirare la natura, Jaejoong si accorse in ritardo del ragazzo in piedi alla sua destra.

Voltandosi, la prima cosa che notò di lui fu l'espressione allegra che aveva sul viso. Aveva le mani in tasca, ma a differenza sua, aveva una sciarpa legata intorno al collo. Jaejoong lo invidiò terribilmente.

Diede un'altra occhiata alla strada e si voltò poi una seconda volta verso il ragazzo, soffermandosi stavolta sui suoi capelli biondi.

Bel taglio, pensò, chiedendosi se anche a lui il biondo avrebbe donato.

«Freddo oggi, vero?»

Jaejoong fu colto di sorpresa. Guardò il ragazzo in viso, gli stava sorridendo.

«Vero», rispose abbozzando un sorriso a propria volta. «La temperatura si sarà abbassata di almeno cinque gradi rispetto ad ieri.»

«E dicono che domani sarà ancora peggio. Quanto mi manca la primavera!»

«A chi lo dici», replicò Jaejoong tornando a guardare dritto davanti a sé.

«Vai alla ChongYang

Jaejoong si alzò in piedi, dopo aver afferrato la borsa con i libri ed essersela messa in spalla. «Sì.» Voleva anche chiedergli come aveva fatto a capirlo, ma il ragazzo non gliene diede il tempo.

«Anch'io ci vado!» disse alzando il tono della voce. Sembrava entusiasta.

Jaejoong si rese conto ben presto che la sua allegria era contagiosa, stava involontariamente sorridendo ancora.

«A che anno sei? Non credo di averti mai visto.»

«Primo!»

«Io secondo.»

«Davvero?! Allora ti dovrò chiamare seonbae

Jaejoong si mise a ridere. «Io sono Jaejoong, comunque», disse allungando una mano.

«Junsu», replicò il biondo stringendogliela con un sorriso.

La sua mano era caldissima, al contrario della propria che in confronto era un pezzo di ghiaccio.

«Non ti ho mai visto a questa fermata...»

Jaejoong era realmente curioso di sapere da dove saltasse fuori quel ragazzo così solare.

«Mi sono trasferito in questa parte della città da pochissimo. I miei volevano una casa più spaziosa, e così...»

«Capisco. Io vivo da solo in un mini appartamento, invece. Vedi quei condomini laggiù?» disse indicando con il dito alcune palazzine distanti non più di trecento metri.

Junsu annuì. «Ti invidio, anch'io vorrei vivere da solo. Anche se in realtà è come se lo fossi. I miei sono sempre in viaggio di lavoro, non li vedo praticamente mai. Non ha neanche senso aver comprato una casa più grande.»

«In effetti...»

«Oh! L'autobus!» esclamò Junsu.

Jaejoong pensò a come si era sentito subito a proprio agio e alla facilità con la quale aveva dialogato con Junsu. Di solito era considerato un tipo freddo, anche se non lo era. Semplicemente preferiva starsene sulle sue piuttosto che conoscere nuova gente o chiacchierare con persone sconosciute.

«Sbrigati!» gli disse Junsu facendogli cenno di salire.

«Arrivo!»

 

Passarono alcune settimane, e ogni mattina Jaejoong non vedeva l'ora di arrivare alla fermata solo per poter passare un po' di tempo a chiacchierare con Junsu. Usciva perfino cinque minuti prima di casa (che ultimamente erano diventati dieci), e si accorse ben presto che anche Junsu aveva iniziato a fare lo stesso.

All'università non si incrociavano praticamente mai, avevano orari troppo diversi, ma nonostante questo Jaejoong sentiva che si era creato tra loro un bel rapporto.

Per la prima volta si sentiva libero di poter parlare di tutto quello che gli passava per la testa, si sentiva sereno come non gli era mai capitato con nessun altro della sua cerchia di amici. Junsu a volte era disarmante, era sempre estremamente spontaneo ed ingenuo, ma Jaejoong si era ben presto adeguato al suo modo di fare. Non che fosse stato difficile...

