Libri > I Miserabili
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Autore: _Noodle    17/11/2013    2 recensioni
Hogwarts. Anno scolastico 1942-1943. La Camera dei Segreti è stata aperta: che la caccia ai mezzosangue abbia inizio. Quindici maghi e streghe legati tra di loro da solidi legami, quali l'amicizia, l'amore, l'intesa e lo scontro, ma al contempo distanti, diversi, a causa di un liquido terribile, rosso come la paura e l'imbarazzo.
I fantomatici Amis de l'Abc, da "I Miserabili" di Victor Hugo, alle prese con la magia. Ok, tutto ciò è folle.
"Lo seguirai, anche se contro il tuo sangue? Ti unirai a lui profanando ciò che c'è di più sacro a questo mondo? Sporcherai le tue origini e le tue labbra? Sta a te decidere: o il sangue o la morte" .
Coppie: EnjolrasxGrantaire, CourfeyracxJehan, JolyxBossuet (con intervento di Musichetta), BahorelxEponine (con intervento di Montparnasse), MariusxCosette.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non era un granché lì dentro.
Una luce soffusa e verdastra rendeva l’ambiente alquanto sinistro.
Il silenzio assordante avrebbe fatto sanguinare le orecchie a chiunque.
Uno strano odore aleggiava nell’aria: somigliava a quello che si percepisce nelle paludi.
Bossuet si guardò attorno, appoggiandosi sui gomiti, e notò di non essere solo in quella sala sconfinata e tetra: accanto a lui, sdraiato e apparentemente privo vi vita, vi era Gavroche. Si alzò in piedi repentinamente, per accovacciarsi poi nuovamente accanto al fratello di Eponine. Lo scosse, cercando di capire se dentro il suo corpo il cuore battesse ancora e dopo essersi accorto che respirava, benché non si muovesse, tirò un profondo respiro di sollievo.
Dove si trovavano? Erano ad Hogwarts? Erano sperduti in qualche luogo abbandonato da Dio? Come avrebbe fatto Bossuet ad avvertire i suoi compagni? Che ne sarebbe stato delle sue predizioni? Non avrebbero aiutato nessuno, l’avrebbero solo più denigrato interiormente e fatto sentire impotente. Si accasciò sul corpo di Gavroche ed incominciò a singhiozzare impaurito, temendo che, forse, la sua breve e sfortunata vita avrebbe potuto finire da un momento all’altro. Strinse il bambino tra le sue braccia, per trasmettergli coraggio, o più probabilmente per acquisirlo lui stesso. Accarezzava i capelli di Gavroche come se fosse suo fratello, come se lo conoscesse da sempre: si sa, nella paura tutto ciò che ci può rendere vivi diventa casa.
<< Ne usciremo da questa storia Gavroche, te lo prometto. Dobbiamo avere pazienza e coraggio…vedrai che la fortuna ci assisterà. Tua sorella non ha mai smesso un attimo di cercarti lo sai? Tutti ne vorrebbero una come la tua; sono sicuro che riusciranno a trovarci e a salvarci e ad incastrare quello che ci tiene intrappolati qui. Sii forte Gavroche >> sussurrò Bossuet all’orecchio del ragazzino, attraversato da una forza incredibile e imprevista. Si sentiva grande, cresciuto, responsabile. Probabilmente lui non avrebbe sentito le sue parole, ma, cosa di cui Bossuet non si accorse, il cuore del piccolo Thenardier iniziò a battere all’impazzata: sotto quel gelo esteriore, vi era una supernova pronta ad esplodere.
Però, dei passi lenti e precisi fecero sobbalzare Bossuet. Quando si voltò, si accorse che colui che sostava davanti ai suoi piedi era Riddle, come aveva immaginato. Era sempre stato lui: era stato lui a rapire Gavroche, era stato lui ad uccidere Mirtilla, era lui la causa di tutti problemi.
