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Autore: Kendra26    17/11/2013    6 recensioni
Harry, Draco, tre appuntamenti, una storia.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Tre Gufi

 

 

Il primo fu quasi un errore. Non dovevi essere tu quello a occupartene, successe per caso. Un’assenza imprevista, una sostituzione urgente nel Dipartimento e ti eri ritrovato, nemmeno tu sai come, a mandare un gufo all’appartamento di Malfoy in cui lo informavi di una visita di controllo da parte tua il giorno dopo, come richiesto da dopo la guerra per gli ex criminali sospetti. 

    Non ne eri entusiasta, anzi, il nervosismo stava avendo la meglio su di te. Dopo tutti quegli anni, con rabbia, ti rendesti conto che quel desiderio di voler dimostrare qualcosa, di far vedere come potevi essere bravo ad andare oltre i vecchi rancori e di dar prova della tua magnanimità da ‘eroe’ era ancora vivo e intossicante dentro di te. Eroico, perfetto, il tuo comportamento, come tutti si aspettavano, d’altronde, e che tu adattavi alla tua personalità come un automa. 

    Nelle ore precedenti al vostro incontro ti ritrovasti a immaginare la vostra conversazione.   Ipotetici screenshots che scorrevano nella tua testa. Già pregustavi il suo volto quando il tuo sorriso freddo non sarebbe stato scalfito da qualche battuta tagliente, così puerile, Malfoy, davvero. Già riuscivi a percepire il calore della sua pelle quando vi sareste stretti la mano e tu avresti solamente offerto una morsa priva di emozioni. 

    Professionale. Più lui avrebbe fatto lo stronzo, più tu avresti fatto l’adulto della situazione. Un po’ come una vendetta al contrario. Sì, era così che sarebbe andata e pensavi di meritartelo per una volta, dopo tutto. Cazzo. 

 

 

Nel secondo, un po’ ci speravi. Non necessariamente da parte sua, forse l’avresti mandato tu, se fossi stato più sicuro di te. Per una volta, era felice che una delle sue più note caratteristiche, ovvero mantenere una tale faccia di bronzo senza perdere un briciolo di dignità, ti fosse tornata utile. Ti era arrivato durante una delle tue sere solitarie, mentre eri seduto davanti a una cena per una persona sola e un giornale che compravi sempre e puntualmente non leggevi mai. Voleva sdebitarsi, diceva. Di cosa non riuscivi a immaginare, visto che non aveva nulla da nascondere, controlli o meno. Ti raccontasti bugie, forse non vuole casini, forse vuole farmi buona impressione, ma sapevi che c’era stato qualcosa nel vostro fortuito incontro precedente. Una battuta, non acida questa volta, uno sguardo, non avresti saputo dirlo. Ma quel gufo, anche se non avresti mai ammesso, in realtà te lo aspettavi. 

    E diventasti nervoso, poche ora prima di vederlo. Di nuovo immagini nella mente, questa volta sovrapposte. Situazioni alternative, lui che ti fissa, tu che parli o forse no, lui vestito come al solito fastidiosamente elegante, tu sempre troppo semplice. Merda. Il suo sarcasmo, tu che non sei in grado di reagire in maniera ragionevole. Tu che non sapevi cosa mettermi, tu che non eri più sicuro di cosa dire, di come dirlo. 

Arrivasti trafelato, dopo due ore di intensa masturbazione mentale. E poi, non seppi più chi iniziò a parlare. Ti ritrovasti a dimenticare le tue elucubrazione, i tuoi schemi comportamentali. Seduto davanti a lui, parlaste di tutto. Scopriste cose in comune. I suoi capelli, le sottili rughe d’espressione intorno ai suoi occhi, le tue guance troppo calde, le tue dita sul bicchiere. Scopristi di essere impegnato a succhiare tutta l’energia di quel momento elettrico, tutto ciò che ti distoglieva da quell’intento era fastidioso. La porta del locale che si apriva, il cameriere che vi domandava se volevate altro. Lo salutasti sulla soglia del locale, una labile promessa sospesa tra di voi. Ci rivediamo, allora, magari, se non sono impegnato, sì, ok, ciao eh. 

 

 

Il terzo fu impaziente. E ti diede dipendenza. Ancora una volta, di nuovo una sera, ancora lo stesso pub. Camminasti fin lì, stordito. Ubriaco senza aver bevuto. Dell’attesa, della sera, forse di lui. Guardavi le luci della città, tutto ti sembrava bello, tutto era elettrico. Sorridevi ai lampioni, ai cani al guinzaglio, ai marciapiedi, ai semafori, alle cartacce sull’asfalto, alle vetrine abbassate dei negozi, alle stelle, al cielo, all’oscurità. Percepivi la stessa euforica sensazione di quando ti eri scoperto cotto di qualcuna, ai tempi di scuola. Lo stesso chiodo piantato in fronte. Il bello era che ne godevi talmente da infischiartene. 

    Lui era lì, ti aspettava. Quando lo guardasti, fosti certo che anche lui stesse provando lo stesso. Le chiacchiere furono più ardite, i sorrisi più frequenti, lo sfiorarsi meno casuale. Quando le sue labbra screpolate furono sulle tue, la sensazione che provasti fu quasi familiare. Il brivido lungo la schiena che anticipò quel bacio ti colse impreparato, anche se sotto sotto te lo aspettavi. Era nei suoi occhi, nel modo in cui aveva incurvato l’angolo della bocca, nel modo in cui si avvicinò lentamente a te. La smaterializzazione a casa ti rese nervoso, non sapevi come avresti reagito. Nessuno dei due era mai stato con un uomo prima di allora. Fu un intrico di mani, gambe, braccia veloce e disorganizzato. Imbarazzato. Intenso. Bisognoso. Ti piacque accarezzare la pelle morbida dietro al suo ginocchio, si impresse nella tua memoria il ricordo dei suoi occhi chiusi, delle sue palpebre serrate, mentre sperimentavi per la prima volta il suo calore, mentre lo accarezzavi, mentre ti stringeva forte. 

    I suoi capelli biondi furono la prima cosa che vedesti la mattina dopo e dalla sua espressione capisti che stavi sorridendo come un imbecille. “Va a finire sempre così quando mandi un gufo, eh Potter?”

 

Il quarto non arrivò mai. 

 

   
 
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