Quella notte aveva nevicato abbondantemente. Le strade erano imbiancate, e gli spazzaneve cercavano di ripulire alla bell'e meglio l'asfalto, per quanto fosse loro possibile.

Jaejoong aveva controllato più volte il sito dell'università, ma non c'era nessun avviso di sospensione dei corsi. Così, eccolo lì alla fermata, armato di tanta buona volontà, e curioso di vedere se l'autobus sarebbe passato o meno. Ma invece di guardare in direzione della strada si voltò dal lato opposto, felice di vedere che anche per quella mattina non sarebbe stato solo.

Junsu sopraggiunse, abbassò il cappuccio calato sulla testa e sbatté i piedi a terra cercando di rimuovere un po' di neve dagli stivali.

«Buongiorno, Hyung!» esclamò solare come sempre.

Era stato Jaejoong a dirgli che poteva chiamarlo così, sentirsi chiamare seonbae era una cosa che lo infastidiva; non c'era un motivo particolare, lo irritava e basta.

«Buongiorno a te.»

«Nessun avviso dall'università?»

Jaejoong scosse la testa. «Ho controllato un minuto fa.»

«Almeno per oggi potevano sospendere le lezioni», replicò Junsu sbuffando. «Si stava così bene a letto sotto le coperte, e invece no! Scommetti che ci fanno andare a lezione e poi i professori neanche si presentano?»

Nel mentre passò un suv di grossa cilindrata. Jaejoong si accorse appena in tempo. Si spostò dietro ad un grosso albero evitando per un soffio tutta la neve schizzata in aria dalle ruote dell'auto, ma Junsu non era stato altrettanto veloce, o forse era troppo impegnato a lamentarsi.

Quando Jaejoong sbucò fuori dal suo riparo e guardò Junsu, scoppiò a ridere come un matto.

Junsu era immobile, completamente ricoperto di neve dalla testa ai piedi.

«Sembri un pupazzo di neve!» esclamò Jaejoong senza neanche provare a trattenere le risate.

Junsu allargò le braccia scuotendole. «Non ci credo!»

Jaejoong afferrò il cellulare e gli fece una foto in velocità. Girò poi il telefono mostrando il display a Junsu. «Questa te lo ricorderà.»

«Ah! Cancellala!» gridò Junsu tentando di afferrare il telefono. Nel movimento, della neve che ancora lo ricopriva, cadde addosso a Jaejoong.

«Hey!» si lamentò il più grande.

«Cancellala o ti riempo di neve!»

«Non ti vorrai mettere contro di me», replicò Jaejoong alzando un sopracciglio.

Solo il tono di voce bastò a fermare Junsu.

«Va bene», borbottò mettendo il broncio.

Jaejoong gli si avvicinò, iniziando a scostargli come meglio poteva la neve di dosso, dai capelli, dalle spalle, e infine dal petto. «Sei un disastro.»

Junsu gli fece la linguaccia.

«Vieni con me», disse Jaejoong afferrandolo per un polso appena sotto la manica del giubbotto. Iniziò a camminare nella neve (a sprofondare, più che altro) portandosi Junsu appresso.

«Hyung?»

«Hai bisogno di asciugarti, o domani avrai un brutto raffreddore. Ti porto a casa mia.»

«Ma non serve! Posso anche tornare a...»

«Casa mia è più vicina.»

E il discorso era chiuso.

 

«Fai come se fossi a casa tua», disse Jaejoong appoggiando le chiavi di casa su una mensola vicino all'entrata. «Il bagno è là», proseguì indicando la porta in fondo al corridoio. «Se vuoi farti una doccia...»

«Ah, mi basta un phon per asciugarmi un po' i capelli», disse Junsu passandosi una mano tra i ciuffi umidi.

«Quello lo trovi sul mobiletto, sempre in bagno. Intanto ti prendo un cambio.»

«Ma non...»