<< E’ ancora vivo, non temere >> rispose a Bossuet senza che nemmeno avesse accennato alla domanda. Sembrava prevedere le sue intenzioni. Non ebbe il coraggio di alzarsi in piedi; restò titubante, con lo sguardo basso, timoroso di parlare, di muoversi, di respirare.
<< L’hai pietrificato? >> mormorò infine socchiudendo gli occhi.
<< Perspicace. >>
Riddle continuava a camminare avanti e indietro e questo metteva Bossuet ancora più in agitazione. Perchè pietrificare Gavroche? Perchè portarlo lì? Era stato preso anche lui perchè mezzosangue?
<< Dove mi trovo? >> La domanda in lui sorse spontanea.
<< Come? Non riconosci questo posto? >> Ridacchiò Riddle malvagio, sentendosi il detentore di un sapere inimmaginabile. Bossuet scosse la testa, ripercorrendo nella sua mente tutti i posti di cui poteva aver sentito parlare. 
<< Nessuno ti ha mai nominato la Camera dei Segreti? >> Il giovane Tassorosso spalancò gli occhi ed iniziò a tremare. Sapeva che cos’era quella camera e sapeva che cosa vi era nascosto dentro. 
<< La… la Camera d-dei Segreti? Non può essere, è una leggenda! >> sbraitò Bossuet alzandosi in piedi, accarezzandosi la nuca. Riddle si avvicinò a lui spintonandolo, facendolo per poco cadere a terra. Cominciò a sghignazzare, finendo poi per sganasciarsi dalle risate, chiedendosi come fosse possibile che i mezzosangue fossero così ingenui e creduloni.
Ciò che aveva intenzione di fare era giusto, allora.
<< Non è una leggenda, idiota. E probabilmente ci resterai qui… >> Bossuet si azzittì a quelle parole. Ogni intenzione di controbattere si assopì in lui: temette di svenire. Riddle era così terribilmente serio.
<< Che cosa vuoi… >> balbettò indietreggiando.
<< Pietrificus Totalus! >>
Bossuet cadde a terra supino, proprio al fianco di Gavroche. Il secondo della schiera dei condannati a quell’imprevedibile destino.
 
Joly non aveva fatto altro che piangere per tutta la notte. Jehan gli era stato accanto, aveva cercato di dirgli che sarebbe andato tutto bene, che alla fine tutto andava sempre bene. Joly però non ascoltava ciò che gli veniva detto: piangeva.
Gli mancava Bossuet, sebbene fossero passate circa due ore. Nel cuore della notte i sentimenti diventano dei giganti pesanti e incontrollabili, e nemmeno le menti più lucide possono abbatterli o nasconderli. Si sentiva intrappolato nella ragnatela della privazione e se avesse potuto, in quel momento sarebbe saltato al collo di Bossuet per assuefarsi del suo odore e morire d’amore. Quando Joly amava, amava per davvero. Con Musichetta era stato intenso, ma solo Bossuet lo aveva portato ad avere delle palpitazioni così forti. Solo Bossuet lo aveva portato a piangere.
Quando la mattina si svegliò, Joly fu colto da un’idea geniale. Buttò Jehan giù dal letto e lo trascinò in fretta nella Sala Grande. Quando furono lì, Joly si preoccupò di radunare anche Bahorel, Grantaire, Eponine, Cosette ed Enjolras. Nessuno aveva idea di che cosa volesse fare.
<< Perchè ci hai chiamati? >> Esordì Enjolras.
<< Ho avuto un’idea >> sussurrò Joly, serissimo in volto e gelido nello sguardo. Quando voleva, poteva essere più severo di Enjolras.
<< Sentiamo >> continuò Eponine.
<< D’accordo. Cosette, innanzi tutto, tu sei essenziale. Abbiamo due possibilità: la prima è quella di utilizzare il Legilimens con Riddle, ma credo sarà piuttosto difficile. La seconda, che secondo me invece è quella che possiamo sicuramente mettere in atto, è di catturare Montparnasse, effettuare il Legilimens su di lui e poi, alla luce di questo, farci dare spiegazioni. Che ne dite? >> Rimasero tutti e sei a bocca aperta: perchè non ci avevano pensato prima?
<< Geniale! >> Esclamò Bahorel, che promise agli altri che se il piano A non avesse funzionato li avrebbe portati immediatamente da Montparnasse. Eponine, sicura che il Serpeverde avrebbe presto vomitato le confessioni, poiché sapeva quanto Montparnasse fosse smidollato sotto tutte quelle apparenze, si congratulò con Joly per l’idea.
<< Per questo ho bisogno di aiuto da persone forti come voi: Bahorel, Grantaire, Enjolras. >> Enjolras odiava il fatto che il suo nome fosse stato posto accanto a quello di Taire. Continuava a guardarlo con odio per quello che era successo a causa di Courfeyrac, e chissà quando avrebbe capito che, alla fine, la colpa non era del povero Serpeverde.
<< Bene. Quando agiamo? >> Tirò le fila Grantaire, ansioso di incastrare Montparnasse: non gli era mai stato simpatico.
<< Dopo pranzo. Tra tre ore e cinquanta minuti, troviamoci nei sotterranei >> Concluse Bahorel. E fu così che tre ore e cinquanta minuti dopo, i sei ragazzi, poiché Jehan si era tirato fuori, si ritrovarono nei sotterranei, davanti all’entrata della Sala Comune dei Serpeverde. Prima di entrare, Cosette tentò di effettuare il Legilimens con Riddle e per  questo ebbe bisogno di una grande concentrazione. Come tutte le volte chiuse i gli occhi, strinse i pugni e inspirò profondamente. Sembrava che ce la stesse facendo, ma dopo pochi attimi spalancò gli occhi rassegnata: era accaduto quello che aveva immaginato: Riddle si era servito dell’Occlumanzia per non far penetrare Cosette nella sua mente. Quando lo comunicò agli altri, che rimasero spaventati da ciò, non persero un attimo di tempo: Grantaire pronunciò la parola d’ordine per entrare nella Sala Comune ed entrarono, inoltrandosi alla ricerca di Parnasse. Lo trovarono seduto su di un enorme divano verde che leggeva la Gazzetta del Profeta, da solo, completamente ignaro di quello che stava per accadere. 
Enjolras, dopo aver guardato i suoi compagni e fatto loro un cenno, iniziò a correre verso il divano e mise la bacchetta al collo di Montparnasse.
<< Ora stai fermo e ascolta >> sussurrò il biondo terribilmente.
<< Cosa volete? >> Esclamò Montparnasse cercando di dimenarsi mentre Grantaire e Bahorel l’avevano afferrato per le spalle e lo tenevano fermo. Joly ed Eponine avevano anche loro puntato le loro bacchette contro di lui. Cosette gli sostava davanti, colma di autorevolezza: nessuno l’aveva mai vista così, tanto convinta e tanto a contatto con la realtà.
<< Non ti farò male, te lo assicuro… >> gli sussurrò a pochi centimetri dal volto, facendolo tremare. Montparnasse la guardava sconvolto.
<< LEGILIMENS! >>
E Cosette, nella mente di Parnasse, vide lui e Riddle, un foglio con su scritti dei nomi e, cosa più importante, una porta enorme, oscura, cosparsa di serpenti in ferro. Finito l’incantesimo, Cosette raccontò tutto ai ragazzi, che iniziarono a tempestare di domande Montparnasse.
<< Voi, sudici traditori, io ero vostro amico, come avete potuto? >> Strillò, tentando nuovamente di liberarsi dalla loro morsa.
<< Amici, noi? Stupido deviato, dicci qual è la verità. Cosa vuol dire quel foglio? E quella porta? Dove si trova? >> Disse impassibile Bahorel.