«La smetti di preoccuparti?! Sei mio ospite, comportati in quante tale», affermò Jaejoong appoggiandogli una mano sulla spalla. «Okey?»

«Okey», replicò Junsu prima poco convinto, ma poi tornando a sorridere.

«Perfetto! Un tè alla vaniglia ti va? Mi è rimasto solo quello.»

«Certo! Mi va bene tutto.»

Jaejoong scostò la mano. «Vai, o ti prendi male sul serio», gli disse dandogli un colpetto sulla schiena.

Junsu sparì in bagno, mentre Jaejoong recuperava dei pantaloni di una tuta e dei calzini dall'armadio in camera. Fortunatamente aveva anche delle tute più larghe; Junsu doveva avere ad occhio e croce almeno una taglia in più di lui, se non di più.

Jaejoong si cambiò velocemente, la neve gli aveva inzuppato i pantaloni fino a metà polpaccio. Rapidamente portò il tutto a Junsu e andò in cucina a preparare il tè. Solo quando stava per gettare i filtri nella pattumiera, la voce di Junsu arrivò alle sue spalle.

«La tuta è perfetta, grazie.»

Jaejoong si voltò e gli porse una tazza fumante. «E il tè è pronto. Siediti pure.»

Junsu ringraziò con un cenno del capo. Afferrò la tazza e si sedette al tavolo da pranzo, mentre Jaejoong non poté fare a meno di trattenersi dal guardargli attentamente il fondoschiena.

E che fondoschiena! Si voltò di scattò facendo finta di ripulire il piano da cucina con un straccio che aveva recuperato al volo. Jaejoong evita certi pensieri alle otto di mattina, da bravo... Evita.

«Allora, non hai finito di raccontarmi come è andata la partita» disse voltandosi con nonchalance come se nulla fosse. Si appoggiò contro il piano a braccia incrociate.

Junsu si illuminò. Iniziò a raccontare per filo e per segno ogni azione della partita, e di come alla fine era riuscito a segnare facendo vincere la propria squadra. Jaejoong non amava particolarmente il calcio, ma gli piaceva quando Junsu gliene parlava, sprizzava gioia da tutti i pori.

«Alla prossima vengo a vederti», affermò Jaejoong. Junsu gliel'aveva chiesto così tante volte che era arrivato il momento di accontentarlo.

«Davvero?!»

«Davvero.» Annuì, mentre una visione di Junsu in calzoncini gli balenò nella testa.

Calcio, calzoncini, culo in bella mostra, BINGO!

«Non vedo l'ora!» esclamò Junsu eccitato dalla notizia.

Jaejoong stava per dire che valeva lo stesso per lui, ma finì col mettersi a ridere, e quando Junsu gli chiese cosa avesse, gli venne da ridere ancora di più.

Il tè era ormai diventato tiepido, ma sembrava non interessasse a nessuno due.

 

Da quel giorno passarono due settimane. Il fatto che Junsu fosse andato a casa di Jaejoong, in qualche modo aveva rotto un'invisibile barriera tra loro.

Avevano iniziato a vedersi molto più spesso, ritrovandosi a studiare a casa dell'uno o dell'altro dopo l'università, uscendo a divertirsi, passando il tempo libero assieme come tutti i ragazzi della loro età.

Quel giorno, come quasi tutte le mattine, Jaejoong era arrivato alla fermata per primo.

La neve si era quasi sciolta del tutto, anche se erano rimasti alcuni tratti di strada ghiacciati a cui Jaejoong aveva dovuto fare particolarmente attenzione; non era famoso per il suo grande equilibrio.

Prevedevano ancora neve per quel pomeriggio, ma Jaejoong sperava tardasse almeno un po', non aveva voglia di tornare a casa col rischio di rimanere bloccato da qualche parte.

Non fece neanche in tempo a sedersi sulla panchina, che il telefono nella tasca dei jeans vibrò. Si trattava di Junsu; diceva che aveva la febbre alta e che per quel giorno sarebbe rimasto a casa.