<< Non vi dirò mai nulla, che cosa ve ne può importare? Solo perchè hai perso il fratellino? Forse si troverà in un posto migliore, che dici? >> sibilò nauseabondo schernendo Eponine. Lei per poco non gli trapassò la gola con la bacchetta.
<< Ascoltami bene, lurido idiota, dicci immediatamente dove si trovano e tu ne esci vivo. Sappi che non ho paura di stecchirti qui davanti o di torturarti fino a domani mattina >> bisbigliò Eponine, perfida e coincisa come sempre. I suoi occhi lanciavano fiamme: era tornata l’impavida guerriera di sempre, perchè aveva capito che piangendosi addosso non risolveva nulla.
<< Che paura! Vuoi andarlo a trovare Eponine? >>
<< Brutto stronzo, smettila! >> urlò Grantaire, sul punto di strozzarlo. Nel contempo Enjolras aveva fatto più pressione con la bacchetta sul collo del Serpeverde. Montparnasse, iniziando ad essere spaventato per ciò che poteva accadere, decise di non rivelare completamente la verità ai sei, ma di dare loro un indizio. Sperava che Riddle non lo scoprisse.
<< Posso solo dirvi, che se siete dei mezzosangue non conviene comportarvi come dei giovani ribelli. E se siete tanto curiosi di scoprire dove si trova quella porta, perchè non chiedete aiuto al vostro amico TopoDiBiblioteca? >>
I ragazzi si guardarono tra di loro, allibiti e spaventati, ma carichi, quanto mai, di adrenalina. Lasciarono andare il ragazzo e s’incamminarono verso l’uscita, mediamente soddisfatti di quello che erano riusciti ad estorcergli. Giunti davanti alla porta però, sentirono Montparnasse gridare loro qualcosa, o meglio, ad Eponine.
<< Sai Eponine, non mi sono mai piaciuti i tradimenti. Tu che ne pensi Bahorel? >>
Bahorel guardò il suo compagno di Casa in modo furioso; per poco non gli saltarono gli occhi dalle orbite e il sangue dai capillari. Lui ed Eponine si limitarono a guardarlo storto, poi continuarono ad andare avanti, tentando di reprimere la rabbia.
Erano sicuri che avrebbero trovato Gavroche e Bossuet in poco tempo, ora però avevano bisogno di Jehan.
 
Quella sera, dopo la tensione pomeridiana, Bahorel invitò Eponine a cena nella Stanza delle Necessità (anche se lei non lo sapeva). La ragazza cercava di capirne il perchè: forse lo faceva per galanteria, forse per solitudine, forse per discolparsi per la soffiata a Montparnasse. Lui, invece, sapeva benissimo quali erano le sue intenzioni: voleva che Eponine fosse felice.
Aveva un sorriso sbilenco, allungato verso destra, più timido dal lato sinistro, incostante ed esplosivo; era sincero, sfrontato, talvolta anche semplice, comune, anonimo, perchè lei di per sé non era una persona semplice, comune e anonima. Quel sorriso aveva fatto in qualche modo arrossire Bahorel, sempre così incurante di tutto e di tutti, malgrado la sua generosità. Eponine non era un essere comune e Bahorel non aveva mai incontrato nessuno di così tremendamente originale e, come lui, disposto a perdere mille e mille volte pur di raggiungere il proprio obiettivo, pur di raggiungere la cima. Il modo con cui aveva affrontato Montparnasse il pomeriggio era stato esemplare: aveva iniziato a guardarla davvero con spirito diverso. Quella cena sarebbe stata la sua occasione per far sì che rimuovesse dai suoi occhi per qualche attimo la patina di dolore che li aveva offuscati.
S’incontrarono stringendosi la mano.
<< Chiudi gli occhi >> le sussurrò Bahorel all’orecchio, ponendo le sue mani sugli occhi di lei.