Jaejoong non ci pensò un solo attimo. Fece dietrofront, e si incamminò verso la casa dell'amico. Non gli andava che restasse da solo tutto il giorno. I suoi genitori erano in viaggio di lavoro come al solito, e lui avrebbe sicuramente avuto bisogno di un aiuto.

Arrivò a destinazione più in fretta di quanto avesse mai fatto; se di solito ci metteva dieci minuti, quel giorno ce ne mise molti di meno.

La casa di Junsu in realtà era una villa. Jaejoong ci era stato solo tre volte, e non si era ancora abituato a tutto quel lusso. C'era da chiedersi come i genitori di Junsu gli avessero permesso di andare alla ChongYang; era sì una buona università, ma non di certo la migliore di Seoul. Forse avevano lasciato libero il figlio di decidere cosa fare, o forse non erano particolarmente interessati alla sua carriera futura, il che era comunque strano visto che entrambi erano due famosi architetti. Prima o poi l'avrebbe chiesto a Junsu.

Senza suonare il citofono, chiamò l'amico al cellulare.

«Sono fuori da casa tua, mi apri?»

«Che? E l'università?»

«Non avevo voglia.»

«Aspetta.» Junsu chiuse la chiamata. Jaejoong attese pazientemente fuori dal cancello, faceva una freddo cane. Saltellò prima su un piede e poi sull'altro cercando di riscaldarsi.

Improvvisamente il cancelletto si aprì.

Jaejoong percorse velocemente il vialetto di casa, e quando arrivò alla porta d'entrata, anche quella era già socchiusa.

«Junsu?» chiamò Jaejoong entrando e lasciando le scarpe vicino all'entrata.

«Sono in salotto!» rispose lui.

Jaejoong seguì la sua voce e lo raggiunse. «Come ti senti?» gli chiese abbandonando cappotto e sciarpa su una sedia.

«Ho trentotto e mezzo, ma tanto guarisco in fretta.»

Jaejoong si sentì leggermente in colpa per averlo fatto alzare ad aprirgli la porta con la febbre così alta.

«Ti gira la testa?»

«Un po'. Comunque mi spiace che salti l'università, avevi corsi importanti?»

«Nulla di che», replicò Jaejoong sedendosi sul divano vicino a lui. In fondo gli esami erano ancora lontani (neanche troppo), ma non sarebbe morto nessuno per aver perso qualche ora.

«Sono felice che sei venuto. Mi annoio a stare da solo», disse Junsu appoggiando il mento sulle ginocchia. Nel gesto, le punte delle dita dei piedi comparvero dal bordo della coperta che lo avvolgeva.

Jaejoong gli passo una mano tra i capelli scompigliandoglieli.

Gli toccò poi la fronte. Era bollente.

«Hai preso qualcosa?»

«Sì, sì.»

«Hai bisogno di qualcosa?»

Junsu lo guardò. Aveva le guance arrossate e gli occhi lucidi dalla febbre.

«È strano vederti così.»

«Così, come?»

«Preoccupato.»

«Mi credevi un insensibile?»

«Un po'.»

«Grazie, eh!» esclamò Jaejoong offeso.

«Scherzavo, scherzavo!» si affrettò a dire Junsu ridendo. «Lo sai che sei il mio hyung preferito.»

«Ah! Che ruffiano! Me ne vado», disse Jaejoong alzandosi.

«No! Aspetta!» Junsu cercò di afferrarlo prima per un braccio e poi, quando il tentativo fallì, per la maglia. Venendo tirato, Jaejoong perse l'equilibrio e quasi cadde all'indietro; solo per un pelo non finì sopra a Junsu che nel frattempo si era allungato lungo il divano.

«Scherzavo anch'io, scemo!» esclamò Jaejoong in bilico su una gamba e con una mano appoggiata sullo schienale del divano.

Junsu tornò a sedersi, e Jaejoong si lasciò scivolare sul divano facendo lo stesso.

«Avrei sete però...»

«Acqua, succo, tè?»

«Acqua va bene.»

«Torno subito.»

Jaejoong si diresse in cucina, cercò in un paio di mensole i bicchieri finché li trovò. Mentre cercava una bottiglia d'acqua in frigo, si ritrovò a pensare al legame che aveva stretto con Junsu nel giro di poco più di un mese e mezzo. Era pur sempre un mese, ma un feeling così forte, in così poco tempo, non gli era mai successo di averlo con nessuna delle proprie amicizie, presenti o passate.

Recentemente era stato rimproverato da alcuni amici. Si lamentavano che aveva sempre meno tempo per loro, ma non poteva farci nulla e sinceramente neanche gli interessava. Si era sempre sentito un pesce fuor d'acqua quando usciva in compagnia. Più passavano gli anni e più le cose da raccontarsi diminuivano, e i mille discorsi sul trovarsi una ragazza e al scopare a più non posso lo avevano francamente rotto. Jaejoong pensava che ci fosse ben altro nella vita, e che un'amicizia non poteva basarsi solo sul doversi mostrare “figo” per tentare di piacere agli altri.

Con Junsu, nulla di tutto ciò era mai accaduto.

Ai suoi amici non avrebbe mai potuto dire che gli piacevano i ragazzi, oltre che le ragazze. Gli avrebbero dato del frocio, lo avrebbero sputtanato in giro, eppure con Junsu si era confidato naturalmente. E lui cosa aveva detto?

“Be', a me piacciono solo le donne invece, però ti invidio, hai maggior scelta.”

L'aveva fatto ridere tantissimo quel giorno.

Un sorriso gli si formò sulle labbra involontariamente.

Tornò in salotto col bicchiere d'acqua in mano. Junsu stava facendo zapping tra i canali.

Jaejoong tornò a sedersi e gli porse il bicchiere. «Dimmi se hai fame, eh.»

«Dovrei ammalarmi più spesso», disse Junsu bevendo l'acqua a piccoli sorsi.

«Pretendo di essere trattato allo stesso modo quando mi ammalerò io, sei avvisato.»

Junsu annuì, finì tutta l'acqua e fece per alzarsi, ma Jaejoong lo bloccò. Gli tolse il bicchiere di mano e l'obbligò a distendersi, appoggiando la testa sulle sue gambe. Appoggiò il bicchiere a terra e nel mentre gli rubò il telecomando.

«Comodo?» gli chiese sistemandogli la coperta fino a coprirlo del tutto. «Oh! One Piece!» esclamò subito dopo vedendo Zoro comparire sul teleschermo.

«E poi dai a me del bambino», disse Junsu rannicchiandosi un po' di più sotto la coperta.

«Ma zitto che gli anime piacciono anche a te.»

Junsu fece per replicare ma Jaejoong lo zittì, affermando che quella era una puntata che non aveva mai visto e che non voleva essere interrotto per nessun motivo.

Scese così il silenzio, rotto solo dallo scambio di battute dei personaggi dell'anime.

Junsu di tanto in tanto si spostava leggermente, cercando una posizione più confortevole, mentre Jaejoong si era ritrovato a giocare con i capelli del più piccolo. Nonostante la tinta, aveva dei capelli estremamente morbidi al tatto, doveva usare un ottimo balsamo.

«Te la faccio io la tinta la prossima volta?» chiese improvvisamente abbassando lo sguardo sull'amico.

«Se hai voglia...»

«D'accordo.»

Rimasero in silenzio per un altro po'.

«Mi dai una mano?»

«A fare cosa?»

«Ma, no. Intendevo, LA mano!»

«Junsu, sicuro che la febbre non ti stia dando alla testa?»

Junsu si mise a sedere, era serio. «Fai come ti dico.»

Jaejoong allungò una mano e l'aprì in modo che si vedesse bene il palmo.

«Quindi?»

Junsu gli mostrò una penna.

«E quella da dove l'hai tirata fuori?»

«Ce l'avevo in tasca.»