<< Dove mi porti? >> Ridacchiò sfoderando quel suo magico sorriso che temeva di aver perso. Eponine chiuse gli occhi e percepì un rumore famigliare alle sue spalle. Storse il naso, in modo simpatico, poi, dopo che Bahorel ebbe tolto le sue mani dal volto della ragazza le permise di aprirli. La Stanza delle Necessità si estendeva maestosa davanti a loro ed entrambi entrarono soddisfatti: quel desiderio di felicità era sicuramente una necessità. ‘Ponine alla vista di tutto quel cibo e della splendida tavola imbandita, per magia iniziò a ridere di gusto, iniziando a volteggiare su se stessa: si guardava attorno meravigliava, scrutando ogni tanto tra la miriade di luci che incorniciavano la stanza anche il sorriso di Bahorel: la luce più brillante. Sul tavolo vi era ogni sorta di cibo: in particolare spuntavano qua e là dei biscotti alla vaniglia tempestati di gocce di cioccolato, i preferiti di Eponine. Davvero aveva fatto tutto questo per lei? Chi era mai, realmente, questo Bahorel? Che cosa celavano i suoi occhi nocciola? I muscoli così prorompenti servivano davvero per picchiare? E se Dio li avesse creati per abbracciare con veemenza?
‘Ponine sorrise distratta, incosciente, senza esserne consapevole: era un sorriso che veniva dal cuore.
<< Tu hai fatto tutto questo per me? >> Esclamò ad un tratto voltandosi verso Bahorel, che restava sulla porta con le braccia incrociate sul petto.
<< Beh, sì! >> Rispose lui camminando incontro a lei. I loro occhi scintillavano e non per il riflesso delle luci, ma perchè brillavano di luce propria. Un’improvvisa ondata di ottimismo invase la ragazza: si sentiva al sicuro lì dentro, nessuno li avrebbe trovati, nessuno avrebbe potuto mandare all’aria ciò che stavano facendo. Bahorel le aveva fatto in migliore dei regali.
<< Come… perchè? >> Chiese poi sedendosi al tavolo, senza addentare ancora niente. Bahorel piantò i propri occhi nei suoi, quegli splendidi occhi di cerbiatta trasformatasi in lupa.
<< Volevo che ti risollevassi un po’ d’animo >> le disse alzando le spalle e protendendo le mani verso l’alto.
<< Non era il caso… >> sussurro Eponine arrossendo. Non le capitava da molto tempo. Non si ricordava fosse così piacevole. Bahorel avrebbe voluto darle una risposta un po’ meno banale del solito “ma sì, farei questo e altro per te” perciò si lasciò cogliere dall’ispirazione bevendo un bicchiere di vino; si sentì molto Grantaire.
<< Se non fosse stato necessario, la stanza non sarebbe nemmeno comparsa >> rispose poi alla fine. Ed era vero, se non fosse stato così necessario nulla di ciò sarebbe apparso. Eponine cercò di controbattere, cercò di convincere Bahorel che non era indispensabile quello che stava facendo per lei. Invece, scavando un po’ di più nelle profondità del suo cuore, capì che un meraviglioso tepore la stava facendo sentire viva e che essere lì con Bahorel, in un posto tutto per loro, la rendeva euforica, furiosa e rabbiosa di energia. Avrebbe potuto ribaltare la scuola, ritrovare Gavroche e Bossuet e ridurre Riddle in poltiglia. E poi lui era lì con lei. Come mai, così, tutto d’un tratto, sentiva di aver bisogno di lui come suo pilastro? Aveva sempre fatto tutto da sola. Forse era arrivato il momento di addolcirsi un po’. 
<< Così però non vale… >> ammise guardando il ragazzo con una tenerezza inumana, la stessa con cui una mamma osserva i suoi cuccioli (ma con più malizia). Rimasero in silenzio per qualche momento, perdendosi nel tempo.
<< Allora, che cosa aspetti? Non ti va di assaggiare tutto questo ben di Dio? >> Esordì infine il ragazzo.
<< Certamente! >>
Iniziarono a cenare e per la prima volta non parlarono né di Riddle, né di Gavroche, né di Hogwarts. Parlarono di loro stessi, dei loro pregi, dei loro difetti, di ciò che avrebbero voluto fare nella vita, di come avevano scoperto di possedere la magia. Così, per ore ed ore.
<< Ho sempre voluto fare l’attrice. Poi quando avevo dieci anni ho scoperto di saper fare esplodere le cose semplicemente guardandole quando ero arrabbiata. Quindi ho pensato: chissà se i maghi fanno spettacoli >> si chiese alzando gli occhi al cielo con un’espressione stralunata. Bahorel non poteva fare a meno di trovarla così innocente e affascinante. Eponine era un candido peccato.
<< Suppongo di sì ‘Ponine; ma non avevo mai sentito nessuno che volesse fare un qualcosa del genere >> confessò lui alzando le sopracciglia e scuotendo la testa.
<< Se nessuno lo ha mai inventato, lo farò io! >> Esclamò battendo il pugno sul tavolo, sfoderando uno di quei suoi soliti sorrisi determinati.
<< E tu Bahorel? >> Continuò << Che cosa vorresti fare nella vita? >>
<< Non lo so. >> Eponine lo guardò stupita.
<< Nemmeno una piccola idea? >> Chiese nuovamente, speranzosa.
<< No. Odio pensare al futuro. È così bello vivere il momento >> rispose lui serio, bevendo l’ultimo bicchiere di vino della serata. Eponine non poté fare a meno di riconoscere che questo suo modo di pensare fosse interessante.
<< Hai ragione anche tu. Io sono un’inguaribile sognatrice, non so se puoi capirmi. >>
E con questa ultima considerazione, Eponine si alzò dalla sedia e si incamminò verso la porta: si era ormai fatto tardi. Lasciarono che la stanza delle necessità si chiudesse alle loro spalle, poi si fermarono davanti al muro, l’uno di fronte all’altra. Il silenzio li avvolgeva e questo era un silenzio piacevole.
<< Perchè stavi con Jehan? >> Domandò ad un tratto Bahorel a Eponine. Lei sbarrò gli occhi, arricciando il naso.
<< Come scusa? >> Chiese con la voce rotta.
<< Perchè ti piaceva Jehan? >> ribadì lui.
<< Perchè Jehan è dolce. Sa amare >> rispose senza esitare. Lei voleva bene a Jehan, di questo ne era certa, e allo stesso modo era sicura che fosse la persona più affettuosa e sensibile a quel mondo.    << Ma a quanto pare io non ero la persona giusta da amare. Ma la dolcezza a volte inganna, sai? Preferisco le cose inaspettate. >>
E si allontanò.
Bahorel scoppiò in una risata euforica non appena lei ebbe svoltato l’angolo. Ce l’aveva fatta, aveva reso felice ‘Ponine; inaspettatamente però, era successa un’altra cosa: aveva reso felice anche se stesso.

 
 
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Ssssssalve! :3
Come andiamo belle? Io sono stanca e con la congiuntivite, ma come potevo non aggiornare (anche se con un giorno di ritardo)? <3 Che ne dite di questo capitolo? Personalmente adoro la prima parte perchè è così tetra e angosciante, la seconda perchè Joly ha tirato fuori le palle e fa di tutto per ritrovare il suo Bossuet e la terza perchè cavolo, un’Eponine così felice e un Bahorel così tenero non si possono che non amare *^* Si stanno innnnnnamorando! -w-
E quando Enj smetterà di avercela con Taire? Ma infondo, ce l’ha veramente con lui? Il prossimo capitolo sarà molto E/R, ve lo anticipo già ** Spero vi sia piaciuto, al prossimo weekend! :3
Vi adoro,
_Noodle
  
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