«E tu giri con le penne in tasca?»

«Chiudi gli occhi per favore.»

«Si può sapere cosa hai in mente?»

«Dai, Hyung, fai come ti dico», disse Junsu quasi supplicandolo.

Jaejoong sospirò, ma fece come gli aveva chiesto. In fondo era curioso di vedere che cosa gli avrebbe scritto.

«Non guardare, eh!»

«E chi guarda...»

«E poi voglio che chiudi la mano e non la apri finché non te lo dico io.»

«Sì, sì, sbrigati.»

Jaejoong sentì la punta della penna solleticargli il palmo della mano, Junsu ci mise solo qualche secondo.

«Ora chiudi.»

«Fatto.»

«Bene, e non guardare, eh!» disse Junsu tornando ad appoggiare la testa sulle gambe di Jaejoong, il quale appoggiò il pugno chiuso sulla sua spalla.

«Ho capito, non sono sordo.»

«Mh, meglio specificare...»

 

Jaejoong aveva ripreso a toccare i capelli a Junsu con la mano (quella che non doveva tenere chiusa), arrotolando e lisciando le ciocche tra le dita. Era una cosa che lo rilassava, e che a quanto pare stava rilassando anche Junsu.

«Hyung?»

«Sì?»

«Mi fai rilassare troppo se mi tocchi i capelli, poi mi addormento.»

Jaejoong sorrise, non si era sbagliato. «Meglio, guarisci prima.»

Continuò ad accarezzargli i capelli per diversi minuti, tanto che la puntata dell'anime finì e ne iniziò un'altra. Nel frattempo la respirazione di Junsu era cambiata, i suoi respiri si erano fatti molto più lunghi e profondi.

Jaejoong spense il televisore.

Rimase immobile, aspettando una qualche reazione di Junsu, ma nulla accadde; si era addormentato sul serio. Finalmente poteva vedere cosa gli aveva scritto sulla mano.

Quando aprì il pugno, una piccola “o” si formò sulle sue labbra.

C'erano scritte quattro semplici parole: “Ti voglio bene Hyung!”

Jaejoong si morse un labbro. Stupido! Scosse la testa. Sei proprio uno stupido, pensò osservando Junsu addormentato. Partì dalle ciglia, e seguendo il profilo del suo viso, scese fino alle labbra.

Non puoi dirmi una cosa del genere... Se mi innamoro di te poi sono casini, sai?

Chiuse gli occhi sospirando, ma sorridendo allo stesso tempo.

Sapeva che non c'era nulla di studiato nelle parole di Junsu, il suo affetto era puro, puro come lo era lui stesso. E Jaejoong lo sentiva e lo condivideva, quell'affetto. Ed era proprio quello il motivo per il quale mai e poi mai avrebbe fatto qualcosa che avrebbe potuto rovinare la loro amicizia.

Osservò ancora la scritta sulla mano prima di incrociare le braccia ed appoggiare la guancia contro la propria spalla, dopo aver chiuso gli occhi. In fondo aveva un bel po' di ore da recuperare anche lui. Svegliarsi all'alba non era una cosa che amava particolarmente fare, e il calore del caminetto acceso, unito a quello del contatto con Junsu, erano ben più che sufficienti a farlo cadere tra le braccia di Morfeo.

Socchiuse le palpebre un'ultima volta, volgendo lo sguardo alla finestra che dava sul giardino. Aveva ripreso a nevicare.

Le richiuse felice, non desiderava essere in nessun altro luogo se non lì, con Junsu.

 

 

Per chi non lo sapesse, il titolo significa “neve” in giapponese.
Perché l'ho scritto in giapponese?
Perché i coreani hanno quella di mettere i titoli delle canzoni in coreano quando si tratta di ballad, e in inglese quando sono canzoni più ritmate. Visto che paragono questa storia ad una ballad, ma neve in coreano non mi piace come parola, l'ho messo in giapponese.
*La breve storia delle fisime dell'autrice, zan zan!*

   
 
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